Dopo una lunga attesa, finalmente è arrivato il fatidico accordo sul contratto collettivo in WNBA. L’intesa è stata a lungo cercata e la battaglia portata avanti dalla WNBPA, il contraltare della NBPA maschile, ha visto la commissioner Cathy Elgelbert in prima linea. Le sue parole in merito alla questione, una volta raggiunto il concordato, sono state le seguenti:
«Sono orgogliosa di quanto fatto dalle giocatrici, hanno combattuto in maniera molto dura per difendere i loro diritti, in maniera compatta hanno posto l’attenzione su tante questioni che nessuno aveva mai avuto il coraggio di sollevare. Scommettiamo su questa lega, è una grande scommessa su queste ragazze e vogliamo essere apripista nello sport professionistico per le donne».
I punti chiave dell’accordo
Prima di contestualizzare l’importanza di questo accordo –una vera e propria rivoluzione per il basket femminile statunitense- cerchiamo di capire nel dettaglio quali siano i punti di svolta del nuovo CBA.
Per prima cosa, bisogna sottolineare la durata dell’accordo: ben otto anni, con la possibilità per entrambe le parti di uscire dal contratto durante il sesto anno e di rinegoziare. Ovviamente, è il contratto collettivo più lungo nella storia della WNBA, ed è uno dei motivi principali per cui l’accordo è stato trovato cosi tanto tempo dopo l’inizio delle trattative: il precedente è scaduto infatti a dicembre 2018. La WNBPA ha voluto un contratto così lungo per tutelarsi nel futuro a medio termine: non è neanche detto che poi sia stata fatta la scelta più giusta, tenendo in considerazione la crescita del basket femminile (l’ultimo CBA firmato in NBA, invece, è della durata di sette anni, non troppo distante dall’accordo firmato in WNBA).
Il salario medio per tutte le giocatrici sarà superiore ai 100.000 dollari: in assoluto il contratto collettivo che garantisce i salari più alti per le atlete in una lega professionistica femminile.

Inoltre, il salario per le top players sale da 117.000 dollari a stagione a 215.000 per i veterani:

Una delle questioni più spinose in assoluto dell’accordo, però, riguarda l’assistenza durante la maternità: infatti, con la nuova intesa, le giocatrici in gravidanza riceveranno il loro salario totale. Cosa che non accadeva col precedente accordo, in cui veniva garantita solo una parte dello stipendio. Una svolta assolutamente fondamentale, che per altro permette alle atlete di avere la possibilità di continuare la carriera pur diventando madri e la possibilità di avere svariati bonus per agevolare la crescita del nascituro. Sono presenti, in seguito, anche sostanziosi bonus per le giocatrici con una certa anzianità nella lega che decideranno di avere un figlio, o di adottarlo.
Altro punto importante è la totale assistenza per le giocatrici, che sia essa medica, psicologica o nutrizionale sia dentro che fuori dal campo. Enorme attenzione è poi posta alle donne che subiscono violenza domestica, che verranno assistite dalla lega.
La qualità dei trasporti delle atlete sarà molto migliorata e ogni giocatrice in trasferta avrà una stanza singola a propria disposizione. Sembra uno scherzo, ma precedentemente le giocatrici erano costrette a condividere anche le stanze non avendo la possibilità di averne una a testa. Per quanto riguarda gli spostamenti, sarà garantito il passaggio dai voli “economici” a “economici superiori”. Distanti ancora dai superlusso delle controparti maschili, ma comunque un passo in avanti.
Infine, la lega si impegna a fornire una enorme assistenza nella ricerca di un posto di lavoro alle atlete dopo la conclusione della loro carriera sportiva.
I punti precedentemente elencati sono solo alcuni di quelli presenti nell’accordo finale. L’obiettivo principale è chiaramente non solo quello di garantire un maggiore introito economico alle giocatrici, ma senza dubbio quello di avvicinare le loro condizioni a quelle dei pari maschili anche come stile di vita, con grande attenzione alla salute sia fisica che mentale e soprattutto evitare che “per arrotondare” le atlete siano costrette a spostarsi in Europa, in Cina o in altre parti del mondo durante i periodi di stop del campionato. Inoltre, come riportato dalla commissioner, questo è un accordo che vuole fare da apripista alla battaglia delle donne anche negli altri sport: calcio, tennis, atletica leggera.
La questione morale
Da un punto di vista prettamente morale, la ricerca di una parità assoluta tra le condizioni delle donne e degli uomini è, rimanendo nello sport, sacrosanta. Tuttavia va a scontrarsi con la logica che comanda nel periodo storico corrente: quella del mercato.
Recentemente, nel periodo di svolgimento dei Mondiali femminili di calcio di Francia 2019, la famosa calciatrice Marta Vieira da Silva ha giocato l’intera competizione senza sponsor sugli scarpini in protesta verso le differenti retribuzioni tra lei e gli altri calciatori brasiliani, ad esempio Neymar. L’intento della Vieira è nobilissimo e corretto, ma sostanzialmente rivolge la sua protesta verso gli obiettivi sbagliati: gli sponsor pagano cifre maggiori Neymar perché investire soldi su di lui significa ricavarne una quantità maggiore. Non perché è uomo, ma perché è Neymar.
La stessa questione possiamo osservarla prendendo ad esempio Fabio Fognini, noto tennista italiano, e Serena Williams. La differenza tra l’importanza che Serena ha presso gli sponsor è mostruosamente più elevata di quella di Fognini. Perché si tratta di Serena Williams, non perché è donna. Le differenze di genere sono inesistenti quando si parla di funzionamento di un mercato, il mercato non guarda il genere ma la risonanza. E i dati della WNBA hanno portato il mercato a dare una maggiore e giusta importanza alla lega femminile in quanto maggiormente seguita rispetto al passato e quindi probabile fonte di guadagno.
C’è poi un’altra considerazione da fare: chi può cambiare la situazione delle donne nello sport sono le stesse donne. Capitan Ovvio? Può darsi. Ma in un mondo guidato dai soldi e in cui le tendenze e le mode seguono semplicemente la logica del “cosa fa guadagnare di più” è palese come gran parte del successo degli sport maschili sia dovuto alla estrema passione dei sostenitori. Le donne sono più numerose degli uomini nel mondo, se ad ogni evento sportivo di rilievo gli spalti fossero gremiti di sostenitrici, disposte a fare numerosi abbonamenti, acquistare merchandising, gadget e quant’altro la situazione sarebbe chiaramente ribaltata.
Il motivo di questa necessaria rivoluzione per ottenere la parità assoluta è sempre quello di cui sto parlando da qualche riga: comanda il business, dove ci sono le masse di soldi c’è interesse indipendentemente dal sesso dei praticanti. Questo chiaramente è un discorso che va limitato allo sport, che è un intrattenimento che è spesso in perdita. Nella vita di ogni giorno dovrebbero essere gli Stati a garantire parità assoluta di diritti, di salario, di assistenza e di possibilità lavorative. Ma questa è un’altra storia che va affrontata in altre sedi.
Tornando al movimento sportivo femminile, è chiaro che la crescita possa essere osteggiata da dinosauri alla Felice Belloli, la mente che partorì il riferirsi alle calciatrici donne come “quattro lesbiche”, tuttavia è ormai chiaro che gente del genere è destinata per fortuna ad estinguersi in un futuro appena prossimo lasciando spazio alle possibilità delle donne di costruire un proprio movimento sportivo professionistico totalmente parificato a quello degli uomini. L’argomento andrebbe trattato coinvolgendo anche elementi sociologici e antropologici sulla società moderna, tuttavia è ben chiaro come le possibilità di una enorme crescita vi siano e vadano solo stimolati con intelligenza. Ci si riuscirà? Lo sapremo tra qualche anno, se questa crescita dell’interesse verso i movimenti sportivi femminili è stata un fuoco di paglia o la scintilla che appiccherà il fuoco sulla rivoluzione (cit. Poe Dameron).