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L’importanza della panchina dei Dallas Mavericks

Andrea Anesa by Andrea Anesa
25 Febbraio, 2020
Reading Time: 7 mins read
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panchina dallas mavericks
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Nello sport americano, e nel basket in particolare, la narrativa della “stella” ha oramai preso il sopravvento su qualsiasi cosa. Molto spesso, per non dire troppo, vengono esaltate le gesta di “un uomo solo a comando” e si tende ad elevare la prestazione del singolo, della superstar, al di sopra di quelle della squadra. 

A questa narrativa non possono di certo scappare i Dallas Mavericks di quest’anno, la cui punta di diamante, Luka Doncic, ben si presta ed essere l’eroe che i media vogliono. Nulla di sbagliato, sia chiaro, lo sloveno sta giocando una stagione a ritmo MVP e sta trascinando la squadra che, con un record di 22-13 e qualche partita persa scioccamente (l’ultima con Charlotte e le due con i Knicks) , sta andando ben oltre le aspettative. 

Chiaro, Doncic è l’elemento chiave della squadra, ma la sua ingombrante presenza mediatica sta oscurando lo straordinario impatto di un’altra importante chiave della pallacanestro moderna: la panchina.

L’apporto delle riserve della franchigia texana è semplicemente straordinario, lo dicono i numeri (quinta per punti totali ma prima, con un buon margine, in net rating con 4.9) e lo dicono anche le partite. Che a coach Carlisle piaccia sperimentare e piaccia soprattutto avere roster profondi e con pluralità di soluzioni è noto, basti ricordare come nei Playoff del titolo del 2011 fece giocare moltissimo Stojakovic nella serie dominata contro i Lakers facendolo poi sparire dal campo nelle successive con invece crescenti minuti per Stevenson e con minuti anche per il leggendario “Custodian” Brian Cardinal. Quest’anno però la situazione sembra essere diversa: non sono ci sono giocatori che possono garantire un particolare tipo di caratteristiche, come nel caso dei sopracitati, ma c’è un gruppo di giocatori che permettono di tenere molto alto il livello di gioco in attacco e di alzarlo nella metà campo difensiva. 

L’esempio più evidente, soprattutto visti i due season-high consecutivi, è Maxi Kleber. Il tedesco, che sta trovando minuti molto importanti quest’anno, incarna perfettamente lo spirito della panchina Mavs: idee chiare e tanta sostanza. Non solo sta tirando con notevoli percentuali dal campo e da 3 punti (oltre il 46% dal campo e del 40% da oltre l’arco su 4,1 tentativi a gara) ma sta anche portando una notevole duttilità nella metà campo difensiva. Anche se il suo Defensive Box Plus Minus è il più basso in carriera (0.00, quindi esattamente la media della lega anche se è al massimo in carriera per l’OBPM) l’importanza del numero 42 è capitale.

Innanzitutto, pur essendo un lungo di 208 cm, ha piedi molto veloci che gli permettono di essere molto efficace sia contro lunghi atletici che sui cambi: questa sua caratteristica, che si aggiunge ad un notevole tempo in fase di aiuto, permette a Porzingis, difensore invece molto meno rapido ed attento del tedesco, di poter stazionare sotto il ferro e fare da rim-protector, ruolo della difesa in cui risulta ottimo viste le sue 2.1 stoppate di media (quinto nella lega), ed in generale permettono al lettone, ancora in fase di recupero e adattamento dopo gli oltre 20 mesi di stop, di non essere troppo caricato e bersagliato.

I suoi 5.5 rimbalzi a gara sono inoltre di capitale importanza per una squadra che, nonostante l’assenza di un vero rimbalzista (il leader in questa statistica è Luka Doncic con 9.6), riesce molto bene a controllare il ritmo grazie alla presenza sotto le plance. Kleber, inoltre, non dà solo un notevole apporto tattico nella metà campo difensiva ma, con i suoi 9 punti di media, aggiunge un’ottima arma all’attacco di Dallas che, visti i molti trattatori di palla, necessita di giocatori in grado di mettersi in visione, ricevere e tirare senza paura, cosa che il tedesco fa molto bene. 

In queste clip si possono vedere le principali caratteristiche dell’attacco di Kleber, nel primo caso sfrutta bene uno “show” troppo aggressivo su Barea ed un errore di comunicazione per tagliare al ferro, nel secondo, letteralmente l’azione dopo, porta un blocco molto alto per liberare spazio al compagno e prendere il tiro da 3 (sbagliato ma ben costruito), nel terzo caso corre bene in semi-transizione e si mette in visione nell’angolo

La gestione della palla e del ritmo è un altro tratto distintivo della panchina dei Dallas Mavericks. Delon Wright, che ad inizio stagione era dato da molti addetti ai lavori, noi compresi, come titolare nel ruolo di PG, sta avendo un notevole impatto sulla squadra. Le sue cifre sono in linea con quelle in carriera, leggermente migliori, ma già dando un occhio alle statistiche avanzate si può notare l’impatto dell’ex giocatore dei Grizzlies. Che fosse un difensore più che discreto, complici anche le sue doti atletiche, lo si era intuito, ed infatti sia il DBPM che il Defensive Rating sono in linea con quelli delle scorse 2 stagioni.

Ciò che è però estremamente sorprendente è il rendimento offensivo. La pericolosità di Wright dall’arco rispetto allo scorso anno è decisamente aumentata: a fronte di una mole di tiri da 3 punti praticamente invariata (30% delle conclusioni) la percentuale realizzativa è aumentata in maniera esponenziale, passando da un 30% scarso ad un 40% abbondante; inoltre, la percentuale di canestri da 3 assistiti è passata dal 76 all’82%, un aumento più che significativo. In sostanza il losangelino sta semplicemente rendendo meglio in un sistema offensivo più rodato e sta riuscendo a mettersi meglio in visione ed approfittare dello spazio che gli viene generato dai compagni, senza necessariamente modificare drasticamente il suo modo di giocare.

L’importanza di Wright nella gestione del ritmo e della difesa si può vedere chiaramente da qui: dopo aver contestato il tiro di Murray prendere il rimbalzo e guidando bene la semi transizione trova mal posizionata la difesa dei Nuggets consentendo a Powell un facile appoggio al ferro

Come detto, le statistiche avanzate confermano l’impatto di Wright visto che l’OBPM è passato dallo 0 secco della scorsa stagione ad un ottimo 2.1, miglior dato in carriera.

Nel video due esempi della bravura di Wright di mettersi in visione anche senza palla, in entrambi i casi si fa trovare libero nell’angolo sullo scarico di Doncic per dei comodi tiri da 3:

La gestione della palla però non passa solo nelle mani di Delon Wright, che infatti sta giocando la quasi totalità dei suoi minuti da SG o addirittura SF, ma anche da quelle di Jalen Brunson. Che l’ex Villanova avrebbe potuto essere piuttosto utile ai Mavs lo si era capito anche nel finale della scorsa stagione quando, dopo aver guadagnato sempre più minuti, aveva mostrato ottime capacità di lettura ed una comunque discreta pericolosità nel tiro perimetrale, elemento fondamentale non solo nel basket moderno ma soprattutto nel gioco di Carlisle. Le cifre tendono a confermare i miglioramenti di Brunson sia in attacco, dove riesce sempre ad essere molto lucido nelle scelte di tiro, come del resto ampiamente dimostrato al college, che in difesa, aspetto del gioco dove, complice la sua statura ed il suo non eccezionale atletismo, ha sempre sofferto. 

La capacità di Brunson di leggere la situazione unita al grande spazio generato dai tiratori è evidente in questa clip, dopo il cambio Plumlee è fuori posizione e questo favorisce il rimbalzo di Powell, molto abile poi Brunson a rimettersi in visione nell’angolo e a trovare l’alley-oop per lo stesso Powell

Menzione speciale anche per il rientro, molto importante da un punto di vista emotivo, di J.J Barea. Il veterano in maglia numero 11 è stato nella scorsa stagione la principale alternativa a Doncic in fase di creazione offensiva ed è da sempre fucina di punti veloci dalla panchina. Anche se non più giovanissimo la sua esperienza ed il suo carisma, oltre che alla sua ottima visione di gioco, possono essere fondamentali per i Mavs, specialmente in caso di una serie combattuta ai playoff, parte della stagione dove Barea ha dimostrato di sapersi esaltare. 

Quando si parla di punti veloci e di pericolosità nella metà campo offensiva non si può chiaramente prescindere dal menzionare Seth Curry che, con 10 punti di media, è il migliot realizzatore in uscita dalla panchina. Il numero 30, che due anni fa ai Mavs ha vissuto il miglior momento della carriera, è rientrato dopo una stagione abbastanza deludente a Portland ed ha ripreso dove aveva lasciato: triple segnate e punti nelle mani. Avere un tiratore puro come Curry, specialmente se schierato con altri giocatori in grado di aprire il campo, crea spazio in area per poter attaccare il ferro sia per i lunghi, Powell su tutti, che per gli esterni abili ad attaccare il ferro in penetrazione come Doncic e lo stesso Wright. 

In generale tutta la panchina dei Mavs riesce in maniera perfetta a sfruttare le spaziature offerte dai tiratori, infatti solo Brunson e Jackson tirano sotto il 35% (media NBA) con Wright e Kleber che sono addirittura, come detto, oltre il 40. Inoltre, la panchina di Dallas gestisce in maniera ottimale il ritmo della partita. La squadra è al quattordicesimo posto per pace in tutta la lega, statistica che scende al ventiquattresimo se consideriamo solo la panchina, ma nonostante questo i Mavs riescono ad essere efficaci grazie alla notevole presenza sotto i tabelloni. Se già si è detto di Kleber, vale la pena sottolineare un più che discreto contributo a rimbalzo di Wright (quasi 4 a gara) e non va dimenticata la presenza fissa di uno fra Doncic e Porzingis con la second unit (oltre i 9 rimbalzi a testa), motivo per cui Dallas riesce quasi sempre ad andare al suo ritmo con la panchina e a fare valere la sua impressionante molte di creatori di gioco. L’attacco dei Mavs, infatti, non ha necessariamente bisogno di cogliere impreparata la difesa avversaria in transizione e di spingere sull’acceleratore ma tende ad affidarsi ai suoi trattatori di palla e al movimento degli esterni che spesso e volentieri cercano l’extra pass per un tiro aperto.

Qui di seguito un classico esempio della circolazione di palla della panchina dei Mavs. Dopo aver pescato il taglio a centro area di Kleber la palla viene rimessa fuori per Jackson, extra pass per Doncic che penetra e scarica nell’angolo per Kleber che nel frattempo si è aperto nell’angolo, da notare che era possibile un ulteriore extra-pass per Finney-Smith:

Per concludere: sicuramente il destino della franchigia texana passa per il talento sconfinato del suo numero 77 e dalla lenta ripresa di Prozingis, questo è fuori da ogni dubbio, ma allo stesso tempo le sue fortune dipendono anche da un roster, ed in particolare da una panchina, in grado di portare attacco e difesa e di offrire tante soluzioni ad un allenatore molto abile a sfruttarle tutte al meglio.

Tags: dallasdelon wrightJalen BrunsonJJ BareaKristaps PorzingisLuka DoncicMavericksMaxi KleberRick Carlisle
Andrea Anesa

Andrea Anesa

Bergamasco di nascita, milanese di adozione, appassionato di qualsiasi sport che sia una buona scusa per non uscire di casa. Quando non lavora in consulenza vive con la testa fra le nuvole e gli arcobaleni disegnati dalle parabole dei tiri di Nowitzki.

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