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Shane Larkin è salito di livello

Nicola Garzarella by Nicola Garzarella
24 Ottobre, 2020
Reading Time: 10 mins read
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LARKIN

Copertina a cura di Francesco Ricciardi

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Shane Larkin è il miglior giocatore di questa Eurolega. In una competizione in perenne evoluzione, il playmaker ex-Mavs ha saputo ritagliarsi il suo spazio fino a diventare, per ammissione degli addetti ai lavori, una superstar della lega. Dopo anni turbolenti e talvolta sottotono, ora Larkin ha lo status che merita per i sacrifici fatti. Conosciamo meglio la storia di questo talento puro sbocciato forse troppo tardi, ma che dopo vari pellegrinaggi tra America ed Europa ha trovato la sua isola felice ad Istanbul, casa dell’ormai suo Efes.

 

Larkin, un cognome pesante

Shane Larkin è figlio d’arte, nasce a Cincinnati il 2 ottobre del 1992 e nella città dell’Ohio la notizia non passa di certo inosservata. Shane è infatti il figlio di un’autentica leggenda cittadina: Barry Larkin, storico interbase (MVP della lega nel 1995, 12 volte All-Star, vincitori di 9 Silver Slugger Awards e di 3 Guanti d’oro) dei Cincinnati Reds con cui si toglierà la soddisfazione di vincere anche le World Series nel 1990.

Un’eredità di certo pesante da portare, sopratutto considerando che frequentatori abituali di casa Larkin sono Tony Perez e Peter Rose (altre due celebrità del baseball) che indirizzano subito il primogenito di Barry verso lo sport di famiglia. Nonostante l’impegno, i risultati del giovane Shane sono però scadenti; il punto di rottura arriverà poco tempo dopo durante un allenamento della Little League. In questa circostanza uno dei coach dirà al nativo di Cincinnati che il suo allenamento è “completamente sbagliato“: il ragazzino, già molto orgoglioso, non la prende bene, abbandona mazza e guantoni e rifiuta l’idea di seguire le orme paterne. Con il senno di poi mai scelta fu più azzeccata.

Ad offrirgli conforto ci pensa un’altra figura importante della sua vita, suo zio Byron. Byron è il fratello maggiore di Barry: al baseball il primo però ha preferito il basket diventando un’istituzione della Xavier University di cui è ancora oggi uno dei migliori realizzatori di sempre. Shane prende lo zio come modello e decide di tentare con la palla a spicchi. L’amore fu immediato ed il suo talento libero di splendere.

 

L’OCD e l’University of Miami

Il basket per il giovane Shane non è solo una passione ma una vera e propria forma di terapia. Quando gioca infatti il suo corpo e la mente sono in sintonia, un equilibrio perfetto che gli consente di rendere al meglio. Lontano dal parquet la situazione è diversa: purtroppo Larkin soffre infatti di un OCD, obsessive-compulsive disorder, di carattere germofobico. In sostanza, stimolato da fattori esterni, il cervello del nostro protagonista elabora un numero casuale di ripetizioni da eseguire nelle pratiche igenico-sanitarie. Celebre è l’episodio in cui vedendo le otto triple consecutive di Ray Allen arrivò a lavarsi le mani otto volte di seguito ogniqualvolta ne avesse l’occasione causandosi ferite e sanguinamenti.

Quando però gioca il disturbo si eclissa, fino a scomparire in maniera quasi inspiegabile. Shane nel frattempo inizia la sua carriera nella Dr.Phillips High School, prestigioso liceo vicino Orlando. Qui, dopo quattro brillanti anni, viene notato dalla DePaul University avente sede a Chicago. Gli spostamenti per la famiglia Larkin sono problematici e spesso è mamma Lisa, figura centrale nella vita del play ell’Efes, ad accompagnare il suo ragazzo. La situazione diventa ingestibile quando, ormai conscia del problema del figlio, Lisa non riesce a gestire la situazione e i risultati di questo crescente stress si manifestano soprattutto sul giovane che chiede alla NCAA un transfer per motivi medici, direzione University of Miami (più vicina a casa).

Le terapie, basate perlopiù sulla meditazione e sull’autocontrollo, danno i risultati sperati (al contrario di quelle basate sui farmaci che finiscono solo per fiaccare il giovane cestista) e Shane convive sempre meglio con il suo disturbo. Dopo un primo anno iniziato in panca e finito da starter è l’anno da sophomore a cambiare la vita dello #0. Larkin diventa il fulcro del gioco degli Hurricanes e i numeri lo testimoniano: 14.5 ppg (40.6% da tre) 3.5 rpg e 4.6 apg.

Riesce a portare la sua squadra al Torneo di marzo e si guadagna anche l’applauso di LeBron James e Wade quando, dopo una partita da 5/8 da tre, regala uno spettacolare alley-oop al suo compagno Kadji. A fine stagione porta a casa anche l’ACC Player Awards (dagli allenatori) e il Lute Olson Award per il giocatore più sorprendente tra i non freshmen. La sua carriera ora è in rampa di lancio.

 

Che giocatore è Shane Larkin?

Prima di proseguire con la carriera occorre fare una dovuta precisazione su che tipo di giocatore sia il nostro protagonista. Playmaker di 1.82 cm x 79 kg, Shane è un abilissimo lettore delle difese, qualità che Brad Stevens apprezzerà molto ai Celtics, in grado di prendere decisioni giuste in poco tempo reagendo alla perfezione alle contromisure difensive. Non avendo la stazza per reggere i contatti sulla distanza, Larkin ha reso sempre più esplosivo il suo primo passo e migliorato, soprattutto in Europa negli ultimi anni, il crossover tanto da diventare la sua arma principale.

 

Nonostante le annate sottotono, Shane ha sempre fatto molto affidamento sul tiro dalla lunga distanza. L’ex Mavs e Celtics ha una buona forma di tiro, rapida e con un rilascio fluido sia dal palleggio che in situazioni di catch and shoot: uno strike shooter che se in serata vale il prezzo del biglietto. Inoltre è un ottimo giocatore di pick’n’roll sin da college, qualità molto apprezzata nelle competizioni europee, e con il tempo ha migliorato anche le sue percentuali ai tiri liberi fino a raggiungere un buon 85%.

 

I limiti più gravi di Larkin sono perlopiù in difesa dove, soprattutto in NBA, soffriva fisicamente i pari-ruolo, anche a causa di una scarsa velocità di piedi, ed era spesso coinvolto in situazioni di mismatch tanto da divenire difficile da nascondere. La sua produzione offensiva, seppur di qualità, nella massima lega americana non gli bastava a compensare le sue lacune in fase difensiva e questo fattore, oltre all’abbondanza di giocatori nel suo ruolo, nel tempo lo ha molto penalizzato.

 

Il Draft, l’NBA ed il Baskonia

Forte della sua strepitosa annata con gli Hurricanes, Larkin si rende eleggibile per il Draft 2013. Al Barclays Center di Brooklyn, in un Draft che vede Anthony Bennet come prima scelta assoluta, Victor Oladipo alla 2 ed Antetokounmpo alla 15, Shane viene chiamato con la diciottesima scelta assoluta dagli Atlanta Hawks che subito lo scambiano ai Mavericks in cambio di Nogueira, Muscala e Jared Cunningham.

La fortuna però non è dalla sua parte. Infatti Larkin durante un allenamento per la Summer League si rompe la caviglia e rimarrà fermo ai box per tre mesi. Con la maglia dei Mavs si toglie la soddisfazione dell’esordio in NBA contro i Sixers e ai playoff contro gli Spurs dopo diverso tempo trascorso nella franchigia satellite in G-League.

La sua avventura in Texas dura solo un anno. A giugno 2014 viene spedito ai NY Knicks insieme a Wayne Ellington, Josè Calderon e Samuel Delambert in cambio di Tyson Chandler e Raymond Felton. In maglia Knicks, Larkin giocherà 76 partite,di cui 22 da starter, con buoni numeri (6.2 ppg seppur con uno scarso 30% da tre, 2.3 rpg e 3.1 apg) ed il suo career high di 11 rimbalzi contro i Sixers.

Dopo appena un anno ecco un altro cambio di squadra. Stessa città ma quartiere diverso, la sua nuova casacca è quella dei Nets. Quella con Brooklyn sarà la sua miglior annata in NBA con 7.3 ppg (36% da tre e career high di 20 punti contro i Wizards) 4,4 apg (career high di 14 contro i Pistons) e 1.2 spg.

Al termine della stagione, Larkin sembra essere uscito dai radar. Scartato dai Nets e senza offerte decenti dalle altre franchigie decide di compiere un passo non scontato ma decisivo per la sua carriera. Prepara le valigie e firma per gli spagnoli del Baskonia in Eurolega.

 

La scommessa di puntare su uno dei “dimenticati” dalla NBA porta subito i frutti sperati. I baschi trovano in Larkin il giocatore ideale per gli schemi offensivi di coach Sito Alonso che oltre al talento del play ex-Mavs può contare anche su Shengelia, su un altro ex Dallas come Rodrigue Beaubois e sulla coppia di lunghi formata da Voightmann e il “mago” Bargnani all’ultima chance in carriera.

Larkin, arrivato come sostituto di Mike James, ritrova se stesso e, complice un gioco diverso da quello americano, riesce a mostrare al mondo tutto il suo talento. La sua avventura nei Paesi Baschi terminerà con 13.1 ppg 5,7 apg e 2.7 rpg oltre ad un piccolo caso mediatico quando al termine della stagione gli viene proposto il rinnovo ma lui accetta l’offerta del Barcellona prima di firmare però con i Boston Celtics.

 

Il ritorno in NBA e l’Anadolu Efes

La chiamata dei Celtics non è casuale. Gli osservatori del Massachusetts tengono sotto controllo i progressi di Larkin durante tutto l’anno e le loro relazioni convincono Brad Stevens a puntare sull’ex Hurricanes. Il suo ruolo viene chiarito fin da subito: sarà il terzo play, dietro Kyrie Irving e Terry Rozier. Stevens gli chiede di dare ordine alla second-unit giocando tanti pick’n’roll senza togliere possessi alle altre bocche da fuoco. L’annata per i Celtics si chiuderà in gara-7 delle ECF contro i Cavs di un dominante LeBron James ma Larkin si dirà più che soddisfatto della sua stagione.

Durante la Free Agency ci sono diverse franchigie interessate allo #0, in primis gli stessi Celtics che tentano di rifirmarlo. La decisione di Larkin però va in tutt’altra direzione: a 26 anni decide che è il momento di monetizzare e rifiutando tutte le altre proposte (compresi i disperati tentativi del Baskonia) sceglie Istanbul dove sposa l’ambizioso progetto dell’Anadolu Efes.

 

La seconda vita di Larkin

L’Efes dell’ambizioso presidente Ozilhan mette su un roster di tutto rispetto per la stagione 2018-19 (Beaubois, Moerman, Anderson e Dunston sono solo alcuni dei nomi di spicco tra i turchi) di cui Larkin è il fiore all’occhiello. In questo contesto Shane trova anche la sua spalla ideale: Vasilije Micic. Il serbo è una guardia che sembra fatta su misura per le esigenze di Larkin: difensore versatile e sopra la media, buon portatore di palla e tiratore più che discreto. L’accoppiata Larkin-Micic, collaudata e messa a punto dal genio di Ataman, rende l’Anadolu la squadra rivelazione dell’anno.

L’ex Nets è libero di far esplodere tutto il suo talento senza pressioni e con il costante supporto di un roster perfetto per lui. L’8 marzo 2019 regala ai suoi tifosi una prestazione da 37 punti con 12/15 dal campo e 43 di PIR (Performance index rating). È solo l’inizio del suo dominio. Ai playoff con un’altra gara superba fatta di 30 punti 7 rimbalzi e 7 assist elimina il Fenerbahce di Obradovic e si regala anche una prestazione da 29 punti in finale contro il CSKA (record di punti in una finale di Eurolega) dove però il suo talento non basta per portare a casa la vittoria.

Larkin però ora è di un altro pianeta; dopo aver agevolmente eliminato Banvit e Galatasaray, in una spumeggiante gara-7 segna 38 punti di nuovo contro il Fenerbahce. Stavolta la sua prestazione gli vale il titolo di MVP delle Finals turche e regala all’Efes il primo titolo nazionale in oltre dieci anni. Il meglio tuttavia deve ancora arrivare.

L‘Anadolu lo trattiene a suon di milioni durante l’estate e Larkin afferma di sentirsi a casa sua più in Turchia che in America. Dichiaratosi guarito dal suo disturbo, lo #0 scrive un pezzo di storia quando durante la gara di novembre dello scorso anno tra il suo Efes ed il Bayern Monaco mette a segno 49 punti, record assoluto di punti in Eurolega. Di qui, fino alla recente sospensione delle attività, è stato un continuo di prestazioni altisonanti che, ormai, non fanno neanche più notizia rientrando in quel canone di normalità tipico dei grandi giocatori.

 

Il suo amore per la Turchia lo porta anche ad accettare l’offerta della nazionale turca che, con una sfarzosa cerimonia presenziata da Erdogan ed Hedo Turkoglu, lo naturalizza riuscendo a formare un super backcourt con Scottie Wilbekin (altro americano naturalizzato).

Ora per Shane Larkin si apre un nuovo capitolo della sua carriera, quello in cui dovrà dimostrare di poter essere costante ad alti livelli; l’ennesima sfida per un ragazzo da cognome pesante che ha saputo trovare la sua strada con resilienza e convinzione.

Tags: Shane LarkinTurchia
Nicola Garzarella

Nicola Garzarella

Segue il basket dai Big Three a Boston: facile intuire che squadra tifi. Amante, non ricambiato, del parquet e di tutto ciò che gli gravita attorno. Eurofilo convinto ma non esasperato.

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