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Ode al Brick, i motivi per cui amo Russell Westbrook

Alessandro Cerati by Alessandro Cerati
18 Gennaio, 2020
Reading Time: 14 mins read
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Da pochi giorni si è conclusa il secondo decennio degli anni duemila, un periodo che ha visto il mondo cambiare molto in fretta in tutti i suoi ambiti. Tirare le somme viene quasi fisiologico, in contesti sportivi sempre propensi a stilare classifiche e collezionare record su record è ancora più facile dedicarsi al ranking sfrenato. Per quanto riguarda l’universo NBA, questo decennio ha visto affermarsi e confermarsi diversi interpreti del gioco, che per meriti di squadra o individuali hanno scritto il proprio nome nella storia di questo sport.

Ricorderemo questo periodo come gli anni d’oro di LeBron James, grazie sia ai suoi molteplici MVP negli anni dei titoli a Miami, ma soprattutto in seguito a quella vittoria che più romantica non poteva essere tornando nella sua Cleveland contro gli apparentemente imbattibili Golden State Warriors? Oppure saranno proprio i ragazzi della Baia di San Francisco, capaci di giocare 5 finali di fila a rappresentare questi anni nella nostra testa, ricordando le triple di Steph e Klay o la carica agonistica di Draymond?

Qualcuno che non ha vissuto questi anni nella loro totalità avrà ancora fresco il ricordo dei Raptors che sono riusciti a detronizzare i Warriors dall’olimpo della lega regalando alla franchigia canadese il primo Larry O’Brien della loro storia, chi ha smesso di seguire assiduamente da qualche anno potrà avere ricordi degli Spurs di Duncan, Ginobili e Parker guidati da Popovich o perché no anche dei Mavericks di Dirk Nowitzki e del loro meraviglioso 2011. Tendenzialmente è così, i vincenti tendono ad essere ricordati di più e celebrati in misura maggiore di chi quasi ci arriva o di chi non va nemmeno vicino a farlo.

D’altra parte essendo lo sport principalmente intrattenimento per gli occhi, molti di noi si affezionano a ciò che vedono e non a quello che rimane nel libro dei record. Questioni di tifo, simpatie o antipatie, episodi, statistiche e narrative dei media potranno avere peso nel farci elaborare un giudizio di merito o demerito per diversi atleti, ma alcuni lasciano immagini impresse nella nostra testa che è difficile dimenticare.

Se parliamo di cestisti come Russell Westbrook III, l’impatto visivo che genera sullo spettatore se lo si guarda in azione sul parquet non può lasciare indifferenti. Russell è una macchina da highlights, si muove con una velocità ed una foga che raramente riescono ad essere pareggiate, tanto da dare l’impressione a volte di essere anche troppo, come se lui stesso non riuscisse a controllare quelle caratteristiche fisiche che lo contraddistinguono. È per questo motivo nell’immaginario comune che Westbrook non colleziona mai giudizi parziali: sportivamente parlando, o lo ami o lo odi.

Io appartengo alla prima di queste due categorie, e non ho la presunzione di convincere nessuno che debba essere così per tutti, ma proverò a spiegarvi perché tutto sommato sarebbe più sensato ragionare in questa prospettiva.

WHY NOT

C’è un’azione in particolare tra le tante memorabili tra cui si potrebbe scegliere che sintetizza bene chi è Russell Westbrook. Nonostante sia principalmente noto per le sue schiacciate a cento all’ora come se volesse demolire sempre il ferro, sia in campo aperto che attraversando il pitturato affollato, se dovessi spiegare con un video chi è Russ a chi non lo sa gli mostrerei questo video:

Per contestualizzare brevemente, ci vengono mostrati gli ultimi secondi di una gara di regular season di novembre 2013 tra i Thunder, all’epoca noti come “di Westbrook e Durant”, e i promettenti Golden State Warriors. Siamo in una situazione decisiva, in quanto Okc ha la palla in mano per effettuare la rimessa da sotto il canestro difeso dalla squadra della Baia con 9.4 secondi sul cronometro del primo overtime ed uno svantaggio di 2 punti.

Occorre un canestro per pareggiare o vincere la gara e come tutti si stavano aspettando viene disegnato uno schema per far ricevere palla a Kevin Durant, in quanto realizzatore più prolifico ed efficiente della squadra. KD viene prontamente raddoppiato e con un bounce pass serve Serge Ibaka sulla linea del tiro libero, posizione dalla quale tira con alte percentuali anche se contestato, cosa che accade in questo caso grazie ad un ottimo recupero difensivo di Klay Thompson. Il tiro è lungo sul secondo ferro e sembra dover cadere tra le mani di uno dei tre lunghi di Golden State appostati sotto il ferro per accaparrarsi il rimbalzo, ma ecco che Russell grazie ad una notevole elevazione riesce a volare al di sopra di Jermaine O’Neal e smanacciare il pallone lontano dal canestro verso l’angolo sinistro dell’area.

Sefolosha mantiene il pallone in gioco buttandoselo alle spalle trovando nuovamente le mani di Westbrook che ha seguito l’azione ed ora si trova nell’angolo rivolto con i piedi verso la linea laterale. Il primo pensiero, come suggerito dal linguaggio corporeo, è quello di servire Durant che è solo ad un passaggio di distanza, ma Barnes è di ostacolo nell’unica traiettoria possibile ed in più due difensori Warriors sono pronti a chiudere sul destinatario del pallone. Non rimane che cercare il canestro, Westbrook lo fa svitandosi sul piede destro e tirando in fade-away cadendo verso la linea di fondo. Canestro e +1 Thunder con 0.1 secondi sul cronometro: la Chesapeake Energy Arena di Oklahoma City esplode nei festeggiamenti per quello che si rivelerà essere il game winner.

Questa giocata, tanto casuale in apparenza quanto frutto di mosse giusto al momento giusto, se esaminata bene ci mette in mostra quasi tutte le caratteristiche migliori di Russell Westbrook. Le capacità atletiche risultano abbastanza eloquenti come testimoniato da questo salto a rimbalzo perfettamente in verticale nonostante il baricentro sia spostato in avanti per recuperare il pallone, e come sempre quello che stupisce è la reattività e la rapidità di esecuzione.

Quando parte il tiro di Ibaka, Russell si trova con il piede sinistro praticamente sulla linea dei tre punti ma al posto che proseguire in quella direzione lo punta e scatta verso il canestro raggiungendolo in meno di un secondo. Dopo il gesto atletico di cui abbiamo già parlato c’è la presenza mentale di seguire l’azione, recuperare il pallone rimanendo in gioco, cercare il passaggio migliore e poi l’audacia di prendersi quel tiro in svitamento nonostante una serata poco efficiente al tiro. C’è poco di logico su cui discutere, non si riesce nemmeno a realizzare cosa sta succedendo che l’azione è già finita lasciandoti a bocca aperta.

In questo caso è andata bene e ci è rimasta una giocata memorabile, altre volte la fortuna o la combinazione di queste skills e di un’energia fuori dal comune non è abbastanza per ottenere il risultato. Ma sapete cosa vi dico e cosa vi direbbe Russell stesso? WHY NOT.

WHY NOT è il motto di Russell Westbrook e non potrebbe essere più calzante. Se si segue la sua parabola cestistica è quasi assurdo che queste due parole possano sintetizzare così bene praticamente tutto ciò che ha fatto. Mi vengono in mente pochissimi atleti che si mettono così tanto in gioco tutte le notti senza avere timore di uscire dalla propria zona di comfort solo per fare ciò che serve per portare risultato alla propria squadra, pur sapendo che un eventuale fallimento potrebbe essere preso come capro espiatorio per una mancata vittoria.

C’è da prendersi un tiro da dieci metri per vincere la gara? Me lo prendo:

Sto correndo in contropiede e devo servire un compagno circondato da tre difensori? Proviamo lo stesso:

L’uomo che stavo marcando mi ha battuto e in difesa in aiuto c’è uno dei migliori rim protector della lega? Fa niente, lo recupero io e lo stoppo sul tabellone:

Questi sono solo alcuni esempi di come Russell potrebbe ragionare in determinate situazioni, ma la realtà è che abbiamo a che fare con un giocatore così impulsivo che è difficile capire veramente cosa gli passi per la testa. Di certo c’è che la sua ricerca per il brivido e per la giocata ad effetto sono cose concrete e che, soprattutto, non ha timore di fallire. Quest’audacia può essere scambiata per arroganza ed alcune situazioni simili a quelle sopra dall’esito poco fortunato hanno alimentato il mito che sia un giocatore dallo scarso QI cestistico. Se si prende la situazione in sé potrebbe sembrare così, ma considerato che si tratta di rischi spesso calcolati in situazioni estemporanee a fronte di tutte le azioni da manuale che è in grado di mettere in atto, sarebbe ingeneroso parlarne in quei termini.

Un giocatore dallo scarso QI peraltro sul parquet poi non sarebbe mai stato in grado di progredire così tanto dal college fino a diventare il professionista che è adesso.

RUSS PRIMA DI RUSS

Non tutti sanno che Westbrook si è presentato al draft NBA nel 2009 come uno specialista difensivo, in quanto detentore del premio di miglior difensore della conference PAC-10 per il suo operato durante il secondo anno giocato nella fila di UCLA. La sua dimensione entrando al draft sembrava essere quella di un grande atleta con velocità fulminea e braccia lunghissime, con un particolare talento nel concludere al ferro nella metà campo offensiva, e di difensore perimetrale in quella difensiva. Nonostante buoni lampi da passatore e come tiratore dalla media, suscitava diversi dubbi tra gli esperti nella prospettiva che potesse mai diventare un buon playmaker al piano superiore della NBA.

In che situazione ci troviamo dieci anni dopo? Russell Westbrook è oggettivamente uno dei migliori playmaker della lega, soprattutto se con questo termine intendiamo la capacità di creare per i compagni. Oltre ad essere stato per diversi anni il miglior assistman della lega per media stagionale a partita, è in cima alla classifica dei passatori più prolifici per quanto riguarda l’intero decennio 2010-2020, il che indica una certa costanza di rendimento. Il giocatore che una volta era considerato una point guard atipica per la sua presunta poca predisposizione a servire i compagni, si è affermato e confermato come uno dei migliori di questo periodo in questo fondamentale della pallacanestro.

Spulciando dati quali gli assist potenziali e le percentuali dei compagni quando sono serviti da lui per segnare a canestro, emerge anche che Westbrook non solo è un passatore molto prolifico ma che è anche qualitativamente un ottimo assistman per soluzioni e tempismo, cosa che si poteva evincere da giocate del genere:

LA TRIPLA DOPPIA DI MEDIA

Ciò che rende Russell davvero speciale è la sua capacità di incidere su praticamente tutti gli aspetti del gioco, grazie alle infinite energie che possiede, alle caratteristiche fisiche ed anche all’esperienza collezionata nei suoi 11 anni di attività. Un argomento delicato che spesso è oggetto di discussione quando si ragiona in questa prospettiva è la tripla doppia, da molti esaltata oltremisura e da altrettanti denigrata come un tentativo egoista di accumulare statistiche. Io sono convinto che la verità sia nel mezzo, nel senso che la tripla doppia, pur essendo una combo affascinante, va guardata come indicatore di una performance determinante su più fronti MA deve essere contestualizzata sempre.

Nel caso di Russell si può tuttavia aprire un discorso a parte perché aver mantenuto certe medie per tre anni di fila è sicuramente un risultato notevole, ma non tanto per i numeri in sé, piuttosto per ciò che questi numeri hanno determinato. È quasi ingiusto riferirsi alla sua MVP season del 2017 solamente per le triple doppie senza considerare il contesto in cui sono state prodotte certe performance, senza contare tutte le giocate decisive e spettacolari che ha collezionato in quella stagione.

Sicuramente le esigenze mediatiche e la narrativa che ne consegue non sono da eliminare, ma devono essere prese con le pinze. Il modo migliore per giudicare questa situazione è ragionare a livello di risultati di squadra ottenuti e sull’impatto che questo stile di gioco ha sui compagni

Il record di vittorie quando Westbrook realizza una tripla doppia è superiore all’80%. Questa sua ricerca di impatto all-around era necessaria per aumentare le chance di vittoria dei Thunder fino allo scorso anno, e lo è pure ora in maglia Rockets seppur in maniera differente. È bene riconoscere i suoi meriti a livello di influenza positiva sui suoi compagni.

IL RAPPORTO CON I COMPAGNI

Non c’è mai stato nessuno tra compagni presenti e passati che abbia criticato Westbrook, sia dentro che fuori dal campo. Tutt’altro, Russ è sempre stato il maschio alfa del gruppo, ma mai con l’intenzione di sentirsi migliore degli altri, sempre come se fosse il comandante e i suoi compagni dei soldati da spronare.

C’è un episodio che mi viene sempre in mente pensando alla personalità di Westbrook che si estende anche alla sua vita non sportiva, un avvenimento che lo ha segnato in maniera indelebile e che anche oggi non ha dimenticato.

Tutti gli anni, infatti, Russell posta su Instagram una foto del compianto amico Khelcey Barrs III nel giorno del suo compleanno:

https://www.instagram.com/p/B6tn6SGJMOi/

Khelcey era il suo migliore amico ed anche uno dei migliori prospetti cestistici dello stato della California quando giocavano nella stessa squadra all’high school Leuzinger di Los Angeles. Un giorno, al termine di una partitella tra amici in un pomeriggio come tanti, Khelcey si è accasciato al suolo senza più riprendere i sensi a soli 16 anni. Da quel momento Russ non perde occasione per ricordare che sta giocando e vivendo per due persone, mantenendo vivo il sogno del suo migliore amico. Lo testimoniano i braccialetti che indossa in tutte le sue uscite sul parquet raffiguranti le iniziali KB3, ed anche questa sua indole estremamente energetica tutte le sere per 48 minuti quasi suggerirebbe che la forza di Khelcey sia presente dentro di lui, concetto espresso dallo stesso Westbrook in diverse interviste.

È una visione certamente romanzata ed eccessivamente romantica, se si vuole quasi ingenerosa per tutti gli sforzi fatti per diventare un atleta di questo calibro, ma ci dà indicazioni sullo spirito di Russ. Una persona animata da così tanto fervore ha effetti estremamente positivi sui suoi compagni ed è un forte incentivo da avere affianco.

Victor Oladipo ha dato molto credito a Westbrook per la sua crescita cestistica in seguito alla sua esplosione coi Pacers dopo un anno nelle fila dei Thunder, Paul George ha deciso di fare un altro tentativo al fianco di Russ dopo la scottante eliminazione nei Playoff 2018 contro gli Utah Jazz quasi esclusivamente per il rapporto con lui dentro e fuori dal campo e persino Durant, quando tramite account falsi sparava a zero sull’intero ambiente Thunder dopo essere approdato ai rivali Warriors nell’estate del 2016, non ha mai avuto parole cattive per Westbrook, nonostante molti immaginassero che fosse la causa principale della sua dipartita.

Questa estate, d’altra parte, quando in Oklahoma si è presentata la necessità di un rebuilding, la stella dei Rockets James Harden, amico di lunga data di Russ si è esposto in prima persona per portarlo a Houston ed averlo al suo fianco, nonostante un giocatore come Westbrook si sposi poco con la filosofia del moreyball che da anni è punto focale del gioco dei texani. A questo punto della stagione è troppo presto per dare un giudizio ma i Rockets al momento si trovano tra le prime posizioni della Western Conference nonostante alcuni infortuni importanti che hanno dovuto affrontare, e l’apporto di Russ nonostante sia tutt’altro che privo di macchie, è visibile e positivo.

L’EROE IMPERFETTO

La più grossa mancanza di Russell, motivo principale per il quale viene ritenuto sopravvalutato o poco valido da molti, è che non è uno scorer efficiente e che, soprattutto, è un pessimo tiratore in sospensione. Il tiro da tre non fa proprio per lui e il jumper da dentro l’area è troppo ondivago per essere una certezza. Trovandoci in un momento della storia del basket in cui il gioco si sta spostando sempre di più fuori dall’area in seguito al trionfo delle analytics verrebbe da pensare su queste basi che non potrebbe nemmeno stare in campo, invece tutt’altro.

Russ è uno dei migliori passatori della lega, un rimbalzista eccellente per la stazza che possiede, un difensore sopra la media quando gli viene richiesto, dopo 11 anni e cinque interventi alle ginocchia è ancora una forza devastante ad attaccare il ferro e a dirigere il contropiede. In questi ultimi mesi dovendo dividersi la direzione dei possessi con Harden, altro giocatore che fa la maggior parte del suo gioco col pallone in mano, ha fatto vedere anche buone cose muovendosi senza palla. Siccome i Rockets spesso hanno esigenza di giocare con quintetti small ball, a Westbrook viene richiesto di difendere su ali più alte e più grosse di lui e anche qui i risultati sono tutt’altro che deludenti.

Qui le migliori giocate di Russ fino ad ora in questo breve periodo giocato ai Rockets:

Ancora una volta trovandosi di fronte a una valanga di dubbi associati al suo nome, Russ sta rispondendo alla sua solita maniera facendo tutto il possibile, dando il 100% dal primo all’ultimo secondo, prendendosi le proprie responsabilità, facendo ciò che è in grado di fare meglio e provando a fare ugualmente quello che meno gli compete, se necessario. Poco importa se il ginocchio ha avuto bisogno di un altro intervento di pulizia la scorsa estate e se ha giocato per un mese e mezzo con due dita slogate, non ci sono scuse. Qualsiasi cosa possa portare un risultato positivo in campo, WHY NOT.

È un approccio al gioco che non va incontro all’efficienza statistica e al risparmio energetico, ma io dopo tutto questo tempo sono convinto che Russ non si arrenderà mai. Questo è il modo in cui lui interpreta la pallacanestro, prendere o lasciare. Per quanto testardo o stupido possa sembrare in apparenza, sul lungo periodo ha fatto sì che Oklahoma City diventasse una delle squadre più vincenti del decennio (al secondo posto dietro gli Spurs in questa speciale classifica), si è garantito un accesso quasi sicuro nella Hall Of Fame (99,7% di probabilità secondo Basketball Reference) e ci ha regalato una MVP season clamorosa, lasciando prestazioni e highlights per più di un decennio che, ripensandoci, fanno ancora saltare dalla sedia.

Si può perdere tempo in chiacchiere di ogni tipo, ma alla fine della sua carriera Russell Westbrook verrà ricordato come un eroe, imperfetto e non convenzionale, ma senz’altro come un eroe.

Tags: BrickHouston RocketsOklahoma City ThunderRussell Westbrook
Alessandro Cerati

Alessandro Cerati

Tifoso NBA da una vita, tifoso di Oklahoma City dai tempi del trio delle meraviglie ad oggi.R.I.P. Kobe, R.I.P. Gigi.

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