In vista del “Christmas Day” Nikola Jokić e Will Barton hanno partecipato alla Conference Call e risposto alle domande dei principali media di tutto il Mondo. Per Denver la partita di Natale sarà una vetrina molto importante non essendo una squadra e un mercato spesso visibile sulle reti nazionali ma grazie alla stagione passata e a Nikola Jokić, quest’anno sarà la sesta apparizione nel Giorno di Natale della storia della Franchigia del Colorado. L’ultima occasione è stata nel 2012: Danilo Gallinari, Ty Lawson e Andre Iguodala – tra gli altri – persero contro i Clippers della “Lob City”. In generale Denver ha un record di 1-4 nelle partite del “Christmas Day”. Nella chiamata con Jokić e Barton abbiamo parlato dello Status di questi Nuggets e fin dove possono arrivare, di quanto Mike Malone sia bravo nel migliorare i propri giocatori, dell’importanza di ogni partita e dell’adattamento delle squadre avversarie al gioco di Jokić.
Iniziamo con le domande a Nikola Jokić.
Per prima cosa volevo chiederti, come pensi stia andando la stagione per te e per i Nuggets fino ad ora?
Jokić: Innanzitutto penso che stiamo facendo una buon stagione. Chiaramente sappiamo esserci un po’ di pressione vista l’annata precedente: abbiamo fissato noi stessi aspettative molto alte, vogliamo realizzare qualcosa di importante. Pur facendo fatica e pur sbagliando tiri stiamo comunque avendo un’ottima stagione. Non dimentichiamo che siamo Top4 a Ovest, potrebbe andare meglio ma potrebbe anche andare peggio. Quello che penso di come ho giocato fino ad adesso? Penso che ci sia ancora tanto tempo prima della fine della stagione e sono sicuro che tornerò al livello del basket espresso l’anno scorso.
Come sei riuscito a portare il meglio del tuo gioco nella NBA? In una Lega dove molti nel tuo ruolo si affidano all’atletismo, tu per combattere questo hai bisogno di tutto il tuo bagaglio tecnico e il tuo QI cestistico?
Jokić: Io posso fare più o meno tutto in campo. Penso comunque di aver portato qualcosa di diverso nella NBA, in una lega dove i lunghi possono influenzare il gioco in tanti modi diversi. Ad essere sincero comunque gioco in questo modo fin da quando sono piccolo: ero già bravo con la palla in mano, mi piaceva servire i compagni, prendermi i tiri, segnare. Una volta arrivato in NBA poi mi ha aiutato molto Mike Malone ovviamente. Mi ha dato la possibilità di giocare il mio basket con libertà, abbiamo iniziato a vincere le partite, i miei compagni di squadra si trovavano bene, al Coach stesso piaceva.
Pensi che da quando sei diventato All Star le squadre abbiano iniziato a studiare meglio il tuo gioco e che quindi cerchi di salvare energie fisiche e mentali per arrivare in forma perfetta ai Playoff e alla corsa al Titolo?
Jokić: No, non penso possa funzionare così l’NBA, ogni partita è importante. Una vittoria a Novembre è importante tanto quanto una a Maggio. Ricordo che due anni fa abbiamo perso l’ultimo spot disponibile per i PO per solo una partita, quindi no non ci sono partite facili per me. Come squadra e come gruppo dobbiamo avere la mentalità di giocare forte, dare il nostro meglio e cercare di vincere ogni partita. Così deve pensare una squadra da Titolo.
Denver è seconda al momento in Defensive Rating. Tu sei conosciuto più come un giocatore offensivo, quindi qual è la chiave per la tua riuscita e quella di tutta la squadra nella metà campo difensiva?
Jokić: La chiave sta tutta nel fatto che siamo rimasti per gran parte sempre gli stessi interpreti. Abbiamo le stesse coperture, la stessa routine, lo stesso sistema difensivo che ormai conosciamo da 4 anni. Quindi semplicemente siamo migliorati grazie alla conoscenza l’uno dell’altro, sappiamo cosa un compagno può fare in difesa, come e quando aiutarci, uno sforzo multiplo di squadra. Non è facile per noi ma sappiamo che per vincere le partite abbiamo bisogno di giocare a un livello altissimo nella metà campo difensiva.
Ripensando alla scorsa stagione e agli scorsi PO, il “two-man game” tra te e Jamal Murray è emerso spesso come un grandissimo punto di forza per la fase offensiva, eppure sappiamo come il tuo modo di giocare sia rivolto al coinvolgimento di tutti i giocatori in campo. Come fai quindi a trovare un equilibrio tra questi due aspetti del sistema offensivo?
Jokić: Sì, sicuramente io e Jamal stiamo migliorando molto insieme e la nostra chimica si vede anche sul parquet. Credo però di avere un’ottima chimica anche con gli altri miei compagni, se guardiamo all’inizio della mia esperienza NBA mi sono trovato subito bene con Gary Harris, poi con Will Barton. Quindi sicuramente non è solo un gioco a due tra me e Jamal. Non possiamo vincere senza il resto della squadra. Loro saranno lì ad aiutarci e segneranno canestri importanti.
Cos’ha aggiunto Mike Mloane a questa squadra per renderla una Franchigia fissa nella TOP5 a Ovest?
Jokić: L’aspetto più influente del Coach è quello della fiducia: si fida molto di noi, ci parla spesso e ci conosce. Capisce che da giocatori spesso possiamo vedere cose diverse quindi ci chiede semplicemente di giocare, dice a noi di gestire le letture offensive. E questa fiducia per me e per i ragazzi è una componente molto importante.
Molti fans serbi non dormono la notte per vedere giocare te e i Nuggets. Il loro sogno sarebbe vederti giocare le Finali NBA e vincere una medaglia d’oro con la Nazionale. Quante chance pensi possano avere questi obiettivi di realizzarsi già da quest’anno?
Jokić: Al momento sto pensando solo ai Denver Nuggets, giocare e vincere per Denver. Ad essere onesto le Qualificazioni alle Olimpiadi dell’estate prossima sono ancora lontane e quindi non ci sto minimamente pensando.
Pensi che i Denver Nuggets siano sottovalutati dai media? Alla fine ad oggi siete terzi in Conference eppure non tanti parlano di voi.
Jokić: Non è una cosa troppo importante, voglio dire: se siamo i favoriti sono contento, se siamo gli underdog sono sempre contento. Il fatto che tu non venga menzionato tra i media non è un qualcosa che deve influenzare il tuo modo di giocare. Noi pensiamo a noi stessi, del resto non ci interessa.
Come vedi la crescita del tuo status in questa squadra?
Jokić: Mi piace, mi piace il viaggio che ho vissuto per arrivare fino a qua. Prima di venire a Denver se non sbaglio arrivavano da una stagione da 27 vittorie, poi il mio primo anno ci siamo fermati a 32 e stagione dopo stagione siamo sempre cresciuti e migliorati. Pur passando momenti bui mi sto godendo il viaggio. Anche i fans: inizialmente eravamo in pochissimi, ora riempiamo sempre il Pepsi Center.
Puoi parlarci della tua relazione con Danilo Gallinari?
Jokić: Io e Danilo ci siamo divertiti a giocare insieme un anno. Sono contento che anche lui stia riuscendo a giocare ad altissimi livelli. Mi ricordo una sera contro i Raptors segnai qualcosa come 26 o 27 punti, a fine partita Gallo mi disse “sappiamo che puoi giocare così, da oggi in poi lo devi fare ogni sera, ogni partita”.
Dopo il serbo, come detto prima, abbiamo avuto anche Will Barton in chiamata.
Questa settimana ti sei classificato quinto nel ranking ESPN per Real Plus/Minus dietro a 3 MVP come Giannis, LeBron, Harden e un MVP delle Finali come Kawhi. Pensi sia una specie di rappresentazione di quanto tu sia importante per i Nuggets?
Barton: Non ci presto molta attenzione. Certo, è bello leggere il proprio nome vicino a quello dei migliori giocatori dell’NBA ma il mio ruolo ad oggi è quello di fare giocate importanti per Denver. Non posso e non voglio perdermi tra numeri e classifiche, devo giocare il mio basket e aiutare il mio team in qualsiasi modo.
Questa stagione come detto prima non è solo una delle migliori difensivamente parlando per i Nuggets ma lo è anche per te personalmente, è qualcosa su cui ti impegni particolarmente? E questo impegno nella metà campo difensiva influenza in modo negativo la tua fase offensiva?
Barton: Si assolutamente, è una cosa su cui ho lavorato: essere un miglior difensore per me e per la squadra. Abbiamo le possibilità e il talento per vincere il Titolo ma tutto deve partire dalla nostra metà campo difensiva. Per quanto riguarda la fase offensiva, no non influisce in modo negativo: se guardiamo i numeri sto facendo quello che ho sempre fatto in tutta la mia carriera. Anzi, questo impegno in difesa a dir la verità mi aiuta a entrare in ritmo, ad essere più competitivo.
Quali pensi siano le maggiori differenze quest’anno nella competitività della Western Conference? L’anno scorso siete arrivati secondi dietro solo ai Warriors, quest’anno pensi sia più complicato replicare la stagione precedente?
Barton: Sicuramente sapevamo che prima di iniziare questa stagione sarebbe stato tutto più competitivo e difficile, i Warriors che hanno perso KD, la partenza di AD verso i Lakers, la doppia mossa dei Clippers, Porzingis che raggiunge Doncic a Dallas. Certamente sembra tutto più equilibrato e difficile ma noi siamo pronti e penso che fino ad oggi stiamo facendo un buon lavoro.
Vorrei sapere cosa pensi della crescita di Denver come realtà nella Western Conference.
Barton: Abbiamo lavorato duro per essere una squadra da Playoff, una squadra vincente: è stato un processo lungo ma abbiamo raggiunto questo obiettivo. Ora l’asticella si è alzata e vogliamo diventare tra le migliori squadre in tutta l’NBA.
Com’è il tuo rapporto Jokić? Hai pensato fin dal primo giorno che l’hai visto giocare con te che sarebbe potuto diventare un All Star e un giocatore così importante per Denver?
Barton: Nikola è arrivato qui senza nessuna aspettativa, ora invece gioca e migliora ogni giorno per diventare uno dei migliori dell’NBA e aver assistito alla sua continua crescita è qualcosa di incredibile. Comunque ha sempre giocato in questo modo, semplicemente a un certo punto ha avuto più possibilità per dimostrare tutto il suo valore: la squadra l’ha capito e gli ha lasciato le redini di tutto l’attacco, il resto lo conoscete già.
Quando sei stato scambiato per i Nuggets facevi parte dello young core, ora sei il quarto giocatore più vecchio della squadra, com’è cresciuto il tuo ruolo all’interno del team e come ti poni nei confronti dei tuoi compagni più giovani?
Barton: Sì, fa abbastanza ridere se ci pensi. Sono arrivato come uno dei giovani e ora sono uno di quelli con più esperienza, mi piace comunque, è qualcosa che accetto con piacere. Chiaramente il mio ruolo a livello di leadership è cambiato molto. I ragazzi giovani mi ricordano molto quello che ero io alla loro età: hanno tanta voglia di fare, trovare il loro posto nell’NBA e nella squadra. Io chiaramente ci parlo, li aiuto cercando di dare a loro consigli per non fare errori che magari ho fatto io.
Quanto ha influenzato il lavoro di Mike Malone nel tuo miglioramento?
Barton: Un ruolo importantissimo quello di Coach Malone. Mi ha lasciato fare, mi ha lasciato giocare il mio basket fin da subito, mi ha fatto commettere errori che mi hanno portato a essere il giocatore che sono oggi.
L’idea dei Nuggets per la stagione è abbastanza chiara, anche avendo avuto l’opportunità di partecipare alla Conference Call riesco a percepire quello che è il credo di questa squadra da quando c’è Malone in panchina: fiducia, difesa e concetto di unione molto forte. La crescita non solo dei due protagonisti di questo articolo ma di tutta l’organizzazione è impressionante. The future is bright, Denver!