Questa volta partiamo da lontano, cestisticamente parlando, forse, da lontanissimo.
30 Maggio 2014. Miami. American Airlines Arena. Sirena finale. Il tabellone recita, impietoso, “Miami 117 Indiana 92”, con i padroni di casa che si portano a casa il quarto e decisivo punto per chiudere la ECF di quell’anno. Dopo un finale di Regular Season al limite dell’accettabilità, seguito da due balbettanti serie contro Atlanta (4-3) e Washington (4-2), Indiana non arriva a giocarsi la gara-7 tra le mura amiche, traguardo rincorso per tutta la stagione regolare, nata nella consapevolezza che Indiana-Miami avrebbe deciso una delle due finaliste NBA.
Proferire certe frasi oggi espone a rischi di reclusione per motivi psichiatrici, ma nella NBA del 2013-2014 un quintetto Hill-George- Lance-West-Hibbert con Turner sesto uomo, unito ad una panchina da cui uscivano Scola, C.J. Watson, il compianto Rasual Butler, Ian Mahinmi ed un tizio con il numero 17 era vista come una potenziale vincitrice dell’Anello. Perché siamo partiti da cosi lontano? Perché da quel momento in poi per i Pacers si può applicare il vecchio adagio “Non c’è vento favorevole per chi naviga senza meta”.
Chiariamoci, non che nel frattempo non sia mancata la sfortuna, vera e propria compagna di vita per la franchigia di Indianapolis: poche settimane dopo arrivò anche l’infortunio di PG, un evento che sta ancora determinando tanto di cosa siano gli attuali Pacers, ma ogni annata sembrava quella di un’attesa di non si sapeva esattamente bene cosa. Stagione 14/15 senza playoff, acciuffati alla 82esima partita del 15/16 solo per uscire in 7 gare al 1° turno contro Toronto dopo il rientro di George, il quale saluterà la compagnia al termine della stagione 16/17, condita da 7° posto e conseguente sweep subito dai Cavs al solito 1° turno.
Nel 2017-18 ci si volta finalmente verso il futuro, ma ancora una gara 7 (sempre Lebron) rende amaro un quinto posto in RS, ottenuto da una squadra che per tutti avrebbe solo aspettato la Lottery per conoscere la propria posizione al Draft. Senza l’infortunio di Oladipo, Indiana l’anno scorso avrebbe forse raccolto di più che un quinto posto e un cappotto da Boston (si, era il primo turno…), ma evidentemente dopo Granger e George i Pacers non avevano ancora saldato il proprio conto con gli dei del basket…
I GIORNI NOSTRI
Dopo questa lunga digressione, una domanda sorge spontanea: sono pronti i Pacers a fare un passo in avanti verso l’élite NBA? O anche questa stagione sarà un copia/incolla di quelle precedenti? Si potrà pensare di ritentare la scalata alla Eastern Conference o si ripeterà ancora la solita storia dello Small Market e dell’impossibilità di attrarre Free Agent di spessore nell’Indiana?
Per provare a rispondere a questa domanda abbiamo provato ad analizzare il rendimento della squadra di Coach McMillan nelle prime 36 partite di questa stagione, partita molto male con 3 sconfitte in fila (ma questa rimane per il momento la più lunga striscia di sconfitte stagionale), ma che poi si è progressivamente aggiustata: ben 2 le streak da 5 vittorie e una da 4, con un ottimo 12-4 nel mese di Novembre.

Gli scalpi importanti non sono mancati: Utah, Boston, Lakers e Raptors e 76ers sono uscite dalla Bankers Life con le ossa rotte. Indiana vanta un 50% di vittore contro squadre anch’esse sopra il 50% di vittorie, ma il dato casalingo del 66,7% viene annacquato da un preoccupante 20% in trasferta, che in chiave playoff potrebbe risultare fatale.
Uno degli aspetti principali di questa stagione dei Pacers è quello degli infortuni: ben 114 le partite saltate causa infortuni che hanno coinvolto ben 10 giocatori a roster; al lungodegente Oladipo si sono aggiunti nel corso del tempo quasi tutti i giocatori più importanti della squadra: in particolare Brogdon ha già saltato 9 partite (18-9 il record personale dell’ex Bucks), mentre Turner arriva solamente a 8. Diventa fondamentale quindi capire se, dato il roster spesso ridotto, la frequenza delle partite abbia un effetto sul rendimento della squadra.
DA QUI A METÀ APRILE
Questo fattore, combinato con il livello dell’avversarie (sopra o sotto il 50% di vittorie) e quello di casa/trasferta ci permette di provare a proiettare il rendimento delle ultime 46 partite da qui al termine della Regular Season, ricordando un dato fondamentale, ovvero che la Strenght of Schedule, indice che descrive la difficoltà del calendario residuo sulla base del livello teorico delle restante avversarie, di Indiana è la 12esima dell’intera NBA e la più elevata tra le 6 squadre top della Eastern Conference (Toronto e Miami sono addirittura la 30esima e la 29esima in questa speciale classifica).
Di seguito i risultati dell’analisi:
Tipo Analisi | Wins | Losses | % Wins |
Forza Avversarie | 49.91 | 32.09 | 60.86% |
Casa/Trasferta | 49.25 | 32.75 | 60.06% |
Frequenza | 50.74 | 31.26 | 61.88% |
No Forza Avversarie | 49.93 | 32.07 | 60.89% |
No Casa/Trasferta | 51.03 | 30.97 | 62.23% |
No Frequenza | 48.63 | 33.37 | 59.31% |
Globale | 48.23 | 33.77 | 58.82% |
In sintesi, estraendo le % di vittorie per i tre fattori sopra elencati (considerandoli non solo congiuntamente ma anche singolarmente e poi escludendone uno dei tre di volta in volta) e proiettandole sulla porzione di stagione restante, si arriva a concludere che i Pacers si attesteranno tra le 48 e le 51 vittorie stagionali; vale la pena ricordare che negli ultimi 5 anni con 48 vittorie nella Eastern si è sempre finiti al quinto posto, mentre con 51 solo in un caso si è arrivati quarti, terzi negli altri quattro. Le ovvie differenze che esistono tra il terzo e quinto posto rendono molto difficile qualsiasi tipo di conclusione, ma alcune considerazioni stile best case/worst case sono comunque possibili, soprattutto aggiungendo alcune considerazione più tecniche.
SPUNTI FINALI
Per terminare la lettura con una sensazione di speranza, partiamo prima dai motivi che inducono a non essere troppo ottimisti e a cosa potrebbe generare tutto questo nel breve termine; non parliamo oggi di mercato, lo faremo con l’avvicinarsi della fine della stagione, promesso.
Come già detto, Indiana ha il calendario più difficile tra le 6 squadre top della Eastern Conference quando si tiene in considerazione il record delle restanti avversarie, con Miami e Toronto detentrici del miglior Schedule di tutta la NBA. Brogdon&Co giocheranno poi 22 partite in casa e 24 in trasferta ( di cui 11 ad Ovest con due tour piuttosto impegnativi, il primo di ben 6 partite tra il 15 e il 26 Gennaio ed uno più ristretto di 3 partite consecutive il 29-30-31 Marzo). Il record globale casalingo è 15-4, mentre quello esterno è 7-10, dato preoccupante.
Il rientro di Oladipo è previsto per il 29 gennaio, quando Indiana avrà già terminato la lunga trasferta occidentale di cui sopra e comunque non ci sono garanzie sul suo stato di forma, perlomeno all’interno di questa stagione NBA.
In questa ottica, il sesto posto potrebbe essere la naturale conclusione della RS dei Pacers, chiamati ad una difficilissima impresa al primo turno contro la terza forza dell’Est: sbilanciandoci potrebbero essere gli Heat, avversario non proibitivo, ma che beneficerà del fattore campo. WORST CASE: sesto Posto in RS, conferma della prenotazione al Resort Hawaiano effettuata in data 10/10/2019.
Ma perché invece non provare a gettare il cuore oltre l’ostacolo? Perché non immaginare un rientro di Oladipo in grande stile contro i Bulls? E poi la trasferta californiana di Marzo potrebbe incrociare dei Kings in modalità tanking estremo e a Los Angeles (entrambe le sponde) le attenzioni potrebbero essere più indirizzate verso il load management che al piazzamento playoff, magari già ipotecato per entrambe.
Il ritorno dell’All-Star darebbe a McMillan la possibilità di riposizionare Jeremy Lamb nel suo naturale ruolo di sesto uomo, libero di sprigionare le sue abilità contro i secondi quintetti degli avversari e fornendo alla squadra una pericolosità offensiva costante anche nel reparto dietro, aiutando a curare uno dei principali mali di questa squadra, ovvero il basso e poco redditizio ricorso al tiro da 3 punti: Indiana è penultima nella Lega per Usage% del tiro da 3 punti, ma è quinta per porzione di tiri segnati da 3 provenienti da assist: Indiana utilizza poco il tiro da 3, ma la stragrande dei tiri segnati provengono da assistenze.
La SOS è sicuramente un indice molto utile per capire la difficoltà del calendario, ma è anche vero che Indiana giocherà 27 partite su 46 contro squadre sotto al 50% di vittorie, situazione nella quale ha raccolto il 68% di vittorie.
Recuperare fino al terzo posto di Conference sarebbe un risultato clamoroso, ma del resto i Pacers non dovevano raggiungere i playoff nelle ultime due stagioni e quest’anno avrebbero dovuto aspettare il rientro di Oladipo per provare a recuperare in ottica playoff… BEST CASE: terzo Posto e qualificazione al secondo turno di playoff per misurare la febbre ai Celtics.
Gli Indiana Pacers non hanno sostanzialmente nulla da perdere, l’annata con Oladipo a mezzo servizio è la prima di un percorso di vero rinnovamento e di abbandono del passato che, nell’ottica dirigenziale, dovrebbe fornire alla squadra quel vissuto e quell’identità di cui ci sarà grande bisogno quando si vorrà puntare a qualcosa di più: perché non provare a sognare che questo roster possa mettersi davvero alla prova, giocando dopo anni un turno di playoff con la pressione del fattore campo a favore?