Rapida review per chi non lo sapesse: i rating americani raccontano come il basket NBA stia perdendo telespettatori sia nelle reti nazionali che in gran parte delle TV regionali rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda le prime, si parla di numeri grossi: ESPN -20%, TNT -23%, NBA TV -19%.
La media delle TV locali (esempio Fox Sport Ohio, dove io seguo le partite di Cleveland) è invece di un -13% rispetto all’ultima stagione; qui però la varianza è molto grossa, con squadre che hanno addirittura aumentato e non di poco il loro appeal locale (un esempio possono essere i Mavs o i Kings) ed altre che sono invece letteralmente crollate (Warriors).

Ho riflettuto un po’ prima di approcciare questo mio spazio di riflessione su TheShot. Meglio scegliere un sobrio resoconto diciamo “istituzionale” della situazione o posso permettermi di bacchettare alcune pagine di approfondimento che hanno travisato i dati, creando confusione?
Parliamo di ascolti USA infatti…
…quindi non ha senso criticare Harden che ruba i tiri liberi o James che fa passi. In generale questi sono solo piccoli esempi di un discorso più generale che alcuni (invero un po’ troppi) fanno sullo scarso spettacolo che il “circo” NBA offrirebbe. Se ci può stare che gli appassionati esprimano la loro legittima opinione sui singoli giocatori e sulle squadre NBA in generale, è sorprendente che chi pretende di fare informazione caschi in simili facili pregiudizi.
Qualsiasi paragone, anche velato, con ciò che succede in Europa non ha senso. Nessun cittadino statunitense sta abbandonando i Rockets per vedere il Khimki in Eurolega: il sottobosco degli amanti del “bel giuoco” che si vedrebbe in Europa (il vero basket) piuttosto che negli Stati Uniti (lo show) tenga a freno il suo spirito di rivalsa.
Houston non sta perdendo ascolti, per restare nel nostro esempio: i Rockets hanno registrato un +1.1% di share rispetto allo scorso anno, dati aggiornati al mese scorso. Gli step-back, i liberi o i palleggi in isolamento di Harden piacciono ancora agli americani.
Il problema, semmai, è che di LeBron James o di James Harden ce ne sono pochi
È notizia di qualche giorno fa: i Warriors senza Klay Thompson e Stephen Curry hanno perso definitivamente il loro fascino da prime-time televisivo. Se ufficiosamente era cosa risaputa che Kerr e i suoi non avessero più l’appeal delle stagioni scorse, adesso stanno ufficialmente uscendo dai palinsesti televisivi nazionali. ESPN doveva trasmettere Warriors-Jazz il 13 Dicembre e Warriors-Blazers il 18, partite però sostituite rispettivamente con Clippers-Timberwolves e Celtics-Mavericks. In queste prime settimane i vicecampioni NBA in carica hanno giocato infatti già cinque volte sulle TV nazionali: cinque sconfitte, quattro blowout.
Nonostante le due date cancellate, Green e compagni sono al momento in palinsesto altre undici volte in questa stagione, ma sono tutte partite che, con ogni probabilità, verranno via via sostituite. L’unica che certamente dovrà essere trasmessa (in questo caso da ABC) sarà il Christmas-day Vs Houston, anche se credo non con pochi rimpianti.
Come anticipavamo all’inizio, anche i telespettatori delle partite di Golden State a livello locale sono calati: NBC Sports Bay Area registra un calo del 51% rispetto alla stagione scorsa.
Iniziate a percepire il problema? È come se in Premier League di colpo scomparisse il Liverpool.
Se quello dei Warriors è il caso più eclatante, non è il solo
Sono dati aggiornati al 6 dicembre, ma sono molto indicativi: il 63% delle partite mandate in onda su TNT ed ESPN fino a quel momento (22 partite su 35 totali) hanno visto una o più star annunciate mancare all’appello, infortunate.
Chiaro che in minima parte c’entri la questione molto discussa del load management e delle forse troppe partite stagionali che obbligano i giocatori più spremuti fisicamente (Leonard l’esempio più recente) a riposi che suscitano sempre opinioni divergenti tra gli addetti ai lavori ed i fan. Rimandiamo comunque ad un altro approfondimento su TheShot entrambe la questioni, compreso il discorso sulle possibili variazioni del calendario proposte da Silver.
A pesare sul bilancio sono soprattutto le assenze preventivate (Durant o Cousins per la stagione, George o Griffin nelle prime gare) e gli infortuni (Irving o Hayward ad esempio).
Ed a proposito di imprevisti, parliamo di Zion Williamson. Sempre secondo i nostri dati aggiornati al 6 Dicembre, NOLA ha giocato ben 6 volte tra ESPN e TNT, meno solamente dei Clippers ed alla pari dei Celtics, più di tutte le altre. È evidente che dalla presenza della prima scelta assoluta la NBA si aspettasse un boost non da poco in termini di rating televisivi (direi a ragione, immaginate la recente sfida tra Dallas e NOLA con Zion Vs Doncic in campo), attese evidentemente non rispettate per i motivi che ben conosciamo.
Solo sfortuna quindi, la NBA è in salute?
Ecco, non proprio. Certamente la situazione non è drammatica come alcuni l’hanno dipinta, e certamente il prodotto “di campo” piace ancora, quando riesce a proporsi nel suo massimo splendore. Però è indubbio che ci siano delle criticità extra campo che la lega dovrebbe provare a risolvere.
Innanzitutto, inutile negarlo, lo sbilanciamento tra Est ed Ovest ha un peso. Prendendo come esempi Davis, LeBron, George e Leonard: è evidente come una discreta parte dello star power si sia spostato nella West Coast. Sembra una banalità, ma ciò significa che le partite più belle si giocano più tardi, ed i primi a soffrirne sono proprio i residenti dalla parte opposta del paese, che guardano meno partite in diretta.
Un altro solido motivo di flessione è la concorrenza interna
Parliamo sia della concorrenza delle altre leghe professionistiche statunitensi (NFL, MLB su tutte) verso la NBA, sia della concorrenza tra le diverse TV. Le due cose sono ovviamente legate tra loro. Semplificando davvero molto: la TV che trasmette la MLB ha tutto l’interesse che il competitor diretto del suo cliente (la NBA, in questo caso) abbia un calo di audience, perché così anche il suo competitor diretto (cioè la TV che trasmette NBA) subirà lo stesso calo.
Facciamo qualche esempio, così è tutto più chiaro. L’Opening Night tra Clippers e Lakers su TNT ha dovuto competere direttamente con Gara 1 delle World Series, mentre ESPN in ottobre ha dovuto confrontarsi con Gara2, Gara 3 e Gara7. Basti pensare che lo scorso anno le partite NBA sono state trasmesse solo una volta in contemporanea con le Finali MLB, parliamo di Gara 2. È chiaro non sia un caso, infatti la NFL non è da meno.
Sempre TNT al giovedì sta soffrendo molto la concorrenza via via sempre più dura di “Thursday Night Football”, cosa che la NBA ha in parte sottovalutato proponendo squadre come Hawks, Hornets, Knicks, Suns. Parliamo di squadre interessanti per motivi diversi, ma che rischiano di sbiadire nel confronto diretto con trasmissioni molto seguite ed in crescita. Aggiungiamo al quadro i soliti Pelicans “Zion-less”, anch’essi proposti al giovedì ed il quadro è completo.
Si tratta insomma di un lavoro ai fianchi che NFL e MLB stanno portando avanti contro una avversaria che per la prima volta sembra davvero vacillare. E che soprattutto non sembra avere al momento tutte queste partite di cartello da contrapporre a questo assedio.
Non di secondaria importanza la crisi della TV via cavo
Crisi che ha fatto discutere tanto Silver quanto i proprietari delle squadre, Cuban su tutti.
Secondo Silver i tifosi più giovani, che sono una larghissima fetta dell’audience NBA, ormai si appoggiano a servizi di streaming piuttosto che alla TV via cavo, e questa è una piega preoccupante per una lega che ha accordi pluriennali e plurimilionari con colossi tipo Disney’s ESPN o WarnerMedia’s TNT. Insomma, la pallacanestro piace soprattutto ai giovani, ma è la stessa pallacanestro che si è arricchita negli anni attraverso uno strumento che oggi i giovani snobbano. Anche la serie Tv su Netflix può diventare allo stato dell’arte un concorrente temibile.
Sulla stessa lunghezza d’onda, dicevamo, Cuban. Il proprietario dei Dallas Mavericks calca la mano però sui competitor diretti (la NFL in questo caso) che usufruirebbero dell’enorme vantaggio di poter trasmettere sul digitale. Costo ridotto per le famiglie e facilità di accesso.
In ogni caso è indubbio che la TV via cavo stia soffrendo: parliamo di una flessione del 20% negli ultimi 4 anni. Questione totalmente extra cestistica che però ha forti ripercussioni sugli ascolti NBA, sia per le motivazioni suggerite da Silver o per quelle suggerite da Cuban.
Concludiamo
Le colpe in NBA ci sono, ma non c’entrano molto con la crisi del prodotto millantata un po’ superficialmente da alcuni media. Se la partita è di cartello e si propone con tutti i suoi protagonisti in campo, la gente la guarda se gli orari lo permettono. Certo, si può sempre migliorare. Quindi comunque ben vengano le riflessioni su tornei/draft/seedPO che il management sta facendo (e sulle quali noi qui abbiamo volutamente sorvolato).
Piuttosto è ora che la lega inizi a programmare la trasmissione delle partite a tutto tondo: sia a livello tecnico del medium scelto, sia in relazione a competitor che finora sono stati un po’ snobbati. Situazioni queste che la NBA sta finalmente discutendo come deve fare un leader di mercato in questi casi. Il prodotto che vendi devi prima di tutto valorizzarlo, poi al limite penserai a migliorarlo.
Importante sarebbe magari anche iniziare a valutare (come sta accadendo) un modo per ridurre il numero della partite senza rimetterci soldi, così da prevenire o comunque limitare infortuni ed assenze. Oppure regolamentare i fisiologici riposi dei giocatori nelle 82 partite di regular season, sempre nell’ottica del prodotto da valorizzare.