Flashback, anno scolastico 2017-18, ultimo anno di High School per i chiacchieratissimi (nonché futuri compagni a Duke) Zion Williamson, Cam Reddish e RJ Barrett, ma anche dei vari Garland, White…tutti con proposte importanti da college importanti e, chi più chi meno, tutti nei primi o primissimi posti della top 100 di ESPN dedicata ai migliori. Tutti marchiati con le famose 5 stelle dedicate ai top prospects.
Pian piano si scende nella classifica, si passa per giocatori che comunque sono già in NBA con un futuro più o meno luminoso: si passa per Herro, Kevin Porter Jr., Talen-Horton Tucker (seconda scelta di LAL anno scorso), Aaron Nesmith (probabile prima scelta di questo draft), Jaxson Hayes…ma di Haliburton nessuna traccia. All’uscita dall’High School in parecchi nutrono dubbi su di lui, modesto recruit 3 stelle, quinto prospetto dello stato. Insomma un giocatore normale, sulla carta.
Flashforward di 2 anni. Dopo una seconda stagione ammaliante per completezza e intelligenza mostrata, Tyrese si dichiara al Draft, e, nonostante un infortunio al polso, lo fa con legittime aspettative da top 10.
Ma cosa ha fatto innamorare gli scout di questo esile ragazzo di Iowa? Tyrese è innanzitutto un giocatore lungo, parecchio lungo per il ruolo, si parla di una G di quasi 2 metri con circa 2 metri e 10 di braccia, con un QI cestistico sopra la media e una capacità di rendersi utile in vari modi che può fare comodo a parecchie squadre in NBA.
Il prodotto di Iowa offensivamente sa fare un po’ di tutto, sa giocare bene il pick and roll, sa giocare off the ball, sa tirare bene da 3, sa finire al ferro.
Haliburton è un buonissimo passatore e giocatore di p&r, magari non con letture geniali e anche un po’ folli alla LaMelo Ball, ma sa leggere bene la difesa e reagire di conseguenza coi giusti tempi, prendendo quello che la difesa lascia, servendo il rollante sia immediatamente dopo il pick con un preciso pocket pass che con alley oop, trovando il tiratore appostato, il tagliante dal lato debole, il lungo che poppa o mettendosi in proprio.
Quando decide di mettersi in proprio, a causa dei limiti fisici (non come lunghezza ma proprio come struttura, è esile e con le spalle strette), tende non dare il meglio di sé, ma non per una mancanza di tocco o di finishing, ma proprio per una riluttanza nell’attaccare il ferro e nell’assorbire i contatti.
Oltre al finishing la mancanza di fisicità in situazioni di pick and roll si vede anche con difensori particolarmente aggressivi, Tyrese tende a passare lontano dal blocco, consentendo poi al difensore di passare con lui. Croce e delizia la sua abilità di passare all’ultimo momento in salto, spesso salta e trova l’uomo libero sfruttando tutta la sua lunghezza, a volte invece perde palla perché la difesa ha ruotato bene e quindi non ci sono uomini liberi.
La transizione è probabilmente la situazione in cui è più a suo agio, infatti sfruttando i suoi cm va spesso a rimbalzo difensivo per fare ripartire subito l’azione e spingere in contropiede mettendo pressione alla difesa per poi trovare, a volte anche con passaggi no-look apprezzabili, il rimorchio, il tiratore, il tagliante; punisce eventuali raddoppi o zone press trovando l’uomo libero anche con passaggi di tre quarti campo.
Quando arriva al ferro dimostra comunque di avere un buon tocco, sa evitare gli aiuti dei lunghi alzando la parabola e sa punirli se si staccano troppo servendo il compagno rimasto libero con alley oop o passaggi dietro la schiena del difensore, sa usare il floater, appoggiarsi al tabellone, coordinarsi e appoggiare con angoli difficili. Peccato che tutto venga sfruttato poco, anche a causa dei problemi fisici già citati.
Non ha un ball-handling mozzafiato, ma sa usare bene le hesitation e i cambi di velocità per punire gli switch del lungo, va un po’ più in difficoltà nelle situazioni di forte pressione dove la mancanza di un ball-handling avanzato si fa sentire di più.
Anche da qui si vede che è un giocatore più di lettura e intelligenza che di talento puro.
Off the ball, invece, è una grande minaccia, nonostante una meccanica particolare (che non lo aiuta particolarmente in situazioni di pull-up, dove però è migliorato rispetto la primo anno, ora se non altro almeno sono tiri che ora si prende): è stato uno dei migliori giocatori off the ball della nazione (97° percentile), finendo le sue due stagioni a Iowa State col 43% da 3.
In situazioni di spot-up è mortifero (99° percentile), ma sa anche giocare sui blocchi, leggendo bene le scelte della difesa e mettendogli pressione col tiro, per poi eventualmente attaccare i close-out o punire difese troppo spaventate dal suo tiro con una finta.
Grazie alla lunghezza sa essere anche un buon rimbalzista offensivo, finendo in putback o ricominciando l’azione (1.5 rimbalzi offensivi).
Anche in difesa può essere un fattore sfruttando tutta la sua lunghezza, la sua intelligenza, ergendosi a IOWA anche come leader vocale della difesa, comandando i compagni (un po’ alla Draymond Green), ruotando coi giusti tempi per riempire l’area, leggendo bene le linee di passaggio e rubando parecchi palloni.
Potenzialmente è può essere un ottimo difensore, con le lunghe leve può dare fastidio ai lunghi in situazioni di pick and roll, può contestare bene i tiri (è una minaccia anche in transizione difensiva, occhio alle chase-down) e può essere un ottimo difensore dal lato debole. Potrà soffrire di più in situazioni di 1vs1 contro le guardie iper-atletiche e fisiche della NBA anche a causa di un primo scivolamento non fulmineo e della struttura esile, ma comunque ha mostrato flash interessanti anche sotto questo punto di vista.
Invece, nonostante la lunghezza difficilmente potrà cambiare sistematicamente contro certe tipologie di lunghi (anche qui la struttura fisica non aiuta), ma magari contro centri meno fisici potrebbe essere comunque un strada percorribile.
Oltre al fisico un altro grande problema di Haliburton, come già accennato sopra, è la meccanica di tiro: il rilascio è molto basso e non particolarmente veloce e questo praticamente va ad annullare il vantaggio di lunghezza nei confronti dei pari ruolo. Non riesce praticamente a prendersi un tiro “pulito” col difensore vicino, sia per una mancanza di ball-handling che non lo porta a creare separazione in maniera netta sia per il tiro che non gli permette di tirare con l’uomo vicino, per questo è molto più a suo agio in situazioni di catch and shoot o col difensore che passa sotto al blocco, piuttosto che in pull-up (15° percentile tra quelli con almeno 50 pull-up).
Tuttavia bisogna notare anche il miglioramento in questo fondamentale, praticamente la prima stagione al college Tyrese non si sarebbe mai azzardato a prendere questi tiri, mentre ora li prende con una certa confidenza, segno comunque che dietro c’è stato un lavoro apposito.
Probabilmente non sarà mai una caratteristica preponderante del suo gioco ma correggendo un po’ la meccanica (soprattutto alzandola), potrebbe diventare un’opzione percorribile. Inoltre come già detto il ball-handling è solo nella media del ruolo, non è un giocatore capace di costruire per sé o di creare separazione col difensore sfruttando solo il ball-handling, sa punire gli switch o difensori disattenti ma non eccelle in questo particolare.
Insomma Haliburton ha dimostrato come l’intelligenza sia fondamentale per emergere ad alti livelli e sfruttando bene le sue qualità è riuscito a risalire nei mock, mettendo in mostra caratteristiche che lo possono rendere oro colato per qualsiasi franchigia: molto probabilmente non diverrà mai una stella di una squadra ma potrebbe diventare un ottimo un creatore secondario, capace di giocare off the ball ma anche di mettere in ritmo i compagni, giocare il pick and roll, condurre la transizione e prendere le redini del gioco in determinate situazioni, e queste caratteristiche mai come nel basket di oggi hanno acquisito importanza.
Niente male per un giocatore snobbato all’uscita dall’HS, vero?