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I Brooklyn Nets post Kenny Atkinson

Gianmarco Galli Angeli by Gianmarco Galli Angeli
18 Marzo, 2020
Reading Time: 12 mins read
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Copertina a cura di Sebastiano Barban

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Sembrava non dovesse mai accadere ed invece è successo: le strade dei Brooklyn Nets e di Kenny Atkinson si sono ufficialmente separate. Una notizia che ha spezzato il cuore dei tifosi della franchigia bianco-nera e che ha lasciato di stucco la maggior parte degli addetti ai lavori del mondo NBA. Nessuno si aspettava ciò tranne lo stesso Head Coach dei Nets, che a dicembre aveva già il presentimento (e forse qualcosa di più) di essere sulla graticola: “So che il mio tempo sta per scadere. Le aspettative sono aumentate, so che arriverà anche il mio momento. Posso solo fare il possibile finché siederò su questa panchina“.

A discapito di ciò che sembra, la mossa della dirigenza Nets, seppur struggente a livello emotivo, ha un senso logico che cercheremo di esprimere all’interno di questo articolo. Potenzialmente questa è una win/win situation: Atkinson si è saputo vendere bene, anzi benissimo, in questi anni in bianco-nero e sarà inevitabilmente uno dei coach più richiesti a fine stagione; al tempo stesso il team di Brooklyn potrà mettere sotto contratto un HC già pronto per il ‘piano di sopra’, per competere seriamente nella prossima stagione quando sia Durant che Irving torneranno dagli infortuni. Nel frattempo la dirigenza ha nominato allenatore ad interim Jacque Vaughn e siederà sulla panchina fino al termine dell’annata.

Cronologia degli eventi

Ma prima di capire le motivazioni è necessario ripercorrere cronologicamente gli eventi. Secondo The Athletic uno dei punti di non ritorno è datato 3 marzo, quando i Nets hanno sconfitto 129-120 i Celtics dopo un tempo supplementare. Al termine del primo tempo, sul punteggio di 56-43 per i bianco verdi, Atkinson ha affrontato la squadra a viso aperto, senza remore: era chiaro che da quel momento in poi non potesse più fare marcia indietro. Nel quarto periodo ha messo in panchina tutti i titolari e dato le chiavi della squadra in mano a Caris LeVert che ha guidato i suoi ad un incredibile rimonta (erano distanti 21 lunghezze) spostando il suo career high a 51 punti e realizzando una serie di canestri irreali come quello nella clip sottostante:

 

Il 5 marzo arriva la goccia che fa traboccare il vaso, i bianco-neri perdono di 39 punti al Barclays Center contro i Memphis Grizzlies. Nessuno riesce più a trattenersi. A fine partita l’Head Coach si reca nello spogliatoio e vuole a tutti i costi chiarire la situazione. C’è una riunione di squadra piuttosto accesa che degenera con l’arrivo di Kevin Durant il quale sottolinea come i Nets debbano migliorare la propria attitudine e che non stavano andando nella giusta direzione per costruire una mentalità vincente. Alla firma del due volte campione NBA sembrava ci fosse un certo feeling tra lui ed Atkinson, settimana dopo settimana però qualcosa si è rotto e KD, così come Kyrie Irving e molti altri membri della squadra (sempre secondo la fonte di The Athletic) non erano particolarmente intenzionati a rimanere sotto le direttive dell’ex membro del coaching staff degli Hawks. Al tempo stesso, secondo una fonte di Yahoo Sports, lo stesso HC non voleva più continuare ad allenare e questo gruppo ed ha spinto per la rescissione consensuale.

Diventa necessario però chiarire un punto: Kenny Atkinson NON è stato licenziato per volere di KD o Uncle Drew, al massimo si può dire che è stato allontanato anche a causa loro, ma non hanno giocato un ruolo preminente nella vicenda. La decisione difficile è stata presa dalla dirigenza ed in particolar modo dal GM Sean Marks che dopo una riunione con il proprietario e gli altri azionari ha scelto di scrivere la parola fine.

Nel colloquio successivo alla sfida con i Grizzlies i giocatori hanno provato a spiegare tutto ciò che non andasse in quel momento (e molti punti sono anche gli stessi presi in considerazione da Marks al momento di prendere la decisione): desideravano che Atkinson definisse meglio i loro ruoli, che fosse più chiaro riguardo la gerarchia della squadra e soprattutto hanno puntato il dito contro il modo in cui l’Head Coach comunicava alla squadra, a detta loro particolarmente aleatorio. Anche DeAndre Jordan ha avuto molto da ridire: desiderava che il suo ruolo fosse quello di centro titolare ma Atkinson continuava a preferirgli Jarrett Allen. Non è un caso che nella prima partita con Vaughn sia stato proprio lui ad iniziare in quintetto e contro i Lakers ha disputato una partita come non si vedeva da tempo, compreso il rimbalzo stappato di cattiveria dalle mani di Anthony Davis presente nella clip che segue:

 

Ciononostante, da febbraio circa l’ex coach aveva iniziato a dare più minuti a DAJ a discapito di Big Jay, cosa in particolar modo accentuata dal fatto che egli chiudesse in campo tutte le partite terminate punto a punto. Intorno alla pausa per gli All-Star game Atkinson ha dichiarato di non conoscere ancora al meglio i suoi nuovi giocatori ricevendo come risposta da Jordan (il 27 febbraio dopo la sconfitta contro i Wizards) un banale quanto chiaro: “Ha giocato contro di me per anni, sa che tipo di giocatore sono“. In sostanza si era venuto a creare un clima particolarmente nocivo che non poteva portare ad altro che all’esito che abbiamo visto.

Cosa non ha funzionato tra i Nets ed Atkinson?

La domanda che viene naturale a questo punto della storia è: perché farlo ad un mese dalla post-season (ai tempi ancora non si sapeva che il coronavirus avrebbe bloccato l’NBA)? Sono diversi i punti che hanno portato a questo addio, cerchiamo di analizzarli tutti quanti.

L’ossessiva richiesta di seguire il sistema anche se i giocatori erano differenti rispetto agli schemi disegnati dal coach

Ciò che aveva già parzialmente stonato nella parte finale della scorsa stagione ora è venuto definitivamente a galla: tra i problemi tangibili di questa squadra c’è anche il suo più grande pro, ovvero il cosiddetto ‘sistema Atkinson‘. Se da una parte è vero che grazie a questo modo di giocare ed interpretare il gioco i Nets sono diventati quello che sono, è anche vero che così difficilmente avrebbero potuto fare uno step ulteriore, in particolar modo con Irving e Durant, giocatori che fanno dell’isolamento uno dei cavalli di battaglia del loro skill set offensivo (non dimentichiamoci che KD ha dichiarato esplicitamente di aver abbandonato i Warriors in quanto stretto da quel tipo di sistema).

In sostanza, in molti casi i giocatori si trovavano costretti a cercare un tipo di tiro che non era propriamente nelle loro corde o a cercarlo troppo di frequente. Esempio lampante di ciò è Taurean Prince. Escludendo la stagione da rookie, nelle due annate prima di arrivare a Brooklyn ha tenuto una effective field goal percentage superiore al 51% (51,6 nel 2017/2018 ed un buon 54.5 nell’ultima Regular Season), da quando veste la maglia bianco-nera la percentuale è crollata al 47,5%; stesso discorso per la true shooting percentage che dal 57.5% del 2018/19 è scesa al 49.7%, il tutto con un usage percentage ed un volume di tiri molto simile a quello della stagione precedente.

Se da una parte c’è da dire che l’annata di Prince sia stata semplicemente disastrosa, dall’altra va invece sottolineato il perché sia accaduto tutto questo. Taurean è un 3&D particolare e forse definirlo 3&D non è neanche propriamente corretto: prende praticamente lo stesso numero di triple dal palleggio di quelle in catch & shoot ed è un penetratore più che discreto. Ciò nonostante Atkinson ha fatto di tutto per trasformarlo in un 3&D nudo e crudo aumentando di 1.3 tiri a partita i suoi tentativi da dietro l’arco in c&s (da 3.8 a 5.1): così facendo ha abbassato al 35.8% la sua percentuale di canestri riusciti (contro il precedente di 42.6) e fatto crollare le percentuali dei tiri con più di 2 palleggi (dai 4.4 con il 50% di eFG a 3.8 con neanche il 36% di eFG).

Nella clip si vede il classico schema adottato dagli Atlanta Hawks per portare al tiro l’ala: Prince, posizionato sotto canestro, aspetta il blocco della guardia per partire verso l’angolo, si posiziona dietro l’ala grande che porta il blocco ed impedisce al marcatore di Taurean di stoppare il tiro. In questo modo il giocatore è in ritmo e può creare un pericolo maggiore. Tutto il contrario di ciò che avviene ai Nets dove, solitamente, il tiratore aspetta il passaggio del playmaker che superando il proprio marcatore prende vantaggio e scarica nell’angolo. In questo modo però il tiratore non è in ritmo e prenderà un tiro da fermo che potrà sbagliare più facilmente. Questo è solo un esempio ma Atkinson ha pagato pesantemente questo ricorso costante al sistema anziché adattarlo ai giocatori che aveva a disposizione.

 

La difficile coesistenza tra Irving, Dinwiddie e LeVert

Questa sarebbe dovuta essere la stagione di Irving ma i problemi fisici lo hanno costretto ai box praticamente per tutta l’annata (e non tornerà prima della prossima regular season). Atkinson ha più volte parlato della possibilità di realizzare una small lineup con Kyrie, Spencer Dinwiddie e Caris LeVert ma alle parole non sono seguiti, spesso, i fatti (anche a causa degli infortuni): lo stesso Dinwiddie ha dichiarato pubblicamente che per coesistere tutti e tre sarebbe servito un’ordine gerarchico con naturalmente Uncle Drew in cima alla piramide. In realtà parliamo di un fit tra i tre quasi impossibile e di un malumore diffuso da parte di tutti i giocatori verso le scelte del tecnico.

Nei 138 possessi che i tre hanno condiviso (campione piuttosto esiguo considerando che hanno già disputato 64 partite) la lineup ha una media di 115.9 punti realizzati per 100 possessi contro i 113.7 concessi: quindi un differenziale di + 2.2. Risulta evidente che i problemi di questa lineup sono in difesa e non di certo in attacco, in particolar modo perché il maggior numero di possessi li hanno giocati con anche Joe Harris in campo (e Jarrett Allen da centro). Infatti sono al 35esimo percentile per eFG% avversaria con un pessimo 54.0%. La clip sottostante esplicita chiaramente come Irving sia un giocatore d’élite non solo a sapersi creare il tiro da solo ma anche nel saper finalizzare quando non è egli stesso a portare il pallone: il problema si verrà a creare il prossimo anno quando oltre a loro ci sarà anche un altro giocatore niente male a trattare il pallone come Kevin Durant.

 

In quel di Brooklyn è necessario dunque compiere una scelta. Kyrie Irving è, per ovvi motivi, intoccabile e destino simile sembra toccare a Spencer Dinwiddie (seppure non c’è da metterci la mano sul fuoco), motivo per il quale è possibile immaginare che sarà Caris LeVert ad essere scambiato via trade. I Nets hanno un urgente bisogno di trovare un 3&D molto più efficiente ed un vero e proprio rim protector (con Allen e Jordan che non hanno inviato segnali incoraggianti da questo punto di vista) e LeVert necessita di una squadra disposta a concedergli maggior numero di possessi e di tiri. Dunque, non ci sarebbe da essere stupiti se a fine stagione le due parti dovessero decidere di intraprendere strade differenti.

Il problema cambi e le rotazioni sbagliate

Esattamente come il primo punto, anche questo rappresenta al tempo stesso un grande pro ed un grosso limite del sistema Atkinson. Kenny ha imposto un range di minuti, che varia da caso in caso, oltre il quale l’utilizzo di un giocatore rischia di essere dannoso per il suo stesso fisico. Egli non è né il primo né l’ultimo coach ad applicare una minutes restriction ma certamente nessuno la applica tanto quanto lui. Se da una parte questo consente di avere a disposizione giocatori sempre fisicamente pronti, d’altro canto rischia di essere un grosso limite per una squadra con ambizioni diverse da quelle che avevano i Nets delle passate stagioni. Basti pensare che la scorsa stagione nessun giocatore ha superato i 31 minuti di media a partita, il picco massimo sono stati i 30.2 di Joe Harris e D’Angelo Russell.

Un altro caso limite è accaduto durante questa Regular Season nella partita persa contro gli Oklahoma City Thunder: Caris LeVert stava disputando una buona gara condita da 20 punti in 22 minuti, Brooklyn aveva riaperto la gara ma Atkinson per preservare il suo giocatore da una possibile ricaduta lo ha richiamato in panchina condannando la sua squadra ad una sconfitta certa. I problemi legati alle rotazioni erano emersi anche nelle annate passate ma un livello generale più basso rispetto a quello attuale aveva parzialmente nascosto la cosa, che quest’anno è diventata molto più evidente. In particolare, per quanto riguarda lo spot di centro, si è venuta a creare una situazione di cui non ha beneficiato né Allen né Jordan: il voler a tutti i costi dividere quasi in parti uguali i minuti (e soprattutto quelli decisivi) ha impedito ai due di assumere una totale consapevolezza di quello che è il loro ruolo e verso le loro responsabilità.

Un altro grosso problema riguarda la panchina. Quest’anno è capitato svariate volte che un giocatore dopo aver inanellato una serie di buone prestazioni sparisse dalle rotazioni o iniziasse a giocare molti minuti in meno rispetto alle gare precedenti. Tra gli esempi, spicca il caso di Nicolas Claxton. Il cestista americo-virginiano è stato scelto alla 31 dello scorso draft dai Nets e fin dalla Summer League ha dimostrato di essere un ottimo difensore (seppur con evidenti lacune in alcune parti del suo gioco). Nel mese di novembre è stato impiegato da Kenny Atkinson per circa 13 minuti a partita comportandosi piuttosto bene in entrambi i lati del campo, poi è sparito e ricomparso rubacchiando pochissimi minuti qua e là nel corso della stagione.

Nonostante a causa di un infortunio sia rimasto per qualche settimana nei Long Island Nets, squadra di G-League affiliata alla franchigia di Brooklyn, è poi tornato in NBA senza però riuscire a riprendersi quei minuti. Ora, ovviamente Claxton non è né la soluzione ai problemi dei Nets né tantomeno il motivo per cui Atkinson è stato licenziato, questo esempio permette però di capire al meglio quali sono state le difficoltà dell’HC nel gestire i minuti a disposizione. Stesso discorso, se non peggio, vale per i vari Nwaba, Shumpert e chi più ne ha più ne metta: avere a disposizione tanti giocatori da rotazione ma non essere in grado di gestirli è un’arma che si può pagare caro se si vuole competere per l’anello.

Cosa saranno i Nets senza Atkinson?

Rimane da chiarire un ultimo punto che è quello su cui al momento ci sono più dubbi. Cosa ne sarà del futuro dei Nets?

“Mi sarebbe piaciuto tantissimo tenere Kenny a lungo ma c’era bisogno di un’altra voce nello spogliatoio“. Queste le parole di Marks durante la conferenza stampa con cui ha annunciato la rescissione consensuale, che fanno capire al meglio cosa cercherà la franchigia di Brooklyn nella prossima stagione. Nel frattempo però la panchina è stata affidata a Vaughn, che farà di tutto per tenersela stretta nonostante sia quasi impossibile vederlo sedere nel posto riservato all’HC anche per l’anno a venire.

Ad oggi è indecifrabile capire chi sarà scelto per sostituire Atkinson, a meno che voi non siate Joe Tsai o Sean Marks (e neanche in quel caso ne sarei così sicuro). Quello che è invece possibile fare è realizzare un profilo del prossimo tecnico dei Nets, o meglio di ciò che gli servirebbe avere per occupare quel ruolo. Partendo da ciò che mancava al suo predecessore, il prossimo coach dovrà sicuramente avere una discreta esperienza ai play-off ed una certa adattabilità verso le stelle della squadra. Se il primo nome che vi passa per la testa è quello di Tyronn Lue allora è lo stesso di chi sta scrivendo queste righe. Per quanto sia impossibile prevedere il futuro è chiaro che un HC come Ty (che tra l’altro ha già lavorato con Irving ed anche discretamente bene) potrebbe essere l’ideale: attenzione, come Ty non vuol dire che sarà proprio lui, anzi, un profilo con un po’ più di colonna vertebrale potrebbe far bene a Brooklyn ma visti i nomi in lizza sicuramente quello di Lue si avvicina il più possibile all’identikit di chi sarà il prossimo tecnico dei Nets. Nota di colore: se dovesse essere veramente Ty allora condividerebbe con Vaughn un rapporto particolare con Allen Iverson, come mostra la clip qui sotto.

 

Altro punto fondamentale sarà la chiarezza: nelle gerarchie, nelle rotazioni e nella comunicazione, tutte cose per le quali è stato puntato il dito contro l’ex membro dello staff degli Hawks. In sostanza, serve trovare un uomo in grado di trasformare la creatura fantastica che sono stati i Nets della scorsa stagione in una squadra adulta e pronta a competere contro chiunque.

Sarà difficile, difficilissimo prendere il posto di un uomo tanto amato a livello umano quanto a livello cestistico come Atkinson ma, portando la squadra ad una dimensione più alta di quella attuale, non è impossibile immaginare che la Brooklyn Brigade possa affezionarsi ad un nuovo condottiero. Il pensiero che tormenta la dirigenza Nets è quello di ri-cadere nel baratro esattamente allo stesso modo della storica trade che ha portato in maglia bianco-nera Garnett e Pierce in cambio, sostanzialmente, del futuro della franchigia: il confine sottile che divide questo scenario dal suo esatto opposto può e deve dipendere dal nuovo head coach. Insomma, se proprio è stato necessario sacrificare Kenny bisogna fare in modo che quel sacrificio venga ricompensato in maniera adeguata che in questo caso vuol dire arrivare fino in fondo, o almeno alle Finals.

Tags: Brooklyn Netskenny atkinson
Gianmarco Galli Angeli

Gianmarco Galli Angeli

Guarda l'NBA come un bambino un cesto di caramelle. Sognava di diventare un maestro di ankle breaker ma ha un ball handling orribile e quindi si diletta a subirli. Le sue caviglie non ringraziano.

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