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Nella mente di un tiratore

Andrea Romeo by Andrea Romeo
9 Agosto, 2020
Reading Time: 10 mins read
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Nella mente di un tiratore

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Quando si valutano gli aspetti salienti di una disciplina sportiva si fa spesso riferimento all’importanza della testa dei giocatori, considerata fondamentale tanto quanto il corpo e la tecnica individuale.

Il più delle volte, tuttavia, questo termine è utilizzato per sottolineare l’importanza di una mentalità forte, vincente, competitiva: raramente ci si riferisce al vero e proprio cervello degli atleti e alle relative proprietà.

Lo scopo di questo articolo è proprio quello di esplorare a fondo questo tema servendoci dei più recenti contributi della ricerca neuroscientifica, addentriamoci nella mente di un tiratore.

 

Plasticità corticale e pratica mentale

Plasticità corticale

Una delle caratteristiche fondamentali della corteccia cerebrale è la sua plasticità, ovvero la capacità di cambiare forma e riorganizzare le connessioni sinaptiche. Tale capacità si mantiene per tutta la vita, anche se per determinati processi, come ad esempio l’apprendimento di una lingua straniera, esiste una finestra temporale limitata chiamata “periodo critico”.

Spiegazione più approfondita sulla plasticità corticale

La plasticità permette alla corteccia di essere modellata dall’esperienza: all’aumentare della pratica, aumenta la dimensione delle rappresentazioni corticali relative a un determinato processo.

L’importanza dell’allenamento è pertanto fondamentale. L’esercizio comporta modificazioni strutturali nella corteccia, e tale effetto persiste nel lungo periodo quando un’abilità è diventata automatica.

 

Pratica mentale

Una volta compresa la cruciale importanza dell’allenamento, è lecito domandarsi se immaginare ed eseguire si equivalgano. Immaginare di tirare a canestro, operando delle correzioni nella propria testa, può essere considerata una forma di allenamento?

La ricerca in ambito neuroscientifico ha indagato a fondo questo tema, dimostrando che anche la semplice pratica mentale può produrre cambiamenti nella corteccia motoria paragonabili a quelli indotti dalla pratica fisica.

Ciò vale soprattutto per le abilità apprese e immagazzinate nella memoria implicita o procedurale, che contiene contenuti non verbalizzabili (tirare a canestro, andare in bicicletta, correre). Ne consegue che la combinazione di pratica fisica e mentale può portare a miglioramenti della performance maggiori rispetto al solo allenamento fisico.

Queste scoperte nell’ambito delle neuroscienze e della psicologia dello sport hanno portato gli allenatori, in molte discipline, ad adottare nuove tecniche allenanti basate sulla visualizzazione. In preparazione alle olimpiadi invernali di Sochi, ad esempio, le varie federazioni si sono munite di un numero considerevole di psicologi dello sport al fine di padroneggiare al meglio questo tipo di tecniche.

Di seguito sono presentati alcuni studi che hanno indagato gli effetti della pratica mentale sul movimento di tiro a canestro.

 

Gli effetti della pratica mentale nel basket

Gli autori di una ricerca del 1988 hanno affiancato tre giocatori di basket a livello universitario per le 14 settimane in cui si è svolta la stagione sportiva, raccogliendo dati sui tiri liberi durante 50 sedute di allenamento e 32 partite.

Dopo aver allenato mentalmente il proprio tiro, tutti i soggetti mostrarono miglioramenti statisticamente significativi negli allenamenti, e due su tre incrementarono le loro percentuali di realizzazione dei tiri liberi anche durante le partite.

Una ricerca del 1997 incentrata sull’aumento dell’efficienza ai tiri liberi di 36 giocatori mostrò risultati analoghi.

In uno studio condotto all’università di Chicago, i partecipanti furono divisi in tre gruppi sperimentali e fu testata la loro accuratezza ai tiri liberi. In seguito, i soggetti del primo gruppo si allenarono per un’ora al giorno tirando a canestro, ai membri del secondo gruppo fu chiesto di immaginare e visualizzare i propri tiri, mentre il terzo gruppo non fece nulla.

Dopo 30 giorni, i partecipanti furono testati nuovamente: come pronosticabile, il terzo gruppo non mostrò alcun miglioramento, mentre i partecipanti inseriti nel primo gruppo mostrarono un miglioramento complessivo del 24% nella precisione ai tiri liberi. Sorprendentemente, il secondo gruppo migliorò del 23%: incremento indubbiamente considerevole, considerando che i partecipanti non avevano toccato il pallone per un mese.

Uno studio del 2008 ha analizzato e revisionato numerose ricerche in letteratura riguardanti gli effetti della pratica mentale sul miglioramento nella realizzazione dei tiri liberi di giocatori del liceo e del college. I dati raccolti mostrano un incremento significativo delle percentuali ai tiri liberi, oltre a dei miglioramenti nella percentuale di vittorie per le squadre che hanno introdotto la pratica mentale tra le proprie metodologie di allenamento dei tiri liberi.

Gli autori hanno inoltre rilevato una serie di fattori positivi correlati all’utilizzo della pratica mentale, tra i quali lo sviluppo di una maggiore fiducia nei propri mezzi, l’utilizzo di strategie per far fronte a situazioni di gioco inedite e l’acquisizione della capacità di focalizzare la propria attenzione su una particolare abilità che si ha intenzione di padroneggiare.

 

Utilizzo della pratica mentale in NBA

L’utilizzo di questa tecnica allenante è sempre più diffusa anche a livello professionistico, tanto da essere entrata a far parte delle metodologie predilette da alcuni allenatori in NBA.

Scott Brooks è uno dei principali sostenitori dell’importanza della visualizzazione e della pratica mentale. L’attuale allenatore dei Washington Wizards ha militato per più di dieci anni nella lega, e si è affermato come specialista nei tiri liberi, superando per cinque stagioni l’87% di accuratezza e raggiungendo, nelle ultime due stagioni, percentuali di realizzazione pari al 93% e al 90%.

Brooks mette in mostra meccanica di tiro e ball handling

Brooks attribuisce questa capacità al suo allenatore del liceo, che gli insegnò a visualizzare i propri tiri liberi e allenarli mentalmente:

La tecnica di visualizzare è incredibile, il mio coach del liceo me la insegnò molto tempo fa. Visualizzavo tiri liberi immaginando di realizzarli ogni sera.

Una volta divenuto head coach dei Wizards, Brooks ha introdotto la strategia della pratica mentale nella routine di allenamento quotidiano della squadra. Ian Mahinmi, che per i Wizards ha disputato 142 partite sotto la guida di Scott Brooks, ha un’attitudine positiva nei confronti della tecnica della visualizzazione:

È come sviluppare memoria muscolare, ma per il tuo cervello

È ampiamente pronosticabile che nei prossimi anni questa metodologia allenante verrà integrata da un numero sempre maggiore di squadre e allenatori, in virtù dei vantaggi diretti e indiretti che sembrerebbe comportare.

 

Consigli per l’uso

Di seguito sono elencati una serie di consigli che si sono dimostrati utili nel mettere in pratica la tecnica della visualizzazione:

  • Rilassarsi e visualizzarsi nella situazione competitiva che si preferisce.
  • Immaginare di raccogliere informazioni sensoriali relative a tutti i sensi, non solo alla vista: ciò garantirà un’esperienza maggiormente immersiva.
  • Inizialmente, provare a conseguire risultati immaginari esclusivamente positivi.
  • Farsi coinvolgere emotivamente al pari di quanto si farebbe dopo il conseguimento di un successo.

Un particolare molto curioso riguarda l’esito dei tiri che i giocatori immaginano di scoccare: a più riprese gli allenatori che hanno messo in atto questa pratica sono rimasti sbalorditi nel sentirsi dire che alcuni tiri non erano entrati, a dimostrazione di quanto questa tecnica sia utile se eseguita correttamente.

 

Sistema specchio ed Expertise

Nel 1992 un gruppo di ricerca supervisionato da Giacomo Rizzolatti rivoluzionò il mondo delle neuroscienze con la scoperta dei neuroni specchio, una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un’azione, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione compiuta da un altro soggetto qualunque.

Approfondimento sulla scoperta dei neuroni specchio e le sue implicazioni

Il sistema specchio è pertanto un sistema che fa corrispondere a livello neurale l’azione osservata a quella eseguita.

È lecito domandarsi se l’expertise acquisita in un determinato dominio permetta di predire l’esito delle azioni altrui: una ricerca condotta dal professor Urgesi  ha verificato l’eventuale presenza di una simile abilità in dei giocatori di basket professionisti.

Il compito sperimentale scelto consisteva nell’osservare dei tiri liberi e predirne l’esito: furono confrontati un gruppo di giocatori di basket professionisti, un gruppo di individui privi di conoscenze sul basket e un gruppo di giornalisti sportivi. Quest’ultimo rappresenta un insieme di individui che presentano un alto grado di expertise visiva, ma non motoria.

I risultati dimostrano che gli atleti predicono con successo l’esito del tiro in un lasso di tempo significativamente inferiore rispetto ai giornalisti: a cosa sono dovute queste differenze?

Entrambi i gruppi mostrano un’attivazione del tratto corticospinale (componente principale della via laterale, che controlla i movimenti volontari della muscolatura distale), a differenza del gruppo di individui privi di conoscenze sul basket; tuttavia, solo i cestisti mostrano un’attivazione specifica del suddetto tratto.

Ciò dimostra lo sviluppo di una funzione anticipatoria: con l’esperienza, il sistema motorio sviluppa una sensibilità fine nel discriminare il movimento altrui e anticiparne l’esito.

Possibili applicazioni al basket

I risultati appena discussi permettono di ipotizzare varie applicazioni al basket giocato. Un aspetto del gioco in cui è cruciale predire con successo l’esito di un tiro è la cattura dei rimbalzi. Dominare nel pitturato richiede non solo grande coordinazione dal punto di vista atletico, ma anche la capacità di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto.

È ormai celebre un aneddoto riguardante Dennis Rodman, indiscutibilmente annoverabile tra i più grandi rimbalzisti di sempre in relazione alla sua stazza, che in ogni seduta di allenamento trascorreva diversi minuti osservando i tiri dei suoi compagni e il modo in cui il pallone girava e rimbalzava sul ferro.

Dennis Rodman cattura 34 rimbalzi e sigla il suo record personale

Questo tipo di tecnica, seppur molto efficace, contribuisce a maturare expertise puramente visiva. Per i rimbalzisti sarebbe dunque opportuno, stanti i risultati sperimentali discussi in precedenza, acquisire anche expertise motoria per poter sviluppare adeguatamente la funzione anticipatoria.

Pertanto, allenare frequentemente il proprio tiro può essere una strategia vincente anche per migliorare a rimbalzo. Non saranno certo queste evidenze a rendere i DeAndre Jordan degli Stephen Curry, ma è indubbiamente interessante prendere spunto dal mondo delle neuroscienze per ipotizzare degli interventi ad hoc in fase di allenamento.

 

Conclusioni

Atleti professionisti del calibro dei giocatori NBA necessitano di allenarsi costantemente a livello fisico, tecnico e tattico.

Per fare la differenza ad alto livello, inoltre, è necessario lavorare sulla testa dei giocatori. Se è da tempo noto che la mentalità e l’attitudine siano cruciali al fine di approcciare al meglio le partite, grazie ai contributi delle moderne neuroscienze è sempre più evidente come anche aspetti strettamente legati al cervello e alle connessioni sinaptiche possano avere un ruolo centrale nelle metodologie allenanti.

Il panorama sportivo mondiale è sempre più orientato verso un approccio innovativo all’allenamento, ed è prevedibile che anche nel mondo NBA sempre più società si avvarranno di figure specializzate per integrare le nuove tecniche allenanti a quelle tradizionali.

Tags: NeuroscienzeTiratoreTiro da 3
Andrea Romeo

Andrea Romeo

Studente di psicologia sociale e del lavoro, appassionato di basket fin da quando stava in panchina

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