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I Portland Trail Blazers sono bloccati nel limbo

Emanuele Tatta by Emanuele Tatta
24 Ottobre, 2020
Reading Time: 11 mins read
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Copertina a cura di Edoardo Celli

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Non so se sia colpa della quarantena o dell’astinenza da sport in televisione, ma nel momento in cui inizio a scrivere quest’articolo penso che vedere le gerarchie dell’NBA con una prospettiva dantesca non sia un’idea del tutto sbagliata.

Proprio come nella Divina Commedia in cima alla piramide ci sono quelli che si sono distinti per bravura durante la vita terrena (o, se preferite, la regular season). Vi è poi il Purgatorio in cui troviamo squadre giovani che stanno aspettando l’apertura della loro finestra competitiva. Nell’oscurità dell’Inferno risiedono invece i dannati che stanno pagando le conseguenze dei propri peccati o magari, come nel caso dei Knicks o dei Pistons, di sciagurate scelte manageriali.

Non voglio rendere quest’articolo una lezione di letteratura, ma non posso non focalizzarmi su una categoria di peccatori ritenuta da Dante talmente indegna da non meritare collocazione all’interno di uno dei tre regni d’Oltretomba. Le anime degli ignavi, incapaci durante la propria esistenza di prendere posizione tra bene e male, abitavano nell’Antinferno che non era né Paradiso, né Purgatorio, né Inferno.

L’Antinferno dell’NBA è abbastanza popolato, ma nell’ultimo decennio una squadra in particolare si è distinta per la sua costante presenza in quel limbo abitato dalle squadre troppo forti per tankare ma non abbastanza da poter essere considerate contender. Nel momento in cui questo articolo viene scritto la stagione è ferma da circa due mesi e i Portland Trail Blazers occupano il nono posto nella Western Conference a ben 3.5 partite di distanza dall’ottavo posto grazie ad un deludente record di 29-37.

Nonostante le varie attenuanti del caso (infortuni in primis), la mancata qualificazione alla post-season in una stagione caratterizzata da così tante debacle ad Ovest rappresenterebbe un fallimento abbastanza pesante per il gruppo allenato per l’ottava stagione consecutiva dal costantemente sottovalutato Terry Stotts.

 

Cosa è andato storto?

Verrebbe da dire tutto, se si considera che lo scorso anno i Blazers avevano chiuso la stagione regolare al 3° posto e aveva raggiunto le finali di Conference. Partiamo probabilmente dalla cosa più chiara agli occhi di tutti: le evidenti difficoltà difensive della squadra di Coach Terry Stotts, resa ancor più lampante dalle statistiche che collocano Portland al 27° posto per Def Rtg nella lega (114.1). Un dato francamente impietoso per una squadra che dovrebbe, o quanto meno vorrebbe, puntare ai playoff dovuto ad un sistema difensivo che fa acqua da tutte le parti, a partire da uno dei principali colpi di mercato estivi: Hassan Whiteside.

Che un numero elevato di stoppate non porti necessariamente ad una buona protezione del ferro non lo scopriamo certo oggi. Il lungo proveniente da Miami ha reso sotto le aspettative, molto meno di quello che indicano i numeri, che comunque fanno registrare una doppia-doppia di media a partita.

Il problema sta appunto qui. Whiteside dà a tratti l’impressione di poter essere un giocatore solido, ma sembra nella maggior parte dei casi preoccuparsi più del tabellino che del suo effettivo contributo alla squadra; per intenderci, sono lodevoli le oltre 3 stoppate di media a partita, ma lo sono meno se per farle si molla il proprio uomo in situazioni in cui sarebbe più conveniente mantenere il posizionamento a rimbalzo.

Sorge spontaneo il dubbio che su quest’atteggiamento pesi anche la situazione contrattuale, essendo il lungo proveniente da Marshall in scadenza di contratto. Addossargli tutte le colpe sarebbe però poco onesto intellettualmente e in definitiva non sarebbe un’analisi obiettiva.

 

In generale tutti i nuovi acquisti non sono stati all’altezza del ruolo che avrebbero dovuto ricoprire. Kent Bazemore era chiamato alla stagione della definitiva consacrazione dopo 5 anni molto solidi ad Atlanta. Nulla da fare, la sua avventura in maglia Blazers si è conclusa anzitempo, dopo aver fatto registrare la peggior percentuale al tiro in carriera.

Il suo posto è stato preso in corsa Trevor Ariza: il veterano ha dimostrato di poter ancora dire la sua in questa lega, ma l’esiguo numero di partite giocate ci impediscono di approfondirne l’analisi. Analogo discorso va fatto per Rodney Hood, eroe della leggendaria gara 3 contro i Denver Nuggets la cui stagione 2019-20 è durata solo 21 partite prima della brusca interruzione causata dalla rottura del tendine d’Achille.

Di Mario Hezonja si potrebbe anche evitare di parlare: la sua più che un’ascesa sembra un tracollo e la sua avventura NBA potrebbe non decollare mai a causa di una tenuta mentale e di un’attitudine al lavoro che gli sono spesso mancate.

Senza infamia e senza lode la stagione di Carmelo Anthony. Arrivato a stagione in corso, dopo tanto tempo lontano dai campi e dai ritmi NBA, ha dimostrato di saper ancora mettere punti a referto con una certa facilità, ma il suo innesto è stato in realtà poco convincente. L’aggiunta di un altro giocatore di isolamento non ha certo contribuito alla fluidità dell’attacco dei Blazers, per non parlare delle enormi difficoltà difensive mostrate dall’ex-Syracuse durante questa sua parentesi Oregoniana:

 

Passiamo ora a quello che potrebbe essere il vero segreto contenuto nella “scatola nera” di questa disfatta: la partenza di Al-Farouq Aminu. Potrebbe sembrare forzato, o addirittura illogico, pensare che la chiave di una stagione passi tra le mani (e la testa) di un giocatore che non è una superstar, e che nemmeno ci va vicino, ma Aminu è tutt’ora uno dei migliori glue-guy della lega.

Un buonissimo difensore, un giocatore versatile, e soprattutto un piazzato dall’angolo sempre più affidabile: manna dal cielo per un gioco come quello di Portland, dove gli isolamenti sono molto frequenti e lo scarico in angolo può spesso essere la soluzione. A tutto questo potremmo aggiungere mille altri fattori, come le assenze per infortunio di Jusuf Nurkic (frattura della tibia) e Zach Collins (in riabilitazione dopo l’operazione alla spalla).

Il problema vero però è un altro: anche se i Blazers riuscissero a risalire la china e a scalzare i Memphis Grizzlies dall’ottavo posto -cosa improbabile visto che se la NBA dovesse ricominciare, si partirebbe direttamente dai playoff- avrebbero ben poche speranze di impensierire i Lakers.

Quella della squadra solida che dopo una stagione incoraggiante si schianta contro il primo ostacolo serio sta ormai diventando una trama ricorrente in Oregon. Di esempi ce ne sono tanti negli ultimi anni, vedasi 2014 o 2016, ma lo sweep subito la scorsa stagione dagli Warriors privi di Durant e Iguodala evidenzia in maniera ineccepibile il gap che separa i Blazers dalle prime della classe.

 

E ora?

In vista della prossima stagione, Portland ha sotto contratto ben dieci giocatori per un totale di quasi 110 milioni di dollari, che soprattutto in virtù della probabile riduzione del salary cap prevista per quest’estate, la collocherebbero al di sopra del tetto salariale.

 

Chi rinnovare?

Mentre il rookie Nassir Little sembra essere un progetto a lungo termine, il backcourt di riserva composto dai sophomore Anfernee Simons e Gary Trent Jr. (39% da tre punti su quasi 4 tentativi a gara) sembra essere in grado di girare le partite e alleggerire il carico offensivo sulle spalle del duo Lillard-McCollum.

Sotto canestro sarà fondamentale il rientro a buoni livelli di Jusuf Nurkic dopo il devastante infortunio subito a marzo scorso per due motivi: l’impatto che il centro bosniaco ha dimostrato di poter avere sui Blazers, il cui net rating migliorava di 12.9 punti con lui in campo la scorsa stagione, e la gestione della free agency di Hassan Whiteside. Non sarebbe una sorpresa se una volta portata a casa la bag il centro ex-Heat si lasciasse andare sotto tutti i punti di vista, diventando il classico albatross salariale (o, come lo definisce Bill Simmons, salbatross) di cui ci si pente nel giro di un paio d’anni al massimo.

La convivenza tra i due centri è assolutamente improbabile, ma lo stesso Whiteside vorrà monetizzare il più possibile durante questa off-season o, al massimo, optare per un contratto annuale in un’altra franchigia dove avrà molte più occasioni per mettersi in mostra e gonfiare le proprie statistiche.

Il reparto che ha il maggior bisogno di forze fresche rimane però quello delle ali in cui la rotazione è praticamente limitata al 34enne Trevor Ariza e a Carmelo Anthony. Proprio la scelta di Melo sarà fondamentale in estate: qualora decidesse di ritirarsi o di inseguire l’anello in una contender sarebbe molto difficile trovare a buon mercato un altro sesto uomo in grado di garantire instant-offense dalla panchina soprattutto durante una free-agency che, causa coronavirus e spazio salariale, sarà molto più noiosa dell’ultima.

 

Il Draft

Il Draft NBA 2020 potrebbe essere d’aiuto, infatti i Blazers sono in possesso della propria scelta al primo giro che, salvo imprevisti, cadrà nel gruppo 13-16. Posto che valutare un draft con mesi d’anticipo sarebbe già complicatissimo senza una pandemia mondiale che ha di fatto cancellato March Madness e soprattutto la Draft Combine, ci sono almeno un paio di profili che potrebbero tornare utili in Oregon.

Isaac Okoro, freshman ad Auburn, dovrà perdere diverse posizioni per essere disponibile nel momento in cui Portland sarà on the board ad agosto (?). Precious Achiuwa e Jaden McDaniels sono due prospetti estremamente giovani, hanno uno scheletro formidabile e mentre sarebbero completamente da costruire dal punto di vista offensivo potrebbero subito avere un discreto impatto difensivo.

Un po’ indietro ma in netta ascesa troviamo il sophomore di Villanova Saddiq Bey, che a fronte di un potenziale inferiore rispetto agli altri due ha dalla sua una grandissima solidità grazie ad un fisico interessante (203cm x 98 kg con quasi 230 centimetri di wingspan), grande mano da fuori (45% da tre in questa stagione), ottimi istinti sia a rimbalzo che nei passaggi e la preziosissima capacità di difendere su almeno tre ruoli diversi. Al momento appare difficile che qualche squadra possa chiamarlo prima dei Blazers, che in lui troverebbero un potenziale 3&D di altissimo livello.

 

La Free Agency

Come specificato in precedenza aspettarsi sorprese dalla free-agency estiva è utopia pura, ma la storia recente ci insegna di come un paio di colpi giusti, anche al minimo salariale, possano essere di enorme importanza. Mentre Dwight Howard e Marc Gasol sembrano suggestioni difficili da realizzare, la firma di Ian Mahinmi o Bismack Biyombo permetterebbe a Stotts di alleggerire il minutaggio di Nurkic senza perdere troppo in difesa del ferro o a rimbalzo.

Inoltre, l’avere a disposizione un “usato garantito” come centro di riserva darebbe a Portland la possibilità di testare il potenziale impatto di Zach Collins come centro da small ball. Proprio il 33, destinato a ricoprire il ruolo dell’ala grande titolare, è uno degli uomini più attesi per il salto di qualità e se quest’estate lavorerà bene dal punto di vista fisico e tecnico potrà affermarsi come un rebus estremamente difficile da risolvere per le squadre avversarie.

Qualora non ci fidassimo di Mario Hezonja e di un Rodney Hood rientrante dalla rottura del tendine d’achille, potremmo firmare un’altra ala di esperienza al minimo, come Marvin Williams o Jeff Green. Il roster finale avrebbe questo aspetto:

Guardie: Damian Lillard, CJ McCollum, Anfernee Simons, Gary Trent Jr., Rodney Hood.
Ali: Trevor Ariza, Carmelo Anthony, Saddiq Bey, Nassir Little, Zach Collins, Marvin Williams.
Centri: Jusuf Nurkic, Bismack Biyombo.

Come dite? Squadra solida che in una Western Conference così competitiva faticherebbe a passare il primo turno? Esatto, per l’ennesima stagione consecutiva siamo incastrati nel limbo. Il videogiocatore in me vorrebbe premere il pulsante reset, scambiare chiunque per asset futuri e mettere in atto un Process di Hinkiana memoria.

Ovviamente si tratta di una strada impercorribile che porterebbe alla relocation della franchigia nel giro di un paio d’anni, ma non tutto è perduto. I Raptors del 2019 ci hanno insegnato una lezione preziosissima: a volte la finestra di competitività si apre improvvisamente e quando succede, con il giusto mix di azzardi e fortuna, si può realizzare un’impresa indimenticabile. Dopo la straordinaria serie giocata contro i Denver Nuggets negli scorsi playoff era lecito aspettarsi un salto di qualità da CJ McCollum, che invece ha deluso queste aspettative pur giocando un’altra ottima stagione.

Per quanto l’ex-Lehigh sia un giocatore prezioso per i Blazers, un suo sacrificio potrebbe essere necessario per portare a Portland un talento di livello superiore in grado di generare quel salto di qualità che in Oregon si attende da tanto tempo. Allo stesso tempo CJ, grazie al contratto in scadenza nel 2024, rappresenterebbe un’ottima contropartita per una squadra che vuole restare competitiva nonostante la cessione della propria stella.

È impossibile prevedere quale sarà l’occasione per i Blazers e neanche quando si manifesterà, ma Portland deve essere pronta ad agire subito per non avere rimpianti.

Pensandoci bene, anche Dante è stato costretto a separarsi da Virgilio alle porte del Paradiso per percorrere il resto del suo viaggio in compagnia di Beatrice.


Articolo a cura di Emanuele Tatta e Gianluca Poli

Tags: Cj McCollumDamian LillardHassan WhitesidePortland Trail BlazersTerry Stotts
Emanuele Tatta

Emanuele Tatta

22 anni Da sempre e per sempre accompagnato dall'amore per lo sport, per la cucina italiana e per la competizione. Non ho ancora capito come descrivermi senza sembrare un account fake di Tinder.

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