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Elam Ending, come ti salvo l’All Star Game

Umberto Maria Porreca by Umberto Maria Porreca
8 Marzo, 2020
Reading Time: 6 mins read
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Copertina a cura di Sebastiano Barban

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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Tutti, a distanza di tre settimane, hanno negli occhi il pazzesco quarto quarto in cui Team LeBron ha avuto la meglio su Team Giannis al termine di uno degli spettacoli di basket più incredibili degli ultimi anni. Ma cosa è cambiato rispetto alle edizioni precedenti? Cosa ha spinto i giocatori a “darsele di santa ragione”? Ci arriveremo, ma prima bisogna fare un excursus narrativo. Tutti quelli che si sono innamorati dell’ultima frazione dell’All Star Game 2020 rivolgano un sincero ringraziamento a Nick Elam.

Nick Elam, originario dell’Ohio, è un professore universitario che attualmente insegna Educational Leadership alla Ball State University, in Indiana. Come da titolo, avrete intuito che l’inventore dell’Elam Ending è lui.

Nick Elam, ideatore dell’Elam Ending (foto di lancasteronline.com)

La prima applicazione di questo finale di match è stata testata in un famosissimo torneo di street basket nel 2014: il The Basketball Tournament, ideato da Jonathan Mugar. La regola originale inventata da Elam era basata su un sistema diverso da quello utilizzato nell’All Star Game ed era la seguente: dopo la prima palla uscita dal campo dopo il quarto minuto di gioco, il cronometro sparisce e viene posto un target score fissato a +8 punti sul punteggio della squadra in vantaggio. Ciò significa che in un eventuale 100-100, vincerebbe chi prima arriva a 108.

Quale è il motivo di questa struttura, a cosa mira Elam? In primis ad evitare il tedioso vizio di spedire in lunetta gli avversari con falli volontari per riconquistare il pallone sulla rimessa successiva. In secondo piano punta ad evitare fasi morte del gioco con lo sfruttamento del cronometro dei 24 secondi. In sostanza, l’obiettivo dell’Elam Ending è quello di creare un finale di partita come quello generato all’All Star Game, in cui le difese devono essere vere e al contempo gli attacchi ponderati, onde evitare sanguinose palle perse regalando nuovi possessi agli avversari.

Da segnalare, come avrete intuito, il fatto le Elam Rules presenti nel match delle stelle siano state modificate: il target score era di 24 punti e non di 8, in onore di Kobe Bryant, e non vigeva la regola della prima palla uscita dal campo dopo il quarto minuto. Sarà mai possibile applicare questo tipo di ending a tutti i match? Bisogna analizzare varie questioni per dare una risposta a questo quesito. Il primo da mettere sotto la lente di ingrandimento è quello relativo al punteggio con cui si arriva al quarto quarto: nel caso dell’Asg alla palla a due si è giunti sul 124-133, solo 9 punti di scarto, con un target di +24, quindi match chiuso sul 157.

Cosa accadrebbe in caso di arrivo ipotetico al quarto quarto su un punteggio di 80-100 con target score +24 e chiusura a 124 punti? La formazione ferma a 80 punti dovrebbe segnare, per vincere, 44 punti. Una impresa sostanzialmente impossibile, poiché il cuore dell’Elam è difendere e attaccare fortissimo, e dover segnare questa quantità (ipotetica) di punti senza far segnare gli avversari è un’impresa molto ardua. E questo già ci priva della possibilità di pensare di introdurre questo finale di match nella regular season per tentare di renderla più competitiva: ogni squadra gioca 82 partite e un quarto quarto a tutta birra quasi ogni giorno, magari in b2b, aumenterebbe il rischio di infortuni importanti in modo esponenziale privando quindi le formazioni di giocatori fondamentali.

C’è da considerare un altro aspetto fondamentale in merito al bellissimo finale di match tra Team G e Team L: la spinta emotiva dovuta alla triste dipartita di Kobe Bryant è stata decisiva nel giocare una ultima frazione dando il massimo possibile. Siamo certi che in una situazione “normale” le difese sarebbero state cosi aggressive? Probabilmente no. Ma questo si potrà sapere solo nei prossimi anni quando l’Elam sarà riproposto in sede di All Star Weekend.

Un’ulteriore analisi da fare è quella relativa al metro arbitrale utilizzato: gli arbitri si sono discostati da quanto visto fin’ora in Regular Season, lasciando correre anche contatti accentuati, in una sorta di arbitraggio all’inglese nel basket. È anche grazie a questo se c’è stato uno spettacolo incredibile.

Tuttavia, per quanto sia dimostrato che questo tipo di conclusione sia del tutto impossibile da applicare in partite vere, è anche da segnalare come sia praticamente perfetto per rivitalizzare un evento agonizzante quale era l’All Star Game, schiavo dell’assenza di difese e di competitività dovute alla natura amichevole di questo incontro e della voglia di non infortunarsi dei protagonisti. Soddisfa anche la “voglia di difesa” di chi ritiene che nella NBA moderna si difenda poco per incapacità dei giocatori. E forse è questo il più grande regalo che Nick Elam e le sue Rules hanno fatto al basket: dimostrare agli appassionati che effettivamente TUTTI sanno difendere, ma che spesso gli attacchi sono così forti e funzionali rispetto al passato che è meglio conservare energie per fare un punto in più, piuttosto che farne fare uno in meno agli avversari.

Intanto, l’Elam Ending è stato confermato anche per il prossimo All Star Game e sarà probabilmente la vera prova del nove per osservare se l’intensità ai limiti del legale di quest’anno sia stata un caso, dovuto a tante circostanze diverse, oppure una piacevole novità che riaccenderà la competitività del weekend delle stelle. Resta quindi da ribadire come il modo per salvare la Regular Season dall’eccessivo numero di partite “insensate” sia una riduzione del numero totale a favore di una maggiore importanza per singolo match.

Sorgono qui altri problemi importanti: una riduzione delle partite porterebbe a una riduzione degli introiti TV, e la NBA è in primis un business. Qualcuno sarà disposto a rinunciare a soldi a favore di una maggiore serietà della stagione regolare? Permangono dubbi in merito. Le reazioni all’inserimento della sudden death dopo un tot di punti ha ricevuto comunque reazione del tutto entusiasmate praticamente all’unanimità da parte dei giocatori, che hanno lodato la difesa accanita e il formato nuovo. Di seguito un paio di tweet di giocatori in merito alla questione:

Twitter

E voi, cosa ne pensate dell’Elam Ending? La ritenete una soluzione applicabile anche in match ufficiali? Come la migliorereste, se trovate qualcosa da migliorare, considerando il fatto che si tratta di una struttura “semovente” e i cui paletti possono essere mossi in modo molto flessibile (target 8, target 24, prima palla uscita dopo il 4 minuto o inizio diretto nel quarto quarto e quant’altro)?

Per quanto riguarda l’opinione di chi scrive, come già detto nel pezzo, la ritiene una soluzione simpatica e molto divertente per partite di esibizione. Sostanzialmente è il motivo per cui il già citato The Basketball Tournament ha un successo così grande e un montepremi di ben 2 milioni di dollari, tanto da essere trasmesso anche da ESPN.

L’unico punto di critica era relativo alla chiusura di match su un tiro libero, come quello realizzato da Davis. Se spettacolo deve essere, se 100% messo in campo deve essere, che siano allora eliminati i tiri liberi e ogni fallo porti a una rimessa invece che allo spedire in lunetta. Qualche giorno fa nel The Basketball Tournament è stata introdotta una novità: se una squadra commette fallo con gli avversari in bonus, sarà concesso un tiro libero+possesso e non due tiri liberi. L’obiettivo di questo cambiamento è di evitare vittorie ai tiri liberi, facendole quindi giungere su azione.

Potrebbe essere la ciliegina sulla torta a una struttura che ha letteralmente riportato in vita l’interesse verso il weekend delle stelle, e proiettarlo verso un futuro roseo e in cui non venga considerato “una pagliacciata” ma uno spettacolo unico e meraviglioso che si vede una sola volta l’anno, in barba a chi lo ritiene poco divertente e anche inutile.

Tags: All Star WeekendElam Ending
Umberto Maria Porreca

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