Con la trade a quattro squadre che ha visto Clint Capela finire ad Atlanta e Robert Covington a Houston, i Rockets hanno deciso di optare per una lineup rivoluzionaria che vede PJ Tucker nell’inedito ruolo di “falso 5” e una small ball costante.
Molti sono i dubbi che questa trade ha portato con sé, dato che Capela negli anni scorsi si era ritagliato un ruolo sempre più importante nel sistema D’Antoniano, soprattutto grazie alla sua rim protection, una costante presenza a rimbalzo e ai suoi miglioramenti come rollante e nei cambi difensivi. Negli ultimi due anni era stato il perfetto partner in crime di James Harden, tanto che il Barba ha assistito per il C svizzero più di qualunque altro duo in NBA.
Ma con l’arrivo di Russell Westbrook il discorso è cambiato e Capela è sembrato sempre meno indispensabile col passare dei mesi (complici anche svariati infortuni). Dopo un inizio stagione in cui Westbrook ha provato ad innestare un tiro dall’arco efficiente sfruttando la gravity di Harden e lo spacing dei razzi senza risultato, D’Antoni ha capito che il miglior mondo per far sfruttare Russ è quella di aprirgli il campo e fargli giocare la sua pallacanestro, fatta di penetrazioni esplosive al ferro e jumper dalla media.
Con Westbrook e Capela entrambi sul parquet, l’attacco di Houston risultava confusionario e meno pericoloso (107.6 di Off Rtg rispetto ai 116.2 punti sui 100 possessi con Tucker al suo posto), con lo svizzero che era diventato un ostacolo tra Russ e il ferro, aumentando così il numero dei difensori a protezione del ferro e costringendo Westbrook a inventare soluzioni più difficili come tiri dal midrange o improbabili assist per il suo C, oppure a prendersi più tiri da 3 a discapito delle sue scarse percentuali (fino al 25/12, gara in cui Capela è stato in lineup a meno di infortuni, Westbrook tirava 5.1 triple a partita; senza Capela ne prende 2.3).

Inoltre, da quando l’anno scorso Chris Paul si è infortunato, i Rockets hanno iniziato ad utilizzare sempre meno il pick&roll, soluzione con cui Capela si trovava a suo agio come rollante e ricevitore di lob da parte del Barba, per favorire un gioco basato sugli isolamenti che ha un assoluto protagonista: James Harden. Lo dimostra il fatto che due anni fa i texani si posizionavano al dodicesimo e al terzo posto per soluzioni dal PnR (17.6% concluse dal ball handler, 8.8% dal rollante), quest’anno sono in ultima posizione in entrambe le categorie (10.3% e 4.2%).
Al contrario, con il 20% di frequenza nelle giocate in isolamento (la seconda è Portland col 10%) e ben tre giocatori in top 10 per frequenza in questo playtype – il primo è ovviamente Harden, gli altri e due sono Westbrook e Rivers – Houston ha implementato un gioco sempre più dipendente dalla ricerca del mismatch per arrivare a questo tipo di soluzione.
Ed è qui che acquista senso l’arrivo di Robert Covington. Perché l’ex Minnesota è, al contrario, un giocatore perfettamente funzionale per il gioco dei Rockets con Westbrook: un 3&D in grado offensivamente di aprire il campo e generare un pericolo dall’arco (35.7% da 3 con 8 triple tentate da quando è a Houston) e di poter giocare anche da stretch four o addirittura da vice Tucker in un quintetto estremamente piccolo.
I Rockets dalla finalizzazione di questa trade e quindi dall’inizio dell’era small ball hanno giocato un discreto campione di partite (14) che li ha visti vincere contro i Lakers per poi inanellare un filotto di sei vittorie consecutive culminate con l’ottima W contro Boston, ma allo stesso tempo di perdere quattro partite di fila, anche contro avversari sulla carta non irresistibili come New York o Orlando, tanto che sia Harden che D’Antoni hanno dichiarato che perdendo contro i Magic hanno toccato il fondo.
Per prima cosa un paio di dati. Houston è attualmente 12esima per Offensive Rating da quando gioca small ball. Il dato è crollato dopo le pessime prestazioni nelle quattro pesanti sconfitte consecutive: prima di esse i Rockets erano terzi con un Off Rtg di 115.7. Il Def Rtg è rimasto all’incirca lo stesso, per quanto Houston abbia scalato posizioni in classifica rispetto ad altre squadre. Fino al 31 gennaio i Rockets erano 15esimi con 109.8 punti subiti sui 100 possessi, ora sono 11esimi con 110.4. Il quintetto titolare composto da Harden, Westbrook, Tucker, House e Covington è quello che finora ha performato meglio: 111.3 di Off Rtg ma, soprattutto, un ottimo 100.6 di Def Rtg.
Andiamo quindi ad analizzare cosa di buono e cosa di negativo Houston ha mostrato finora con questo nuovo esperimento estremo.
SMALL BALL E RUSSELL WESTBROOK
La partenza di Capela aveva come obiettivo principale quello di massimizzare i pregi di Russell Westbrook e così è stato. Da inizio di febbraio ad oggi, Brodie sta viaggiando a 31 punti di media, 7.8 rimbalzi e 5.8 assist, col 52.5% dal campo e 35.5% da 3, giocando quello che, al di là delle statistiche, è forse la miglior pallacanestro della sua carriera, tanto che il 57.5 di TS% che sta avendo da quando c’è la small ball è di oltre 2 punti più alto del suo career high. Inoltre, Westbrook è il giocatore che nello stesso arco di tempo ha registrato più punti di media nel pitturato di tutta la lega (19.2), tirando col 66% nella restricted area e col 42% dal midrange.
L’assenza di un centro puro fa sì che i Rockets giochino five-out per 48 minuti e questo permette a un giocatore esplosivo come Westbrook di avere tutto lo spazio del mondo per battere il suo diretto avversario grazie al suo incredibile atletismo:
La prima volta che questa lineup ha visto il campo è stata contro i Lakers, dove la squadra di Vogel ha avuto difficoltà nel contenere l’accelerazione di Westbrook. In questa prima clip vediamo Kuzma accoppiarsi con Westbrook, un ovvio mismatch, con la point guard che brucia il losangelino e arriva al ferro senza incontrare nessun ostacolo. KCP avrebbe la possibilità di chiudere, ma è attirato fuori da House libero nell’angolo.
Un altro matchup che si è proposto più volte nella gara è stato quello con Davis in marcatura su Westbrook, ma anche in quel caso il dinamismo dello #0 ha avuto la meglio su uno dei principali candidati al DPOY:
Westbrook finirà con 12 punti e 6-8 FG nella personale sfida contro AD.
Stesso copione si è riproposto contro Utah, dove un altro candidato DPOY come Gobert ha incontrato non poche difficoltà nel affrontare un giocatore con queste caratteristiche.
Anche contro squadre senza centri dominanti ma con ali molto forti difensivamente, Westbrook non ha incontrato particolari difficoltà, tanto che sia nella vittoria contro Boston che nella sconfitta contro i Clippers Russ ha continuato ad esprimere un basket di altissimo livello, risultando in questo periodo il vero trascinatore dei Rockets:
Nella NBA di oggi collocare un non tiratore in un attacco d’élite è possibile solo se gli si garantisce un quintetto in grado di fornire lo spacing adatto per permettergli di sfruttare i suoi vantaggi fisici – atletici. Le prestazioni (e le aspettative) di giocatori come Antetokounmpo o Ben Simmons dipendono anche dal contesto in cui sono inseriti e per Westbrook, seppur sia un giocatore fisicamente ben diverso da questi due, vale lo stesso discorso.
Andare small ball per 48 minuti non è ovviamente tutto rose e fiori dal punto di vista offensivo e più avanti vedremo anche perché. Giocare accanto a Russell Westbrook non è facile e in questi anni ad OKC si è visto. La sua personalità dentro e fuori dal parquet è straripante e il suo gioco è di difficile inquadratura in un sistema che non gli consente l’anarchia cestistica. Harden lo ha riabbracciato a Houston in nome di una vera amicizia e Morey alla fine ha deciso di andare in all-in.
JAMES HARDEN
Nonostante i Rockets abbiano deciso di andare al ritmo di Russell Westbrook, rimangono sempre la squadra di James Harden. E se il gioco di Brodie è decollato, il Barba nel 2020 non è ancora riuscito a replicare con continuità le prestazioni monstre viste nell’anno appena trascorso. Dopo un gennaio sottotono, il Barba sembrava essere in ripresa a febbraio, ma a marzo le sue performance sono nuovamente calate (28.2 pts col 37.4% dal campo e il 25% da 3), per quella che probabilmente è stata la sua peggior striscia di partite da quando è a Houston.
Da inizio della stagione fino al 7 gennaio, Houston ha avuto un record di 24-11 e Harden ha registrato 38.4 pts, 6 reb e 7.6 assist col 46.3% dal campo e il 38.6% dalla distanza, inclusa una striscia di 16 gare dove la star dei razzi ha messo 39.1 punti di media col 49.6% di FG e il 44% da 3. Esclusa l’ultima partita contro i Timberwolves dove Houston ha vinto e Harden è tornato a brillare, i Rockets hanno vinto 15 volte a fronte di 13 sconfitte nelle ultime 28 gare: 26 di queste col Barba in campo. In queste partite le sue medie e percentuali sono sensibilmente calate: 29 punti con un allarmante 38.7% dal campo e un 29.6% da 3 che è ancora più preoccupante.
Nello stesso periodo Houston ha avuto una striscia positiva dove ha vinto 10 partite su 12 e, non casualmente, Harden in quel numero di gare è tornato a giocare bene o male sui suoi standard, con 32.2 punti a partita col 45.6% dal campo, il 37.8 dall’arco e un 64.5% di TS (il tutto condito da +13.7 di Net Rating), a dimostrazione di quanto i Rockets dipendano dalle prestazioni della sua stella.
Il Barba ultimamente è apparso abbastanza superficiale nelle sue scelte e poco aggressivo. Inoltre, nelle interviste post-partita, è sembrato essere poco connesso:
Man, he just seems.. off. #Rockets pic.twitter.com/GuhxetFXOd
— Jackson Gatlin (@JTGatlin) March 8, 2020
A volte tiene troppo la palla in mano per forzare un isolamento, rendendo così vano lo spazio extra che gli altri vanno a creare e “peggiorando” i compagni mettendoli fuori ritmo. Un altro problema è legato alla tipologia di triple che si prende. Questo mese ha realizzato solo 8 triple unassisted su 32, di cui 3 solo nell’ultima gara vs Minnesota dove ha tirato col 50% da 3. A febbraio, al contrario, sono state solo 5 le triple assistite sulle 50 realizzate.
Ad esempio qui Harden decide di prendersi comunque questa difficile tripla in step back, nonostante House sia libero per tutto il tempo dell’azione:
Anche nei layup Harden ha preso più volte la scelta sbagliata, come se fosse privo di ispirazione. Per uno come lui, che di solito ci ha abituato a isolamenti dove i difensori vengono costantemente battuti e che lo hanno reso uno dei migliori scorer nel traffico, è impensabile un 50% nelle soluzioni al ferro (tolta Minnie) a marzo, quando il mese prima le sue percentuali erano invece del 67% secondo Cleaning the Glass.
In un sistema incentrato che ha come obiettivo quello di creare spacing per colpire a ripetizione con triple e penetrazioni al ferro, Harden sta ancora trovando la sua giusta dimensione, il tutto senza alcuna ragione di campo precisa. L’ottimismo di Houston è riposto nel fatto che un giocatore come Harden tornerà presto ai suoi livelli, ma i Rockets hanno dannatamente bisogno di Harden nella sua versione migliore se vogliono avere qualche speranza di giocarsi il titolo.
PICK AND ROLL E ACCORGIMENTI OFFENSIVI
Dopo un inizio scoppiettante dove le squadre hanno avuto difficoltà nel contenere l’attacco dei razzi, le difese avversarie hanno iniziato a mettere un uomo in pianta stabile nel pitturato per arginare l’eventuale penetrazione di Russ o Harden per costringerli a scaricare per i tiratori, come fa egregiamente PJ Washington in questo caso:
In ogni caso i Rockets dovranno necessariamente effettuare alcuni accorgimenti per tornare a far funzionare al meglio il loro sistema. Un maggior movimento senza palla è la prima risposta ai gameplan difensivi. Quando Harden o Westbrook attaccano al ferro molte volte uno dei giocatori di Houston in angolo si ritrova libero dalla marcatura perché il suo uomo va in aiuto. È qui che si crea lo spazio per attaccare il pitturato con un taglio backdoor, come House fa in questa situazione, con Reggie Jackson focalizzato su Westbrook:
PJ Tucker, che è solito trovarsi in angolo in fase offensiva, però, non è a suo agio a tagliare e, molte delle volte, resta fermo nella sua posizione aspettando il pallone senza creare alcun tipo di dinamicità nell’attacco dei Rockets:
Più tagli, più movimento senza palla e un maggior numero di pick and roll non possono che rendere questa squadra offensivamente ancora più forte e imprevedibile e non dipendente unicamente da triple e isolamenti, soprattutto in ottica playoff dove i ritmi si abbasseranno e le difese saranno ben più aggressive.
Inoltre, da quando Capela è partito, Harden ha trovato qualche difficoltà in più nel finire al ferro, probabilmente perché la connection con lo svizzero era ormai consolidata e la presenza di un C puro come rollante era fondamentale nel creare apprensione alle difese. Un lungo è più facilitato a ricevere un lob nel traffico ed è più propenso a lottare a rimbalzo in caso di eventuale seconda chance. Tutte cose che con RoCo o Tucker (o Westbrook) nello spot di centro vengono spesso a mancare vista la differenza fisica con alcuni C rivali.
Nella prossima clip si può notare Jeff Green nel ruolo di rollante:
I passaggi che Green riceve da Harden sono, nella maggior parte dei casi, schiacciati per terra. Nonostante un campione di gare ancora piccolo, Green sembra già fittare bene con il nuovo ruolo offensivo a Houston, fungendo non solo da rollante e da falso centro, ma anche tagliando a canestro o aprendo il campo per colpire da 3 come accade in questa azione:
Con Covington il discorso è diverso dato che non ha l’abilità di Green di finire al ferro. RoCo, invece di rollare per poi attaccare il ferro, spesso sfrutta i blocchi per poi poppare e offrire una potenziale linea di passaggio per una tripla aperta. In questo filmato vediamo due pick and pop tra Harden e Covington: contro i Knicks il Barba sceglie l’assist per una tripla senza opposizione di RoCo, contro i Jazz invece va per la soluzione personale.
Un’altra soluzione vede il rollante usato come diversivo con Harden nel ruolo di ball handler, permettendo alle difese di tornare in single coverage per poi tagliare dentro e servire un alley-oop per il compagno che taglia dall’angolo:
Per concludere, possiamo vedere un’altra combinazione che ultimamente sta prendendo piede nelle azioni dei Rockets: quella che vede Harden usato come bloccante per Russell Westbrook. Questa giocata avviene soprattutto quando Russ guida la transizione: la sola idea che Harden possa ricevere palla dopo un blocco genera apprensione nelle difese e quando hai un giocatore in grado di andare “da 0 a 100” in un secondo come Westbrook è poi difficilissimo recuperare se perdi anche solo per un attimo il tempo, come accade a Brooks in questo caso.
Questi schemi sono la soluzione che D’Antoni sta varando per rimettere Harden al centro di un sistema che non poggi SOLO sugli isolamenti, anche perché la minaccia di un lob aveva fatto le fortune di Harden come ball handler in passato. I Rockets ci stanno provando perché non possono più eseguire i pick and roll in maniera tradizionale (almeno finché Hartenstein resterà in G-League) e la capacità offensiva delle due guardie e dei tiratori attorno a loro ha dimostrato che queste soluzioni possono avere successo come diversificazione degli isolamenti, soprattutto in ottica playoff. E se Westbrook e, soprattutto, Harden si abitueranno al meglio a giocare questi PnR non convenzionali, Houston ne trarrà sicuramente beneficio.
Per finire, D’Antoni dovrebbe considerare l’idea di riportare Hartenstein a roster, magari utilizzandolo nei minuti in cui Westbrook è in panchina e nelle 2nd unit al posto di uno tra Tucker e Covington, permettendo così ai Rockets di alternare la small ball ad un quintetto più tradizionale, anche per garantire un maggiore equilibrio e sostenibilità (48 minuti di small ball sono un’arma a doppio taglio). Hartenstein sta letteralmente dominando in G-League, dove è stato recentemente nominato giocatore della settimana con 30.5 punti, 20 rimbalzi e 3 stoppate a gara:
Utilizzarlo quei 10/12 minuti a gara permetterebbe non solo maggior riposo ai titolari, ma garantirebbe un uomo in grado di portare presenza al ferro e a rimbalzo. Inoltre, verrebbe ristabilita la minaccia dei lob, che in questi anni ha reso le penetrazioni di Harden semplicemente devastanti.
Un altro problema è legato alle performance di Eric Gordon. Quello che è stato negli scorsi playoff a tutti gli effetti il secondo miglior giocatore della squadra, sta attraversando una stagione difficile per colpa di alcuni infortuni, non riuscendo mai a incidere davvero ad esclusione di un paio di gare. Gordon sta tirando finora male da quando è rientrato nel 2020, 38.2% dal campo e 31.7% dalla distanza. Anche in catch and shoot è al momento il peggiore della lega per eFG% con un dato di poco superiore al 40%.
Un Gordon al meglio è offensivamente essenziale nella scacchiera di Houston se vuole essere competitiva. È l’unico scorer in grado di portare punti con una certa continuità dalla panchina ed, inoltre, le sue caratteristiche si sposano perfettamente sia con Harden che con Westbrook, fornendo così diverse soluzioni nei vari quintetti.
Ma Eric Gordon ha bisogno di lasciarsi alle spalle gli infortuni al più presto per tornare il giocatore visto negli scorsi playoff.
LA DIFESA
La difesa di Houston è e sarà l’incognita e l’ago della bilancia per il continuo della stagione, soprattutto nei playoff, per la squadra di D’Antoni. Iniziamo subito col dire una cosa: la variabile principale che ha caratterizzato la difesa di Houston nel filotto di vittorie e in quello delle sconfitte non è stata caratterizzata da grandi aggiustamenti tattici o dal gap fisico rispetto agli avversari, quanto da un calo nella concentrazione. Il problema principale è che Houston sembra in grado di poter affrontare chiunque quando è concentrata difensivamente: i giocatori collaborano negli switch e c’è comunicazione; al contrario possono soccombere contro chiunque non appena questa combinazione di cose viene a mancare.
Covington e Tucker sono i due protagonisti assoluti della fase difensiva dei Rockets. I cambi difensivi di Houston sono mirati a nascondere i propri difensori peggiori e far sì che le azioni avversarie diventino fondamentalmente isolamenti, ed è in quel momento che Tucker e RoCo riescono a esprimere il loro meglio difensivamente, grazie alla loro velocità di piedi e alla capacità di “assorbire” la penetrazione, come dimostrano in questa azione contro Brown:
L’impresa più ardua rimane quella della rim protection. Houston è all’ultimo posto della lega per rimbalzi concessi agli avversari e per Defensive Rebound Percentage, ma il fatto di concedere un maggior numero di rimbalzi agli avversari non sembra essere la maggior preoccupazione dei Rockets. Quando PJ e RoCo sono in campo insieme, la difesa sembra inaspettatamente funzionare, tanto che, nonostante le brutte sconfitte, Houston concede agli avversari il 61.7% al ferro, il che vuol dire meno del 2% in più di quando i Lakers giocano con McGee e Davis (59.1%); sullo stesso livello dei Sixers con Embiid in campo (61.5%); un punto percentuale in meno dei Jazz con Gobert (62.9%) e meglio anche dei Rockets con Capela (63.9%).
Il problema si presenta quando uno dei due va in panchina. La lineup a 4 guardie non può davvero funzionare e almeno 2 tra RoCo, Tucker, House, Carroll (che difensivamente ha fatto vedere qualcosa) e Green devono necessariamente giocare.
The Rockets got killed last night when Robert Covington sat, and a big part of it is playing 4 guards at the same time. 4 Guard lineups have a really hard time getting stops.
— Disney Gary Clark (@Itamar1710) March 11, 2020
Mike has to stop with this. Have 2 of RoCo, Tucker, House, Carroll, Green on the court at any moment. pic.twitter.com/jxQOH0JZCT
Tucker è l’addetto al lavoro sporco, mentre Covington grazie alla sua esplosività è un ottimo stoppatore – è a 2.5 stoppate di media da quando è a Houston (il suo 6.6 di Blk% (per Basketball Reference) sarebbe quarto nella lega alle spalle solo di Whiteside, B.Lopez e Mitchell Robinson) – ed è bravo a rubare palloni. I due, con le loro skill complementari riescono a produrre fondamentali turnover come questo:
Uno dei problemi di questa stagione è che Houston non è mai riuscita a trovare una stabilità difensiva, alternando strisce di partite dove tutto funzionava alla perfezione a periodi di blackout dove gli avversari trovavano punti con fin troppa facilità. In tutto questo, l’assenza di una seconda linea (che tipicamente è il C) a protezione del ferro si sta sentendo parecchio. E se prima abbiamo visto il best case scenario, qui vediamo cosa avviene quando vengono a mancare la giusta aggressività e comunicazione:
La difesa dei Rockets non può concedersi errori, altrimenti rischia di essere punita in maniera fin troppo semplice. Qui Zubac e Beverley piazzano un doppio screen per Kawhi. RW va subito su Leonard, Covington dovrebbe prendere Beverley e Tucker seguire Zubac, ma RoCo e PJ non comunicano e questo porta Tucker a uscire anch’esso verso la guardia dei Clips. Risultato? Zubac rolla indisturbato a canestro e schiaccia.
Anche qui sulla rimessa Green e Carroll non comunicano sul cambio, lasciando Bamba solo per una schiacciata facile facile:
Arriviamo quindi al problema più ovvio, quello legato ai rimbalzi e alla rim protection. Come già scritto, Houston è ultima per rimbalzi totali concessi agli avversari e penultima per quelli offensivi; inoltre la squadra di D’Antoni è al 25esimo posto per punti concessi nel pitturato da quando giocano small ball. Le “scarse” dimensioni del roster di Houston, inoltre, potrebbero indurre le squadre dotate di lunghi dominanti (Lakers con Davis, Utah con Gobert ma anche Denver con Jokic e non solo) ad abusare delle giocate in post up per far valere il gap fisico durante i playoff. Qui AD si sbarazza della difesa dei Rockets come se nulla fosse:
Ovviamente parte del discorso è legato all’altezza dei giocatori in campo, con Houston costretta a soffrire al ferro contro squadre più fisiche e grandi di loro (i Knicks hanno dominato a rimbalzo nella gara di inizio marzo, prendendone 65 totali contro i 34 di Houston e 20 rimbalzi offensivi a 8), ma la stazza non è l’unica spiegazione. I Rockets da quando hanno preso Covington hanno giocato 14 gare:
– 8 vs squadre con un record inferiore allo .500, dove hanno concesso il 31.3% di Off Reb agli avversari;
– 6 vs squadre con un record superiore allo .500 dove hanno concesso il 20.3% di Off Reb agli avversari
A dimostrazione di come il problema principale di Houston sia che gioca in maniera pigra contro le squadre più alla portata, mentre il meglio di sé tende a darlo contro le squadre più forti in cui è richiesto uno sforzo (e una concentrazione) maggiore. Notare l’intensità difensiva contro Gobert:
CONCLUSIONI
Il treno di Houston è partito e non può più fermarsi. D’Antoni è definitivamente andato in all-in con la trade che ha portato Covington a una Houston guidata dal devastante duo Harden & Westbrook. Una mossa che D’Antoni non era riuscito a fare coi Phoenix Suns, dove rinunciò alla sua “rivoluzione” dopo le critiche ricevute a causa del suo basket rivoluzionario.
Al momento abbiamo visto i Rockets in versione Dottor Jekyll e Mister Hyde, mostrandoci tutto il meglio e il peggio che la small ball può offrire tra problemi a rimbalzo e al ferro, cali di concentrazione, un Westbrook devastante e un Covington già difensivamente decisivo. Saranno i playoff a rivelare la vera faccia di Houston. Quando il ritmo sarà meno elevato, le difese tenderanno a concedere meno spazi e gli attacchi a sfruttare maggiormente i mismatch ,avremo la risposta sulla riuscita o meno dell’esperimento Rockets. Ma una cosa è certa: il duo Morey e D’Antoni non vuole smettere di osare.