Siamo arrivati al giro di boa della Regular Season e dopo 40 partite è arrivato il momento di tirare le somme riguardo a ciò che si è visto fino ad ora in casa Lakers. È bene ricordare che l’articolo viene scritto prima della trade deadline, quindi possono e potrebbero cambiare alcuni scenari da ora a fine stagione. Fatta questa doverosa premessa, abbiamo deciso di analizzare 5 aspetti chiave del gioco dei Lakers visto fino ad ora.
1) ATTACCO A DIFESA SCHIERATA
Dell’attacco dei Lakers era già stato detto qualcosa sul sito, soprattutto in merito alla connection tra LeBron e Davis: è arrivato il momento di allargare il discorso a tutta la squadra.
L’attacco senza LeBron in campo fa molta fatica. Come verrà approfondito anche dopo, l’assenza di un creatore di gioco in uscita dalla panchina si sente ed è tangibile. Secondo gli on/off luck-adjusted di BasketBall Index (Fig. 1), quando è sul campo da gioco LeBron produce 114 punti per 100 possessi e quando esce l’Offensive rating cala a 106 (quasi 8 punti di differenza sono decisamente troppi). Andando ancora più a fondo tramite l’utilizzo di un altro strumento di Basketball Index, è possibile controllare l’impatto del singolo giocatore sugli Ortg e Drtg: in questo caso la tabella (Fig.2) mostra come l’offensive rating cali drammaticamente per ogni giocatore quando LeBron non è in campo.


Chi è che gestisce dunque l’attacco a difesa schierata quando la stella dei Lakers non è in campo e chi è quello che, in teoria, dovrebbe creare il maggior vantaggio? i nomi sono tre: Rondo e Caruso per quanto riguarda la prima parte della domanda e Anthony Davis per la seconda parte.
Se per quanto riguarda il Bald Mamba c’è poco da dire, dato che sta svolgendo il suo ruolo da mestierante in maniera egregia, per quanto riguarda l’ex Celtics è il contrario. Il numero 9 è un archetipo di PG ormai obsoleto nella NBA del 2020: nella NBA di oggi sono richieste due qualità ad una point-guard, saper tirare e creare/mantenere il vantaggio per servire i compagni; viene di conseguenza che, senza un tiro credibile, creare vantaggio è più difficile. È consequenziale dunque che avere un playmaker non in grado di far girare la squadra e creare vantaggio sia uno svantaggio per tutti e quattro i restanti giocatori in campo.
Come è possibile vedere dalla prima clip, il vantaggio di giocare un Pick and Roll tra Rondo e Davis è pressoché nullo, dato che Pat Connaughton passa dietro il blocco di Davis e Giannis è pronto ad aiutare il compagno su Davis. Il canestro che ne esce poi è tutto frutto del talento di Davis più che di una buona costruzione della giocata. Nella seconda clip viene preso sempre in esame un gioco a due tra la coppia Davis-Rondo. I due decidono di giocare un handoff per il lungo dei Lakers, ma il risultato è pessimo: Rondo non viene difeso da Trae Young che rimane in drop coverage e Davis è quindi costretto ad accontentarsi di un tiro da 3 con poco spazio. Anche se avesse rollato probabilmente il risultato sarebbe stato simile dato che Young si era staccato dal 9 apposta per fare il tag sul Monociglio.
Dunque non c’è da stupirsi se la produzione offensiva con James a riposo sia inferiore.

Le colpe, però, non sono solo di Rondo. In attacco senza LeBron, Anthony Davis non riesce a creare con continuità un vantaggio tale da poter ribaltare senza alcun problema la partita, anzi certe volte i suoi posizionamenti e le letture non sono buone costringendolo a tiri forzati in fade away piuttosto che uno scarico facile per un tiro da tre.
In questi screen presi da un video di Lakers Film Room è possibile vedere come anche dei piccoli fattori come una lettura (fig.3) o un posizionamento (fig.4) sbagliato possano causare danni enormi all’attacco:


Nella prima immagine la palla è nelle mani di AD che viene difeso bene e costretto ad attaccare il centro dove la difesa è concentrata: in questo caso Kawhi legge la situazione e ruba il pallone. Qui il #3 avrebbe potuto cercare lo scarico su James piuttosto che mettere palla a terra senza guardare il posizionamento dei compagni sul lato debole. L’altra situazione invece mostra come i Clippers siano stati bravi a chiudere tutte le linee di penetrazione e come i Lakers si siano accontentati e adeguati alla difesa: come si vede anche nel video di Lakers Film Room, i Clippers hanno deciso di difendere il Pick and Roll passando sotto al blocco e, complice una pessima stagione al tiro da 3 della squadra, questa scelta ha pagato in favore dei Clippers.
Se i Lakers vogliono puntare al titolo, allora devono migliorare e limare questi difetti offensivi che rendono il gioco poco godibile e, soprattutto, poco efficace.
2) TWIN TOWERS: DAVIS CON MCGEE E HOWARD
Il secondo punto che analizzeremo è la convivenza sul terreno di gioco delle cosiddette Twin Towers, ovvero due lunghi nello stesso momento in campo.
Come era già stato pronosticato ad inizio stagione, la lineup di partenza prevede l’utilizzo di due lunghi classici, ovvero due giocatori che giocano tanto nel dunker spot o in post. Questa situazione in attacco non è il massimo dato che chiude più linee di penetrazione. È anche vero che i due compagni di reparto di AD sono bravi a raccogliere ciò che la difesa concede loro: gli avversari si concentreranno più sul marcare Davis e quindi McGee e Howard sono liberi di banchettare nel pitturato.
Uno degli schemi più utilizzati dai Lakers -sia con uno che con due lunghi veri e propri- è l’Horns handoff:
Come è possibile vedere nel video, la partenza è quella di un classico Horns set con i due lunghi sul gomito alto. Il palleggiatore passa la palla ad uno dei due lunghi (solitamente quello che dovrebbe rollare forte a canestro come si vede dalle clip) e corre a portare un primo blocco stagger al giocatore in angolo. Quest’ultimo sfruttando i due blocchi va a giocare il consegnato. Come sono posizionati a fine movimento quindi i due lunghi? Quello che porta il blocco salta fuori dall’arco, mentre l’altro sfrutta il roll ed il movimento della difesa per andare a raccogliere un lob od un passaggio vicino canestro.
Dunque, come già anticipato, non è impossibile giocare con due lunghi, e tramite l’utilizzo di alcuni strumenti forniti da BasketBall Index è possibile notare come il NetRtg sia positivo sia con le Twin towers che con un solo lungo (fig.1 e fig.2).


La forza di avere due lunghi in campo, però, non è tanto da riscontrare nella metà campo offensiva ma semmai in quella difensiva. Tutti e tre i centri sono in grado di coprire il ferro grazie alle loro doti atletiche e alle braccia infinite e, in più, Davis è in grado di tenere anche ali più veloci e che giocano sul perimetro avendo un movimento di piedi molto rapido e degli ottimi istinti difensivi.
Alcune volte, però, si è vista anche una lineup più moderna in campo composta da Kentavious Caldwell-Pope, Anthony Davis, LeBron James, Danny Green e Kyle Kuzma. Sebbene 77 possessi siano un numero basso per arrivare a qualche conclusione degna di nota, lo spacing che comporta questo quintetto è indubbiamente migliore degli altri. L’immagine qua sotto è un chiaro esempio: il Net Rating del quintetto small è di +28, migliore di 8 punti rispetto al secondo e di 19 rispetto al terzo.

Questo deve essere un chiaro segnale di come dovrebbero giocare i gialloviola, nonostante il buon rendimento degli altri due lunghi. Più minuti con Davis da unico centro e più spartizione nel ruolo di backup per Dwight e Javale.
3) CERCASI SECONDARY CREATOR
I lacustri sono coperti in quasi tutti i principali reparti del campo tra: protezione del ferro, difesa sugli esterni e tiratori perimetrali (con risultati alterni fino a questo momento), ma in altri possono e devono cercare di migliorare.
Dalla composizione del roster, in estate, era intuibile che le lacune si sarebbero potute manifestare nel playmaking e nell’apporto della second unit. A quasi metà campionato possiamo confermare i dubbi in entrambe le sezioni, evidenziati in special modo nelle partite avvenute contro le reali contender. In particolare manca ancora un secondary creator di spessore, il che va ad influire inevitabilmente anche sulla produzione della panchina.
LBJ, gioco forza, sta giocando da ball handler a tempo pieno con risultati alquanto interessanti. Ma, oltre a LeBron, nessun altro giocatore è in grado di creare dal palleggio per se stesso e per i compagni in modo convincente. Bradley-Caruso-Green-KCP non sono quei tipi di giocatori, mentre Cook è stato praticamente escluso dalle rotazioni dal proprio coach.
Rondo è attualmente l’unico giocatore a ricoprire il ruolo di creatore secondario, gioca 21 minuti a partita e spesso viene affiancato a LeBron nei quintetti finali dei match, creando non poca disfunzione in campo. Rajon, a 33 anni e con 13 stagioni sulle spalle, trapiantato nel basket moderno fatto di spacing e dinamismo, non sembra essere propriamente la soluzione migliore per una squadra con aspirazioni da titolo.
I Lakers, per questo, stanno sondando il terreno per cercare una point guard in grado creare gravity nelle difese avversarie migliorando il flow di gioco. In particolare sono in cerca di qualcuno in grado di creare dall’uno contro uno, in grado di aprire il campo con un solido tiro da fuori e che abbia la giusta esperienza quando le partite conteranno davvero.
Sono rimbalzati diversi rumor nelle ultime settimane, e i nomi in cima alla lista dei desideri di Pelinka&co. sembrano essere: Bogdan Bogdanovic, D.J. Augustin e Darren Collison (tutti e tre senza vincoli contrattuali futuri).
Ognuno incarna appieno l’identikit del giocatore che potrebbe aiutare i gialloviola a fare un ulteriore salto nella qualità del gioco, e a dare forse un po’ di respiro al neo 35enne James in cabina di regia. Vediamo in che modo i tre potrebbero ipoteticamente arrivare ai Lakers:
1. Bogdanovic (8.5mln) x Kuzma+Cook+Daniels/THT + scelta al secondo giro
L’opzione migliore delle tre sarebbe certamente Bogdanovic, giocatore di grande talento e con una certa esperienza ad alto regime a livello internazionale (di partite che contano ne ha giocato, e non poche). Bogdan ha un gioco maturo, ha un elevato IQ, ha la freddezza nel mettere i tiri importanti e raggruppa appieno tutte le caratteristiche del creatore/tiratore moderno. Sarebbe il miglior fit dei tre, ma quello decisamente più dispendioso. Per arrivare a lui dovrebbero inserire l’unico vero asset di cui ancora dispongono, ovvero Kyle Kuzma. I Lakers saranno molto parsimoniosi sul mercato, ma per Bogdanovic sarebbero probabilmente disposti a cederlo insieme ad un pacchetto comprendente altri giocatori marginali. Lo scoglio potrebbe essere proprio Divac e la dirigenza Kings, vedremo quanto Walton realmente spingerà su questa trade, dato che Kuz si è creato una reputazione proprio con Luke in panchina.

2. D.J. Augustin (7.2mln) x Cook+Daniels/THT + scelta
In questa D.J. stagione ha perso il ruolo di playmaker titolare ma sta ugualmente avendo un buon impatto con 10.8 punti, il 35% da fuori (dati in calo rispetto al 42% delle due precedenti stagioni) e 4.8 assist. Per arrivare a D.J., con contratto in scadenza, non servirebbe inserire Kuzma nel quadro, dovrebbero bastare Cook+Daniels/THT per questioni di salario. Però, è bene ricordare, Orlando è attualmente settima ad Est, e potrebbe non aver alcuna intenzione di privarsi di un giocatore di sostanza come Augustin.

3. Darren Collison (FA): Minimo Salariale
L’ex play di Indiana attualmente è free agent, la scorsa estate aveva deciso di ritirarsi dal basket giocato per dedicarsi a perseguire la propria vocazione religiosa. Adrian Wojnarowski, si sempre lui come un fulmine a ciel sereno, ha fatto trapelare l’idea che il giocatore sarebbe intenzionato a tornare nella Lega, e Los Angeles dovrebbe essere la sua meta preferita (Lakers o Clippers?).
Collison sarebbe forse l’acquisto più mirato poiché verrebbe firmato al minimo salariale e non necessita di alcuna trade, i giocatori “sacrificabili” potrebbero essere inseriti per puntellare il roster in un’altra direzione (un’ala 3&D?).
Bisogna capire però la reale intenzione del giocatore e in che stato fisico-atletico si sia mantenuto in questi mesi.
In caso non riuscissero a concretizzare tali ipotesi, i Lakers potrebbero attendere gli sviluppi della realtà buyout. Alcuni nomi ipotizzabili potrebbero essere Jeff Teague o Derrick Rose, ma (ripeto) rimangono ipotesi per ora fantasiose e poco pronosticabili. La sensazione è che qualche movimento in tal senso verrà certamente fatto, non ci resta che attendere.
4) LA RINASCITA DI KCP
Quando si tratta l’argomento Lakers-Caldwell Pope è bene fare sempre qualche passo indietro. Il nativo di Thomaston, in Georgia, è passato ai gialloviola nell’estate del 2017, prima aveva militato per quattro stagioni a Detroit, facendo registrare una buona crescita personale e raggiungendo i playoffs un’unica volta nel 2016, chiusa a 15.3 punti e 44% dalla distanza vs Cavs.
KCP è cliente della famosa e chiacchierata agenzia Klutch Sports, dell’agente di LeBron James, ovvero Rich Paul. Approda ai Lakers firmando un contratto decisamente importante, 18 milioni per un unico anno. La stagione della guardia è buona ma non illuminante (13.6 punti, 38% da tre e 56% di TS%), nonostante il contesto fosse decisamente in work in progress.
L’estate successiva arriva LeBron, KCP rifirma ancora un annuale ma questa volta di 12 milioni (18 erano decisamente troppi per il suo valore). Trattandosi di un consecutivo contratto annuale siglato con la medesima franchigia, per normativa NBA in questi casi si attiva la clausola no trade, ovvero un veto che lo stesso giocatore può decidere di inserire su qualsiasi proposta di trade, rendendolo di fatto quasi praticamente intoccabile.
La stagione 2018-19 inizia male per KCP, esce per la prima volta in carriera dalla panchina (Ingram viene utilizzato da guardia nei nuovi quintetti di Walton) e non riesce a far decollare il suo gioco. I primi mesi sono difficilissimi e i fan chiedono a gran voce lo scambio, che per ovvie ragioni non avverrà. KCP non gioca una grande annata globale, i Lakers falcidiati dagli infortuni arrancano e non raggiungono nuovamente i playoffs. Chiude ugualmente la stagione con 11.4 punti, 34.7% da tre e 56.8 di TS%, dati per lo più alzati dalle partite giocate verso fine marzo e aprile, quando i Lakers ormai erano fuori dal seed playoff (in aprile, in 5 gare disputate, ha avuto quasi 24 punti di media).
Estate 2019, KCP viene nuovamente confermato siglando un contratto ancora inferiore ai precedenti, 8+8.5 milioni fino al 2021 (con player option per il secondo anno), la clausola no trade rimane anche quest’anno per le medesime motivazioni già indicate. Ahimè le prime gare sono nuovamente un disastro. Inizia le prime 11 partite uscendo dalla panchina, il rendimento è al limite dell’indecenza: 5.2 punti, 5-22 da tre (22.7%) e solo 7 tiri liberi guadagnati, sembra un film già visto. Le critiche dei fans non tardano ad arrivare, sui social, sul web, sui network, e purtroppo anche allo Staples. Ed è proprio nel massimo momento di difficoltà, che le cose improvvisamente cambieranno.
13 novembre: Avery Bradley si infortuna contro Golden State, dalla partita successiva KCP viene promosso in quintetto titolare e la musica cambia immediatamente. Supportato a pieno regime dal coach e da tutti i compagni (in particolare modo da Howard con messaggio di supporto pubblico sui social), la guardia inizia a prendere fiducia e ad inanellare prestazioni solidissime sera dopo sera.Le prime uscite da titolare recitano 16, 13, 13, 17, 12, 14 punti, con percentuali dal campo incredibili. In totale, da quel 15 novembre ad ora, ha tirato qualcosa come 50-105 da oltre l’arco, che equivale ad un incredibile 47.6%.
Molto propositivo in attacco, sia off the ball che in spot up, letale dall’angolo con oltre il 50% di realizzazioni. KCP si è trovato in qualche occasione ad essere pure il go to guy della squadra, con punti importanti siglati anche nel crunch time di alcune partite tirate. In stagione, tra i giocatori con almeno 50 triple segnate, risulta ottavo in NBA per % da tre con 43.3%.
Dall’angolo è una sentenza (52%):
Ha mani veloci, ed è sempre tra i primi a volare in contropiede:

La differenza di rendimento è notevole:
PRE 15/11 (11 gare): 5.2 punti, 22.7% da tre, 71% ai tiri liberi, 19.6 minuti.
POST 15/11 (28 gare): 11 punti, 47.6% da tre, 84.4% ai tiri liberi, 30 minuti.
Il rendimento di KCP è incredibile, nonostante stia entrando e uscendo dal quintetto riesce sempre a dare un grande contributo alla squadra
Frank Vogel
Recentemente è tornato a far parte della second unit, ma il flusso positivo sembra non essersi interrotto. KCP continua ad essere la guardia tiratrice più consistente dei Lakers, primo dei suoi tra le guardie per True Shooting (59.4%). Con buona pace degli hater che hanno chiesto la sua testa per la stragrande maggioranza della sua permanenza in California.
5) IL DILEMMA KYLE KUZMA
Kyle Kuzma non ha vie di mezzo. Chiedete pure in giro, che si parli dei suoi gameday outfit o del giudizio che i fan hanno di lui, le risposte sono sempre le stesse: o si ama o si odia. Ma chi è davvero Kuz?
Descritto per mesi come terzo violino che doveva andare a completare il miglior quintetto dei Los Angeles Lakers, la sua estate è stata a dir poco esaltante. Dal momento in cui il pacchetto per Anthony Davis è stato ufficializzato, l’hype che già lo circondava ha continuato a crescere. Del resto quello di Pelinka e società è stato un messaggio molto chiaro: Kuzma, anche per importanti motivi salariali (quest’anno guadagna poco meno di due milioni, il prossimo appena più di tre e mezzo), è stato fin da subito indicato come un punto cardine della contender costruita intorno a LeBron James. Le aspettative elevate sono soltanto l’ovvia conseguenza di ciò.
La realtà è che tenere Kuzma fuori dal pacchetto spedito a New Orleans è stato sì importante, ma non esattamente per i motivi che molti sembrano credere. Il prodotto di Utah è indiscutibilmente una steal del suo Draft, ma anche un elemento bravissimo a “vendersi bene” tra campo e social media mascherando così, almeno in parte, difetti che sono sotto agli occhi di tutti.
La sua Kuzmania, lo ha portato a diventare il volto di Puma nonostante una stagione 2018/19 non esattamente esaltante, e il suo lavoro estivo con Lethal Shooter, un noto Shooting Coach dell’area di Los Angeles che già aveva diversi giocatori dei Lakers come clienti (Anthony Davis e Kentavious Caldwell-Pope su tutti), ha spinto gli analisti a parlare esclusivamente della sua meccanica di tiro che sembrava finalmente sistemata piuttosto che di quelli che potevano essere i suoi limiti. Limiti che purtroppo, l’infortunio alla caviglia rimediato con Team USA, ha portato a galla più rapidamente che mai.
Il suo ritorno in campo è infatti stato molto, molto complesso. Il motivo di ciò in fondo è estremamente semplice: Kyle Kuzma è Kyle Kuzma, cioè uno high-usage scorer dalla bassa efficienza che da sempre gradisce avere il pallone in mano per il maggior tempo possibile, situazione da cui spesso finisce incontro a forzature assolutamente non necessarie (14esimo percentile tra le ali con 500+ minuti giocati in stagione). Se a questo aggiungiamo che la sua difesa perimetrale è da sempre notoriamente atroce (a malapena nel 27esimo percentile della categoria descritta sopra) e che nelle sue prime quattro partite ha prodotto 9 punti in 20 minuti con il 37.5% dal campo e un inaccettabile 13.5% da tre… Beh, il risultato è piuttosto evidente.
Ovviamente al rientro da un infortunio una partenza lenta può capitare ed è assolutamente comprensibile, ma non è soltanto una questione di numeri. Fino al secondo problema alla caviglia che lo ha tenuto fuori per altre cinque partite, Kuzma in campo è stato un oggetto misterioso e irriconoscibile. Le percentuali dal perimetro sono state l’unico aspetto accettabile del suo gioco (36%), ma per il resto è apparso in difficoltà evidente. Fuori dai giochi offensivi di Frank Vogel, Kuz ha spesso cercato disperatamente di costruire qualcosa per sé stesso invece che giocare nel flow dell’attacco di squadra, e questo ha portato forzature ed una moltitudine di errori da matita rossa. Poi, qualcosa è cambiato.
I trade rumours hanno iniziato a farsi più insistenti, con diversi insider che hanno reso pubblica un’idea di trade balenata tra Lakers e Kings di un pacchetto contenente Kuzma per arrivare a Bogdan Bogdanovic e… qualcosa ha iniziato a cambiare.
Dal rientro in campo le forzature e gli errori sciocchi sono diminuiti notevolmente, e l’intera squadra ne ha giovato. Non è diventato un altro giocatore, ma è finalmente tornato ad essere un elemento importante nelle rotazioni, e i quasi 40 minuti (conditi da 36 punti, season-high al momento) concessogli da Vogel contro i Thunder in assenza di Davis e James ne sono la dimostrazione lampante. 17.6 punti di media nelle ultime dieci, con sole 0.9 palle perse a partita contro le 1.8 di media delle 20 partite precedenti. L’efficienza con cui quei punti sono arrivati continua ad essere ondivaga, ma del resto questo è Kyle Kuzma, e questo è il motivo per cui la trade con Sacramento potrebbe avere perfettamente senso.
Quello che serve attorno a LeBron James ed Anthony Davis è un mix di giocatori affidabili dal perimetro e in difesa che possano contribuire alla causa ogni qualvolta siano chiamati in causa, e Bogdanovic è esattamente questo. Se poi a ciò aggiungiamo che il serbo sarebbe un importantissimo upgrade per quanto riguarda le doti di playmaking, allora il quadro è completo. Come già visto dal grafico di BBindex, Bogdanovic eccelle precisamente in ogni categoria che per i Lakers è indispensabile. Per l’appunto, quasi tutte categorie in cui Kuzma è tutt’altro che un top della Lega.
Solo il tempo ci dirà se uno scambio del genere potrà realizzarsi o meno, ma una cosa è certa: Kyle Kuzma può indubbiamente ritagliarsi un ruolo in questi Lakers, ma se, come la dirigenza dovrebbe fare, a Los Angeles stanno pensando a mosse in ottica Playoff, allora Bogdanovic sarebbe un upgrade non indifferente.
Articolo a cura di Kevin Brunetti, Andrea Poggi e Michele Poropat.