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Ten Talking Points – Episodio 2

Andrea Bandiziol by Andrea Bandiziol
17 Gennaio, 2020
Reading Time: 15 mins read
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Credo bastino due episodi per far diventare una rubrica una tradizione, quindi ormai siete fregati. Senza ulteriori introduzioni che tanto ormai avete capito come funziona, dieci cose che mi sono piaciute e non mi sono piaciute nelle ultime due settimane NBA: ecco a voi Ten Talking Points, episodio 2.

1) LeBron James, First Team All-Defense

È vero, se n’è sentito parlare tanto in questi giorni, tra triple doppie e schiacciate varie, ma credo che di un aspetto del gioco di James non si sia parlato a sufficienza: la sua difesa. Alcune tra le metriche avanzate non sono ancora troppo affidabili anche a causa del campione ridotto di partite, quindi per ora fidiamoci del caro vecchio (ma non così tanto vecchio) Box Plus-Minus. LeBron sta avendo il secondo Defensive Box Plus-Minus (2.9) più alto della sua carriera, il migliore dalla penultima stagione del suo primo periodo a Cleveland (3.6).

Era il 2008-09: avevo 19 anni, stavo cominciando l’università, fui tra i primi ad iscrivermi a Facebook nella mia cerchia di amici, la famosa crisi economica era nel suo stadio iniziale, Obama diventava presidente per la prima volta. Undici anni dopo, LeBron è tornato a giocare con intensità nella metà campo difensiva anche in Regular Season dopo qualche anno di pausa e a fare cose del genere:

Nonostante gli ultimi anni, nessuno dovrebbe mettere in dubbio le capacità difensive di LeBron. E’ un genio del gioco, capace di letture per altri impensabili e con un fisico che a 35 anni lo sostiene ancora. E’ stato per ben 5 volte All-Defensive First Team, dal 2009 al 2013, ininterrottamente. Non ci si dovrebbe stupire nel vederlo fare cose di questo tipo. O forse sì, considerando il chilometraggio del suo corpo:

Con una squadra che molto spesso, insieme a lui, ha almeno due tra Howard, Davis e Green, James può finalmente fare il gioco che difensivamente gli riesce meglio, quello da roamer: senza un assegnamento particolare, essendo libero di osservare lo sviluppo dell’azione e decidere dove è richiesto il suo aiuto. Il posizionamento su questo passaggio di Brunson, a coprire da solo entrambe le linee di passaggio dal lato forte del passatore verso i due tiratori, è semplicemente perfetto:

Pensare che LeBron, una volta persa l’esplosività che gli consente di fare 30+15+10 sostanzialmente ogniqualvolta decida di farlo, possa avere altri 4/5 anni di carriera in cui è una versione potenziata del miglior Draymond Green è spaventoso. O confortante, dipende dal vostro punto di vista.

2) Il floater di Brandon Clarke

Non so se lo sappiate già, ma a me piace Brandon Clarke. Se non lo sapete, probabilmente non mi avete sentito parlare di NBA per più di un’ora. Quindi preparatevi: ogni tanto qua dentro leggerete di Brandon Clarke. Bene, ora che vi ho avvisato andiamo al dunque: Brandon Clarke tira col 68.8% entro i 10 piedi dal canestro. In particolare, Clarke ha un floater efficacissimo:

Grazie alla sua abnorme elevazione (secondo alla draft combine dietro il solo Jalen Lecque) ed il suo ottimo controllo della parte alta del corpo, Clarke è in grado di lasciar partire il suo floater in ogni occasione, sfruttando la sua “altezza funzionale” contro chiunque o quasi:

Non vorrei annoiarvi troppo parlando anche della sua capacità sul pick&roll, che sono forse addirittura migliori. Quelle me le tengo per una delle prossime volte, tanto sono sicuro che Clarke continuerà a migliorare giorno dopo giorno. Per questa volta solamente floater:

Vi ho mai raccontato quella barzelletta in cui un rookie scelto alla 21 comincia la stagione giocando 21 minuti a notte e facendo registrare 20+10+2 stoppate per 36 minuti tirando col 65% da 2, col 43% da 3 col 92% ai liberi ed essendo il miglior difensore della sua squadra?

3) L’estetica di Anfernee Simons

Devo ammetterlo: conoscevo poco Simons prima del draft. Avevo visto qualche registrazione, zero partite. Certo, il ragazzo sembrava essere talentuoso e più alto del 1.90 dichiarato, ma non riuscivo veramente ad innamorarmene. Forse, dopo queste prime partite, sta succedendo:

La cosa che più mi piace di questo ragazzo è che sia il classico natural, uno che non fa il minimo sforzo nel fare le cose che fa. Ogni suo tiro esce dalle mani come se fosse la cosa più naturale del mondo. A 20 anni appena compiuti, credo sia lecito considerare questa come la vera stagione da rookie di Simons, ed onestamente non vedo molti suoi coetanei con questa combinazione di altezza, grazia ed efficienza. Ho difficoltà a nominare un solo giocatore del draft 2019 in grado di segnare così in faccia a Buddy Hield:

La classe sembra esserci, la sfrontatezza anche. E’ vero, l’aspetto del suoi gioco che mi ha colpito di più sinora è stato il tiro dal palleggio, ma sa fare anche altro, come penetrare dopo un crossover e appoggiare a tabella sopra le braccia distese di Harrell:

Simons ha già avuto un paio di momenti in cui ha letteralmente preso fuoco (20 contro Atlanta, 17 contro Toronto, 15 di media nelle ultime 5), sta tirando in maniera efficace (59.3% di True Shooting) e ormai fa parte della rotazione che chiude le partite per Portland. Comprate tutte le azioni che potete ora, perché fra poco costeranno care.

4) OG Anunoby, advanced MIP

Chi tra voi ha davvero buona memoria e ascolta The ANDone Podcast dai suoi albori, sa che OG Anunoby era la mia scommessa per essere la steal del draft 2017. Nelle prime due stagioni, John Collins alla 19 e Derrick White alla 29 hanno chiaramente reso questa mia previsione errata, almeno sinora. Queste prime dieci partite di OG mi stanno però facendo sentire un po’ meglio.

Uscito dall’ombra di Kawhi Leonard (parlammo diverse volte lo scorso anno dell’incompatibilità dei due in campo e di come fossero sostanzialmente presenze esclusive nella lineup di Toronto), Anunoby ha potuto finalmente far vedere tutti i suoi progressi: 11.4 punti con 5.5 rimbalzi, un non sostenibile 52,5% da 3 su 3.6 tentativi a partita per una irrealmente alta True Shooting del 67%. Ma il salto più grande OG forse l’ha fatto vedere in difesa, dove già era a buoni livelli: 3.3 di Defensive Box Plus-Minus in queste prime partite, dato nettamente più alto della sua carriera (il precedente massimo era 0.4 nella sua stagione da rookie). In particolare, la sua Block Percentage è salita da 1.3% a 3.4%:

OG sta, in particolare, dimostrando intelligenza sui cambi ed in aiuto difensivo. Non è il più esplosivo degli atleti, ma sembra capire qualche istante prima degli altri cosa vorrà fare l’attacco. Spesso le sue stoppate sembrano quasi più delle palle rubate che delle vere stoppate; tende a bloccare l’attaccante prima che questo lasci partire la palla dalle proprio mani:

OG ha avuto diversi infortuni che ne hanno limitato l’esplosività negli anni, è vero, ma comunque non va assolutamente sottovalutato come atleta. Ha una buona elevazione verticale che gli consente di contestare tiri al ferro con una buona efficacia per un 3:

Le cifre per vincere il MIP non ci sono (Siakam è un candidato molto più credibile, per dirne una), ma di certo in termini di impatto in campo Anunoby è uno dei giocatori più migliorati di questo inizio di stagione.

5) Boston Celtics Flying Circus

I Boston Celtics sono partiti alla grande, e questo lo sappiamo. Dieci vittorie contro solo una sconfitta, miglior Net Rating della lega a +8.8, miglior offensive rating a 112.7. Quello che stupisce è che i Celtics stanno facendo tutto questo senza alcun giocatore sopra i 25 punti e senza nessun giocatore sopra i 5 assist per partita. Hanno però ben 4 giocatori sopra i 18 punti a partita, sebbene uno di loro sia ora infortunato. Morale della favola: levando Kyrie e inserendo Kemba, l’attacco è diventato quel sogno democratico che Stevens aveva sempre desiderato:

Ora l’attacco di Boston è davvero una motion offense. Di certo ha aiutato abbassare il numero di pick&roll giocati per partita: Kyrie è infatti uno dei giocatori che più spesso chiama questo gioco (secondo nella lega quest’anno a 13.7 p&r chiamati per partita, è lo schema chiamato il 49,2% delle volte) e questo era stato uno dei motivi di insoddisfazione più grossi per Tatum e Brown. Kemba, che è comunque uno dei giocatori migliori della lega in pick&roll, ne chiama 9.9 a partita. Per inciso, Irving segna 1.05 punti per possessi in queste situazioni (71% percentile), Kemba 1.17 (94% percentile) Meno possessi basati su Kemba uguale più possessi basati su dho e doppi blocchi, tagli e altre cose oggettivamente più divertenti da vedere:

E’ vero, i Celtics hanno avuto finora una schedule abbastanza rilassata (solo cinque squadra “da playoff” incontrate sinora, vittorie contro New York due volte, Cleveland, Charlotte, Golden State e Washington), ma questo inizio non sembra essere figlio di una mano collettivamente calda: le percentuali, dal campo e da tre, sono molto simili all’anno scorso. Quello che è cambiato è la distribuzione dei tiri (l’attacco è meno prevedibile, costringe la difesa avversaria a più rotazioni e dunque è più facile arrivare al ferro, dando il 17% in più di tiri liberi) ed il fatto che tutti quanti gli uomini importanti abbiano i loro tocchi, il che li rende attenti anche in difesa.

Basta un solo dato a rendere l’idea di quanto l’attacco Celtics non sia stagnante. Walker è il giocatore che tiene più la palla in mano (6.5 minuti a partita), undicesimo nella lega in questa classifica, ma nonostante questo è solo ventiquattresimo per secondi per cui tiene la palla in mano per ogni tocco. Il verde che viene dopo è Tatum, ed è solamente 84esimo con 2.8 minuti a partita, ma addirittura 175esimo per secondi medi per tocco. I Celtics hanno solo due giocatori nei primi 100 per secondi medi per tocco, Kemba stesso e Wanamaker (che comunque gioca poco più di dieci minuti a partita). La palla viaggia veloce a Boston, e i Celtics con lei.

6) La distopia delle statistiche

A quanto pare, non tutti i giocatori NBA ancora sanno che le palle perse per shot clock violation o alla fine dei quarti non contano come palle perse personali, bensì come palle perse di squadra:

Questo atteggiamento, che fine a qualche anno fa era confinato a scherzo di spogliatoio o comunque bollato come comportamento da evitare, è ormai diventata un’abitudine comune. La cosa abbastanza ridicola è che nemmeno molti analisti NBA sembrano essere a conoscenza della cosa:

Lmaooooooooo @joshhart https://t.co/nt1WaO5mUs

— kuz (@kylekuzma) November 1, 2019

Rimane il fatto che ci sia stata una vera e propria esplosione di casi come questo nelle prime settimane, e di certo, se non fatta con intenti goliardici e senza essere a conoscenza di come questa palle perse vengano registrate, la cosa non è esattamente il genere di trattamento che vorresti ricevere da un compagno di squadra. Una semplice comunicazione congiunta di squadre e lega ci eviterebbe questo teatrino una volta ogni tre/quattro partite.

7) Lo stato confusionale di Lauri Markkanen

Ormai è palese: è tutta colpa di Lauri. Almeno, questo è il gioco che tutti sembrano star giocando, dai la colpa al finlandese e passa la paura. La verità è che i Bulls nella loro totalità sembrano in confusione: ottima selezione di tiri in attacco (primi per tiri presi al ferro e ultimi per tiri presi dal midrange) che però nasce da uno stile difensivo aggressivo su ogni linea di passaggio, e dunque rischiosissimo (non a caso sono primi per punti subiti al ferro e penultimi nel forzare midrange). Nonostante il loro attacco prenda i tiri giusti, tutti sembrano pensare una frazione di secondo di troppo a cosa fare quando ricevono la palla in mano. Markkanen, è vero, forse è quello che ci pensa più di tutti:

Nell’azione qua sopra, Lauri avrebbe dovuto prendersi il tiro da 3, dato che non era stato mal costruito e la sua squadra era sotto di 9 a 35 secondi dalla fine. Probabilmente, però, gli sta mancando la fiducia, dato che sta tirando col 28% da 3 e si sta prendendo meno triple per 36 minuti di quando non se ne prendesse nell’anno da rookie. Così decide di mettere palla a terra, si infila in un vicolo cieco, cerca mollemente un passaggio e sembra quasi sollevato quando il trio di Milwaukee gli leva la palla. Anche nell’azione qua sotto, Lauri sembra davvero non aver ancora assimilato i movimenti di squadra, commette i classici errori di chi ci pensa troppo e finisce per fare la più classica brain fart, come dicono gli americani:

Per sua stessa ammissione in un’intervista a The Athletic, gli schemi di Chicago prevedono che lui stia molto più sul perimetro rispetto al passato, e questo sembra limitare le sue capacità di mettersi in moto. Nella tripla qua sotto, il rilascio è così lento che persino Bledsoe ha il tempo di uscire e contestare il tiro:

Lauri ci sta pensando un po’ troppo, è come se la sua testa fosse piena di schemi ed informazioni. Probabilmente, se lasciasse andare tutto e facesse le cose più naturalmente, anche le sue percentuali comincerebbero a ringraziarlo.

8) La shot selection di Andrew Wiggins

Andrew Wiggins in queste settimane sembra addirittura un giocatore che potrebbe meritare il contratto che guadagna. Il canadese sta girando a 26 punti di media, tirando col 36% da 3 e con una True Shooting del 56% (entrambi career high). Queste percentuali non sono certo classificabili come “eccellenza”, ma sono quantomeno nella media della lega, e prendersi 21 tiri a notte segnandoli nella media della lega non è affatto male. Questi miglioramenti sono principalmente dovuti alle zone da cui Wiggins si prende i tiri: il 46.1% dei tiri è entro i 10 piedi dal canestro, contro un massimo in carriera del 40%.

Wiggo non è aggressivo come era nei primi anni della sua carriera, e questo è testimoniato anche dal crollo del numero di tiri liberi presi per partita (ha avuto vette da 7 liberi a partita, da tre stagioni non sale oltre i 5), ma sta imparando a scegliere accuratamente le posizioni da cui prendersi i tiri e anche la percentuali di tiri contestati è scesa rispetto alle scorse stagioni:

In occasioni come questa, il vecchio Wiggins avrebbe approfittato del mezzo metro d’aria portato dal blocco di Towns e sfruttato la sua ottima elevazione per tirare sopra il lungo che aveva droppato, mentre ora rinuncia ad un midrange a basse percentuali per prendere un tiro al ferro a percentuali ben più elevate.

Solamente se Wiggo riuscirà a mantenere questa selezione di tiri per buona parte della stagione, i Timberwolves potranno confermare quanto di buono fatto vedere finora e continuare a lottare per l’ottavo posto ad est, dando per scontato che KAT continui a giocare a livelli da MVP per tutto l’anno.

9) Not So Much Jiggling Joe

Il grande pubblico NBA scoprì Joe Ingles molto tardi, alla ormai veneranda età di 30 anni durante la serie di PO in cui tenne a bada Paul George (25 punti col 40% dal campo) mentre dall’altra parte del campo era la seconda bocca da fuoco di una squadra appena presa in mano da un giovane Donovan Mitchell. Quasi due anni dopo, si può dire che quello fu il punto più alto della carriera NBA di Joe. L’anno scorso furono i problemi di autismo del figlio a limitarlo nella prima parte di stagione, quest’anno probabilmente è invece l’essere stato spostato nella Second Unit per far posto a Bogdanovic.

Nei piani della dirigenza mormone probabilmente c’era la volontà di fare di Jiggling Joe la fonte primaria di gioco dalla panca, ma finora non è stato così: gli assist sono crollati da 5.7 a 3.4, le percentuali da 3 dal 39% al 28%:

In questa clip c’è molto di quello che queste poche righe vogliono lasciare: Ingles è il preposto a portare su palla, chiama un pick&roll, poi si trova preso nella più classica indecisione tra l’alzare un lob a canestro, al compagno nel dunker spot o all’uomo sul perimetro: risultato, palla persa.

Queste indecisioni a livello di playmaking, dovute verosimilmente al fatto che Ingles sta ora giocando con compagni di squadra con cui deve ancora sviluppare un certo feeling dopo aver giocato per anni da titolare, stanno alterando anche le prestazioni al tiro dell’australiano:

Un dato che meglio rappresenta il cambio di scenario per Ingles in questo inizio di stagione è il seguente: non ha ancora messo una tripla dall’angolo. Nell’annata in cui se n’era prese di meno, il 26% dei suoi tiri da 3 veniva dall’angolo, e li segnava col 44% (47% in carriera). Quest’anno solo il 13% delle triple viene dall’angolo, e ancora non ha messa mezza. Ingles prende più triple dal palleggio, ma queste non sono esattamente il suo pane quotidiano:

Per le ambizioni da titolo di Utah, serve il miglior Ingles. Speriamo che la sua stagione sia in crescendo come ci ha abituati nelle ultime stagioni, altrimenti le già non alte chance dei mormoni si abbassano drasticamente.

10) Bogdan Bogdanovic, la nuova PG dei Kings

Per i Kings, l’infortunio di De’Aaron Fox proprio non ci voleva. E’ vero, il terzo anno da Kentucky non stava producendo come nella passata stagione e i Kings, in parte anche per questa ragione, sono partiti 0-5. Ma poi qualcosa ha iniziato a funzionare, e Sacramento è andata 3-1 nelle successive 4 partite prima dell’infortunio di Fox. All’improvviso, Sacramento si è ritrovata con 32 minuti a rotazione da riempire e, soprattutto, con due scelte importanti da fare: dando per scontato l’inserimento di Cory Joseph nel quintetto titolare, chi sarebbe stato il creatore di gioco per la second unit? E chi nei minuti finali della partita? Due domande che hanno trovato una sola risposta: Bogdan Bogdanovic, che sin dalla prima senza Fox contro Portland ha gestito il pallone nei momenti in cui contava di più, mettendo in mostra ottime letture sia sul pick&roll con Holmes che sul pick&pop con Bjelica:

Nella prima partita senza Fox, Sacramento è partita con un quintetto Joseph-Hield-Barnes-Bjelica-Holmes, schierando invece Ferrell e Bogdanovic come guardie della second unit, come da copione. Quello che invece non ci si aspettava è che il ruolo di Ferrell fosse quasi esclusivamente stare fermo in angolo e aprire il campo:

In due partite senza Fox, Bogdanovic sta facendo registrare 21.5 punti (46% da 3), 7.5 assist, 3 rimbalzi e 3 rubate a partita, ed il suo utilizzo è esploso a 34.5 minuti di media (rispetto ai 25 di inizio stagione). E’ vero, sta facendo registrare 3 palle perse a partita, ma queste derivano dal carico di gioco che Bogdan si è preso sulle spalle. Molto interessante soprattutto è la sua chimica con Holmes, buon giocatore di pick&roll (1.32 punti per possesso da roller, 77% percentile nella lega). Nell’azione qui sotto, il tempismo del passaggio è perfetto (subito dopo il trapping tentato da Davis) e la sua altezza consente a Bogdanovic di trovare il passaggio comodo per la schiacciata di Holmes:

L’ultima azione, invece, richiede una serie di elementi più complicati di quanto visto sopra. Bogdanovic sfrutta il blocco alto di Holmes per cambiare mano e cercare un isolamento contro Howard. LeBron lo capisce e cerca il raddoppio. La velocità di pensiero di Bogdanovic gli consente di girarsi, identificare il mismatch Holmes-Caruso e lanciare un laser pass sopra le mani protese di LeBron per due punti facili del centro:

Sono solo due partite, ma quello che stiamo vedendo da Point Bogdan è ottimo.

Tags: Andrew WigginsAnfernee SimonsBogdan BogdanovicBoston Celticsbrandon clarkeJoe InglesLauri MarkkanenLeBron Jamesog anunobyTen Talking Points
Andrea Bandiziol

Andrea Bandiziol

Andrea, 30 anni di Udine, è uno di quelli a cui potete scrivere se gli articoli di The Shot vi piacciono particolarmente. Se invece non vi piacciono, potete contattare gli altri caporedattori. Ha avuto la disgrazia di innamorarsi dei Suns di Nash e di tifare Phoenix da allora. Non è molto contento quando gli si ricorda che i Suns ora avrebbero potuto avere Doncic a roster.

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