“Con poco talento, con poco attacco, con poco di tutto si può fare anche tanto”
Flavio Tranquillo, dopo Italia-Grecia 62-59
EPISODIO 6: SVEZIA 2003
Prossima fermata 2003, anno fatidico. A Marzo gli USA iniziano la seconda guerra del Golfo andando alla ricerca di armi di distruzione di massa mai trovate, mentre quel che resta della Jugoslavia diventa ufficialmente Serbia e Montenegro. Muore la pecora Dolly, quell’estate ci accorgiamo che il “Global Warming” non è solo una speculazione scientifica e il Concorde vola per l’ultima volta.
Lo sport del 2003 è a metà tra gli ultimi momenti di un’epoca con il secondo ritiro di Jordan, la fine della dinastia “Shaq&Kobe” dopo 3 anni, l’ultimo scatto del Pirata, e l’inizio di una nuova era con la prima finale di Champions tra due italiane – che però come sapete non si è mai disputata – nel calcio, i 24 secondi in area FIBA, l’affaire Becirovic provoca il fallimento della Virtus, una squadra svizzera vince la Coppa America di Vela e l’unione tra Tele+ e Stream dà vita a SKY.
Dopo aver saltato il Mondiale 2002 di Indianapolis, l’Italia del basket va in Svezia, per l’Europeo. Dopo il 2001 Tanjevic ha lasciato il posto a Carlo Recalcati, personaggio sicuramente più istituzionale e vincitore dello scudetto prima a Varese (ricordate?), poi alla Fortitudo in procinto di cominciare la sua avventura alla Montepaschi Siena.
Il tanto atteso cambio generazionale è arrivato, ma si è passati da Abbio, Myers, Fucka e Meneghin a Lamma, Righetti, Soragna e Bulleri: non proprio la stessa cosa. Per il terzo appuntamento consecutivo fa specie poi la mancanza di Pozzecco, un giocatore il cui talento e imprevedibilità avrebbero davvero fatto comodo a questa squadra: anche con Recalcati, suo allenatore a Varese e quindi al di sopra di ogni sospetto, Pozzecco non riesce a calarsi nel ruolo propostogli.
Il reparto lunghi azzurri invece è il solito, con Chiacig, Marconato e Galanda colonne inamovibili del gruppo. Completano i 12 Basile, diventato quello dei tiri ignoranti, Mian, Cittadini e Radulovic, italo-croato dalla Joventut di Badalona: quest’ultimo, assieme al capitano Jack Galanda, ricopre un ruolo che sta diventando strategico in quegli anni nella pallacanestro. Oggi li chiameremmo Stretch-four.
Il passaggio dai 30 ai 24 secondi, la maggior commistione tra basket NBA e FIBA, la maggior fisicità dei giocatori, la linea dei 3 punti ancora a 6,25 sono tutti elementi che hanno contribuito a ripensare le filosofie offensive in quegli anni.
Come già detto, per scrivere questi articoli mi sono rivisto diverse partite (Nazionali e Club) del periodo 99-2004 e da quello si nota come il salto tecnico più marcato avviene proprio tra il 2002 e il 2003, alla ricerca dello spacing: da li l’uso sdoganato del tiro da 3 punti per i “lunghi” in grado di essere una consistente minaccia dal perimetro. Ci ritorneremo.
L’Italia è nel gruppo con Slovenia, Francia e Bosnia. La sconfitta contro la Slovenia di Nachbar e il pesantissimo 52-85 contro la Francia ci impone di battere la Bosnia nella prima di una serie di 5 sfide (+ 1) senza domani, sempre sull’orlo del baratro sportivo, che lasceranno un marchio indelebile nella Storia della Pallacanestro Italiana.
Con un carico di tensione infinito per l’essere ad un passo dell’eliminazione, l’Italia sospinta da un Bulleri da 24 punti si guadagna la terza piazza e il barrage contro la Germania di Nowitzki, un bruco che dal ’99 al 2003 è divenuto la più bella farfalla d’Europa.
E’ superfluo dire cosa fosse il tedesco; prima si è parlato della comparsa dei lunghi tiratori e non si esagera quando si dice che lui ne è il vero e proprio capostipite: senza di lui forse non avremmo assistito al pieno sviluppo di giocatori come Gallinari, Doncic, Melli, Micov, Love e tanti altri che ammiriamo oggi. Un rivoluzionario.
WunderDirk ne mette 22, Demirel 23, ma un Galanda da 3/3 da 3 punti, un Bulleri da 17 ed un Radulovic da 14 (e la 2-3…) ricuciono lo strappo iniziale, fino a quando un romanzesco Mian serve a Marconato la palla della schiacciata decisiva. Incredibilmente, inaspettatamente siamo ai quarti di finale.

Ci attende la Grecia uscita vincitrice dal girone di ferro con Turchia e Croazia: tra le file della Nazionale che si prepara ad ospitare le Olimpiadi militano Papaloukas (verso il quale confesso di osservare un culto personale simil setta), Hatzivrettas, Dikoudis,Tsakalidis, Sigalas e un giovane Diamantidis che viene cosi definito da Tranquillo:
La partita mette in mostra quella differenza di fisicità in area che era prevedibile ci fosse, mentre noi soffriamo i falli di Marconato e Chiacig non entra in partita. La Grecia sembra andarsene perché Sigalas mette 4 triple su altrettanti tentativi nel primo tempo, ma nel secondo concediamo appena 23 punti, nonostante un fantastico Dikoudis. Il disperato tentativo di Papanikolau se ne va modello cross calcistico mal calibrato.
Oltre ad aver conquistato la semifinale contro la Spagna, realizziamo che vincendo almeno una delle prossime due partite ci si conquisterebbe il pass per Atene 2004.
Già, la Spagna. Ad eccezione del colore delle maglie e l’inno nazionale la squadra iberica non ha nulla in comune con quella del ’99; quest’ultima non aveva Gasol, Navarro, Calderon, Reyes e Garbajosa, altro superbo esemplare di 4 con la tripla facile.
Personalmente mi metto davanti al televisore con la mestizia di un sedicenne che sta affrontando l’ultimo weekend di vacanze estive, ma con l’orgoglio di vedere la propria nazionale giocarsi incredibilmente l’accesso alla finale europea e all’Olimpiade.
La partenza della Spagna è tutta firmata Gasol, ma l’Italia ha un Bulleri in stato di grazia che batte costantemente l’uomo dal palleggio l’avversario e ci troviamo anche sul 41-29 a 3 minuti dall’intervallo lungo. A quel punto però la nostra difesa, per la prima ed ultima volta dalla Bosnia in poi, perde qualche colpo, sprechiamo qualche azione offensiva e la Spagna rientra.
Nel secondo tempo Navarro fa il Navarro e Bulleri non riesce a replicare il grandioso primo tempo: nonostante tutto arriviamo all’ultimo tiro, ma Bulleri va corto su una penetrazione ben contenuta dagli spagnoli, facilitati dal fatto che la palla non viene mossa per i 18 secondi finali.
Nel post-gara non è facile capire lo stato d’animo con cui i nostri guardano al prossimo impegno, la finalina 3°4° posto contro una Francia autrice di un suicidio nell’altra semifinale con la Lituania: normalmente quella è classica partita che nessuno vorrebbe giocare, ma in questa caso c’è in palio l’accesso all’Olimpiade. Si può facilmente pensare che il ricordo del -33 di Lulea di 10 giorni prima sia un macigno nella testa degli Azzurri, ma poi il campo chiama, la palla si alza e a quel punto non puoi più permetterti di rimanere arroccato ai tuoi pensieri: giochi e basta.
L’impegno appare comunque proibitivo: di la ci sono Parker, Diaw, Foirest, Abdul Wahad, Pietrus e altri, mentre la prima notizia di cui veniamo a conoscenza appena sintonizzati è il guaio al polpaccio di Bulleri, che lo costringe ad una sessione non richiesta di cyclette a partita in corso: in alto i cuori. Giocassimo contro i tedeschi saremmo spacciati, loro avrebbero in mente solo il Pass Olimpico e stop. Ma quelli sono francesi: la noia di non giocare per l’oro e la presunzione di affrontare un avversario inferiore diventano i nostri migliori alleati.
L’inizio francese è pigro, pigrissimo Gli Azzurri, sospinti dall’intensità di un Lamma MVP del primo quarto e con un Basile a mezzo servizio, chiudono addirittura sul +11.
Nel secondo quarto Bulleri torna ma solo di nome, la Francia ancora tarda a capire che la partita è vera e cosi chiudiamo sul +12: da li in poi però i nostri attacchi delle avventure, ci arrangiamo con una combattività a rimbalzo che va oltre il possibile, ma grazie ai contropiedi sulle nostre perse contro la zona la Francia recupera, fino a mettere il naso avanti a 2:10 dalla fine; panico, è finita, ora non abbiamo le forze di tornare sopra sono i pensieri che affliggono chiunque la guardi.
Questi ragazzi non hanno certo ancora finito di dimostrarci cosa hanno dentro: due rubate di Righetti a Parker e Diaw ( si si, avete letto bene…) e due liberi dello stesso Alex ci rimettono davanti, Basile stoppa Parker (vi ho detto di fidarvi, non siete impazziti) e sull’ultima azione costringiamo ad un tiro difficile il play degli Spurs, che si spegne sul primo ferro dopo una sfortunatissima persa di Bulleri. Poco importa: siamo la medaglia di bronzo e andiamo “Tutti ad Atene, con la Nazionale!!”. Un risultato impossibile che, per molti versi, è ancora più bello e prezioso dell’oro di Parigi, come confermato anche da Marconato pochi attimi dopo la sirena.
Pensavamo non ci fosse niente di più bello. Ci sbagliavamo, oh come ci sbagliavamo…
FINALE: ATENE 2004
“Vedermi difendere è una cosa che un po’ mi fa male, non vorrei rovinar la mia immagine ecco…quindi diciamo che non stavo proprio difendendo”
Giammarco Pozzecco
Nel 2004 il mondo viene rivoluzionato ma ancora non lo sappiamo: nel Campus di Harvard viene inventato Facebook, il mondo ripiomba nell’incubo terrorismo per l’attacco a Madrid l’11 Marzo. Al cinema esce “La Passione di Cristo” di Mel Gibson e “Le due Torri” pareggiano il record di 11 Oscar.
Nell’NBA è l’anno dei Pistons di Larry Brown: nessuna superstar, ma un quintetto pazzesco. Nonostante il Lakers escano sconfitti il momento simbolo di quelle Finals è nel video sotto, e guardarlo oggi fa molto molto male.
Dopo il canestro, guardate quale fosse la percentuale da 3 punti di Bryant quella sera…
Nello sport Siena vince lo scudetto italiano, ma perde la semifinale di Eurolega contro una Fortitudo poi vittima sacrificale dei padroni di casa del Maccabi in finale: Vujcic, Jasikevicius, Maceo Baston, Anthony Parker. Squadra insensata e -44 subito dalla Skipper. Nel calcio il Milan vince lo Scudetto, ma in Champions si suicida a La Coruna e Mourinho con il Porto vince la Champions forse più assurda di sempre. É l’anno di Euro 2004, ovvero del biscotto scandinavo e della sorpresa Grecia.
Il 15 Agosto l’Italbasket debutta all’Olimpiade di Atene, l’ultima della sua storia finora, contro i Tall Blacks della Nuova Zelanda. La Nazionale 12 giorni prima aveva battuto a Colonia Team USA e le aspettative si erano comprensibilmente alzate a dismisura. Ne parleremo prossimamente.
Da subito si vede una prerogativa fondamentale di questa squadra, soprattutto pensando alle sue precedenti esperienze: il tiro da 3 punti è definitivamente la principale arma offensiva, visto che anche Garri è un lungo capace di produrre punti dalla lunga distanza e con un Pozzecco in più nel motore i ritmi sono completamente diversi.
Dopo la vittoria inaugurale, arrivano due sconfitte sulla carta prevedibili contro Jugoslavia e Spagna, ma attorno alla squadra l’atmosfera in quel momento è di scetticismo. Si vede in pericolo persino il traguardo minimo, l’accesso ai quarti di finale: ci si gioca tutto con la Cina.
Il pericolo numero è Yao Ming, su cui occorre dire poche parole: prima scelta di Houston del 2002, un centro moderno perché dotato di tocco e visione di gioco, ma la cui carriera sarà pesantemente segnata da guai fisici, soprattutto ai piedi. La Cina si sta preparando a Pechino 2008, ma ad eccezione della vittoria con i neo-zelandesi ha subito solo e soltanto delle ripassate storiche.
Fortunatamente anche noi, con un Galanda superbo da 6/8 da 3 punti a massacrare la pigrizia di Yao Nba-Style nel non seguirlo fino ai 3 punti, rifiliamo ai cinesi una roboante sconfitta per 89-52: è la svolta, perché ci togliamo la scimmia dell’eliminazione e 2 giorni dopo addirittura battiamo i vice campioni del mondo dell’Argentina, graziati da un errore di Delfino a mezzo metro dal ferro allo scadere dopo un 2/2 di Bulleri dalla lunetta.
Se alla palla a 2 contro la Cina il quarto posto sembrava l’unica opzione percorribile, le due successive vittorie e il suicidio della Jugoslavia contro appunto i cinesi ci fanno conquistare il secondo posto del girone: il nostro accoppiamento nei quarti è Portorico.
Questa è finalmente una squadra con talento, ma non ha perso niente dell’anima operaia sfoderata in Svezia; lo spirito della vecchia guardia è la benzina, l’attitudine di Pozzecco è la miccia. Con lui in campo tutto sembra possibile, ogni situazione ribaltabile e l’attacco non è più un rebus irrisolvibile. Qui un’intervista che vale più di ogni possibile articolo: imperdibile il suo commento sulle tifose lituane e la sua difesa in tale occasione.
Onestamente meglio di Portorico non ci poteva capitare: la Spagna delle 5 vittorie su 5 è la vittima del terremoto cestistico avvenuto nell’altro girone, con gli USA spazzati via all’esordio dai portoricani (automatica la festa nazionale nell’isola caraibica) e dalla Lituania e quindi solo quarti classificati. Evitiamo anche i padroni di casa della Grecia e Jasikevicius&co.
Contro Portorico l’Italia gioca con la spensieratezza di chi improvvisamente ha il diritto di scrutare orizzonti non immaginabili, ben conscia che l’ostacolo odierno non può fermarla: siamo sempre davanti, limitiamo Ortiz (ricordate? Mondiale ’98) anche se subiamo tantissimo da Arroyo e Ayuso. Dall’altra parte Bulleri, Basile e Marconato mettono in piedi uno show. Ci ergiamo fino al +18 per poi controllare e terminare 83-70.
Negli altri quarti gli USA rendono beffardo il percorso netto della Spagna nel girone, l’Argentina elimina i padroni di casa e la Lituania fa il suo con la Cina.
Le semifinali del 2004 entrano di diritto nella storia del Gioco; basterebbe dire che quando Marconato e Zukauskas saltano per la palla a 2 sappiamo già che l’Argentina ha compiuto l’impresa di battere gli USA, relegandoli alla finalina per il bronzo. Quello che ancora ignoriamo, è che quella semifinale con la Lituania diventerà La Partita.
Pensare di vincere è onestamente complicato: la Lituania sembra una squadra in missione, ogni giocatore lituano lo guardi e dici “Eh ma chi lo tiene questo dei nostri?” “Ma come facciamo a limitarlo?“.
Il primo quarto sembra confermare l’idea iniziale, ovvero che piano piano la Lituania possa andarsene e infatti chiudiamo a -6. Addirittura andiamo sotto 23-34 a 7 minuti dalla fine del secondo quarto. Sembra già finita: “È andata, ma già essere qui è un miracolo, va bene cosi: chissà che non rifacciamo lo scherzone agli Americani nel 3°/4° posto, sarebbe storico!!“
Senza preavviso da li parte un parziale tremendo, impronosticabile e micidiale dei nostri: 19-0. Sembra quasi che la palla nell’attacco azzurro sia magneticamente attratta dal fondo della retina. Pozzecco è completamente fuori dal controllo di qualunque appartenente alla razza umana, la difesa è fantastica, in quel momento Soragna arriverebbe per primo anche se una palla rotolasse sul suolo lunare; esaltarsi non è un opzione, è un obbligo. Dall’altra parte i Lituani sono storditi, si guardano come per dire “Ma come? Li avevamo già battuti! Non possono averci già ripresi? Ma dove siamo? Ma quanti ce ne sono in campo???“.
Basile e Pozzecco mano a mano portano dentro alla loro zona di onnipotenza tutti quanti, da “Captain Jack” Galanda a Soragna, passando per Bulleri, Chiacig e Marconato, tant’è che nel fondamentale dove eravamo maggiormente sfavoriti, i rimbalzi, dominiamo stile “Spurs di Duncan&Robinson”. Intervallo +6: “Eh ma tanto adesso ci riprendono…”.
La Lituania in effetti ci riprende sul 53-53, segue una bomba di Soragna e concludiamo il parziale sul +10. In appena 3 minuti di ultima frazione la Lituania addirittura però ci supera. Crederci ora è durissima, ma Gianluca Basile decide che quello è il momento in cui consegnarsi alla storia del Basket Italiano: segna tutto quello che gli capita nelle mani, raccattando anche un pallone da terra al 24esimo secondo che ci fa esultare come il gol di Grosso alla Germania. È il colpo da K.O. e saranno 31 alla fine per lui.
Il giorno dopo la Gazzetta dello Sport esce cosi:

La finale con l’Argentina ferma l’Italia, addirittura ricordo un megaschermo piazzato in mezzo alla Sagra del paese, perché nessuno si voleva perdere quell’evento. Andrà male, le favole non sempre hanno il lieto fine, altrimenti non sarebbero tali. La Generacion Dorada Albiceleste ha troppo in ballo per fermarsi ad un passo dall’oro, ma un argento olimpico è qualcosa di meraviglioso, qualcosa che consegna i 12 di Coach Recalcati alla Leggenda nel nostro basket, rendendoli sportivamente immortali.
Da quell’Agosto 2004, la Storia della Nazionale è costellata di delusioni cocenti (2005 e 2015), di anni bui (2008-2012), di momenti incoraggianti (2006 e 2013) e di grandi occasioni sprecate ( 2016 su tutti, ma anche 2019). Tante volte la squadra Nazionale non è riuscita a fare l’ultimo passo per accedere a territori inesplorati: alla generazione di Datome, Gallinari, Belinelli e Melli forse mancherà per sempre una medaglia con la maglia Azzurra, e questo è un pensiero troppo amaro per darlo ancora come certo.
EPILOGO – UN PENSIERO PER FRANCO
Primavera 1997. Domenica, intorno alle 17:30. Ho 10 anni e sono nel bar dell’Oratorio per prendermi qualcosa dopo aver giocato nel campo da calcio con gli amici, aspettando “90esimo Minuto” delle 18:10 che ai tempi, vi sembrerà assurdo, era il primo momento in cui si potevano vedere le immagini delle partite della domenica pomeriggio (ai tempi voleva dire tutte le partite ad eccezione del posticipo serale…).
Su Rai2 trasmettono il secondo tempo del principale incontro del campionato di basket e la voce che arriva è quella di Franco Lauro. Mi metto davanti alla TV, assieme ad altri ragazzi 3/4 anni più grandi di me. In quel periodo della mia vita di sportivo la principale esigenza è quella di assorbire il più ampio numero di informazioni nel più breve tempo possibile: sono un neofita “naturale” e allora apprezzo davvero tanto chi usa parole che conosco, chi mi fa sentire come se seguissi uno sport da decenni.
Un bambino come me, che solo lì scopre che il basket non si gioca solo in America, ma anche in Italia, trova in Franco Lauro la voce che gli tiene compagnia tra la fine di “Quelli che… il Calcio” e la trasmissione di Galeazzi. Sarà cosi per molti anni.
Franco Lauro era questo; un vero giornalista del Servizio Pubblico, che non voleva e neanche poteva (questo verbo lo uso non in termini di incapacità, ma come impedimento dettato da un mandato personale) cimentarsi in finezze tecniche nella narrazione degli eventi, ma si limitava a riportarli fornendo interpretazioni basilari per non spaventare il pubblico generalista. Divulgare è il primo passo. Era ben conscio che sul divano di casa la sua voce avrebbe incontrato molte più “Casalinghe di Voghera” che “Ettori Messina”, i due estremi dello spettro di audience possibile, e agiva di conseguenza.
Ho cominciato a scrivere questi articoli sull’Epopea Azzurra prima della sua improvvisa scomparsa e mi sembrava doveroso riservagli uno spazio, con due piccole note finali.
L’unico video sul Web dell’intera partita Italia-Lituania ha una telecronaca che non voglio definire, ma non è di Franco Lauro. Sue invece sono le telecronache di alcuni spezzoni, alcuni dei quali sono stati inseriti tramite link nel corpo di quest’articolo: noterete la differenza, anche solo nel tono e nel coinvolgimento.
Nella parte relativa ad Euro 2003 non esiste nulla della Rai, semplicemente perché l’azienda non comprò i diritti per quella manifestazione: questo era il contesto giornalistico in cui Franco si muoveva…
Grazie Franco, anche quelli furono i tuoi anni d’oro.