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La Golden Age Italiana: l’oro e la maledizione dei 3 punti

Luca Bagni by Luca Bagni
23 Aprile, 2020
Reading Time: 13 mins read
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eurobasket 1999

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Nei dodici mesi successivi al tiro di Myers non ci si annoia: a novembre il caso Öcalan paralizza per giorni il Governo e la Juventus in Champions, a fine ’98 vengono decisi i tassi di cambio tra le valute nazionali e l’Euro, complice il lockout Jordan annuncia il secondo ritiro, “Robertoooo”, l’ematocrito a Madonna di Campiglio, uno screanzato ragazzetto con i capelli fucsia ha una città letteralmente ai suoi piedi e la fine del Millennio si avvicina tra paure ancestrali e il Millennium Bug.

La Storia poi non è finita con la caduta del Muro come credeva qualcuno, ma anzi dieci anni dopo anche lo sport comincia a fare i conti con le conseguenze della guerra in Jugoslavia, l’Atlantico comincia a essere un po’ meno grande e timidamente comincia a farsi strada l’idea che ci siano giocatori NBA anche fuori dagli USA: tutto questo farà si che le attenzioni sul basket europeo aumentino in modo spasmodico, generando sogni (Gasol, Nowitzki, Ginobili etc…) e incubi (Darko noi ti amiamo comunque).

 

EPISODIO 3: FRANCIA 1999

Dopo due anni di lavoro la Nazionale Azzurra è pronta a tentare l’aggancio al grande obiettivo, il pass per Sidney 2000. È un grandissimo momento per la Pallacanestro Italiana e nella Final Four si disputa il primo dei due derby di semifinale di Eurolega, in virtù della vecchia regola che vietava una finale tra due squadre dello stesso paese: a vincere è la Virtus, che replicherà anche nel 2001. In NBA arriva il primo titolo per gli Spurs, a trazione Duncan-Robinson, mentre Varese vince lo scudetto della stella a distanza di 20 anni dall’ultimo. Quei Roosters sono spinti da quattro uomini decisivi per la nostra storia, Galanda, De Pol, Meneghin e Pozzecco: sarà proprio la “Mosca Atomica” con gli strani capelli il personaggio nuovo della nostra Pallacanestro.

Solo che l’uomo del Destino di Varese alla prima palla a due ad Antibes non c’è. Escluso per scelta tecnica: si, perché i due uomini non fanno prigionieri. Con loro o contro di loro. Bianco o nero. Nessuna via di mezzo: piuttosto che essere delusi dal minutaggio (lato Pozzecco) o vedersi rovinare gli allenamenti da un “farfallone” (tesi Tanjevic), meglio che il triestino segua Euro ’99 dagli studi televisivi di Tele+.

Vi ricordate che nel ’97 per vedere il quarto di finale con la Turchia eravamo stati obbligati ad attendere la differita del secondo tempo? Ebbene, gli anni ’90 sono anche i primi in cui le pay-tv cominciano a proporsi come alternativa alla tv generalista: l’inizio della rivoluzione.

Dalla già citata palla a due fino alla sirena dell’intervallo è comunque grande Italia: la Croazia di Kukoc, Giricek e il varesino Mrsic è sotto di 19 punti. Nel secondo tempo, però, subiamo un parziale di 41-20 da parte dei croati che ci infliggono una sconfitta pesantissima che finisce, tanto per cambiare, tutta sulle spalle di un Myers da 1/11 e autore di scelte che dimostrano assenza di fiducia nei compagni.

Il punteggio della seconda partita, 64-59 sulla neonata Bosnia, fa intendere il grado di tensione con cui gli Azzurri scendono in campo, mentre la vittoria con la Turchia di Kutluay e di un interessante Turkoglu sarà fondamentale per il proseguo del torneo.

Nella seconda fase si incontra la Germania, ed è la prima occasione di vedere all’opera tale Nowitzki, definito il “Nuovo Kukoc”: rivedendo la partita, si può notare come Dirk già appartenesse ad una generazione tecnica successiva a quella in corso, con una combinazione di centimetri e tecnica mai accoppiate prima a quel livello. Il fatto che non monopolizzi l’attacco tedesco, in favore di non fenomenali compagni, si spiega con la sua giovinezza, con la scaltrezza di Galanda e De Pol e con uno sviluppo non ancora completo del suo gioco.

L’ultima partita con la Lituania non ha una storia, perché Sabonis decide che non possiamo avere la benché minima possibilità di giocarcela. Nonostante una prestazione monstre contro di noi (25+13), Sabonis deciderà di farne appena 3 contro gli spagnoli, che ringraziano, nei quarti. Vatti a fidare dei fenomeni…

 

Rimbalzo da fermo spostando tutto e tutti, difesa della palla ad una mano stile pallanuoto e passaggio annoiato di apertura al proprio playmaker, mentre Galanda sembra suo figlio al parchetto: Arvydas, il Principe del Baltico.

 

Finalmente si arriva ai quarti di finale contro la Russia: la partita è fondamentale perché i posti europei per le Olimpiadi sono ben cinque; l’accesso alle semifinale vorrebbe dire Sidney. Io più che utilizzare parole per descrivervela scelgo due momenti che diventeranno “instant classic” della nostra Pallacanestro. Uno per ragione sportive:

 

Uno per ragione linguistico/culturali: alzi la mano chi non ha mai detto/sentito…

 

La Russia è vecchia, stanca e noi semplicemente non siamo arginabili. 102-79 e tutti a Sidney dunque, ma quando alziamo lo sguardo vediamo che la Montagna da scalare si erge interamente davanti a noi all’apparenza inarrivabile, inconquistabile, tremendamente proibita: quella vetta si chiama Jugoslavia.

Questa volta c’è anche Vlade Divac (ma non Djordjevic) e per farvi capire cosa si erge di fronte agli Azzurri basta dire che di fianco al nome Predrag Stojakovic (si,quel Predrag Stojakovic) comparirà un bel N.E a referto: comprensibile, in tutto l’Europeo collezionerà 7 minuti in tutto… Per delucidazione rivolgersi ad Obradovic…

La partita ci vede partire non bene, di più: tocchiamo il più 19, aggrediamo gli avversari, andiamo in contropiede, innervosiamo Divac che è il riferimento dell’attacco slavo, mentre Tomasevic si perde tra insicurezze e una divisa con il numero 14 visibilmente consumato (chicca da Minor). Il primo tempo si chiude sul 37-23: quando sei +14 contro i Campioni del Mondo la cosa peggiore che ti può capitare è una pausa lunga, perché a quel punto, inevitabilmente, realizzi di aver paura di vincere: ti blocchi perché vuoi fare tutto come prima, perché hai il timore di veder l’avversario rimontare; se il panico ti assale al cospetto di gente come Danilovic e Bodiroga, è come sanguinare davanti agli squali.

E infatti la Jugoslavia recupera, e passa anche in vantaggio di un punto. Ma uno slavo lo abbiamo anche noi, si chiama Gregor Fucka e con due suoi canestri da NBA più una tripla di Sandro-Picchio-Abbio torniamo davanti: la Jugoslavia paga lo sforzo per rientrare, la nostra difesa torna quella del primo tempo e in attacco siamo chirurgici. A 20 secondi possiamo finalmente togliere le mani dal manubrio: la salita stregata e impervia è finalmente conquistata, la Jugoslavia è battuta. In quel momento l’Italia di Tanjevic, come quella di Bearzot dopo il Brasile dell’82, potrebbe battere la selezione dell’Universo, che poi nel basket si chiama Dream Team con chiunque al posto di Laettner.

Il bellissimo speciale di SKY “Parigi 1999” è un documento di fondamentale importanza per chi voglia capire fino in fondo quella squadra e nelle interviste dei protagonisti si percepisce che non sarebbe mai stato possibile per la Spagna vincere la finale; gli Azzurri si erano tolti la proverbiale scimmia dalla spalla e avevano quella sicurezza cosi forte che non può mai tramutarsi in supponenza.

L’oro Europeo viene conquistato con il punteggio di 54-64, ma non fatevi ingannare dai soli 10 punti, non c’è mai partita. Solo negli ultimi minuti il diavoletto play avversario Corrales tenta l’arrembaggio finale all’arma bianca e noi badiamo troppo al cronometro: solo il tempo per un fallo antisportivo di Reyes (no, un altro Reyes…) a 30 secondi dalla fine e poi finalmente “Campioni d’Europa”. Un Myers etereo commenta cosi, ma sono pronto a credere che nemmeno lui ricordi questa intervista: troppo grande il peso toltosi dopo anni di delusioni cocenti:

 

É il trionfo di un gruppo eccezionale, al suo massimo. L’attesa per Sidney 2000 è spasmodica e in quel momento l’Italia viene definita come la trentesima squadra NBA.

 

EPISODIO 4: SIDNEY 2000

“La gente scopre il senso di appartenenza soltanto quando si giocano i Mondiali di calcio o le Olimpiadi. Invece dobbiamo sentirci italiani sempre”

Dino Meneghin

Entrati nel terzo millennio scopriamo che il tanto temuto “Baco del Millennio” si è rivelato essere un misto tra Fake News ante-litteram e semplice paura infondata. Il 1° gennaio comincia il Giubileo: Putin diviene presidente della Russia e viene stampata a luglio l’ultima lira Italiana (una banconota da 5.000 Lire).

Lo sport italiano nell’estate del 2000 subisce l’ennesima delusione calcistica sul filo di lana, mentre il diluvio di Perugia ha consegnato lo scudetto del calcio alla Lazio. Nel basket primo storico titolo per la Fortitudo di Fucka, Basile, Galanda, mentre Myers viene nominato Portabandiera Italiano alla Cerimonia di apertura del 15 settembre a Sidney.

Nel torneo l’Italia è nel girone con gli USA, la Lituania, la Francia, Nuova Zelanda e Cina. La vittoria allo scadere (bomba di Meneghin) contro i Lituani orfani di Sabonis mette subito bene il torneo per i ragazzi di Tanjevic, il cui gruppo è quasi interamente confermato con Scarone al posto di Bonora e Li Vecchi a sostituire De Pol, reduce da una non irresistibile stagione a Roma. Sempre assente il Poz.

La successiva partita è con i pro americani. In Italia viviamo quella partita con ancora la deferenza e l’alone di misticismo per quella scritta USA sulle canotte. Personalmente ho il ricordo della registrazione VHS divorata una volta rientrato da scuola (le Olimpiadi si tengono ad anno scolastico iniziato e gli orari iper-notturni non si sposano con le dirette per un tredicenne), ma a guardarla con consapevolezza quella squadra aveva pochissimo di Dream Team: Vince Carter è l’ottima copertina con la quale nascondere un libro che comprende sì nomi altisonanti come Kidd, Garnett, Payton, Mourning e Allen, ma nessuno di loro nelle condizioni psicofisiche ideali (e poi…Vin Baker? Davvero?). Il punteggio finale è 63-91 e ci sembra comunque un buon bilancio: con il senno di poi, è la dimostrazione che si poteva osare parecchio di più.

La vittoria con la Francia e la Nuova Zelanda sono seguite da una indolore sconfitta con la Cina: da secondi del girone incrociamo la terza dell’altro, i padroni di casa dell’Australia. La partita si gioca di giovedì alle 6 di mattina italiane: stavolta il sacrificio di qualche ora di sonno è perfettamente alla portata e sarebbe bello andare a scuola contenti, a settembre c’è ne bisogno. Ma non accade.

No, questa non è la manifestazione a tinte tricolori dell’anno prima, perché stavolta la prestazione spezza-gambe non arriva in un’inutile partita di girone come nel caso di Sabonis, bensì in una partita ad eliminazione diretta: il giustiziere italiano si chiama Andrew Gaze, ha 35 anni, anche lui portabandiera del suo paese in quanto il miglior giocatore Australiano di tutti i tempi fino a quel momento, visto brevemente anche a Udine. 27 punti, con 4/5 da 3 punti, 9/9 ai liberi e 3/5 da 2 (una TS% del 96,7%…) segnano il destino dell’Italia, che oltre ai soliti Fucka e Myers non riesce avere alternative offensive e si piega 62-65: la prima ora di matematica di quel giorno sembra ancor peggio del solito.

Alla sirena scatta la consueta caccia al colpevole: “Myers coniglio bagnato“, “Tanjevic ha sbagliato tutto“. Incredibile come ad ogni latitudine non si perda mai occasione per sputare nel piatto dove si è mangiato. Arriverà un quinto posto Olimpico, risultato che ottenuto oggi darebbe fiato alle trombe, ma che allora fu comprensibilmente sotto le attese. Chiaramente come la più classica delle beffe, Gaze in semifinale con la Francia “sfoderò” una prestazione da 10 punti con 0/2 da 3.

Il torneo Olimpico del 2000 ha una sua degna collocazione nella Storia della Pallacanestro per due motivi principalmente: il primo è la semifinale Lituania-Usa, dove Jasikevicius tirerà per vincere sulla sirena. Un tiro tutto sommato “pulito” che però scheggerà il ferro, con gli americani che non sanno se esultare o provare a riprendersi dallo shock di aver visto per aria un pallone potenzialmente letale. Il Mondo era pronto per batterli, ma nessuno ancora lo sapeva. Il secondo è “The Dunk”. Weiss non si riprenderà più.

 

EPISODIO 3: TURCHIA 2001

Il 2001 dello sport è l’anno del Grande Slam della Virtus Bologna, con Ginobili, Jaric, Rigadeau e Griffith, tanto per dirne alcuni; a giugno la Roma vince il terzo scudetto della sua storia, a luglio Ivanisevic vince Wimbledon partendo dalle qualificazione, un’impresa che solo uno slavo può compiere.

La nostra estate è riempita dai Gazosa, che grazie a Megan Gale e alla Omnitel diventano il tormentone estivo, assieme alle “Tre Parole” di Valeria Rossi. Internet comincia a diventare un termine di utilizzo comune e ancora non lo sappiamo, ma appena due giorni dopo la fine del torneo, le nostre vite smetteranno di essere quelle di prima

Due anni dopo Parigi la Nazionale è molto diversa: Myers ha detto basta alla Nazionale dopo Sidney e il livello di talento risente anche dell’assenza di Abbio. Il roster viene rinnovato con gli ingressi di Radulovic, Pecile e Righetti: si sente che si è alla fine di un ciclo, che si cercano forze nuove per dare nuova linfa e impulso al gruppo storico.

Anche il contesto è cambiato: anzitutto si gioca a settembre, non più a giugno, poi tra il 99 e il 2001 è proprio cambiato il livello fisico e atletico degli avversari, che sempre più spesso hanno giocatori NBA tra le proprie file. Sono infatti gli anni della prima ondata di europei in America e, come ben sappiamo, l’Italia non è nei radar degli scout: l’Unicorno di quel 2001 è Kirilenko, un vero e proprio all-around russo, con un’apertura alare da aquila reale, ma sarà anche l’Europeo della consacrazione di Nowitzki, Turkoglu e Gasol, dell’esordio di Parker e Nesterovic sul grande palcoscenico.

Questa generazione di fenomeni si sta prendendo la scena, e l’Italia non è invitata.

Con il senno di poi, il nostro Europeo termina alla prima partita ed i parallelismi con la delusione olimpica non mancano di certo: è ancora un mostro sacro a punirci dall’arco dei 6,25 perché Alvertis segna il buzzer-beater decisivo per la sua Grecia che ci sconfigge di un punto. A nulla vale la nostra larghissima vittoria con la Bosnia e il 64-56 con cui battiamo gli stessi russi: il primo posto è di Kirilenko e compagni e a noi tocca il barrage contro la Croazia per accedere ai quarti.

Sarà l’ultima per tanti, per Fucka che lotterà fino alla fine, per Meneghin che senza dubbio gioca la sua peggior partita in azzurro, ma è tutto il gruppo di Parigi che ha terminato le energie psicologiche dopo 4 anni a tutto gas tra Europei, Mondiali e Olimpiadi. Dalla televisione il ricordo personale di quella partita è un Pecile indomito che non vuole saperne di essere eliminato.

L’Europeo va alla Jugoslavia che prosegue nella sua cavalcata inarrestabile. Al palmares della nazionale si aggiungerà il Mondiale 2002 di Indianapolis con tanto di scalpo USA a casa loro: questa volta Stojakovic gioca, eccome se gioca…

Con la Croazia termina anche l’avventura di Tanjevic: in tanti gli rimproverarono l’incarico durante l’anno con il Buducnost, ma la verità è che un ciclo era finito e occorreva ripartire.

Tags: Carlton MyersGolden Age Italiana
Luca Bagni

Luca Bagni

Esponente della bassa reggiana. Ama il basket, i numeri che dicono sempre la verità, e le storie belle da raccontare. Giocatore delle minors emiliane, rigorosamente con il numero 13, perché la 31 di Miller ai tempi non era disponibile.

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