Con la stagione dei Knicks ormai virtualmente conclusa, è arrivato il momento di valutare quale sia stato il primo impatto di uno dei rookie più discussi dell’annata 2019-20: Rowan Alexander Barrett jr.
La sua stagione piena di luci e ombre ha fatto storcere il naso a molti, ma dietro gli up and down di R.J. non si possono non considerare una serie di fattori che hanno portato il nativo di Toronto a rimanere un po’ nascosto, almeno in questo primo capitolo della sua carriera.
Nell’ombra di Ja e Zion
Nel momento in cui la lottery ha voltato nuovamente le spalle ai Knicks, dandogli la terza scelta assoluta dopo una stagione in attesa spasmodica di Williamson, gli occhi di tutto l’ambiente arancio-blu si sono subito spostati su Barrett. Una caduta di Morant alla 3 avrebbe certamente cambiato i piani del front office, ma le voci del possibile scambio Grizzlies-Pelicans non si sono concretizzate.
Ovviamente le stagioni di Williamson e Morant hanno portato a fare valutazioni affrettate su gran parte della draft class 2019, ed era inevitabile che i confronti sarebbero partiti dalla scelta subito successiva alla 2. Inoltre era da anni che una scelta dei Knicks non veniva fischiata ma addirittura acclamata, segno di come le aspettative su R.J. fossero altissime fin da subito. In molti consideravano Barrett come il profilo più pronto per la NBA, e un suo sbarco a New York avrebbe potuto far svoltare subito la franchigia, qualcosa che per il momento non è ancora successa.
Cosa è andato male
Eliminando le primissime uscite, l’inizio stagione di Barrett non è stato positivo e neanche promettente dal punto di vista realizzativo. Basti pensare che le cifre delle prime 28 partite descrivevano un giocatore totalmente inefficiente nella metà campo offensiva: 38% dal campo, 28% dall’arco e 54% ai liberi, vero tallone d’Achille. Quello che si poteva notare ad occhio era l’incapacità di trovare tiri aperti e di costruirsi un tiro pulito dal palleggio. Parte di questi problemi erano già visibili al college, ma venivano coperti dalla capacità di usare un fisico sopra la media per il suo ruolo e per la categoria.
Tutti questi difetti si aggiungevano a quelli di squadra dei Knicks di Fizdale, già trattati nell’articolo sull’ormai ex coach di New York: l’ex coach dei Grizzlies proponeva quintetti alti con spacing assolutamente nullo che causavano un attacco stagnante; tutto il peggio che si può augurare a un rookie etichettato come salvatore della patria. Basti pensare che una grande fetta dei possessi dei Knicks venivano gestiti da Randle, un giocatore che si è rivelato assolutamente inadatto al ruolo di point forward disegnatogli da Fizdale, sia per testa sia per stile di gioco.
Ovviamente il problema spacing si è riflesso in maniera assoluta sulla sua efficienza al tiro: Barrett ha segnato il 33.8% dei suoi tentativi in catch and shoot, il 25% delle sue triple in pull-up e solamente con il 27% dei suoi pull-up jumper all’interno dell’area. È interessante vedere quali siano i giocatori all’interno della lega che, in questa stagione, hanno mostrato tendenze (ma non percentuali) al ferro simili a quelle di R.J.

Considerando che l’unico ball-handler primario in questa lista è Lillard, è normale che le sue cifre abbiano quella rilevanza. Tra gli altri solamente Gary Harris si avvicina in maniera negativa a Barrett, non un giocatore propriamente conosciuto per la sua efficienza in queste situazioni. Inoltre, tra tutti i giocatori della lega che hanno effettuato almeno 200 drives durante la stagione, solamente Fred VanVleet e Devonte’ Graham li hanno convertiti con percentuali più basse di quelle di R.J.
È chiaro come nella prima metà di stagione fossero più i deragliamenti che i layup puliti. La shot selection non era all’altezza di un giocatore che dovrebbe fare delle entrate al ferro la sua maggiore fonte di scoring. Quello di cui si parlava anche ai tempi di Duke era del suo uso quasi nullo della mano destra, e in un contesto NBA la capacità di usare solamente una mano ti rende troppo prevedibile fin da subito. Nell’azione qui sotto possiamo notare come, una volta portato dalla parte sbagliata, vada in netta difficoltà.
Come abbiamo già menzionato, i principali problemi di R.J. erano dovuti al sistema anacronistico dei Knicks. Inoltre, la presenza di così tanti giocatori “egoisti” come Portis, Randle o Morris non lo ha certo aiutato a ritagliarsi un posto importante nell’attacco di New York. Barrett è risultato solamente quinto per tempo di possesso tra tutta la squadra, e terzo per tiri tentati a partita. Numeri non adatti a un attacco che avrebbe dovuto puntare subito su R.J. come prima opzione offensiva.
Come si può vedere chiaramente da questo video, Barrett chiama la palla e rimane smarcato dall’arco per 5 secondi abbondanti. Dennis Smith jr. sceglie di fermare l’attacco e andare da Randle: nuovo scarico, con mezzo turnover annesso, e tiro forzato.
Cosa è migliorato
Il cambio di allenatore ha certamente giovato a Barrett. Nella seconda metà di stagione le percentuali al tiro si sono alzate in maniera significativa: 42% dal campo, 34% da tre e 69% ai liberi, con quasi il 51% di TS%. Le differenze si sono viste soprattutto negli atteggiamenti sul parquet, dove si è mostrato molto più convinto e aggressivo anche nelle entrate in area.
Alcuni scout hanno voluto sottolineare questo aspetto: Bobby Gonzalez si è detto sorpreso della sua capacità di stare in campo e dei suoi miglioramenti nella meccanica di tiro. Barrett si è mostrato più deciso al ferro e molto più fluido nel ball-handling, migliorando di conseguenza anche le capacità di costruirsi un suo tiro pulito.
R.J. è riuscito anche a prendersi la squadra sulle spalle in alcuni frangenti, come nella vittoria contro i Rockets. La capacità di attaccare dal palleggio e spostare un difensore come Tucker, in un momento decisivo della partita, non è affatto da sottovalutare. Durante le prime partite della stagione quell’attacco sarebbe stato certamente nelle mani di Randle, e questo è già un importante passo avanti.
Altro aspetto migliorato nel corso della stagione è quello relativo all’efficienza in transizione. Barrett è andato in crescendo concludendo con 2.4 points off turnovers, terzo tra le guardie del draft 2019, dietro a Coby White e Ja Morant, rispettivamente con 2.9 e 2.6. Il fatto che le sue percentuali al ferro fossero così basse fa capire come stesse imparando a usare la sua arma più importante, il fisico. Maggiore consapevolezza dei propri mezzi e sempre più sicurezza, sono state queste le skill acquisite da R.J. nei suoi primi mesi di carriera.
Anche la crescita delle percentuali ai liberi è un fattore che fa ben sperare. I problemi in lunetta erano presenti anche al college, dove nella sua unica stagione a Duke aveva fatto registrare il 66% con 6 liberi a partita. Questo fa capire come fosse importante vedere una crescita regolare per essere sicuri che i miglioramenti fossero reali, e così è stato. Barrett ha alzato le sue cifre di mese in mese, con solamente una flessione a febbraio dopo il rientro dall’infortunio alla caviglia. Sono percentuali ancora pienamente insufficienti, ma almeno il lavoro inizia a dare i suoi frutti.

Cosa è andato bene
Passiamo ora agli aspetti positivi, primo tra i quali è certamente l’apporto difensivo: nessuno si sarebbe aspettato una buona tenuta difensiva fin da subito, considerando che era uno dei suoi punti deboli al college. Probabilmente quest’anno Barrett verrà ricordato più per i game-winner subiti da Irving e Tatum, ma ampliando il discorso abbiamo visto cose molte buone che fanno sperare per il futuro.
Sarebbe impossibile parlare di advanced stats per commentare la stagione difensiva di R.J., visto che sarebbero sicuramente sporcate da quelle di squadra dei Knicks. Per questo motivo possiamo solamente affidarci all’eye-test per valutarlo in maniera generale.
Fisicamente Barrett si è dimostrato pronto per poter cambiare senza problemi su tre ruoli, fattore per niente scontato per un giocatore di quel tipo, e ha fatto vedere un’ottima capacità di passare davanti al bloccante e di limitare la separazione con l’attaccante; quest’ultima è una caratteristica fondamentale per poter difendere su giocatori con un rilascio rapido, come nel caso di Beal nella clip sopra.
In questa seconda situazione possiamo notare come R.J. si stacchi da Hachimura per tagliare fuori il rollante. Barrett rimane in marcatura su Wagner per poi cambiare su Schofield, subendo lo sfondamento e concludendo una difesa perfetta.
Altro aspetto positivo è sicuramente l’insistenza nel cercare in continuazione il taglio dal lato debole. Abbiamo già detto di come le percentuali al ferro siano nettamente da migliorare, ma anche in un attacco così statico R.J. è sempre rimasto lucido: vedere come riuscisse a smarcarsi con facilità off-the-ball senza essere quasi mai servito è certamente uno degli elementi più difficili da comprendere di questa stagione.
In questo caso possiamo notare come Payton esiti nel servire subito Barrett libero sotto canestro. Una volta arrivata la palla, R.J. è lucido nel passare subito al compagno sullo scadere dei 24.
A tal proposito, anche nelle scelte di passaggio Barrett si è dimostrato già ad un buon punto nel suo percorso. Il discorso relativo al fatto che potesse essere già un NBA-ready lo abbiamo visto in parte negli aspetti a cui era stata data meno importanza.
In questa situazione Barrett riesce a penetrare e trovare Randle con un ottimo scarico: dimostrazione di come non appena si veniva a creare un discreto spacing, riuscisse a essere molto più efficiente anche con la palla in mano.
In questa clip invece possiamo vedere uno dei vari alley-oop per Mitchell Robinson. Entrambi hanno mostrato più volte durante questa stagione di riuscire a sfruttare con costanza le situazioni di pick and roll.
Conclusioni
Non è facile dare un giudizio generale sulla prima stagione NBA di Barrett. Sicuramente abbiamo visto come sia stata caratterizzata da tanti alti e bassi, ma ampliando il discorso si può dire che le note positive abbiano superato quelle negative. Guardando semplicemente al dato statistico balza all’occhio che R.J. sia finito in top 10 tra i rookie in tutte le statistiche base: terzo per punti a partita con 14.3, quarto per rimbalzi a partita con 5.0 e settimo per assist a partita con 2.7. Tutte statistiche abbastanza relative, ma che descrivono un giocatore in grado di diventare più di un semplice scorer.
Barrett si è trovato a 19 anni a dover superare il rookie wall in uno dei contesti più difficili della lega. L’anno prossimo sarà molto importante per iniziare a capire quale piega potrà prendere la sua carriera, e sarà fondamentale che Knicks lo mettano al centro del nuovo progetto tecnico, con un roster funzionale alle sue caratteristiche. Ovviamente sarà necessario continuare a lavorare duramente per costruirsi un tiro solido che possa far sbocciare velocemente la sua carriera.
Ciò che è sicuro è che R.J. ha tutte le potenzialità per diventare un pezzo importante della storia dei Knicks e per far tornare la franchigia dove merita di stare. Il futuro di New York è anche nelle sue mani.