L’importanza delle analytics sta crescendo anno dopo anno in maniera esponenziale e, ormai, ogni franchigia NBA ha deciso di investire in questo ambito diventato fondamentale per comprendere al meglio il gioco del basket. Numerose creazioni sono nate dai modelli statistici degli analisti, ampliando gli strumenti a nostra disposizione per compiere una valutazione quanto più oggettiva di un giocatore o di una squadra.
Ricercando sul web si possono trovare dati su tutti gli aspetti del gioco, dal tiro al passaggio passando per la difesa, tracciati diversamente a seconda delle esigenze. Per quanto riguarda i rimbalzi, esistono alcune statistiche che provano a descrivere le abilità dei giocatori con maggiore efficienza rispetto ai meri numeri che si trovano nel boxscore, come per esempio il REB%, che rappresenta la percentuale di rimbalzi che un giocatore riesce a conquistare mentre è in campo rispetto al totale. Tuttavia, questo tipo di metriche è caratterizzato da un grande problema: nessuna di queste considera l’importanza che hanno i rimbalzi contestati rispetto agli altri nel valutare la bravura di un rimbalzista.
Negli ultimi anni stiamo assistendo a una crescita nel numero di rimbalzi presi dai giocatori più piccoli, come playmaker e guardie, che spesso concludono partite con un numero di rimbalzi accomunabile a quelli di un centro perché in grado di conquistare senza problemi quelli non contestati, soprattutto in difesa.
A tal proposito ho pensato di creare due metriche che siano in grado di aiutarci a comprendere quali giocatori siano veramente abili in questo fondamentale, e quali invece siano soltanto in grado di sfruttare le occasioni di facile preda, ponderando i diversi tipi di rimbalzi.
Introduzione e metodologia
Le advanced metrics che ho creato sono due: il RIOA e la TR%.
Il Rebounding Impact Over Average, abbreviato in RIOA, viene definito come l’impatto che un giocatore ha a rimbalzo parametrato su 100 possessi rispetto a un giocatore medio. Il TR%, ovvero la True Rebounding%, misura l’efficienza di un giocatore a rimbalzo.
Entrambe le statistiche derivano dalla combinazione delle variabili esposte nella tabella sottostante e sono caratterizzate da una base simile pace-adjusted per 36 minuti, che chiameremo boxscore impact. Ad ogni variabile sono stati assegnati dei coefficienti osservando il rapporto in quantità che intercede tra di esse, il cui inverso è diventato poi la costante assegnata alla variabile.

La differenza tra le due metriche è semplice: il RIOA; essendo una statistica cumulativa, viene ottenuto combinando il BI sopra la media della lega con minuti e partite giocate, mentre il TR% deriva dal rapporto tra l’intero boxscore impact e le chance a rimbalzo avute a disposizione di ciascun giocatore.
Valutazione e risultati
I risultati completi si possono trovare al seguente link:
Per comprendere e utilizzare correttamente queste due statistiche, i valori di RIOA e TR% sono stati divisi in sei intervalli, positivi e negativi, che vanno a definire il rendimento della stagione, come da tabella:

Il massimo risultato di Rebounding Impact Over Average finora conseguito, a partire dall’anno 2013–2014, appartiene ad Andre Drummond che nella stagione 2014–2015 ha registrato un valore di +10.47. È inoltre interessante notare come nella scorsa stagione soltanto tre guardie, ovvero Luka Doncic, Russell Westbrook e Ben Simmons, abbiano avuto un impatto positivo a rimbalzo.
Dal punto di vista della TR%, si classifica al primo posto la stagione 2015-2016 di Boban Marjanovic, che supera di soli 0.06 punti la stagione 2014-2015 di Dewayne Dedmon. Marjanovic, all’epoca ai San Antonio Spurs, avrebbe fatto sicuramente comodo lo scorso anno ai texani in questo fondamentale, dato che si sono posizionati tra le peggiori squadre in assoluto per efficienza a rimbalzo.

Le migliori 10 stagioni per RIOA

Lo studio della correlazione
Una volta concluso lo studio del fondamentale, che si può trovare qui, sorge spontaneo chiedersi quanto possa incidere l’impatto a rimbalzo di un giocatore sui risultati di squadra.
Per rispondere a questa domanda abbiamo calcolato il Rebounding Impact Over Average di ciascuna franchigia NBA relativo allo scorso anno e lo abbiamo associato all’SRS, un rating di squadra che tiene in considerazione plus minus e difficoltà del calendario. Il coefficiente R² dimostra come non ci sia alcuna correlazione tra impatto a rimbalzo e risultati di squadra. Tuttavia è lecito pensare che la presenza di buoni rimbalzisti possa favorire in modo considerevole la squadra concedendo seconde occasioni o rallentando la transizione offensiva degli avversari.

Negli ultimi anni, dove abbiamo assistito ad una considerevole crescita nei rimbalzi a partita da parte delle guardie e di conseguenza un aumento del numero di triple doppie, è diventato sempre più complicato riuscire a distinguere quali giocatori sono veramente buoni rimbalzisti e questa nuova statistica trova il suo uso pratico per rispondere a questa domanda.
Prendiamo come esempio due giocatori con una buona reputazione a rimbalzo: Dejounte Murray e James Harden. Prendendo in considerazione la stagione 2017-2018, visto l’infortunio che ha tenuto fuori il primo la scorsa stagione, notiamo che hanno fatto registrare rispettivamente 5.7 e 5.4 rimbalzi di media. All’apparenza sembrerebbero due rimbalzisti di buon livello, approssimativamente di impatto uguale. Tuttavia, se utilizziamo le due statistiche che vi abbiamo presentato sopra notiamo subito la grande differenza tra i due: mentre la guardia degli Spurs ha registrato un RIOA di +0.91, “il Barba” è andato in negativo di 1.60 punti. Questo significa che se sostituissimo entrambi i giocatori con un rimbalzista medio, San Antonio perderebbe quasi un punto di impatto a rimbalzo mentre i Rockets ne beneficerebbero di quasi due punti.
Osservando l’efficienza dei due, la differenza di rendimento appare ancor più lampante: laddove Harden presenta un efficienza a rimbalzo inferiore alla media procurandosi il 51.27% dei rimbalzi a sua disposizione, Murray si posiziona invece al primo posto tra le guardie con un ottimo 73.36% di True Rebounding.
Questo dimostra come sia fondamentale non fermarsi all’apparenza ma approfondire per avere dei risultati precisi e queste due nuove metriche possono sicuramente aiutare a farlo.