È verosimile che il giudizio non stia nel soggetto giudicato ma nella cultura d’appartenenza. Ogni persona, in base alla propria cultura e alla società nella quale vive e alla quale appartiene (oltre ad altre variabili come tempo, condizione, ecc.) tenderà ad avere un criterio di giudizio differente rispetto al medesimo soggetto giudicato.
Qui sta la verità per Protagora, la verità vista come relativa poiché varia in base all’immersione in una determinata società o alle singole caratteristiche da parte di chi giudica.
Per spiegare il Deus Ex Machina dei Charlotte Hornets, colui che ha dato vita a questa franchigia ci vorrebbe un libro ma accontentiamoci di ripercorrere a grandi linee la sua storia, almeno quella che ha a che fare con il basket. Una storia che per noi, amanti del basket, si intreccia indelebilmente con quella dei Calabroni 1.0. Proveremo così a toccare qualche aspetto del passato correndo velocemente sulle note del tempo.
Bio & Info
George Shinn nasce a Kannapolis in Norh Carolina l’11 maggio del 1941.

George Shinn attualmente vive a Franklin, vicino Nashville (Tennessee) con la moglie Denise e ha tre figli, Susan, Chris (frontman di una band chiamata Live) e Chad.
Il primo proprietario degli Hornets da giovane fa i lavori più disparati: impiegato in un’industria tessile, lavora in un autolavaggio e fa anche il bidello in una scuola. Nulla farebbe prevedere un futuro così radioso per George che, tuttavia, dopo aver frequentato l’Evans Business High School ed aver ottenuto la laurea, riesce a metter via un gruzzoletto sufficiente per comprar la stessa e altre tre scuole, che trasforma in business mettendole sotto l’insegna “Rutledge Education Systems”.
La buona stella degli affari di Shinn splende, è un vero e proprio self-made man americano.
Imprenditore “rampante”, a 34 anni è invitato alla Casa Bianca dal presidente Bush Sr. per ricevere un American Success Award, uno di quei premi che danno per imprenditoria, patriottismo ecc., forse non l’hanno ancora ben capito nemmeno in America perché diano questo premio ma rimane prestigioso vederselo assegnare.
Dalla metà degli anni ’70 a quella degli ’80 Shinn accumula altro capitale ed è pronto al grande salto.
La NBA a metà anni ’80 è in cerca di nuovi mercati e si dovranno scegliere le città più adatte per espandere il proprio business. Ciò che fa per acquistare quella che sarà la ventiquattresima franchigia NBA è semplice dal punto di vista economico: vende le scuole e si getta nel mondo degli affari sportivi per fare il grande balzo.
Ben più difficile si prospetta però far parte della lega di basket più importante del pianeta.
Charlotte nella NBA
George comunque pensa alla Charlotte dell’epoca: una città in espansione con 350.000 abitanti circa contro gli 872,000 attuali. Con queste premesse Charlotte sembrerebbe spacciata ma Shinn ha spiccate doti imprenditoriali e un destino scritto: prima di tentare di costruire la nuova franchigia di basket provò a contattare Bobby Brown, presidente dell’American League e Peter Ueberroth (ex commissario della Major League Baseball) per cercare di ottenere una squadra di baseball, sempre a Charlotte.
Con il primo non si combinò nulla, il secondo gli rispose che Charlotte era troppo piccola.
Dopo aver lasciato l’ufficio di Ueberroth, Shinn si recò (almeno così dice lui) direttamente alla sede NBA e scoprì che si stavano espandendo. Shinn, Mulhemann (esperto di marketing) ed il governatore Jim Martin si trovano catapultati quindi nell’ufficio di David Stern a New York quando l’ex commissioner, tirando fuori un grosso sigaro lo puntò verso di loro in stile Hannibal Smith, dicendo: “Perché Charlotte?”
Lo stesso Stern, per sua stessa ammissione, nonostante non fosse sicuro dove fosse Charlotte fu colpito di come il “fagiolo saltellante” (così chiamò Shinn in un’intervista successiva) riusciva con enfasi a mostrare le possibilità di un mercato regionale (Carolina, Duke, N.C. State, Wake Forest sono la terra promessa del basket) che non sarebbe stato soltanto cittadino.
Le variabili in gioco però erano tante e le city in lizza per conquistare quattro posti al sole erano ben undici.
Il 20 ottobre del 1986 è il giorno decisivo: Shinn, insieme ad altri tre originari Hornets (Hendrick, Mulheman e Sabates) viaggiano verso Phoenix per presentare il loro piano per portare Charlotte in NBA. Sabates ricorda che quando arrivarono a Phoenix stavano ridendo di loro come se avessero visto arrivare degli alieni o dei montanari del North Carolina del tutto fuori contesto.
Shinn fece il suo discorso e alla fine concretamente esclamò: “Ho 10.000 prenotazioni per la mia squadra.” Red Auerbach dei Boston Celtics, fu il primo ad alzarsi e cominciare ad applaudire. Si avvicinò e abbracciò George.
Il piano di Murdock il pazzo (per tornare al telefilm dell’A-Team) aveva funzionato alla grande.
Certo, pensare che una squadra fantasma avesse già venduto tutti quegli abbonamenti…
La mattina seguente, il Sacramento Bee asseriva ironicamente che l’unico franchising che a Charlotte stava per arrivare avesse gli archi dorati, alludendo alla catena McDonald, ma Stern chiamò Shinn e gli disse: “George, oggi è il primo di aprile, ma questo non è un pesce d’aprile. Sei stato selezionato come N°1”.
Qui iniziano i problemi tipici di un neofita del settore: grazie a qualche conoscenza, Shinn si affida al famoso stilista di Chapel Hill Alexander Julian e gli affida l’incarico di creare le divise della squadra. La visione dei colori è leggermente differente: Shinn ha in mente di fare le divise bianche, blu Carolina ma soprattutto, come colori dominanti, un verde che lui definisce teal (ma è proprio un verdone chiaro) ed il rosa.
Julian fa slittare il verde in foglia di tè (girandolo un po’ più sull’azzurro) e piazza il viola al posto del rosa che non si combinava. Il pagamento fu abbastanza strano perché la richiesta di Julian del 5% su eventuali repliche vendute, per via delle entrate condivise, sarebbe stata difficile da esaudire, quindi non chiese niente se non una fornitura di Carolina barbecue per due anni.
Qualche anno dopo Julian dichiarò: “Mi chiesero di riassumere l’intera esperienza. Beh, George è diventato ricco ed io sono divenuto grasso. Ho scambiato 10 milioni di dollari di royalties per ingordigia”.
Spettro
Dopo aver pensato come primo nome a Spirit (certo che con la Sprite avrebbe fatto faville), una votazione tra i fan decise per Hornets, quindi serviva una mascotte e a realizzarla fisicamente fu una figlia d’autore: Cheryl Henson, figlia di Jim, il creatore dei Muppets.

Forse uno stravagante spirit effettivamente nell’arena si aggirava già poiché il nuovissimo megascore, dopo una benedizione e poco prima dell’apertura, andava frantumandosi sul parquet. Fortunatamente nessuno fu coinvolto, il danno fu solo economico.
I primi problemi di Shinn
Dell Curry (mio giocatore preferito all-time), papà di Steph, è sposato con la splendida Sonya Curry. Ora, non si sa bene per quale motivo, il buon George era convinto che la moglie di Dell fosse bianca, allora telefonò a un giocatore bianco del roster dell’epoca dicendogli:
Che insomma, se non è proprio razzismo… no ok è razzismo.
First Win, 8 Novembre 1988
La partita tra Charlotte Hornets e Los Angeles Clippers, terza stagionale, si concluse 117-105: fu la prima vittoria nella storia della franchigia. Prima della partita ci fu una riunione per cambiare il nome dell’arena, che poi rimase “Charlotte Coliseum”.
Durante la riunione, mentre Shinn parlava, il suo braccio sinistro si contrasse involontariamente più volte. Si sdraiò sul divano addormentandosi ma un suo collaboratore (Stolpen), lo portò all’ospedale intuendo che qualcosa non andasse. Aveva avuto un ictus che per due settimane lo cancellò dalla scena e che gli proibì di assistere alla prima vittoria della sua creatura.
Hornetsmania
Il primo dicembre 1988 gli Hornets batterono sul fil di lana i forti Philadelphia 76ers di Sir Charles Barkley ma non è questa la partita che fa scoppiare la Hornetsmania. Il 23 dicembre 1988, infatti, torna in North Carolina un certo Michael Jordan e si pensa che i Bulls debbano far un solo boccone di questo expansion team.
A pochi secondi dalla fine, invece, il punteggio dice 101 pari e la palla è nelle mani di Charlotte, che sfrutta male il possesso. Anyway, l’operaio (ex Lakers) Kurt Rambis recupera la sfera sotto il tabellone e mette sulla sirena i due punti per la vittoria, facendo quasi venir giù il “The Hive”, che si gremirà poi con 364 sell-out consecutivi (circa 9 anni) in un’arena da 24.042 posti per il basket (la più grande concepita “solo” per il basket).
I primi anni sul parquet sono comunque di gavetta e sconfitte, come per tutte le squadre recenti NBA; poi con l’acquisizione di Kendall Gill, Larry Johnson e Alonzo Mourning gli Hornets si presenteranno ai playoffs del 1992/93 vincendo la prima serie contro Boston, con il punteggio di 3-1, grazie a un tiro sulla sirena di Mourning, scioccando l’ambiente NBA.
L’annata successiva il duo Mourning/Johnson ha problemi di infortuni e non basterà il miglior sesto uomo, un gran Dell Curry, per portare Charlotte ai playoffs.
Trouble
Nel frattempo Shinn sciocca la NBA firmando un contatto complessivo da quasi 84 milioni di dollari per Larry Johnson, spalmato in 12 anni: all’epoca era il più ricco contratto complessivo per un giocatore.
Nel 1994/95 gli Hornets vanno in post season (eliminati dai Bulls con qualche recriminazione per un paio di falli che avrebbero potuto portare gara 5 a Charlotte) ma il peggio è che l’agente di Mourning, David Falk (lo stesso di MJ) chiede più soldi per il suo assistito in estate.
Zo ha in atto una tensione nascosta con Grandmama (Johnson) per equipararsi anche monetariamente ed esser riconosciuto come stella della squadra, dopo che in passato Shinn aveva definito LJ “leader”.

Shinn decide che la richiesta economica per Mourning sia eccessiva rispetto a ciò che era in grado di offrire e al valore del giocatore: così, alla vigilia della stagione NBA 1995/96, in fretta e furia arriva una multitrade (brutale per i fan) che spedisce Mourning a Miami (con i quasi trascurabili Pete Myers e LeRon Ellis), mentre dalla Florida arriveranno il realizzatore Glen Rice insieme a Matt Geiger e Khalid Reeves.
Glen Rice si dimostrerà uno dei migliori giocatori mai avuti a Charlotte così come farà anche Anthony Mason, arrivato successivamente al posto di Larry Johnson, e poi Mashburn, Jones e altri. Di fatto l’anima della squadra è compromessa, anche se gli Hornets dei 90s sono una squadra che spessissimo fa i playoffs, arrivando magari talvolta al secondo turno nonostante Shinn continui a praticare queste politiche, ma per il nostro “eroe” il peggio deve ancora arrivare…
L’inizio della fine dell’era Charlotte
L’escalation in negativo non si arresta e Shinn viene accusato di molestie sessuali e sequestro di persona da una donna alla quale aveva offerto il suo aiuto per problemi di affidamento del figlio (dopo aver palpeggiato il seno e messo una mano sugli slip della donna, l’avrebbe condotta a casa sua offrendole dei soldi per del sesso orale)…
Non che Stern, dicendo che “Shinn non sa come prendere un no come risposta”, lo abbia aiutato molto… La logica conseguenza è che il suo indice di gradimento inizia a cadere pesantemente.
Le accuse di molestie decadranno in seguito (inizialmente un giudice del South Carolina è convinto ci sia stato qualcosa ma non ha prove sufficienti) ma lui ammetterà di aver avuto altre due storie, tra cui una di un paio d’anni con una dance bracket.
La prima moglie Carolyn non prende bene la situazione e chiede il divorzio. Lo scontro si fa aspro anche con i fan, che iniziano a lasciare posti vuoti al Coliseum sia per lo scandalo che per gli scambi degli iconici giocatori.
Il Diversivo
Shinn, mal consigliato (così asserisce lui) dal socio di minoranza Ray Wooldridge (detentore del 35% delle quote degli Hornets), chiede alla città di Charlotte di contribuire pesantemente alla costruzione di una nuova arena nonostante il Coliseum fosse nuovissimo e avesse la maggior capienza (come arena specifica per il basket) per ospitare le partite dei Calabroni. La scusa è che non ci siano gli skybox e la franchigia perda moltissimi possibili introiti per questo motivo.
Il 57% dei fan è a sfavore della richiesta dell’owner e glielo fanno sapere con un calo netto dei presenti al Coliseum.
Shinn, praticamente “emarginato”, decide di trasferire la franchigia a New Orleans (Wooldridge era intenzionato comunque a lasciare Charlotte secondo Shinn) ed è così che i playoffs 2002 si giocheranno in un clima surreale nonostante gli Hornets del Barone Davis al primo turno battano gli Orlando Magic in una serie memorabile.
La sconfitta 1-4 contro i Nets di Jason Kidd è salutata dall’ultimo tiro, una tripla siderale di David Wesley che poi si legherà a New Orleans come giocatore e oggi come commentatore tecnico per NOLA.
Gli ultimi anni a New Orleans/OKC
Shinn non fa quasi in tempo ad accasarsi a NOLA che dopo un paio d’anni deve ricostruire il roster, vivere la devastazione dell’uragano Katrina a New Orleans, il provvisorio ricollocamento a Oklahoma City (favorendo indirettamente anche Oklahoma City fa sparire Seattle, purtroppo) ed un tumore alla prostata (dal quale poi guarirà). A parziale consolazione, l’annata della squadra è buona grazie a Chris Paul, West, Stojakovic e Chandler.
Shinn ha bisogno di vendere ma non trova acquirenti e la trattativa con il socio di minoranza Gary Chouest stagna: finisce perciò per rivende la squadra alla NBA stessa, uscendo di scena dal mondo della grande pallacanestro nonostante poi l’avvento di Tom Benson porti ancora sconvolgimenti d’identità.
Oltre alla perdita di West/Paul e degli altri Hornets d’oro (famosa la trattativa bloccata per Paul ai Lakers da alcuni proprietari NBA, ricordiamo tutti detentori del team di NOLA, con CP3 che finirà ai Clippers), il rebrand come Pelicans è privo di un’identità. In North Carolina, invece, Michael Jordan, essendosi liberato il brand per stessa decisione di Benson, sotto la spinta di alcuni tifosi riacquista il marchio, oltre alla storia dal 1988 al 2002, restituendo giustamente alla storia la Buzz City (Shinn in un’intervista ha detto di essere felice di questo avvenimento) ma dividendo in maniera inaccettabile il percorso come Hornets.
The End
Cosa rimane quindi del modello del cristiano ideale e del filantropo?
Shinn ha anche fatto numerose buone azioni: Hoops for Homes è un programma finanziato da Shinn per ricostruire case a New Orleans dopo il passaggio di Katrina; alla Lipscomb University fa piovere aiuti per 15 milioni (nel 2017); l’iniziativa ad Haiti per una clinica a tre piani in collaborazione con la Casa della Speranza di Amer-Haitian Bon Zami a Tabarre, un sobborgo situato vicino a Port-au-Prince, ha dato aiuto ai bambini poveri e orfani ma, oltre ai soliti gala di beneficenza, si potrebbe esser retroattivi tornando anche a Charlotte.
Se gli chiedete se gli Hornets avrebbero potuto rimanere a Charlotte, lui dice:
“Non lo so. Gli errori sono stati fatti. Le persone commettono tutti i tipi di errori. Negli affari, commetti errori, gli individui commettono errori in qualunque cosa. Gran parte della mia vita è guidata dalla mia fede e anche quando le cose accadono, pensi che non siano buone, è perché Dio ha piani più grandi per te. All’epoca avevo un partner (Wooldridge) che era davvero intenzionato a uscire da Charlotte. Venivo trascinato in tutte le diverse direzioni. Era una situazione che, con il senno di poi, se le cose avessero potuto andare meglio”…

L’agatodemone e il cacodemone dormono in noi e anche in Shinn, le condizioni circostanti come la scalata al successo possono aver manipolato i due angeli. Di certo il “Rodman dei presidenti NBA” (scusate se ho coniato questa definizione al volo) ha fatto pagare il conto anche a Charlotte per i suoi errori (dai quali mi auguro abbia appreso qualcosa).
Ciò che a me interessava era capire e ricordare l’uomo dell’ascesa e della caduta degli Hornets originali, quelli che forse i più giovani non hanno conosciuto ma che erano popolarissimi a metà anni ’90, tanto da vendere nel 1995 più merchandising dei Bulls di Jordan che, ironia della sorte, oggi è il proprietario proprio degli Hornets.