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Il futuro incerto dei Sacramento Kings

Iacopo Lena by Iacopo Lena
18 Gennaio, 2020
Reading Time: 8 mins read
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I Kings hanno iniziato nel peggior modo possibile la loro personalissima “stagione del riscatto”, con ben cinque sconfitte consecutive e visibili problemi di gioco. Solo una cosa ha tenuto a galla la franchigia, proprio quando sembrava aver ormai toccato il fondo: la profondità del roster. Se i Sacramento Kings sono rimasti addirittura a due sole lunghezze dall’ottavo posto è proprio grazie all’inaspettato impatto delle seconde linee, chiamate a sostituire gli infortunati di lusso. Dopo la serie di sconfitte d’inizio stagione e il doppio infortunio di Bagley e Fox, i californiani sono risaliti fino al nono posto salvo poi assestarsi al decimo posto a questo punto della stagione: escludendo l’inizio degno da film horror, i Kings ne hanno vinte 8 su 13 per poi perdere malamente le ultime due contro Bulls e Blazers.

CALENDARIO E INFORTUNI

Prima di parlare di colpe dei giocatori e del coaching staff, vanno analizzate alcune situazioni esterne ma fondamentali per l’economia della stagione di una franchigia.

I Kings hanno giocato poco meno della metà delle partite disputate fino ad ora contro squadre di livello uguale o superiore: due volte i Nuggets, 76ers, Raptors, Lakers, due volte Celtics e due volte Jazz, tenendo un parziale di 3 vittorie e 6 sconfitte.
Date le circostanze, i Kings hanno limitato i danni contro squadre nettamente più forti. Il vero problema, però, è legato al record di 5-6 registrato contro le squadre che hanno un record peggiore di quello di Sacramento.

Per rimanere agganciati ai Suns e all’ottavo posto Walton deve sfruttare proprio il calendario, che vede un dicembre sulla carta abbondantemente alla portata della sua squadra.

Il ritorno a casa vedrà una serie di partite da vincere assolutamente:

Dec. 11 vs. OKC (6-11)
Dec. 13 vs. New York (4-14)
Dec. 15 @ Golden State (4-15)
Dec. 17 @ Charlotte (7-12)
Dec. 20 @ Indiana (11-6)
Dec. 21 @ Memphis (5-12)

Secondo aspetto rilevante, seppur meno sottovalutato del calendario, riguarda la situazione infortuni. Marvin Bagley ha saltato praticamente tutte le partite, così come la star della squadra De’Aaron Fox. Salvo eventuali battute d’arresto, Bagley dovrebbe tornare a pieno regime per questa importantissima serie di partite. La sua assenza è pesata, senza alcun dubbio, sulle rotazioni e sugli schemi di Walton. Al suo posto Richaun Holmes si è comportato bene – 28 minuti a partita con 12.4 punti e 8.4 rimbalzi – ma non abbastanza bene da sopperire al peso offensivo del sophomore. De’Aaron Fox invece arriverà a metà gennaio, nel vivo della corsa playoffs.

Marvin Bagley III has been re-evaluated but will not be ready to go by Saturday or Monday’s game. Kings coach Luke Walton said he’s much closer than De’Aaron Fox, who is getting shots up today without a brace on his ankle.

— Sean Cunningham (@SeanCunningham) November 29, 2019

LE DIFFICOLTÀ DI COACH WALTON

Dare solo colpa a calendario e infortuni sembra, però, un modo per assolvere da colpe il coaching staff, che di colpe, invece, ne ha. Cos’è successo alla squadra spumeggiante e fresca della scorsa stagione? Cos’è cambiato?

Purtroppo o per fortuna – solo il tempo ce lo dirà – è cambiato il coach. Walton non ha mai nascosto le sue intenzioni e le sue idee di gioco: l’ex Lakers ha sbandierato da inizio stagione il suo piano di abbassare il ritmo di gara per aumentare il volume di tiri da 3 punti. Qualcosa però, soprattutto all’inizio della stagione, è andato storto. In primis la squadra è incredibilmente lenta. Vuoi per condizione fisica, vuoi appunto per scelte tattiche, il pace della squadra è passato da uno dei più alti della lega – il terzo (103.88) – durante la scorsa stagione al folle penultimo posto in cui si trova ora la squadra (98.36), aggravato sicuramente dall’assenza di Fox e Bagley.

Non si tratta solo di ritmo, però. Sacramento nella prima fase della stagione ha figurato come una delle peggiori squadre per touches e passaggi fatti, risultando visibilmente lenta e confusa nel far girare la palla, salvo poi migliorare lentamente in questo fondamentale nelle ultime giornate, senza però raggiungere la media della lega (nelle prime cinque giornate i passaggi a partita erano 207, l’ultima squadra attualmente per passaggi a partita è Houston con 239). Ne ha risentito drasticamente quindi la produzione offensiva della squadra.

L’aumento – lieve – di tiri da 3 punti, invece, non ha comportato alcun miglioramento in termine di punti segnati rispetto alla stagione precedente. Qui si è rotta la macchina di Walton. Attualmente Sacramento segna 36.6 punti a partita con tiri da 3 punti, lo scorso anno era 34. C’è un miglioramento davvero poco significativo, un tripla a segno in più a partita, a fronte però delle cinque triple in più tentate a partita, sintomo di peggiori percentuali. Per raggiungere l’obbiettivo 35 3PA Walton ha chiesto ai suoi di ridurre il ritmo, di correre meno con la palla in mano e di farla girare di più. Insomma, la squadra ha smesso di correre ma fa girare male il pallone, tira di più da tre ma lo fa peggio. Per intenderci meglio, Sacramento segna ben 9 punti in meno a partita da situazioni di contropiede rispetto alla scorsa stagione. Eppure il coach persevera.

Walton insiste sul problema dei punti concessi da palle perse – 16.9 a partita – nonostante il dato sia nella media della lega. La sua paura credo sia più la quantità di palle perse in generale – 16.1 a partita, nella flop 5 della lega – che non i punti che queste generano.

Difensivamente, invece, Sacramento ha ritrovato un po’ di compattezza dopo il caos delle prime uscite stagionali, nel quale l’andamento nella propria metà campo rispecchiava perfettamente quello nella metà avversaria. Squadra estremamente svogliata e pigra a ripiegare, durante le prime 10 partite – sempre confrontando i dati con la gestione Joerger – la squadra subiva quasi 7 punti in più da belle perse, concedendo addirittura 15 punti da seconda chance. Ora le medie non solo sono rientrate in parametri accettabili, ma sono addirittura migliorate, seppur di poco, da quelle della precedente stagione.

CAPITOLO VETERANI

Harrison Barnes merita 20 milioni abbondanti l’anno di stipendio? Probabilmente no. Sacramento poteva sfruttare i soldi dati a Barnes per altri giocatori durante la Free Agency? Probabilmente no. Il giocatore sta dando una mano alla squadra? Probabilmente sì, più di quanto ci si sarebbe aspettato. Sta mantenendo delle buone medie stagionali – 16.3 punti 4.9 rimbalzi e 2.1 assist – a fronte di ben 35.1 minuti giocati a partita, il più utilizzato da Walton. Medie buone, sì, ma in linea con quelle fatte registrare in carriera. E allora dove risiede questo grande aiuto che sta dando ai compagni? Si tratta semplicemente di mentalità. Ciò che rende positiva fino a questo momento la stagione dell’ex Warriors è la mentalità che sta trasmettendo alla squadra.

“E’ il nostro leader. Tutto quello che fa dentro e fuori dal campo dev’essere preso da esempio dal resto della squadra” sono state le parole di Justin James dopo la vittoria contro Denver dello scorso 30 novembre. Per una squadra come Sacramento, ricchissima di giovani privi di esperienza, la presenza di un leader che trasmetta sicurezza alla squadra – a fronte di un allenatore che non sembra infondere particolare energia – diventa fondamentale.

30 points for No. 40!@hbarnes comes up clutch to snap Denver's six-game winning streak ? pic.twitter.com/BMEFu05FyF

— Sacramento Kings (@SacramentoKings) December 1, 2019

Posso sinceramente ritenermi offeso dalle prestazioni offerte da Dewayne Dedmon, dopo tutte le belle parole spese nella season preview. Appena 15 minuti a partita, 5.3 punti e la miseria di 4.2 rimbalzi, senza contare il 23.4% da 3 punti. Colui che doveva diventare un leader dello spogliatoio e una certezza nel pitturato si trova ora a fare la riserva di Holmes e Bjelica, partito dalla panchina ben 15 volte. Semplice calo fisico? Problemi con il piano tattico? Walton sta preferendo un giocatore molto più atletico, più difensore del ferro e magari meno abile ad aprire il campo, con risultati piuttosto deludenti: per quanto possa essere esplicativa una statistica base, i Kings sono terzultimi nella lega per rimbalzi catturati.

Impressione puramente personale: non sono parole da leader e/o veterano.

Chi doveva davvero diventare un giocatore fondamentale nelle rotazioni del coach e nello spogliatoio, almeno secondo l’opinioni di molti addetti ai lavori, era Trevor Ariza, il nome più pregiato della free agency di Sacramento. Complice anche qualche guaio fisico, l’ex Suns ha giocato solo 13 delle 20 partite stagionali. Non stupisce il minutaggio (20 min a partita) quanto invece la produzione offensiva: solo 4 punti a partita di media – in pratica un tiro da 3 punti e metà libero, considerato l’1.1 di 3PM e lo 0.5 di FTM – con un terribile 98.8 di OffRtg.

BUDDY HIELD

Buddy è uno scorer nato. Buddy è lo scorer dei Kings. Con il solo aiuto di Bogdanovic, complice l’assenza di Fox e quella di Bagley, si sta caricando sulle spalle la fase offensiva della squadra. Se il piano tattico di Walton ha costretto molti giocatori a cambiare il loro stile di gioco, questo non vale per Hield, almeno sulla carta. Il volume di tiri da 3 tentati dal giocatore dei Kings è aumentato significativamente, passando dai 7.9 dello scorso anno ai 10.5 attuali. A risentirne sono state le percentuali: il miracoloso 42.7% è diventato un timido 35.9%.

A cosa si deve questo calo? Proprio le responsabilità offensive affidate a Hield. Con Joseph in campo, l’azione parte spesso dalle mani di Buddy, che di sicuro non è un gran creatore di gioco – sono più le palle perse che gli assist. Gli avversari lo sanno e spesso lo raddoppiano, costringendolo a forzare il tiro o cercare un passaggio difficile.

Passaggio difficile che ogni tanto riesce.

Al momento, con pochissime partite giocate al fianco del suo compagno di frontcourt, è difficile analizzare la stagione di Hield. Alterna partite da career high con altre da 1/8 da 3 punti, mostrando giocate da fenomeno a pessime gestioni della palla. Le vittorie da Sacramento, specialmente ora, devono passare dalle sue mani, dalle sue percentuali. Ha già dimostrato in carriera di saper tirare, deve ritrovare un po’ di fiducia e deve essere messo in condizione di farlo.

IN CONCLUSIONE

Walton persevera sulle sue idee, ma giuste o sbagliate che siano hanno snaturato la squadra, che – in gergo professionale – ora non è né carne né pesce. Questo non significa che sia un incompetente, ma che la squadra deve avere il tempo di abituarsi alle nuove direttive. C’era da aspettarselo, si sapeva già ai nastri di partenza che la squadra avrebbe avuto bisogno di un periodo di assestamento, ma nessuno si sarebbe aspettato così tanta difficoltà. Sarà interessante vedere come Walton gestirà eventualmente il ritorno di Fox e soprattutto quello di Bagley, ora che la squadra sembra aver trovato un parziale equilibrio nelle rotazioni dei lunghi. Inizia la fase calda della stagione e avremo una risposta più chiara all’interrogativo cardine: dove arriveranno questi Kings?

Tags: Buddy HieldDewayne Dedmonharrison barnesLuke WaltonSacramento Kings
Iacopo Lena

Iacopo Lena

Mette il parmigiano negli spaghetti allo scoglio. Si è innamorato della NBA guardando le giocate di Demar DeRozan e crede nel progetto Kings. Ovviamente si scherza, i Kings non hanno alcun progetto.

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