Avremmo potuto, tranquillamente, chiamare questo articolo “NBA Preview: Los Angeles Lakers 2019/20 – Parte 2”.
Adam Silver ha annunciato al mondo che il 30 luglio, nella “bolla” del Walt Disney World di Orlando, in Florida, riprenderà la stagione regolare della NBA. Se sulla carta si tratta in ogni caso della stagione 2019-2020, ai fatti possiamo affermare che si ripartirà da un foglio bianco, con poche certezze e tante incognite.
Parlando nello specifico dei Lakers, gli interrogativi riguardano, principalmente, quattro argomenti:
- Gli otto match di regular season
Chi incontreranno i Los Angeles Lakers in queste otto partite che si giocheranno prima dell’inizio dei playoff?
Quali saranno gli scontri diretti?
I Lakers potrebbero perdere il primo posto ad Ovest?
- Il fattore campo
- Il fatto di giocare nella “bolla”, a porte chiuse, come potrà influenzare le prestazioni di LeBron James e compagni?
- In stagione, come hanno giocato i Lakers tra le mura dello Staples Center e fuori casa?
- Il lockdown
Questi tre mesi di inattività come influiranno sulle prestazioni dei giocatori?
Chi ne ha beneficiato e chi è rimasto penalizzato dal lockdown?
- La firma di J.R. Smith
Vista la defezione di Avery Bradley, cosa porterà a questi Lakers un giocatore (fermo da un anno) come Smith?
Quanto peserà l’assenza di Bradley?
Ci troviamo di fronte ad una situazione sportiva mai affrontata prima. Cercheremo di dare una risposta ad ogni interrogativo, analizzando nel dettaglio tutti i matchup dei Lakers dal 30 luglio all’inizio dei playoff, con particolare riguardo per gli scontri diretti e per il record di squadra che potrebbe influire sulla posizione d’ingresso nel tabellone.
D’altronde, la stessa NBA – nella stagione 2007-08 – si era autodefinita, sulle note di “Everyday” di Carly Comando, Where Amazing Happens. Se non succede a Disney World, dove dovrebbe succedere?
Gli otto match di regular season
Rispetto al calendario – ufficioso – che la NBA aveva rilasciato qualche settimana fa, sono state apportate delle modifiche.
Inizialmente, la schedule prevedeva gli incontri con gli Houston Rockets, con i Denver Nuggets, un doppio match con gli Utah Jazz, con i Toronto Raptors, con gli Indiana Pacers, con i Portland Trail Blazers e, infine, con i Miami Heat.
Poi, il 27 giugno, è stato presentato il calendario ufficiale.
Questo prevede:
- 30/07/2020 vs. Los Angeles Clippers;
- 01/08/2020 vs. Toronto Raptors;
- 03/08/2020 vs. Utah Jazz;
- 05/08/2020 vs. Oklahoma City Thunder;
- 06/08/2020 vs. Houston Rockets;
- 08/08/2020 vs. Indiana Pacers;
- 10/08/2020 vs. Denver Nuggets;
- 13/08/2020 vs. Sacramento Kings.

Dunque, rispetto al calendario precedente abbiamo il “recupero” del match coi cugini di Los Angeles al posto dell’esordio contro i Rockets, poi un match di quello che sarebbe dovuto essere un doppio confronto coi Jazz viene sostituito da quello contro i Thunder e, infine, l’insidiosa chiusura con gli Heat viene sostituita con il più abbordabile incontro con i Kings.
Danny Green, nella recente puntata del podcast “LA Podcast” di ClutchPoints, ha detto la sua su chi saranno gli outsider ad Ovest: “…Certo, ora le dinamiche sono diverse. Bisognerà vedere chi sarà sano e se le squadre saranno al completo. Secondo me, Nuggets e Rockets saranno le due possibili sorprese della Western Conference.”.
Il primo incontro dei Lakers nella “bolla di Orlando” sarà la partita con i Los Angeles Clippers, rimandato il 28 gennaio a seguito della tragica scomparsa di Kobe Bryant.
I gialloviola – e, analogamente, i Clippers – cominceranno col botto: prima contro seconda nella Western Conference, ripartiranno dai rispettivi record di 49 W – 14 L e 44 W – 20 L.
Negli ultimi dieci match, i Lakers hanno un record di 8 W – 2 L; le uniche due sconfitte – comode – sono arrivate con i Memphis Grizzlies prima e con i Brooklyn Nets poi.
Dalla partita con i Clippers si capiranno diverse cose: lo stato di forma delle due franchigie, l’approccio che adotteranno, i vari adattamenti studiati da Vogel e il suo staff per sopperire all’assenza di Bradley.
A livello di matchup, è un incontro ostico, l’attacco e la panchina dei Clippers contro l’asse James-Davis e la difesa dei Lakers.

Il secondo incontro sarà contro i campioni NBA in carica, i Toronto Raptors. Anche questo match, sulla carta, potrebbe essere probante: nonostante la partenza di Kawhi Leonard e Danny Green, i Raptors di Nick Nurse rimangono una squadra temibile.

Il terzo incontro sarà con gli Utah Jazz. Trattandosi pur sempre di un match – per quanto atipico – di regular season, sarà interessante vedere l’attacco e la difesa di Frank Vogel contro una difesa solida – ideale per la RS ma poco adatta ai playoff, dove paghi la difficoltà di Gobert nel tenere il cambio di marcatura – e un attacco consistente, frutto della miglior Effective Field Goal Percentage della Lega.
In stagione, le due franchigie si sono incontrate due volte e sono state due vittorie con un discreto margine: 95-86 allo Staples Center, 121-96 al Vivint Smart Home Arena.

Il quarto incontro sarà con gli underdog per eccellenza di questa Western Conference: gli Oklahoma City Thunder di Danilo Gallinari e Chris Paul.
Nonostante siano una formazione consistente sia a livello offensivo che a livello difensivo, in stagione Lakers e Thunder si sono incontrati tre volte e sono state tre vittorie targate L.A.: 112-107 allo Staples Center, un tiratissimo 130-127 ed un 125-110 alla Chesapeake Energy Arena.

Il quinto incontro sarà con gli Houston Rockets di Harden e Westbrook, un match che potrebbe fungere da cartina di tornasole circa lo stato di forma e salute delle due franchigie.
In stagione si sono incontrate due volte: vittoria Lakers 124-115 al Toyota Center, vittoria Houston 121-111 allo Staples Center.
Proprio da questa sconfitta casalinga lo staff di Vogel deve ripartire per preparare il match in questione: arrivò infatti subito dopo la rivoluzione in casa Rockets, con la partenza di Capela, l’arrivo di Covington e l’utilizzo del quintetto small con PJ Tucker usato come stretch-5.
A livello tattico, Lakers-Rockets è lo scontro di due filosofie tremendamente diverse: i gialloviola con un quintetto più grosso, orientato più sulla forza e la difesa e le invenzioni di LeBron; i Rockets con un quintetto piccolo, veloce, temibilissimo dall’arco e con un Harden capace di guadagnare liberi con il solo pensiero.
La chiave di questa partita sarà quella di scardinare, con uomini più grossi, il sistema di Houston, capace di switchare su tutti con tutti gli elementi del quintetto.

Il sesto incontro sarà con una delle sorprese della Eastern Conference: gli Indiana Pacers di Brogdon e Sabonis. Tuttavia, questa ripresa sarà problematica e incerta per la franchigia di Indianapolis, data la positività al Covid-19 dello stesso Brogdon, la squadra ancora in fase di rodaggio e la decisione di Oladipo di non giocare ad Orlando.
Non dovrebbero essere una minaccia per i Lakers ma – c’è sempre un ma – in stagione l’unico incontro tra le due formazioni ha visto la vittoria dei Pacers: 105-102 alla Bankers Life Fieldhouse.

Il settimo incontro sarà con la terza forza ad Ovest, ossia i Denver Nuggets di Jokic e coach Malone.
In stagione le due franchigie si sono incontrate tre volte, due vittorie Lakers e una vittoria Nuggets: 105-96 e 120-116 (OT) al Pepsi Center per i Lakers, 128-104 allo Staples Center per i Nuggets.
Nonostante possa sembrare un match equilibrato, si tratterà di un incontro probante per Denver: Jokic è risultato positivo al Covid-19 ed è ancora in Serbia, hanno un attacco efficace ma una difesa deficitaria, in aggiunta al fatto che a roster non hanno un Bron-stopper e, nel caso in cui Jokic tornasse in forma e Davis giocasse da centro, non avrebbero – sulla carta – un modo per arginarlo.

L’ottavo – ed ultimo – incontro di regular season sarà con i Sacramento Kings del grande ex Luke Walton.
A differenza del match programmato con gli Heat dal calendario ufficioso, questa “chiusura” sarà molto più semplice per i Lakers. Gli occhi di tutti saranno sui Kings, che si giocano l’ottavo posto a Ovest e l’approdo ai playoff.
In stagione, le due franchigie si sono incontrate due volte e sono state due vittorie Lakers: 99-97 allo Staples Center, 129-113 al Golden 1 Center.

Per quanto riguarda il primo posto, a nostro modo di vedere non è in discussione. Dipenderà molto dall’atteggiamento della squadra, dalle intenzioni di Vogel (che ha dichiarato di voler far ruotare tutti i giocatori in queste otto partite), dall’intensità che potranno mettere in campo i giocatori.
Ci sono troppe variabili da considerare in questo caso, dipende molto anche dal percorso dei Clippers e dei Nuggets; in ogni caso, pensiamo che i Lakers possano chiudere questo mini-ciclo con un record di 5-3 o 6-2, che garantirebbe il primo posto.
Il fattore campo
Se c’è una franchigia che non gioca mai fuori casa, questi sono i Lakers. L’assenza del pubblico, quindi, si potrebbe far sentire.
Un giocatore che si alimenta col tifo dagli spalti è proprio LeBron James, si esalta con gli spettatori, li coinvolge, li fa sentire parte integrante dello show e l’ultimo esempio lo abbiamo avuto nella sfida contro i Clippers prima del lockdown: ultimo quarto, penetrazione, and-one e flex muscles verso i tifosi Lakers.
Non parliamo di un fattore determinante ai fini del risultato ma parliamo comunque di un fattore positivo, capace di spostare leggermente più in là l’asticella di certi giocatori, un boost che mancherà all’interno della bolla.
Tra le altre cose, i Lakers tra le mura di casa hanno un record molto positivo (23-8 allo Staples Center) ma il dato più significativo riguarda il record in trasferta: 26-6 lontano da Los Angeles. Questo trend fuori casa conferma il temperamento della squadra di Vogel e la forza dei Lakers di quest’anno.
Il lockdown
Vista la fisicità del roster dei Lakers, il gioco dispendioso in difesa, l’età di LeBron e gli acciacchi mai risolti di Davis, il lockdown ha sicuramente aiutato la squadra a livello fisico.
Tutti i giocatori si sono allenati in quarantena: le foto e i video che sono arrivati di recente dalla Facility ci mostrano giocatori asciutti, tonici e rigenerati, dagli scontati LeBron e Davis, fino a Kuzma e Caruso (che ha un nuovo look).
Con la ripresa della regular season, le preoccupazioni principali riguardano la tenuta muscolare (dopo due mesi di inattività ed un mese di allenamenti individuali…) e l’aspetto mentale di questa ripresa. Quello che è sicuro è che, in questo periodo di stop forzato, i Lakers – e, in generale, tutte le franchigie – hanno evitato infortuni derivanti dal logorio fisico di una stagione di ottantadue partite e gli affaticamenti muscolari tipici dei finali di stagione.
In definitiva, i Lakers hanno beneficiato di questo lockdown.
La firma di J.R. Smith
Il sistema messo a punto dalla NBA per la ripresa della stagione è stato studiato nei minimi dettagli: questo, infatti, permette alle squadre di aggiustare i roster nel caso in cui ci fossero delle mancanze. Questo è il caso dei Lakers.
Il 24 giugno, Wojnarowski lancia una sua Woj-Bomb sulla tifoseria gialloviola: twitta, sul suo profilo, che Avery Bradley avrebbe deciso – irrevocabilmente – di non seguire la squadra ad Orlando.
Los Angeles Lakers guard Avery Bradley has opted-out of playing in the NBA’s Orlando restart of the season, Bradley told ESPN on Tuesday night.
— Adrian Wojnarowski (@wojespn) June 24, 2020
Bradley stava disputando una stagione brillante se paragonata alle passate. Su quarantanove gare disputate è partito in quintetto quarantaquattro volte, tirando con il 52.6 eFG% (terzo miglior dato in carriera).
Quello sulla eFG% non era l’unico dato buono: il numero 11 stava anche difendendo bene sulla palla, sporcando palloni e contestando tiri. Non aveva il ruolo di lockdown defender, però era una pedina importante nell’economia di squadra. Il vuoto lasciato da Avery è stato riempito nei giorni scorsi da una vecchia conoscenza: J.R. Smith.
“Team Swish” è un oggetto misterioso, fermo dalla stagione 2018-19, durante la quale giocò solamente undici partite. Gli interrogativi sono grossi, le risposte poche ed incerte: per quanto potrà stare in campo? Cosa potrà dare ai Lakers e per quanto?
La condizione fisica di J.R. è, forse, il quesito più facilmente risolvibile. Nonostante i quasi due anni di assenza dal parquet, il nativo del New Jersey ha continuato ad allenarsi per cercare una squadra.
Ben noti sono i video che lo ritraggono mentre si allena insieme a Chris Brickley, dove è possibile vedere un J.R. in grande spolvero. Ma, come ben sappiamo, un conto sono allenamenti sul tiro e pick-up games ed un altro i playoff NBA.
Due cose, però, sono certe: per firmare il contratto devi passare i test fisici previsti nei workout e – oseremmo dire soprattutto – devi avere l’approvazione di King James.
Su Smith e sul suo workout per i Lakers si è espresso anche coach Vogel:
Frank Vogel, via Harrison Faigen
In definitiva, sembra avere una buona condizione fisica e le otto partite che rimangono da giocare lo aiuteranno sicuramente, una sorta di rodaggio in vista degli imminenti playoff.
Quindi, quanto potrà giocare? Di fatto, J.R. andrà ad occupare il posto lasciato vuoto da Bradley ma non ne prenderà, verosimilmente, tutti i minuti. Smith andrà a rimpolpare un reparto guardie già ben fornito, con Green, KCP, Caruso e Rondo come i principali indiziati per assorbire i minuti di Bradley.
Quindi, J.R. è veramente ciò di cui avevano bisogno i Lakers?
La risposta giusta sarebbe nì. Partiamo da un presupposto basilare: i Lakers avevano bisogno di una guardia e Smith era il miglior free agent sulla piazza. Messo in chiaro ciò, possiamo procedere senza troppi indugi al punto nevralgico della faccenda: di cosa hanno bisogno i Lakers?
I Lakers hanno bisogno di qualcuno che faccia da secondary creator in assenza di LeBron, un qualcuno in grado di chiedere e ottenere il pallone e creare un vantaggio dal palleggio anche in situazioni statiche.
Smith non è in grado di fare ciò; o, meglio, non è in grado di farlo con continuità in una serie di playoff, dove le difese iniziano ad essere dure già dal primo turno. È però un ottimo tiratore (37% in carriera su oltre cinque tentativi a gara). L’idea, dunque, potrebbe essere quella di avere un giocatore – in più – capace di spaziare il campo (esempio: 4/5-out, insieme a LeBron e Davis).
Nonostante le clip siano datate, è possibile vedere come J.R. si muova senza palla e costituisca un pericolo per le difese in situazioni di spot-up e/o in uscita dai blocchi.
Nel primo video vediamo un semplicissimo pin-down per Smith, con Thompson da bloccante.
Nel secondo video, invece, viene mostrato benissimo il concetto di 4/5-out, con Thompson che rimane in area sul lato debole e con 4 giocatori fuori dall’arco. LeBron penetra, attira la difesa e scarica a Smith, che nel frattempo era andato in angolo seguendo la penetrazione.
Un’altra situazione nella quale potrebbe essere utilizzato J.R. è quella che prevede lo staggered pindown + handhoff, visto e rivisto durante tutta la stagione con Bradley.
In entrambe le clip possiamo vedere, sostanzialmente, la stessa azione: ricezione al gomito del lungo e Bradley in angolo opposto; la guardia sale, prendendo due blocchi verticali, per poi fare il consegnato con il lungo. Arresto, tiro, canestro.
Alla fine, possiamo dire che Smith avrà un utilizzo limitato e, nelle gare importanti, potrà giocare quei cinque minuti come specialista. Possiamo dire – quasi certamente – che la gran parte dei minuti li giocherà nel garbage time.
Considerazioni finali
Nessuno sa che risultato potrà uscire da questa chiusura anomala di regular season e da questi playoff. Per quanto riguarda i Lakers nello specifico, siamo fiduciosi.
LeBron è LeBron, conosciamo la sua etica sportiva e lavorativa, è una garanzia di qualità e quantità; questo riposo, unito alla sua – e nostra – voglia di entrare nella “Leggenda” vincendo il titolo a Los Angeles come Magic e Kobe, potrebbe fornirci un LBJ capace di prestazioni inimmaginabili.
Davis ha coronato il suo sogno, giocare con LeBron in un Big Market, ed ha sistemato quei piccoli acciacchi che hanno segnato la sua regular season ma che, comunque, gli hanno permesso di mettere in mostra prestazioni notevoli.
Vogel e il suo staff – non Hollins, non entrerà nella bolla per questioni di età e di salute – hanno dimostrato di saper costruire un sistema difensivo altamente efficiente che va a controbilanciare un attacco basato, fondamentalmente, sulla vena realizzativa dell’asse Bron-Davis, sulla visione di gioco di LeBron e sulla dimensione perimetrale garantita da Caldwell-Pope, Morris, Kuzma, Caruso, Green e Smith.
Il resto lo scopriremo solo vivendo.
Articolo a cura di Andrea Poggi e Davide Quadrelli