Sono passati tre mesi dall’11 marzo 2020, data in cui l’NBA si è fermata a causa del Covid19. Inevitabilmente, il basket e lo sport tutto sono passati in secondo piano e hanno lasciato spazio ad argomenti ben più seri. Finalmente la situazione sanitaria sembra migliorare – più in Europa che negli Stati Uniti, a dir la verità – e si ha una data ben precisa per la ripresa della stagione NBA, ovvero il 31 luglio 2020.
In attesa dei training camp e delle prime partite, abbiamo deciso – Marco Giavazzi ed il sottoscritto, Lorenzo Pasquali – di analizzare quella che è stata la Regular Season di ciascun Clipper in relazione alle aspettative di inizio stagione (nota a margine: abbiamo preso in considerazione il roster post trade deadline di Febbraio).
Kawhi Leonard
Quando si parla di Kawhi Leonard in Regular Season, non si può non partire dal load management a cui negli ultimi anni si è sottoposto. Come i Raptors prima, anche i Clippers avevano come obiettivo primario quello di gestire i cronici problemi fisici di Leonard, per permettergli di arrivare ai Playoffs in condizioni ottimali.
Doc Rivers ed il suo staff hanno fatto un lavoro certosino in merito, lasciando a riposo The Klaw in 13 occasioni e limitandone i minuti in campo (32.2 a partita, il dato piú basso dal 2014-2015).
Il trattamento di riguardo ha contribuito a un miglioramento delle condizioni fisiche di Leonard: in proiezione avrebbe giocato 65 partite, 5 in più dell’anno scorso.
La stagione del due volte MVP delle Finals è di livello assoluto, come testimoniano sia le statistiche grezze (massimo in carriera per punti, 26.9 a partita, rimbalzi, 7.3, e assist, 5), sia, soprattutto, il suo impatto sui Clippers. I ragazzi di Doc Rivers, infatti, hanno un record negativo (6-7) senza la loro stella; inoltre, il net rating dei velieri è 10.8 punti migliore con il californiano in campo.
La nota più lieta per Doc Rivers è rappresentata dal miglioramento delle letture offensive di Leonard e, di conseguenza, dalle sue rinnovate doti di passatore. Come anticipato, Kawhi sta facendo registrare il massimo in carriera di assist per partita, un dato che non avrebbe però alcun valore se non contestualizzato.
In primo luogo va sottolineato l’impiego di Leonard come playmaker de facto: non è un caso che il suo USG% sia il più alto in carriera (32.8%, 2.2 punti percentuali in più rispetto al precedente picco del 2016/2017) e che stia facendo registrare un AST% assolutamente fuori parametro per i suoi standard (26.2%, il precente massimo era 18.2% nel 2016/2017, escludendo il 2017/2018 in cui ha giocato solo 9 partite).
Partendo da questi dati – Leonard che ha più che mai la palla in mano e che termina un quarto dei suoi possessi con un assist – l’AST/TO (assist to turnover ratio) assume un significato ancora maggiore: è quindi molto positivo che “the Klaw” stia viaggiando a 1.81 di media (massimo in carriera). Il maggior impegno offensivo richiestogli non inficia il suo trattamento di palla, che anzi è migliorato.
Certo, si è ancora lontani da numeri lebroniani (4.0), ma il miglioramento è evidente.
Qui sopra, in una sconfitta di novembre contro gli Spurs, sfrutta il posizionamento di George per battere dal palleggio il difensore e prendere una prepotente linea di fondo. Invece di concludere, però, dopo aver attirato l’intera difesa decide di scaricare per Harrell a rimorchio.
In transizione contro i Magic, in una vittoria di gennaio, pesca invece il taglio profondo per due facili di Harrell.
Nella spettacolare sconfitta di febbraio al Boston Garden, prende un rimbalzo facile e si traveste da quarterback per lanciare Zubac verso la end zone avversaria.
Contro i Kings a dicembre, infine, trova il rollante (Zubac) dopo un blocco top of the key: va al suo ritmo, palleggia accennando una pentrazione per attirare l’uomo del bloccante che era rimasto in drop e poi lascia andare un cioccolatino.
Voto: A
Se le due principali domande di inizio stagione riguardavano la salute fisica e le capacità di passatore di Leonard, le risposte che i Clippers hanno ricevuto sono positive. Senza dimenticare che, da quando Moe Harkless è stato scambiato (6 febbraio), si è visto un Kawhi maggiormente attivo in fase difensiva, dove ha preso in single coverage, tra gli altri, Harden, Morant e Tatum.
Paul George
La stagione di Paul George è abbastanza difficile da giudicare, e per larghi tratti è stata condizionata da problemi fisici.
Reduce da 4 stagioni consecutive con 78 partite di media giocate, quest’anno George è arrivato solo a quota 42, il 65.6% delle partite disputate dalla squadra prima della pausa.
Le operazioni alle spalle avute durante l’off season gli hanno fatto saltare le prime 12 gare della stagione, e soltanto qualche settimana fa ha terminato la riabilitazione per tornare al top della forma fisica.
Paul George said he‘s had some insecurities with his shoulders until feeling much better over the last few weeks. He added that he wasn’t 100 percent during the season. Now, he’s feeling great with no shoulder issues.
— Jovan Buha (@jovanbuha) July 10, 2020
“I’m feeling back to myself again,” George said.
Un infortunio al tendine del ginocchio lo ha invece costretto più volte a fermarsi nella seconda metà della stagione, cercando di evitare con grande cautela un riacutizzarsi del dolore.
In accordo con lo staff dei Clippers, e con l’obbiettivo di preservarlo in vista dei playoff, il minutaggio di George è stato il più basso dalla stagione da rookie: 29.1 MPG.
È chiaro dunque che la differenza principale con l’anno scorso risulti essere la quantità dei minuti giocati per la sua squadra: i Clippers non hanno potuto contare sulle prestazioni trascinanti del candidato MVP della scorsa stagione, perché il processo di integrazione di Paul George è stato lento e graduale.

Data la minore aggressività nell’attaccare il ferro, sono calati sia i tiri liberi tentati che il FTr (il numero di tiri liberi rispetto ai tiri dal campo).
Le percentuali, già buonissime lo scorso anno, sono per la maggior parte migliorate:

Quest’anno ha anche continuato il suo percorso di evoluzione in uno dei migliori tiratori ad alto volume della storia, iniziato dopo il tragico infortunio subito quando ancora giocava per gli Indiana Pacers.
Dopo la grande stagione passata, si è confermato come uno dei primissimi tiratori della lega, dietro solo a grandi specialisti in classifiche di questo tipo:

Ciò che contraddistingue Paul George è il mix unico di altezza, abilità nel ball-handling e percentuali al tiro, anche nelle triple prese direttamente dal palleggio.
In particolare, quest’anno ha sviluppato una grande sinergia con Ivica Zubac, riuscendo spesso a liberarsi sfruttando il corpaccione del centro croato:
Per come viene giocata la pallacanestro nel 2020, spaziare il campo è diventato di vitale importanza.
Uno dei modi più efficaci per farlo è occupare gli angoli con grandi tiratori, sia in transizione che con la difesa schierata. I Clippers, come tante altre squadre, sono molti attenti a questo aspetto, in modo da concedere più spazio possibile per arrivare al ferro a giocatori come Leonard, Harrell e Lou. Paul George in questo assume un ruolo fondamentale, dato che quest’anno tira col 58.5% da 3 dagli angoli:
L’efficienza del nativo di Palmdale è fondamentale per il successo della squadra di Doc Rivers.
Nelle partite in cui George registra almeno il 55% di True Shooting, la squadra diventa quasi imbattibile, e il record dei Clippers è 20W-4L. Viceversa, il record diventa 10W-8L.
Dopo le difficoltà avute nella prima metà di stagione, dovute in parte agli infortuni, George ha iniziato a ingranare nel sistema offensivo, complici anche gli aggiustamenti fatti alle rotazioni della squadra che hanno aperto maggiormente il campo.
Sono migliorate anche le letture e la capacità di creare vantaggio per i compagni, che avevamo invece criticato a metà stagione:
Anche nella metà campo difensiva il percorso è stato simile. Abbastanza lento nel reagire nelle prime settimane di gioco, è man mano migliorato fino ad arrivare a prestazioni simili a quelle dello scorso anno.
George è ovviamente un giocatore fondamentale per la difesa dei Clippers, in grado sia di essere utilizzato in marcatura su più ruoli che lontano dalla palla per effettuare closeout critici, deviare passaggi e sporcare il palleggio del giocatore in penetrazione.
Infine, va sottolineato anche il contributo dato a rimbalzo. Come ci si poteva aspettare, l’inserimento delle due ali superstar ha enormemente aiutato la squadra sotto questo aspetto, passando dalla diciassettesima posizione dello scorso anno per REB% alla quarta di quest’anno. Oltre ai miglioramenti di Zubac, buona parte del merito va appunto a Leonard e George, che spesso riescono a catturare rimbalzi che non gli spetterebbero, portando a termine l’azione difensiva.
Voto: B
Dopo la scorsa stagione, le aspettative erano altissime. Ci si poteva aspettare un Paul George utilizzato come primo violino durante la RS, con Kawhi sonnolento fino ai PO, ma è successo il contrario. George rimane comunque un giocatore eccezionale e, nonostante le difficoltà iniziali, dovute soprattutto agli infortuni, ha dimostrato di essere uno dei 10 migliori giocatori al mondo.
Patrick Beverley
Come ormai da tradizione, la stagione di Beverley è partita male al tiro da 3, con un trend ricorrente che potrebbe far preoccupare in vista della ripresa del 30 luglio:

Dopo gli inquietanti mesi di ottobre e novembre, esattamente come l’anno precedente Pat è tornato a tirare con percentuali migliori, a fronte di un discreto volume, sufficiente a costituire una minaccia credibile dal perimetro.
Condividendo il campo con Leonard e George, la maggior parte delle volte la difesa gli concede comunque un tiro aperto: Beverley deve essere bravo nel punire gli aiuti avversari e, eccetto per il primo mese e mezzo, lo ha fatto molto bene:

Oltre ai tiri da 3 punti e al ferro, che costituiscono l’84.2% delle sue soluzioni offensive, quest’anno ha anche fatto vedere diverse volte un buon tocco nei floater:
La difesa di Beverley è uno degli argomenti che più fanno discutere. Il nativo di Chicago è un tassello fondamentale per la squadra di LA, in grado di far cambiare completamente faccia alla difesa.
In 1vs1 è un difensore aggressivo e molto veloce con le mani, capace di fare grandi giocate come queste:
È però estremamente esposto a problemi di falli: in questa stagione sono state infatti 5 le partite in cui è uscito per falli, e il record della squadra in queste occasioni è 1-4.
Forse il miglior aspetto della difesa di Beverley lo vediamo quando si trova lontano dalla palla. Costantemente attivo vocalmente, sempre pronto a indicare ai compagni la rotazione giusta da fare per rispettare il gameplan, la guardia dei Clippers si ritrova spesso anche a gestire situazioni di 2vs1 sul perimetro, dove deve eseguire un closeout in emergenza le rare volte in cui non ha le mani piene con la star avversaria.
La partita di Houston ci ha fatto vedere cosa vuol dire avere un difensore così attivo sul perimetro:
Le lineup con lui in campo hanno +6 di Net Rating rispetto a quando è in panchina, +1.9 di REB% e -2.2 OPP OREB%.
L’attività di Beverley si fa sentire anche sotto i tabelloni, ne è prova una delle sue migliori partite stagionali: la vittoria in overtime contro i Celtics.
Beverley finirà la partita con 14 punti, 16 rimbalzi, 7 assist, 3 palle rubate, 2 stoppate e la tripla per agguantare i tempi supplementari.
Voto: A-
Male l’inizio al tiro, strepitoso l’impatto sulla squadra nel resto della stagione. Non raggiunge voti più alti solamente per i problemi fisici e le brutte % dei primi mesi.
Lou Williams
Lou Williams usciva da una grande stagione, impreziosita dalle due gare di playoff vinte contro GSW con 34.5 punti di media, e coronata dal terzo 6MOY della carriera.
Se è vero che con l’arrivo delle due star ne è conseguito un sostanziale calo nell’utilizzo del giocatore nella metà campo offensiva, passando dal 30.8% di USG% dello scorso anno al 27%, è anche da notare l’aumento dei minuti in campo, da 26.6 a 29.3 MPG.
Ci sono diverse chiavi di lettura di questi dati. Innanzitutto, la crescita di Harrell nell’1vs1: come avevamo già notato a metà stagione, il lungo ex-Louisville ha iniziato a prendersi più responsabilità cercando di battere dal palleggio il lungo avversario, andando di fatto ad alternarsi i possessi della second unit con Williams.
D’altro canto, l’aumento dei minuti in campo deriva in larga parte dai primi mesi di stagione dei Clippers, quando il reparto esterni della squadra è stato bersagliato da numerosi infortuni (George, Shamet, McGruder).
Negli ultimi 4 mesi il numero è più simile a quello dell’anno scorso: 27.4 MPG, ancora più in calo nelle ultime partite con l’arrivo di Reggie Jackson.
Un calo evidente è arrivato nelle percentuali dal short e mid range, zona del campo da cui Williams ama tirare, specialmente a seguito di un P&R: nei tiri tra i 5 e i 9 piedi, la percentuale è scesa dal 47.1% al 42.1%, mentre tra i 10 e 14 piedi il calo è dal 44.4% al 35.3%.
Lou riusciva a realizzare questi tiri rubando il ritmo al difensore in aiuto fluttuando in aria per qualche secondo:
Quest’anno entrano con molta meno facilità:
Rispetto all’anno scorso, Lou prende anche meno tiri liberi: su 36 minuti, ne tenta 2.2 in meno e anche il suo Free Thow Attempt Rate è calato, dal 42.6% al 36.5%.
A inizio stagione ci interrogavamo sulle abilità di playmaker di Williams, a cui i Clippers hanno completamente affidato le chiavi della second unit: i dati sono leggermente in calo, dal 31.8 al 29.5 di AST% , dal 2.22 al 2.00 di AST/TO, e un calo negli assist a partita.
Ciò è in parte dovuto alla maggiore attenzione che le difese avversarie dedicano a una contender durante la RS, in parte alla stagione fallimentare che diversi compagni del secondo quintetto hanno attraversato: Shamet, atteso a un miglioramento on ball, non ha soddisfatto le aspettative create in estate; McGruder e Robinson, che spesso hanno condiviso il campo con Williams a causa dei frequenti infortuni, non sono giocatori NBA, specialmente nella metà campo offensiva. Le difese avversarie ovviamente se ne sono accorte e hanno rapidamente adeguato i propri gameplan di conseguenza, per cui è difficile fargliene veramente una colpa.
In difesa Lou è riuscito a fare una stagione peggiore della precedente, andando a reclamare lo scettro di peggior difensore della NBA. Per maggiori dettagli, vi rimandiamo all’articolo in cui ci interrogavamo sulle 3 domande rimaste senza risposta in casa Clippers.
Difficilmente sarà sostenibile averlo in campo nei minuti finali di una partita playoff, specie se accompagnato da difensori discutibili come Morris Sr. o Harrell.
Voto: B
Se il calo offensivo è tutto sommato giustificabile, il completo disinteresse mostrato in difesa è estremamente nocivo per l’ambiente, specie per una squadra che già al primo anno insieme non può permettersi di perdere occasioni. Con l’arrivo di nuovi giocatori e minori responsabilità offensive, le cose sono migliorate. Durante i Playoff, sarà responsabilità dell’allenatore non esporlo a predatori del calibro di James, Harden, Antetokounmpo.
Montrezl Harrell
Harrell sarà probabilmente l’argomento più caldo della off season dei Clippers: il lungo è in scadenza e, in passato, ha lasciato intendere di voler richiedere una cifra sostanziosa. Paradossalmente, l’emergenza Covid19 potrebbe facilitare la sua permanenza nella City of Angels, dal momento che le squadre disposte a offrigli molti dollari saranno inevitabilmente meno.
La free agency è ancora lontana, ed è quindi più interessante concentrarsi sull’apporto di Montrezl in campo.
Il numero 5 dei Clippers sta viaggiando su livelli mai toccata prima se si considerano i punti (18.6) e rimbalzi (7.1) per partita. Tuttavia, le cifre risultano gonfiate da un sempre maggiore minutaggio: parametrato sui 36 minuti, il suo apporto è simile alle stagioni precedenti sia per punti (1.4 in più rispetto al 2018/2019 e solo 0.8 rispetto al 2017/2018) che per rimbalzi (incremento di 0.3 rispetto al 2018/2019 e di 0.7 rispetto al 2017/2018). Ennesima conferma di come I numeri vadano sempre contestualizzati.
Harrell rimane comunque il giocatore più efficace dalla panchina per i Clippers, anche in virtù del calo vissuto da Lou Williams.
Nonostante la sua efficienza sia leggermente calata (il 60.7% di percentuale reale è il dato peggiore in carriera), Montrezl è offensivamente più completo rispetto alla scorsa stagione: si affida meno al pick’n’roll con Sweet Lou – le difese hanno preso contromisure – e va di più in isolamento (frequenza del 9.2% producendo 1.04 punti a possesso; l’anno scorso produceva 1.08 punti per possesso ma la frequenza era decisamente inferiore, 3.1%).
Si notano miglioramenti anche nella capacità di lettura come rollante: nella clip qui sopra legge la rotazione della difesa dei Pacers e pesca George in angolo.
Tuttavia, soprattutto in situazioni di isolamento, troppo spesso si intestardisce e si innamora troppo del pallone.
I dubbi più grossi, comunque, rimangono sulla sua fase difensiva. Se gli va riconosciuta una certa mobilità, si devono però sottolineare le sue grosse lacune in single coverage e a protezione del ferro (non sarà qualche stoppata in aiuto a farci cambiare idea).
Per questioni fisiche, soffre soprattutto contro i vari Gobert, Jokic e Davis. Non una grande notizia, dal momento che i Clippers incontreranno sicuramente almeno uno di questi centri negli eventuali Playoffs.
Qui sopra, nell’ultima partita contro I Lakers, perde completamente la posizione e viene brutalizzato da Anthony Davis che lo batte facilmente in penetrazione.
Voto: B
Harrell rimane un giocatore che porta una scarica di energia e adrenalina non indifferente dalla panchina. Discretamente affidabile in attacco, a patto che non si intestardisca, soffre troppo difensivamente per essere affidabile in in un pivotal game di una serie di Playoffs. Si è confermato, ma non ha certamente compiuto quello step che gli si richiedeva a inizio stagione.
Ivica Zubac
Breve salto nel passato alla serie dello scorso anno contro i Golden State Warriors, con Zubac che viene obbligato alla panchina dai ritmi frenetici della gara e dalla sua incapacità di concludere al ferro e punire la differenza di tonnellaggio con i lunghi avversari.
In seguito alla firma del nuovo contratto, 28 milioni per 4 anni, si presenta al training camp in ottima forma:
Ivica Zubac on losing 10 pounds in the off-season pic.twitter.com/6Y4GWOQqnj
— Mark Medina (@MarkG_Medina) October 9, 2019
Il problema principale manifestatosi nella scorsa stagione è stata appunto la percentuale di realizzazione dei tiri nel pitturato: 55,8% da meno di 5 piedi dal ferro (un metro e mezzo), e il 44,4% nei tiri arrivati tra i 5 e i 9 piedi.
A complicare la fine della stagione del giovane centro anche un duplice infortunio alle mani, che gli impediva di ricevere correttamente diversi passaggi e di concludere con il giusto tocco al tiro. Grazie alle operazioni fatte in estate e alla ritrovata forma fisica, si è visto un netto miglioramento nelle conclusioni ravvicinate.
Quest’anno Zubac tira infatti col 62% entro i 5 piedi, e con il 48,6% nei tiri tra i 5 e i 9 piedi, facendo vedere un tocco morbido nelle conclusioni di questo tipo.
Rispetto alla scorsa stagione riesce a correre molto meglio il campo, battendo spesso i lunghi avversari sullo scatto:
Quando è in campo Ivica ha 3 compiti: proteggere il ferro, prendere rimbalzi e portare blocchi granitici. I dati per 36 minuti non sono la perfetta rappresentazione della realtà ma possono aiutarci ad avere un quadro generale, mettendo a paragone lunghi con minutaggi diversi.
Zubac è tra i primi della classe in ognuna di queste categorie:
- 3° per screen assists (minimo 30 partite giocate), 1° per punti generati dai blocchi;
- Contesta molti tiri da 2 (5°) e lo fa bene (1° per DIFF% nei tiri entro i 10 piedi):
- A rimbalzo è 1° per OREB% tra i centri titolari, 7° per DREB%. Sfruttando le disattenzioni avversarie, riesce spesso a mantenere vivi i possessi offensivi:
Voto: A
Per le prossime stagioni Zubac dovrà migliorare nel non commettere falli (6° peggiore tra i centri titolari) e nel tiro dalla distanza, che già ha fatto vedere quest’anno:
For absolutely no reason at all, here are all of @ivicazubac‘s mid-range jumpers from this season. (outside of the paint)
— Big Ben (@stepbacktree) May 7, 2020
He’s shooting 57% from mid range. ? pic.twitter.com/z0i9xmCkqh
Marcus Morris Sr.
Vi erano grandi dubbi sull’arrivo di Morris alla coorte di Doc Rivers: si sarebbe saputo adattare ad un ruolo da comprimario un giocatore che fino al giorno prima aveva sempre la palla in mano a New York (23.7% di USG% parametrato sui 36 minuti, dato più alto in carriera)?
La giuria è ancora riunita e per la sentenza finale bisognerà aspettare, dal momento che Morris ha faticato molto nella metà campo offensiva. Il ruolo da spot up shooter non sembra essergli cucito addosso, basti pensare che a Los Angeles viaggia col 28.3% da 3 sui 36 minuti, mentre a nella Grande Mela tirava col 43.9% sullo stesso volume di conclusioni.
Se vi sono dubbi tecnici, sembrano evaporati quelli legati a un suo adattamento caratteriale: a quanto riportato da più fonti e dichiarato da Doc Rivers, il giocatore si è calato perfettamente nella nuova dimensione ed è focalizzato sull’obiettivo di squadra.
Difensivamente, invece, il suo apporto si è rivelato essere fin da subito di livello molto alto.
Morris forma infatti con Leonard e George un mostro a tre teste che rappresenta un vero e proprio incubo per gli attacchi rivali. I tre possono cambiare su ogni blocco e difendere sia perimetralmente che internamente.
Doc Rivers può schierare quintetti in cui ogni giocatore è in grado di cambiare sempre (basti pensare alla fisicità di Beverley o alla mobilità di Harrell, che pure ha i suoi grossi limiti difensivi).
Morris è un’arma tattica non indifferente, potenzialmente schierabile anche da 5 in quintetti di small ball estrema che puntino ad allargare il campo offensivamente e cambiare su tutti i blocchi difensivamente – non male, soprattutto in ottica Los Angeles Lakers e LeBron James.
Qui sopra, per esempio, legge ottimamente il taglio e si stacca dal suo uomo in angolo per rubare un passaggio pigro di Jokic.
Voto: B
I dubbi rimangono: saprà accettare di essere la terza/quarta opzione offensiva anche sul lungo periodo? Offensivamente deve essere più incisivo, ma i Clippers si sono trovati un coltellino svizzero che permette di variare, e molto, sullo spartito.
Reggie Jackson
I dubbi, in realtà, erano gli stessi che riguardavano Morris. Anzi, a favore di Jackson non vi era neppure il sicuro apporto difensivo. Jackson si sarebbe adattato ad un ruolo dalla panchina? Sarebbe stato in grado di gestire i possessi offensivi?
I Clippers avevano infatti cercato l’ex Pistons per alleviare Williams delle sue responsabilità offensive in fase di gestione dell’attacco.
Certamente, non ci si poteva aspettare quanto poi successo. Jackson ha letteralmente preso fuoco, viaggiando col 45.2% da 3 punti su 6.4 tentativi ogni 36 minuti e col 67% di percentuale reale.
Certo, la qualità dei tiri di cui gode Jackson ai Clippers è probabilmente superiore rispetto alle sue precedent esperienze…
… ma nelle 9 partite a Los Angeles sono entrate anche triple come quella in clip qui sopra.
Ciò che ha sorpreso maggiormente, però, è stata la sua capacità di gestire il ritmo e i possessi del secondo quintetto dei Clippers e, conseguentemente, di liberare Low Williams da compiti di playmaking.
Non è un caso che l’efficienza offensive di Sweet Lou sia migliorata: negli ultimi dieci incontri, il 23 dei Clippers ha tirato col 43.2% da 3 punti su 5.8 triple tentate ogni 36 minuti, in netta controtendenza rispetto al 36.3% stagionale sullo stesso numero di tiri.
Voto: A-
Restano alcune domande, che sono molto simili a quelle che ci si è posti per Morris.Quello che è certo è che, da quanto visto, i Clippers potrebbero aver trovato la chiave offensiva per il loro secondo quintetto.
Landry Shamet
La stagione di Shamet è divisibile in varie fasi e parzialmente condizionata da un problema alla caviglia che lo ha rallentato a cavallo tra novembre e dicembre. Tornato a dicembre inoltrato, e contestualmente al debutto di Paul George, ha perso il ruolo da titolare che aveva ricoperto a inizio stagione. Tuttavia, Rivers ha continuato ad utilizzarlo, anche nelle fasi finali delle partite, apprezzandone la difesa e la capacità di essere una minaccia estremamente credibile oltre l’arco dei tre punti.
Shamet ha ripagato la fiducia soprattutto a cavallo di gennaio e febbraio (precisamente dal 18 al 21 dei rispettivi mesi), viaggiando a 14.4 punti con il 46.8% (!) da tre punti su una mole di 7.2 triple a partita (39.2% dalla lunga distanza in stagione).
Ha sofferto parzialmente l’arrivo di Reggie Jackson: nelle sue prime 38 partite stagionali solamente in un’occasione ha giocato meno di 18 minuti, mentre sono 4 nei 9 incontri successivi alla firma di Jackson.
Parte delle difficoltà derivano dall’essere spesso schierato come ala piccola, posizione dove soffre fisicamente, ora che Lou Williams è tornato a giocare prevalentemente off the ball.
Voto: B
Si era già reso protagonista di un’ottima run ai Playoffs 2019, realizzando il canestro decisivo in Gara 2 contro i Warriors e coronando così una storica rimonta.
In questa stagione ha confermato i suoi pregi – range di tiro e difesa perimetrale – mostrando anche significati miglioramenti con la palla in mano, dal ball handling a pull-up shots.
Sicuramente futuribile, rimane un’ottima alternativa – soprattutto quando servirà un 3&D – anche nelle fasi calde di quelli che saranno i Playoffs 2020.
Jamychal Green
Le domande relative alla stagione di Green rivolvevano attorno alla sua percentuale da 3 punti. L’anno scorso l’ex Grizzlies ha infatti tirato con uno strepitoso 43.7% da 3 nelle partite giocate per i Clippers, con anche un discreto volume (3.4 3PA nella RS, 3.8 ai PO).
Mantenendo percentuali attorno al 38% avrebbe sicuramente potuto ambire al ruolo di 4 titolare, avendo dalla sua anche una discreta difesa e un dignitoso contributo a rimbalzo.
Purtroppo, così non è stato: le percentuali sono regredite al 36.6% da 3, e in generale Green si è dimostrato essere un tiratore abbastanza streaky, capace di alternare eccellenti serate al tiro a partite in cui sembra guardare timidamente il canestro dalla lunga distanza.
Come riportato nello scorso articolo, la volontà di Doc Rivers è quella di sperimentare più quintetti piccoli con Morris o Green da 5 tattici. Nell’ultima partita giocata contro OKC, complice l’infortunio di Harrell, il quintetto con Green da 5 è stato molto cavalcato, producendo diversi parziali positivi che hanno deciso la partita.
Voto: B-
Seppur a seguito di una stagione tutto sommato anonima, Green rimane fondamentale per la squadra, in quanto unico vero lungo in grado di poter aprire il campo in attacco: in certi matchup, ad esempio contro Gobert, potrebbe risultare decisivo.
Articolo a cura di Lorenzo Pasquali e Marco Giavazzi