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All-Star Game 2020: i voti della Redazione

Lorenzo Olivieri by Lorenzo Olivieri
29 Gennaio, 2020
Reading Time: 21 mins read
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Ogni appassionato del mondo NBA attende trepidante la metà di febbraio quasi quanto le coppie di innamorati attendono San Valentino: c’è chi non vede l’ora di celebrare l’evento, c’è chi lo snobba con fare superiore. Infatti, a febbraio si terrà l’All-Star Game 2020, quest’anno di casa a Chicago, in cui vedremo sullo stesso parquet il meglio del meglio del talento puro che la NBA può offrire. Nonostante le reticenze dei “puristi del gioco” e un livello di qualità dello spettacolo che si è abbassato negli ultimi anni – tanto da costringere la NBA a cambiare format per tentare di ravvivare l’entusiasmo – l’All-Star Game resta un appuntamento a cui tutti gli appassionati del basket americano guardano almeno con curiosità. Noi di The Shot non potevamo esimerci dall’esprimere le nostre preferenze su chi vorremmo vedere in campo durante la partita delle stelle.

I titolari e i capitani delle due formazioni che si affronteranno durante l’All-Star Game sono stati annunciati ufficialmente giovedì scorso.

Titolari Eastern Conference

Giannis Antetokounmpo (C) (Milwaukee Bucks), F
Pascal Siakam (Toronto Raptors), F
Trae Young (Atlanta Hawks), G
Kemba Walker (Boston Celtics), G
Joel Embiid (Philadelphia 76ers), F

Titolari Western Conference

LeBron James (C) (Los Angeles Lakers)
James Harden (Houston Rockets)
Luka Dončić (Dallas Mavericks)
Anthony Davis (Los Angeles Lakers)
Kawhi Leonard (Los Angeles Clippers)

Nonostante le polemiche per l’assenza di Jimmy Butler, i quintetti -specie quello ad Ovest- possono ritenersi soddisfacenti dal punto di vista del merito.

Bello vedere sia Luka Dončić sia Trae Young tra i convocati: i due sophomore giocheranno il loro primo All-Star Game e partiranno direttamente tra i primi cinque delle rispettive squadre. È raro vedere due giocatori così giovani alla loro prima apparizione finire direttamente in quintetto, e questo dovrebbe rendere chiara l’idea di che razza di talenti rari siano.

Ufficializzati i titolari, a noi non rimane che pronunciarci sulle riserve, che verranno annunciate il prossimo 30 gennaio. Questa è la lista degli ultimi sette giocatori per Conference venuta fuori dalle nostre votazioni, che analizzeremo di seguito.

Riserve Eastern Conference

Jimmy Butler (Miami Heat)
Domantas Sabonis (Indiana Pacers)
Ben Simmons (Philadelphia 76ers)
Bradley Beal (Washington Wizards)
Khris Middleton (Milwaukee Bucks)
Bam Adebayo (Miami Heat)
Kyle Lowry (Toronto Raptors)

Riserve West All Star

Nikola Jokić (Denver Nuggets)
Damian Lillard (Portland Trail Blazers)
Devin Booker (Phoenix Suns)
Brandon Ingram (New Orleans Pelicans)
Donovan Mitchell (Utah Jazz)
Rudy Gobert (Utah Jazz)
Chris Paul (Oklahoma City Thunder)

Lorenzo Olivieri: Partiamo dalle cose semplici: gli unanimi. Jimmy Butler, Domantas Sabonis, Ben Simmons e Bradley Beal a est; Nikola Jokic, Damian Lillard e Devin Booker a ovest. Alcuni di loro sono ovvi: nessuno si sarebbe sorpreso più di tanto nel vedere Jimmy Butler in quintetto a est, per esempio, così come il Joker e Dame sono nomi ormai abbastanza scontati per la partita delle stelle — seppure il serbo sia solo alla sua seconda convocazione.

Andrea Bandiziol: È veramente uno scandalo che un giocatore come Butler non sia titolare all’All-Star Game in una Eastern Conference così povera di stelle. Ritengo che Butler sarebbe dovuto partire titolare davanti a Trae, Kemba e Siakam. A mio avviso Butler è il secondo o terzo giocatore che avrei portato a est, credo che sia veramente una sorta di ripicca per l’anno in cui decise di non scendere in campo all’ASG, perché altrimenti meriterebbe chiaramente il posto. Avrebbe comunque meritato di finire titolare sia nel frontcourt sia nel backcourt.

Daniele Astarita: Su Butler poco da dire, avrebbe meritato il quintetto anche se il mio amico Edoardo Conti ne rimprovera la poca efficienza in clutch time (alla fine era stato preso per quello).

Andrea Poggi: Butler anche secondo me meritava il quintetto titolare dato che sta registrando probabilmente la miglior stagione a livello personale: 20.2 punti, 6.9 rimbalzi e 6.4 assist (career high). È attualmente il miglior giocatore dei Miami Heat, squadra divertente da vedere e attualmente terza a est con 32 vittorie su 47 gare giocate. Anche le sue statistiche avanzate confermano quanto ho appena detto: il Net Rating quando Jimmy è in campo è di +5.77, mentre quando è fuori cala a -2.57 (dati luck adjusted di Basketball Index).

DA: Jokić invece ormai lo conosciamo: lo avevamo criticato ad inizio anno ma sappiamo essere un diesel. Continuerà in crescendo.

LO: Nikola Jokić è in regressione praticamente in ogni voce statistica rispetto all’anno scorso, ma il suo talento è talmente cristallino che è impossibile immaginarlo fuori dall’All-Star Game, e pare che su questo siamo tutti d’accordo.

AP: Come hanno già detto gli altri, Jokić carbura piano piano. Onestamente era impossibile immaginarlo fuori dall’All-Star Game, il suo talento e la sua bravura sono sotto gli occhi di tutti.

LO: Fra gli unanimi però ci sono anche alcune new entry, come per esempio Devin Booker e Domantas Sabonis. Devin dimostra da anni di avere il talento necessario per partecipare alla partita delle stelle, eppure non ha mai ricevuto riconoscimenti importanti nei suoi primi quattro anni di carriera — se si esclude il primo quintetto All-Rookie. Grazie a Monty Williams e a una nuova filosofia di gioco che lo vede più lontano dalla palla, sta toccando vette di efficienza del tutto nuove per lui. Al momento è al massimo in carriera per punti segnati a partita (27.1), per eFG% (56.4%), per Box Plus-Minus e Win Shares. Devin Booker rimane una delle migliori guardie della lega e merita di diritto, da quest’anno, di entrare nel mondo dei grandi.

DA: Per Booker lascio spazio a Bandi, nessuno meglio di lui può descriverci la sua stagione magistrale.

AB: Lorenzo mi ha parzialmente anticipato. Booker sta indubbiamente facendo registrare la sua miglior stagione in carriera, sta girando a 27 punti di media con più del 63% di TS%. Ci sono solo sei giocatori che sono riusciti a fare questa cosa, e sono LeBron, Giannis, Dantley, Barkley, Curry e Durant. La cosa interessante è che se si vanno a mettere insieme i numeri di punti, di assist e di efficienza, abbiamo solo un giocatore che è riuscito a fare questa cosa qui, che è Stephen Curry nel 2015/16. Curry aveva 28 anni ed è stato MVP unanime in quella stagione, Booker ne ha 23 e direi che la sua difesa è quantomeno paragonabile alla difesa di quel Curry. Non mi si venga a dire che uno giocava un basket vincente e l’altro no: una non convocazione netta di Booker a questo All-Star Game sarebbe onestamente una presa per i fondelli. Booker è probabilmente una delle tre migliori guardie a ovest e merita di essere incluso.

AP: Su Booker mi limito a dire che se non venisse chiamato sarebbe un vero scandalo. Si è trasformato in un finalizzatore al ferro incredibile e rimane una costante minaccia da 3. Merita di presenziare alla partita delle stelle.

DA: Per quanto riguarda Sabonis, non mi aspettavo l’unanimità ma merita assolutamente di stare all’All Star Game: ha fugato ogni dubbio sulla convivenza con Turner giocando in maniera sopraffina. Non nascondo che non mi sarebbe dispiaciuto vedere anche Brogdon, vista la concorrenza non proibitiva a est nel backcourt. Alla fine è giusto che non ci vada, ha fatto vedere troppo poco rispetto agli altri (nonostante sia migliorato in maniera esponenziale)

AP: Domantas è una sorpresa effettivamente, nemmeno io mi aspettavo l’unanimità. Il figlio di Arvydas sta disputando una stagione ben al di sopra delle aspettative. Tutti gli anni il giovane Sabonis ha migliorato ogni aspetto del suo gioco (occhio anche alla candidatura come MIP): punti, rimbalzi, presenza difensiva e passaggio. Soprattutto nel fondamentale del passaggio è migliorato esponenzialmente, tanto da essere il terzo miglior assistman tra i centri con ben 4.4 assist di media.

LO: Anche Sabonis si trova nel bel mezzo di un career year. È passato dai 14 punti a partita della passata stagione a quasi 18, aumentando contemporaneamente anche i rimbalzi da 9.3 a 12.8 e gli assist da 2.9 a 4.4. È diventato il volto degli Indiana Pacers, ancora aggrappati al quinto posto nella Eastern Conference e sta spodestando il più quotato compagno di ruolo Myles Turner. Domantas non ha il talento cristallino del padre e non è il tipo di giocatore adatto ad un ambiente come l’All-Star Game, ma per quello che sta facendo vedere in campo merita di andarci di diritto. Al momento è uno dei migliori lunghi a est senza molti dubbi.

AB: Concordo con voi, Domas sta veramente dimostrando di poter essere il fulcro di un attacco e di una squadra capace di arrivare a 55 vittorie. Il suo basket si potrebbe definire poco moderno, fatto di spallate e vicinanza a canestro, però anche di grande visione di gioco. Sabonis merita assolutamente la convocazione all’All-Star Game: di lui si diceva che fosse un difensore molle, invece i numeri in difesa sono ottimi, in più i numeri in attacco sono migliorati ulteriormente.

LO: Passiamo ai nomi votati con la maggioranza. A est abbiamo Khris Middleton, Bam Adebayo e Kyle Lowry, mentre a ovest ci sono Rudy Gobert, Brandon Ingram e Donovan Mitchell. Diciamo che questa è la categoria in cui mi sento meno rappresentato, avendo votato solo due dei sei giocatori presenti, cioè Kyle Lowry e Donovan Mitchell.

AB: Io mi sento particolarmente rappresentato dato che alla fine li ho votati tutti e sei, quindi sono contento così. Io adoro Lowry e sta facendo una grandissima stagione, però ha saltato parecchie partite ed è la seconda stella di una squadra che è quinta, anche se sta sorprendendo. Lowry è così avanti rispetto agli altri candidati che si è quasi costretti a metterlo, però ci sta anche che qualcuno non lo consideri. Per me è dentro, anche se è calato difensivamente si è preso tutto il carico offensivo di Toronto insieme a Siakam.

LO: Kyle sembra essere maturato definitivamente nella corsa al titolo l’anno scorso, ed è sempre più leader di una squadra che era partita senza troppe pretese ma che sta dimostrando di poter competere ad alto livello nella Eastern Conference. È stato convocato all’All-Star Game nelle passate cinque stagioni ed è giusto venga confermato anche quest’anno. È più basso di me ma ha carattere da vendere ed è anche tornato a metterne 20 a sera – per quanto i punti siano davvero l’ultima cosa per cui giudicare Lowry. Cosa volete di più? Riguardo Mitchell, sembra finalmente essere uscito dalle paludi in cui era finito la passata stagione. È al massimo in carriera per punti ed eFG%, abbracciando a piene mani il ruolo di primo violino in una delle migliori squadre a ovest, e facendolo con un livello di efficienza degno di una star NBA. Anche lui è pronto, nonostante sia solo al terzo anno, al suo primo All-Star Game.

AP: La non convocazione di Mitchell gli altri anni non era un grosso scandalo, mentre quest’anno potrebbe esserlo. È prima scelta offensiva di Utah e insieme a Gobert è il fautore di una run importantissima tra dicembre e gennaio, quando su 20 partite ne hanno vinte 18.

AB: Mitchell ha migliorato l’efficienza e la forma di tiro, sembra tornato migliorato dall’estate con Team USA. Non ha avuto la trasformazione alla Dwyane Wade che tutti si aspettavano, però sarebbe meglio ricordarsi cosa si evoca prima di evocarla… Però certamente se una squadra è seconda in questo ovest, avendo affrontato la parte più difficile del proprio calendario, merita due All-Star. Io non sono per niente convinto che Mitchell sia tra i 12 migliori giocatori a ovest, però non è nemmeno così distante da quelli che ho lasciato fuori, perciò credo sia giusto dare il secondo spot a Utah come premio: ecco il perché del mio voto a Donovan Mitchell.

DA: Mitchell ora come ora lo merita senza dubbio, però in sede di votazione ho voluto premiare l’ultimo mese incredibile di Russell Westbrook.

LO: Spendo poi due parole anche sui giocatori che non ho votato, iniziando proprio dal compagno di squadra di Mitchell, Gobert. Non che ci sia un buon motivo per escluderlo dall’All-Star Weekend, ma gli avevo preferito Karl-Anthony Towns, che statisticamente è alla miglior stagione della sua carriera, al netto delle tante partite saltate. Aggiungeteci che Gobert non mi ha mai smosso niente emotivamente come giocatore, ed ecco spiegato il mio non voto.

AP: Anche Gobert non è mai stato convocato all’All Star Game ma quest’anno le cose, si spera, dovrebbero cambiare. Attualmente è il miglior rim protector della lega, un fortissimo candidato al premio di difensore dell’anno, non tanto per le statistiche ma per come impatta e condiziona gli attacchi avversari. È la colonna portante su cui si fondano i Jazz in difesa.

AB: Sostanzialmente Gobert è il giocatore più forte della squadra che attualmente è seconda a ovest. Lo so, Mitchell in attacco è meglio, avete ragione, però la ragione per cui Utah è seconda è proprio Gobert. Quella dei Jazz è una one-man defense, lui è tuttora il miglior difensore della lega, è un ottimo rollante e si fa sentire anche in attacco. Un giocatore così non può rimanere fuori dall’ASG, ho capito che è una partita in cui si attacca e basta, è vero, però stiamo parlando del miglior giocatore della seconda squadra a ovest. Ritengo che sia veramente una blasfemia che Gobert non sia ancora stato chiamato.

LO: Un discorso simile a quello che facevo prima è applicabile a Khris Middleton e Brandon Ingram. Mai piaciuti particolarmente come giocatori – sono sempre convinto che i Bucks avrebbero dovuto pagare Brogdon invece che Middleton – e ritengo il loro impatto ancora troppo limitato per far parte della selezione all’All-Star Game, anche se la guardia dei Bucks era già stato convocato l’anno scorso e Ingram ne mette 25 a sera.

AB: Per quanto riguarda Ingram ho poco da dire, sono in disaccordo: sta girando quasi al 60% di TS% con un volume pazzesco. Ho pochi dubbi sul fatto che lo si debba chiamare, non ha mancato una partita e questo gli ha dato vantaggio rispetto a Towns e George. La differenza statistica tra Towns e Ingram è praticamente nulla: segnano uguale (KAT con più efficienza ma dipende dal ruolo), Ingram la passa meglio, Towns prende più rimbalzi (che però io come sapete non considero più una metrica, soprattutto per i lunghi), in termini difensivi forse Ingram ha fatto meglio, le squadre in classifica sono lì… A questo punto prendo Ingram.

AP: Ingram era chiamato a fare il salto di qualità e lo ha fatto. In questi mesi di NBA si è dimostrato il leader tecnico dei Pelicans con medie proprio da All-Star (25+6.5+4). Brandon è tra i giocatori più migliorati – attualmente è il principale pretendente al MIP -, in un’estate è riuscito a correggere la forma di tiro e ora le sue percentuali sono in ascesa (tira con il 39% da tre su 6 tentativi), ma non solo. Ha fatto un passo avanti anche per letture sia in attacco sia in difesa, e nelle ultime 15 i Pelicans hanno accelerato cogliendo 10 vittorie su 15 partite. È arrivato anche il career high dello slenderman, 49 punti contro Utah ed un “quasi” tiro decisivo.

AB: Per quanto riguarda Middleton invece, il mio ragionamento è molto semplice: se una squadra è in ritmo per fare 70 vittorie in una stagione, deve avere almeno due All-Star. I numeri di Middleton possono non sembrare scintillanti, ma sono dovuti al minutaggio: se Milwaukee non ha bisogno che lui giochi più di 26 minuti perché la squadra è così forte che in 26 minuti di lui in campo riescono a ottenere un vantaggio sufficiente per chiudere la partita, non è colpa sua. Middleton secondo tutti i mezzi statistici sta avendo la miglior stagione in carriera per cifre ed efficienza. Se l’ha fatto l’anno scorso non vedo perché non dovrebbe farlo quest’anno, dato che il talent pool a est è diminuito e oltretutto la squadra gira meglio. Middleton deve fare l’All-Star Game.

DA: Middleton mi sta piacendo veramente tanto. Sta sfiorando 50/40/90 senza che nessuno ne parli, facendo sempre la giocata giusta e difendendo bene. Del resto, chi difende male ai Bucks?

AP: Questo All-Star Game sa tanto di ricambio generazionale, con nuovi volti come Mitchell, Sabonis e Ingram. Come posso quindi escludere uno dei migliori under 25? Bam Adebayo è tra i migliori centri in circolazione, anche qui la crescita è stata graduale di anno in anno per poi esplodere in questa stagione. Attualmente è il secondo giocatore di una seria squadra da playoff (non ancora una contender, ma può dare molto fastidio), è tra i migliori lunghi passatori e in difesa può sia proteggere il ferro sia difendere i piccoli in situazioni di switch. Insomma, Bam è un centro all-around di 22 anni che merita di essere convocato.

AB: Anche per quanto riguarda Adebayo, il processo di selezione è stato molto semplice: in tutte le statistiche d’impatto, come per esempio il PIPM, sta chiaramente facendo registrare una stagione da top 6-7 a est. La dico? Non mi sarei scandalizzato se l’avessero fatto partire titolare. Stiamo parlando di una squadra in cui lo starting five è composto da Butler, Adebayo, due undrafted firmati all’ultimo giorno prima della chiusura come Nunn e Robinson e di Meyers Leonard, uno arrivato come salary filler nello scambio per Whiteside. È palese che ci siano meriti di Spoelstra, però è altrettanto palese che i meriti di Butler e Adebayo siano incredibili. Bam per me è uno dei due candidati al MIP, potete guardare qualsiasi statistica e vedrete che è migliorato tantissimo e sta lottando con Butler per il titolo di miglior giocatore della squadra rivelazione dell’anno. Miami sta combattendo per il vantaggio del fattore campo: chi mai li avrebbe visti come una squadra da 50+ vittorie? Io pensavo potessero fare 40+ vittorie solo perché c’era Butler, e adesso siamo davanti a una mina vagante. I 76ers per esempio non vogliono incontrare Miami ai playoff, è palese, è un matchup pessimo per loro; ci fosse una serie tra queste due squadre, benché il talento sia tutto dalla parte di Phila, Miami al momento potrebbe addirittura partire favorita. Insomma, questo dovrebbe dirla lunga sui miglioramenti di Adebayo, e non ho dubbi sulla necessità di inserirlo tra le riserve all’All-Star Game.

LO: Anche qui vado controcorrente: Bam Adebayo mi piace molto, ma mi sembra semplicemente troppo presto per lui, nonostante stia disputando anche lui un career year agli Heat. Se migliora ancora, però, l’anno prossimo sarà il suo anno.

AB: Credo che meritino una menzione d’onore anche Beal e Simmons. Beal sta (tanto per cambiare) mettendo su delle cifre offensive incredibili, e credo che ormai sia diventato una versione leggermente più anziana di Devin Booker: anche se non a quei livelli di efficienza, è comunque uno scorer molto efficace se messo nel giusto contesto e ha capacità di playmaking secondario non trascurabili. Sta vincendo da solo un sacco di partite a Washington, che è nettamente la squadra più disastrata della lega a livello di roster ma che nonostante ciò fa vedere qualcosa di divertente ogni sera: gli Wizards sono una delle squadre più divertenti da vedere sul League Pass, e una delle ragioni per questo è anche Bradley Beal. Sappiamo del suo malcontento recente, evidentemente gli avevano promesso qualcosa in più rispetto a quanto si vede, anche se si sapeva benissimo a cosa stesse andando incontro. I suoi numeri difensivi non sono lusinghieri, è vero, però c’è anche da dire che Beal è anche quello che sta tutte le sere marcando il #1 avversario. Poco da dire, Bradley secondo me merita questa convocazione perché non si possono imputare a lui le colpe del record degli Wizards.

AP: Parliamo per un momento di Simmons. Il principe di Philly è una scelta obbligata, stava già facendo una stagione più che buona ma da quando Embiid si è rotto ha alzato notevolmente il livello: in 9 partite ha registrato 21 punti, 9 rimbalzi e quasi 8 assist di media contribuendo a 6 vittorie. Si conferma anche come un difensore di buon livello sulle ali avversarie con 2.9 stocks (grazie a The ANDOne Podcast per questa crasi) di media, inoltre le sue schiacciate e i suoi passaggi sono oro per lo spettacolo che la partita vorrà offrire.

AB: Ecco, Simmons è un caso molto particolare secondo me, perché in un contesto di basket come quello di Philadelphia (quando il roster è al completo) senza dubbio l’apporto principale che può dare è quello in fase difensiva. Credo che si possa dire che Simmons è uno da 1st Team All-Defense: può cambiare 1-5, ha fisico, ha istinti, ha mani veloci, scivola benissimo… È abbastanza assurdo il fatto che queste sue capacità difensive offuschino una parte del gioco di Simmons che è notevole, cioè l’attacco in transizione: ormai lo diamo per scontato, ma è uno dei due-tre migliori attaccanti in transizione della lega. Lo schema di Phila ormai è chiaro, prova ad attaccare in transizione e se la difesa avversaria riesce a far “resettare” il gioco, a quel punto lì usa Simmons come 5. Questa è stata una bellissima scoperta, la riprova di quanto si diceva da anni, ossia che Ben ha tutto per essere la versione potenziata di Draymond Green. In questo periodo con Embiid fuori la squadra gira benissimo, Simmons è il playmaker de facto quando si gioca in transizione altrimenti a metà campo è un 5; il pick and roll Neto-Simmons o Richardson-Simmons ha girato benissimo, e Ben da rollante sta diventando una sicurezza. La squadra è diventata la sua, l’ha presa in mano e ha dimostrato che se avessimo una squadra anche solo di un playmaker, Simmons e tre tiratori, probabilmente avremmo già un signor attacco. A questo punto qui il problema non è Simmons di per sé, è la compatibilità tra Simmons ed Embiid, ma questa è una questione di front office di Philadelphia e di questioni loro, non è un punto da usare contro il talento dell’australiano e contro la sua convocazione all’All-Star Game.

LO: A est a quanto pare le cose sono state più semplici, tutti i giocatori nella lista finale sono stati votati all’unanimità o in maggioranza. A ovest invece sono finiti tre giocatori in ballottaggio per l’ultimo posto disponibile: Chris Paul, Karl-Anthony Towns e Russell Westbrook.

DA: Secondo me la convocazione di Chris Paul è imprescindibile. Tutti pensavano che i Thunder non avrebbero raggiunto particolari risultati, invece CP3 sta portando una squadra ai playoff da leader conclamato

AB: Secondo me la questione è abbastanza semplice. I Thunder stanno facendo una stagione eccelsa, sono attaccati a Houston in classifica e la ragione per questo è Chris Paul. Con l’età che ha, con il fisico che ha, Chris Paul prende in mano una squadra di basket qualsiasi e la fa diventare una squadra da 50 vittorie. È vero, c’è del talento attorno, ma non così tanto da fare 50+ vittorie, però Paul sano sta facendo fare quel salto lì a questa squadra. Per me è anche una questione di karma, lui voleva una contender ed è stato mandato via da Houston, dove adesso lo rimpiangono visti gli scarsi risultati della coppia Harden-Westbrook (anzi, più che una coppia sono due singoli, due rette parallele).

LO: La mia preferenza era per Towns, che sta disputando, numeri alla mano, la miglior stagione della sua carriera. È finalmente il leader tecnico ed emotivo indiscusso dei suoi Timberwolves, nonché il miglior stretch 5 della lega, ma alla fine è stato penalizzato nelle votazioni di redazione dalle poche partite giocate. Le lunghe e continue permanenze ai box lo hanno fatto arrivare subito alle spalle di Chris Paul, ma i suoi numeri saranno davvero difficili da ignorare quando ci saranno le votazioni finali.  Chris Paul, d’altro canto, per nome e prestigio era decisamente meritevole di vincere il ballottaggio. L’ultima convocazione all’ASG risale addirittura al 2016, anno in cui chiuse una serie di ben 9 partecipazioni consecutive alla partita delle stelle. Paul è al minimo in carriera per assist a partita, lui che è uno dei migliori assistman ogni epoca, pur avendo uno Usage Rate in linea con quello delle ultime tre stagioni. Resta però il cervello di una squadra, i Thunder, che stanno sorprendendo tutti per solidità e qualità del gioco – anche grazie ad un sempre troppo poco apprezzato Danilo Gallinari.

AB: Sia ben chiaro che per me CP3 è venuto prima di Ingram, prima di Mitchell, non ho avuto mezzo dubbio. Il concetto è che prendo i giocatori che stanno facendo una stagione incredibile (come Booker) o molto vincente (Paul), poi metto dentro i “good stuff, bad team” (Ingram o Towns) e poi alla fine ho preso Mitchell, perché in questo momento Utah merita due All-Star molto di più rispetto ai Rockets e ai Clippers. Se Towns le avesse giocate tutte adesso Minnesota avrebbe due/tre vittorie in più e con quelle cifre lì non potevi ignorarlo, lo dovevi lasciare dentro per Ingram (tanto per dirne uno).

DA: Mi accodo a quanto avete già detto: Towns meriterebbe ma ha saltato veramente troppe partite. Sta facendo vedere cose senza precedenti per un giocatore della sua stazza, senza dubbi è già il miglior lungo tiratore della storia NBA e continua a migliorare offensivamente. Purtroppo l’infortunio e il contesto di squadra non lo premiano, però avrà altre occasioni per rifarsi: non dimentichiamoci che è già stato un All-Star per due volte.

LO: Per ultimo parliamo degli esclusi, fra i quali sono presenti nomi davvero illustri. Il primo è appunto Russell Westbrook, che al turno di ballottaggio non è stato neanche considerato. Onestamente, il mio voto l’aveva preso fin dall’inizio nonostante non straveda per lui come giocatore, perché è difficile non convocare uno che fa 26-7-8 a partita. Probabilmente sta venendo fin troppo oscurato dal compagno con la barba, protagonista dell’ennesima stagione offensiva fuori di testa.

AB: Onestamente le raw stats di Russ mi dicono poco, secondo le advanced è chiaro che stia facendo una stagione normale, nettamente la peggiore in carriera (anche perché non deve più portare il peso di un intero attacco sulle spalle).

DA: Io ho votato Westbrook principalmente per l’ultimo mese da capogiro che ha avuto. Con Houston in difficoltà, Harden e D’Antoni in primis, si è caricato la squadra sulle spalle proprio come un tempo. L’ho detto prima e lo ripeto anche ora: Mitchell merita sicuramente uno spot, però personalmente avrei preferito vedere Russell Westbrook all’All-Star Game.

LO: L’altro escluso di lusso dalle nostre votazioni è stato Paul George, e anche qui posso fieramente affermare di essere stato l’unico a votarlo. Anche PG13 sta probabilmente soffrendo più del dovuto – a livello mediatico – l’ingombrante ombra del campione NBA in carica Kawhi Leonard. Certo, paga anche una stagione iniziata in ritardo a causa dell’operazione alla spalla, ma i suoi numeri sono in linea con quelli delle sue stagioni migliori, fatta esclusione per la scorsa, dove ha giocato su tutto un altro livello.

DA: Il discorso per George è simile a quello per Towns, la colpa per l’esclusione è da imputare alle poche partite giocate a causa dell’infortunio. Al netto delle partite saltate, non sta giocando come l’anno scorso.

LO: Altri nomi comparsi e scartati sono stati quelli di Jayson Tatum e Andre Drummond. Per il primo penso semplicemente sia troppo presto, seppure il talento e il potenziale ci siano tutti. Sta appena iniziando a comprendere davvero il gioco, e il far parte di un sistema – finalmente – funzionante come quello dei Celtics non potrà far altro che aiutarlo in questa sua crescita. I prossimi All Star Game, ne sono certo, saranno anche i suoi.

AB: Concordo molto su Tatum e Drummond, ci sta citarli. Per Tatum è, come avete detto, semplicemente troppo presto, anche se non ritengo scandaloso averlo votato. Per dirne una, credo che potesse non essere uno scandalo chiamarlo al posto di Lowry: sta facendo una stagione difensiva incredibile e in attacco non male, ci sta chiamare un secondo Celtic ed è più giusto che sia Tatum rispetto a Brown. Su Tatum vedo sempre il suo “marchio”, mentre su Jaylen vedo sempre il marchio Stevens, sembra fare quelle cose solamente perché è inserito in quel contesto. Se volete chiamare Tatum al posto di Lowry io non ho problemi, potete farlo.

DA: Mi hai anticipato Andre, è esattamente ciò che ho fatto io. Mettere Tatum mi ha di fatto costretto a togliere Lowry nelle wild card che, seppur stia giocando bene, lo vedo un passo indietro rispetto al #0 dei Celtics. Per me Boston merita due All-Star, e a Brown preferisco Tatum: tralasciando le raw stats non troppo esaltanti, sta giocando molto bene in difesa e sta dimostrando di poter prendere in mano la squadra quando conta.

LO: Andre Drummond è stato l’ennesimo giocatore votato esclusivamente da me. Anche lui rientra nella categoria “non mi fa impazzire, ma con quei numeri lì è difficile dirgli di no”. È il leader della lega indiscusso in qualsiasi statistica riguardante i rimbalzi possiate trovare – anche secondo il Rebounding Impact Over Average di recente creato proprio sulle pagine di The Shot – e quest’anno si sta dilettando anche negli assist. Non è una stella, non è un trascinatore, ma resta uno dei migliori rimbalzisti all-time.

AB: Drummond è un grandissimo rimbalzista, ma finisce lì. Drummond è semplicemente non fatto per il basket di oggi: è uno dei 5 più pagati della lega in una lega dove i 5 non dovrebbero essere i più pagati. Come ho già detto, l’unica cosa che mi è piaciuta della stagione di Andre Drummond è che si sia depilato le spalle.

LO: In realtà ci sarebbe un altro nome comparso nelle nostre liste personali e poi scomparso in quella finale, ed è quello di Derrick Rose, anche lui votato esclusivamente da me – avrete capito a questo punto che sono l’hipster del gruppo (scherzo, dio me ne scampi). Rose sta giocando la sua miglior stagione da quel maledetto 2011-12 che segnò l’inizio del calvario degli infortuni per uno dei più grandi what if della storia. Il 2012 è stato anche l’ultimo anno in cui ha partecipato all’All-Star Game. In questa stagione è stato a lungo, di fatto, il miglior giocatore dei Detroit Pistons e io credo che potrebbe essere l’anno giusto per convocarlo usando una delle famose wild card, regalandogli un All-Star Game alla carriera.

AB: Non volevo dirlo prima, lo dico adesso: Drummond non è neanche il giocatore di Detroit che porterei più volentieri. Non penso che Detroit meriti un giocatore all’ASG, ma forse avrei portato più volentieri Rose. Il problema è che questo la dice lunga, dato che non mi è passato neanche per l’anticamera del cervello di votarlo. Mi dispiace Lorenzo, sei da solo anche in questa battaglia.

Tags: all-star-game
Lorenzo Olivieri

Lorenzo Olivieri

Nato a Brindisi, ci ha messo appena sette anni a capire che il basket fosse lo sport più bello del mondo. Lo ha praticato per circa i vent’anni successivi, arrivando a buon livello, e lo ha guardato dal divano fino al più alto livello possibile. Il suo primo amore in NBA è Tracy McGrady, e sta ancora aspettando di trovare il secondo. Oltre al basket, ama la cultura nerd ed è un gamer incallito.

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