Un atleta non è mai solo un atleta. Questa frase, semplice ma per nulla banale, ci lascia intendere che ci sono più dimensioni che fanno parte della figura di uno sportivo professionista. Le capacità atletiche che vediamo sul campo, frutto di anni di sudore, imprevisti e sofferenze da superare ma necessari per arrivare ad esprimersi ai massimi livelli di competizione possibili, nascondono spesso storie di vita con origini comuni a quelle dei milioni di persone che li tifano e supportano al di fuori del terreno di gioco.
Partendo da un contesto comune, certi individui riescono ad elevarsi al di sopra degli altri e a diventare l’emblema di come, per esasperazione, nessun obiettivo è troppo lontano da raggiungere: esseri umani come tutti, ma che per il ruolo che si sono guadagnati possono rappresentare molto di più negli occhi degli altri.
Sono tantissimi gli esempi che si potrebbero fare se volessimo considerare l’aspetto più umano dei nostri cestisti preferiti per evidenziare come, sia con atti pratici (di beneficenza vera e propria o più spontanei) che sul piano teorico, l’influenza positiva che hanno sul mondo sia davvero enorme.
Lasciando stare discorsi che andrebbero a vertere su aspetti economici e sociali e quindi soffermandoci sull’ispirazione che deriva dal guardare in azione i nostri agonisti preferiti, è importante osservarli da due prospettive, in antitesi tra di loro ma che per questo convivono in ciascun caso li si esamini: da una parte c’è il desiderio di emularli e sognare di poter fare ciò che ci incanta, dall’altra la consapevolezza che in novantanove casi su cento non saremo mai in grado di raggiungere quel livello. Da questa bidimensionalità, spesso inconsapevolmente e senza farne un’analisi così lucida, nelle nostre teste si crea il mito.
Secondo la definizione del dizionario Treccani il mito è l’dealizzazione di un evento o personaggio storico che assume, nella coscienza dei posteri o anche dei contemporanei, carattere e proporzione quasi leggendario, esercitando un forte potere di attrazione sulla fantasia e sul sentimento di un popolo o di un’età. Chi esamina il basket da un punto di vista prettamente statistico non sarà d’accordo magari, ma non si può negare che nel complesso questa componente così irrazionale e per certi versi romantica è ciò che alimenta più di ogni altra cosa la passione di noi fan.
Il fatto di essere costantemente sotto i riflettori rende questa iconicità ancora maggiore, facendo in modo che si creino narrative e personaggi dalle varie sfaccettature, soprattutto nell’ultima decade che vede una così grossa presenza ed influenza dei canali social. Non è una sorpresa quindi che, considerati tutti questi aspetti, prima o poi a qualcuno venisse in mente di provare a rendere questi personaggi già protagonisti di una vita reale dalle sfumature cinematografiche, dei veri propri attori.
In quest’articolo dedicato all’influenza cestistica sul mondo di Hollywood ci dedicheremo agli albori di questo processo, avvenuto gradualmente a partire dagli anni settanta del secolo scorso, partendo dai protagonisti per poi parlare dei film in cui hanno recitato.
Kareem Abdul Jabbar
Nato col nome di Lew Alcindor, ma universalmente noto come Kareem Abdul Jabbar dopo la sua conversione all’Islam, il pluricampione NBA ed MVP della lega è stato la prima icona della pallacanestro ad avere un ruolo di rilievo in una pellicola cinematografica. È il caso di “The Game Of Death”, film d’azione/arti marziali pubblicato nel 1978, diretto ed interpretato da Bruce Lee.
The Game of Death (1978)

Questo film si presenta come l’ultimo episodio della trilogia dedicata al personaggio di Billy Lo Chen: rimase incompiuto a causa della prematura scomparsa di Lee avvenuta nel 1973 e venne completato qualche anno più tardi. Il filo conduttore della storia che ci viene presentata si basa su una ricerca spirituale del protagonista che si trova ad affrontare una serie di avversari sempre più forti in seguito ad un ricatto che ha visto il rapimento dei propri familiari: man mano che Chen affronta e sconfigge i propri nemici, ad una vittoria fisica corrisponderà un arricchimento spirituale.
L’obiettivo del compianto Bruce era proprio questo: portare sui grandi schermi la concezione filosofica delle arti marziali, evidenziando come l’adattabilità sia una caratteristica fondamentale per la sopravvivenza. Uno di questi avversari è proprio Kareem, all’epoca in forza ai Milwaukee Bucks e già affermatosi come uno dei centri più dominanti della lega.
Diverse fonti certificano come tra Lee e Jabbar ci fosse non solo un rapporto di solida amicizia, ma che Kareem fosse un suo allievo nell’apprendimento dell’arte marziale del Jeet Kune Do.
La scena del combattimento tra i due verso la fine della trama è per ovvie ragioni il punto più ricordato di questo film, e venne girata nel 1972 ad Hong Kong:
Kareem interpreta Mantis, la guardia del corpo del Dr. Land, e viene inviato a combattere dopo che uno degli uomini di questo boss del crimine si rifiuta di farlo. I 2.18 m e gli oltre 100 kg di Mantis lo mettono in una posizione di forte vantaggio rispetto al solo 1.70 m e ai nemmeno 60 kg di Chen, che però individuando i punti deboli del gigante con gli occhiali da sole, grazie alla sua versatilità e adattabilità riuscirà ad avere la meglio.
Nel corso degli anni Kareem non ha mai fatto mistero della sua passione per le arti di combattimento orientali e di quanto rispettasse Lee, ma recentemente è tornato a parlarne ai microfoni di ESPN , evidenziando come l’apprendimento e la pratica di questa disciplina fisico/spirituale lo abbia aiutato in maniera importante nell’arco della propria carriera da giocatore, una delle più prolifiche e longeve della storia di questo sport.
Airplane! (1980)

La seconda fatica cinematografica di Kareem lo vede proiettato in un contesto totalmente diverso. Il film è una commedia che mira ad essere una parodia del disaster movie di successo del 1957 “Zero Hour!”, su cui è basata tutta la trama, nonostante siano presenti degli elementi della più recente serie di pellicole cominciata col titolo “Airport” nel 1970.
Punto focale di questi disaster movie era l’avvenimento di una disgrazia a cui i protagonisti dovevano far fronte. In questo caso molti passeggeri dell’aereo si sentono male dopo che gli viene servito il pasto a bordo, e si scopre presto che il cibo era avvelenato.
Il ruolo interpretato da Jabbar è quello del pilota secondario Roger Murdock, nonostante ad un certo punto un giovane ospite portato in cabina di pilotaggio, Joey, sia convinto al cento per cento che quello non possa non essere Kareem Abdul Jabbar, suo giocatore preferito e stella dei Los Angeles Lakers.
Ecco qui la scena di questo siparietto tra i due:
Senza stare a svelare ulteriori passaggi della trama, sia all’epoca della pubblicazione e crescendo nel corso degli anni, questa pellicola è stata acclamata universalmente come uno dei migliori film comici di tutti i tempi, con varie nomination e riconoscimenti della critica internazionale.
Questo titolo contribuì inoltre a rilanciare la carriera di Leslie Nielsen, che si reinventò come attore comico dopo che la sua carriera ebbe un periodo di stallo nei due decenni precedenti, consolidandosi come uno dei volti più riconoscibili di sempre in questo genere. L’apporto di Jabbar ovviamente gioca molto sulla sua apparenza fisica ma la sua recitazione è stata vista di buon occhio dalla maggior parte dei fan e degli addetti ai lavori, tanto che in futuro si ritaglierà altri ruoli di cui però non parlerò adesso.
Wilt Chamberlain
La parentesi cinematografica di Wilt lo vede nei panni del gigante Mombaata, una delle guardie della regina Taramis di Shadizar nel film del 1984 “Conan il distruttore”, sequel di “Conan il barbaro” di due anni precedente. Entrambe le pellicole hanno come protagonista Arnold Schwarzenegger, famoso bodybuilder e plurimo vincitore del titolo di Mr. Olympia.
Come nel caso del sopracitato rivale sul parquet Kareem Abdul Jabbar, è inevitabile pensare che la scelta di scritturare Chamberlain per questo ruolo sia stata dettata principalmente dalla sua prestanza fisica (2.16 m per oltre 125 kg). Se si presta attenzione ai pareri della critica, questo viene spesso indicato come unico motivo per una scelta del genere, in quanto le sue doti recitative così come la buona riuscita di questo secondo episodio non hanno messo d’accordo molti critici e addetti ai lavori a differenza del primo film.
Conan il distruttore (1984)

La regina Taramis assegna a Conan il compito di recuperare una gemma speciale e un corno magico utile a risvegliare Dagoth, il Dio dei sogni e degli incubi. In cambio, a compimento della missione lei resusciterà Valeria, l’amore che Conan aveva precedentemente perso. Wilt, nei panni di Mombaata e in accordo con la regina, dapprima supporta Conan nella missione e poi lo tradisce. Così facendo Conan si reca nella terra di Shadizar per la sua vendetta dando vita ad uno scontro armato con Mombaata:
Nonostante Wilt si presenti in forma smagliante dopo 11 anni dal ritiro dal basket giocato e con un particolare capello lungo, ci appare chiaro da dove derivino le perplessità della critica guardando questo combattimento macchinoso e poco dinamico tra i due ex atleti. Tuttavia, se non preso troppo sul serio, ha sicuramente delle sfumature divertenti.
Mark McNamara
Continuando a focalizzarci sull’importanza della prestanza fisica adattata a ruolo d’attore, una menzione d’onore va fatta certamente per Mark McNamara, non famoso come gli altri due big men di cui abbiamo appena parlato, ma comunque professionista per quasi un decennio. Protagonista di una carriera tra NBA (ha giocato a San Antonio, Philadelphia e Los Angeles) ed Europa (con una parentesi anche a Livorno) negli anni ’80 del secolo scorso, la sua partecipazione nel mondo del cinema ha delle sfumature davvero particolari.
Infatti, nell’estate del 1982 in cui venne scelto dai Philadelphia 76ers, si prestò come sostituto del personaggio di Chewbacca sul set dell’episodio di Star Wars de “Il ritorno dello Jedi”, siccome l’attore principale Peter Mayhew non poteva partecipare alle riprese.

In questa intervista a Fox Sports di cinque anni fa vengono svelati alcuni dettagli interessanti sui retroscena di questa esperienza, così come la conferma da parte dello stesso Mark di aver preso parte anche ad un altro film di George Lucas, “Il ritorno degli Ewoks”, questa volta come stuntman. Ciò che rende ancora più particolare questa esperienza è il fatto che le scene con McNamara de “Il ritorno dello Jedi” furono tagliate per esigenze di copione, e che quindi nei titoli di coda il suo nome non è mai apparso.
Bernard King
Nel 1979 Bernard King, un giovane sophomore in forza ai New Jersey Nets dall’elevato talento come scorer, partecipò come co-protagonista nella commedia sportiva “Fast Break”.

Questa commedia vede il personaggio principale David Greene di fronte al sogno di una vita di diventare un allenatore di basket collegiale. Proprio quando il sogno sembra per svanire e David si sta per rassegnare ad una vita normale e monotona gli viene offerto un lavoro come head coach alla Cadwallader University, college nel Nevada esistente solo in questo film.
Il contratto prevede una paga di soli 60 dollari per vittoria, ma nel caso dovesse battere Nevada State, squadra nella top 10 nazionale, gli verrà garantito un contratto molto migliore. La moglie di David, Jan, non lo segue in questa avventura e il suo matrimonio è così in pericolo. L’amico di David, Leroy “Hustler” Monroe, interpretato da King, decide di aiutarlo in questa sua avventura ed iniziano ad assemblare una squadra di personaggi tanto diversi tra loro quanto unici nelle apparenze e nelle abitudini. In modi che non vi svelerò, il film si sviluppa con contorni inaspettati e comici.
Ecco il trailer del film distribuito alle TV americane:
Nonostante non sia stato acclamato dalla critica, questa commedia è stata accolta in maniera positiva ed è spesso indicata come un film senza troppe pretese ma tutto sommato piacevole.
Julius Erving e molti altri.
Sempre nel 1979, a cavallo del genere fantasy e comedy, uscì nelle sale statunitensi “The Fish That Saved Pittsburgh”, portato in Italia col nome di “Basket Music”.

Questo lungometraggio si basa su una premessa che ciascuno di noi ha visto presentarsi sicuramente più di una volta nei film sullo sport: la squadra sta andando male e sembra non ci sia niente che si possa fare. In particolare il team dei Pittsburgh Pythons continua a perdere partite ed è diventato la barzelletta della città.
Per questo e per il carattere complicato della loro stella Moses Guthrie, interpretato da Julius Erving, diversi giocatori chiedono di essere scambiati altrove. In cerca di un miracolo, il portaborracce della squadra, Tyrone, pensa che la soluzione sia l’astrologia e si rivolge all’esperta in materia Mona, con cui giunge alla conclusione che la squadra dovrà essere composta unicamente da giocatori dello stesso segno di Moses, quello dei pesci. La squadra diventa così quella dei Pittsburgh Pisces.
Tra i compagni di Moses aka Julius spicca il reverendo Grady Jackson, interpretato da Meadowlark Lemon, protagonista di una carriera di oltre vent’anni nelle fila degli Harlem Globetrotters con il soprannome di “Clown Prince”. Tra le squadre che i Pisces si troveranno ad affrontare spiccano diversi nomi di rilievo dal palmares importante:

Mychal Thompson è padre di Klay Thompson, attuale stella dei Golden State Warriors.
Ecco il trailer del film:
Questa storia così particolare e ricca di personaggi famosi ebbe molto successo non solo per la presenza di così tanti professionisti prestati al mondo del cinema, ma anche dal punto di vista delle colonne sonore e dell’immaginario disco molto in voga all’epoca. Infatti il disco dedicato alla soundtrack debuttò al numero 4 nella classifica Billboard.
Per concludere, ci appare chiaro come i primi tentativi di accostare le stelle della pallacanestro al mondo del cinema siano stati dei tentativi dai risultati altalenanti.
Nei prossimi episodi vedremo come questi due mondi hanno continuato a miscelarsi l’uno con l’altro nei decenni successivi.