SACRAMENTO KINGS: YOUNG, WILD & FREE
Record 2018/19: 39-43.
IN: Cory Joseph (FA); Trevor Ariza (FA); Dewayne Dedmon (FA); Richaun Holmes (FA); Tyler Lydon (FA); Justin James (Draft); Vanja Marinkovic (Draft); Kyle Guy (Draft).
OUT: Willie Cauley-Stein (FA); Alec Burks (FA); Frank Mason III (tagliato).
Roster:
PG: De’Aaron Fox (S), Cory Joseph, Yogi Ferrell.
SG: Buddy Hield (S), Bogdan Bogdanovic, Kyle Guy.
SF: Harrison Barnes (S), Trevor Ariza, Justin James.
PF: Marvin Bagley (S), Nemanja Bjelica, Richaun Holmes, Tyler Lydon.
C: Dewayne Dedmon (S), Harry Giles.
RECAP STAGIONE 2018/19
La scorsa stagione i Sacramento Kings hanno fatto enormi passi avanti; si potrebbe dire che siano letteralmente usciti dall’inferno, dopo ben 11 anni in cui non superavano le 35 vittorie in regular season. Per anni i figli dimenticati della California sono stati il simbolo della mediocrità nella NBA, la prima squadra a essere presa come esempio negativo da non emulare. Tutto è cambiato la scorsa stagione, quando i Kings hanno varcato le porte del purgatorio.
Durante i primi due mesi della stagione Sacramento ha tenuto un record positivo, mostrando nei mesi successivi tutte le lacune dettate dalla giovane età del roster – quarto più giovane della lega – e la conseguente mancanza di esperienza. La stagione è terminata con un comunque negativo 39-43, valido per il nono posto nella Western Conference, a “solo” nove vittorie dai Los Angeles Clippers, giunti ottavi.
Al di là del numero di vittorie, ci sono stati molti buoni motivi per considerare positiva la stagione di Sacramento, principalmente l’inaspettata esplosione di De’Aaron Fox. Alla sua seconda stagione in NBA l’ex Kentucky si è affermato come star della squadra e pilastro attorno cui costruire il roster del futuro. Altrettanto inattesa l’esplosione di Buddy Hield, mentre è stata più prevedibile quella di Marvin Bagley III, divenuti entrambi pezzi fondamentali nello scacchiere di Divac.
Anche il front office ha dimostrato un netto cambio di marcia rispetto al passato, nel tentativo di scrollarsi di dosso quella pessima abitudine alla sconfitta. L’acquisizione di Harrison Barnes a metà della scorsa stagione, per esempio, è stata solo la prima di una serie di scelte coraggiose della dirigenza, seguita poi da quelle messe in atto durante la free agency.
COSA È CAMBIATO?
Un addio indolore
Sacramento è stata una delle poche città a non aver vissuto grosse rivoluzioni estive, come invece accaduto a molte franchigie. Non ci sono stato grosse rivoluzioni né nel mercato in entrata, né soprattutto nel mercato in uscita. L’unica cessione pesante è stata quella di Willie Cauley-Stein, centro titolare della scorsa stagione, in cui ha sfiorato la doppia doppia di media (11.9 punti e 8.4 rimbalzi in 27.3 minuti a partita). L’impatto offensivo dato alla squadra è stato positivo, nonostante sia emersa nel corso della stagione una forte incompatibilità di gioco con Bagley.
I due giocatori hanno skillset piuttosto simili – prediligono principalmente giocare sotto canestro – oltre a grosse lacune difensive. Schierarli insieme è stato un rebus complicato per coach Joerger, che si è trovato costretto a dover concedere qualcosa agli attacchi avversari. Stein è un buon giocatore, ma poco duttile: in attacco trovava difficoltà lontano da canestro, lasciando poco spazio alle incursioni di Fox, mentre in difesa riscontrava grossi limiti a proteggere il ferro, nonostante una buona rapidità di gambe e un fisico sopra la media (213cm per 109kg).
Dewayne Dedmon & Trevor Ariza
Tra i nuovi arrivi si nasconde proprio il sostituto di WCS: si tratta del sottovalutatissimo Dewayne Dedmon, giocatore diametralmente opposto al nuovo centro di Golden State. In soli 25 minuti a partita la scorsa stagione, il lungo ha segnato 10.8 punti di media, conditi da 7.5 rimbalzi, 1.1 stoppate e 1.1 palle rubate, superando il 38% da dietro l’arco su più di 3 tentativi a partita; una statline estremamente indicativa di quanto Dedmon sia un giocatore versatile, capace di allargare il campo e di far valere la sua stazza anche in difesa, e unica presenza over-30 a roster insieme a Trevor Ariza.
Già, dalla Free Agency è arrivato anche Trevor Ariza. Su di lui c’è poco da dire: è un 3&D, materiale prezioso nella lega, capace di difendere su praticamente tutte le small forward in circolazione, oltre che un affidabile tiratore da oltre l’arco (35% in carriera). È arrivato anche e soprattutto per ricoprire un ruolo da leader in campo e nello spogliatoio, con un minutaggio che ne preservi l’integrità fisica, nonostante lo scorso anno abbia giocato 70 partite.
Puntellare il roster
A far storcere il naso è l’arrivo di Cory Joseph. Non tanto per le sue capacità tecniche, che sono fuori discussione (sulla carta è un netto upgrade rispetto a Yogi Ferrell), quanto per il tipo di contratto firmato: 37 milioni distribuiti su tre anni, di cui 30 garantiti, di certo non pochi soldi. L’ex Toronto dovrà dimostrare sul campo l’investimento fatto da Divac, guidando la second unit come riserva di Fox.
L’ultimo significativo innesto è quello di Richaun Holmes, il quale partirà sicuramente indietro nelle gerarchie. L’ex Suns rappresenta una specie di polizza con cui i Kings si sono voluti tutelare nel reparto lunghi, vista la propensione agli infortuni mostrata sia da Bagley sia da Giles.
Dal draft, al contrario di quanto accaduto negli ultimi anni, complici anche scelte lontane dalla lottery, non è arrivato nulla di entusiasmante. A onor del vero, un amico d’oltreoceano ci ha tenuto a farmi sapere di “don’t sleep on Kyle Guy“, riferendosi alle ottime prestazioni registrate dal rookie in questa preseason.
Conferme cruciali e rinnovi complicati
I veri colpi estivi di Divac, però, rimangono le numerose conferme. La più importante è quella di Harrison Barnes, unitosi ai Kings a metà della scorsa stagione dopo essere entrato in uno scambio con i Dallas Mavericks. Tipicamente noto per il suo ruolo da comprimario degli Warriors nel periodo pre-Kevin Durant, Barnes durante l’ultima parte della scorsa Regular Season si è trovato nella posizione piuttosto sconosciuta di leader veterano, nonostante i soli 28 anni. HB40 ha fatto registrare buone prestazioni nel suo periodo a Sacramento lo scorso anno, con una media di 14.3 punti e 5.5 rimbalzi (con quasi il 41% da 3 punti) in 33.9 minuti a partita.
Il futuro della franchigia passa però attraverso due fondamentali rinnovi di contratto. Il primo è quello di Bogdan Bogdanovic, giunto all’ultimo anno del suo rookie contract. Convinto che da restricted free agent possa puntare a un contratto più ricco, il giocatore serbo sembra intenzionato a rifiutare il rinnovo da 51 milioni in 4 anni propostogli dai Kings. Sacramento avrebbe sì la possibilità di pareggiare le offerte delle altre squadre in estate, ma sarebbe sicuramente costretta a offrire cifre più alte del previsto al ragazzo.
Discorso simile per Hield: i Kings hanno offerto al giocatore un rinnovo da 90 milioni in 4 anni, che Buddy ha pubblicamente definito “un insulto”. «So bene quanto valgo», ha commentato il giocatore: «se mi dici che sono l’uomo franchigia, quello attorno a cui costruire una squadra, lo devi dimostrare con i fatti e non solo a parole». Nonostante abbia confessato il suo amore per la squadra e per la città, Hield non esclude la possibilità di una trade in caso di fallimento delle trattative. Il suo agente ha posto come base d’asta 110 milioni garantiti per quattro anni, in attesa di una risposta della franchigia entro la deadline.
Nuovo coaching staff
La squadra sarà molto simile a quella dello scorso anno, è vero, ma a guidarla ci sarà un nuovo coach. Al front office non sono bastati i miglioramenti portati da Joerger nella passata stagione, con il record negativo gli è costato il licenziamento. Al suo posto è subentrato Luke Walton, in uscita da Los Angeles dopo una stagione travagliata sotto l’ombra del Re. La scorsa stagione i Kings si sono classificati al terzo posto nella NBA per pace (103.88), ma 20° per tentativi da oltre l’arco (29.9 a partita). In questa stagione i tifosi vedranno sicuramente incrementare il numero di tiri dalla lunga distanza: durante le sessioni di allenamento aperte ai media, infatti, è emerso come il gioco da 3 punti sia fondamentale per Walton.
L’allenatore e il suo staff si sono infatti fissati come obiettivo quello di raggiungere almeno il quinto posto nella NBA per tentativi di tiro da 3 a partita, “almeno 35 a partita” secondo l’ex coach dei Lakers. Una scelta forte, che se da un lato premierà sicuramente giocatori come Buddy Hield e altri specialisti di questo fondamentale (come per esempio Trevor Ariza), dall’altro potrebbe causare qualche problema a Fox, che dovrà trasformare il suo stile di gioco, o a Bagley, non ancora totalmente abile nel prendersi il tiro da fuori.
In ogni caso, il cambio di rotta rispetto alla precedente guida tecnica è piuttosto evidente, così come lo è il tentativo di omologarsi agli standard della lega. Sacramento lo scorso anno era una squadra sicuramente piacevole da vedere, con veloci ribaltamenti di fronte e molte penetrazioni a canestro, ma rimaneva comunque carente nella produzione offensiva (17esimi per ORtg) oltre che in quella difensiva (21esimi per DRtg). Il cambio di coach, e di idee, è quindi giustificato.
PROBABILE STARTING FIVE
Walton ha a disposizione un gran numero di giocatori duttili, oltre che una profondità del roster che Joerger non ha mai avuto, per cui potrà sperimentare un gran numero di quintetti. Il backcourt difficilmente si discosterà dal duo Fox–Hield, con Bogdanovic nei panni di sesto uomo e la certezza di Joseph dalla panchina. I dubbi maggiori si possono avere sul ruolo di ala piccola: almeno per la prima parte di regular season il titolare sarà Harrison Barnes, con Trevor Ariza a guidare la panchina. Probabilmente sia Ariza sia Barnes saranno usati come closer, rimanendo in campo nei momenti cruciali delle partite combattute.
Nello spot di ala grande pochi dubbi su Marvin Bagley, che avrà due discreti giocatori come Bjelica e Holmes a fargli da backup. Sarà quasi sicuramente il già elogiato Dewayne Dedmon a chiudere lo starting five, con il fiato di Harry Giles sul collo. Nonostante sulla carta questo sarà il terzo, l’ex wonderkid è al secondo anno nella lega e sarà sicuramente voglioso di giocare con continuità.
ASPETTATIVE
L’obiettivo stagionale, almeno ai nastri di partenza, sarà quello di far crescere i talenti di casa e far trovare alla squadra un’identità di gioco credibile. Sarà dunque importante cercare di centrare (nonostante la competizione serrata) l’accesso ai playoff, palcoscenico ideale per dare esperienza e maturità alle giovani stelle di Sacramento. Sarà importante anche cercare di ritrovare un po’ di visibilità e credibilità in vista della prossima free agency, dopo le difficoltà riscontrate quest’anno nel firmare giocatori di livello nonostante l’enorme spazio salariale a disposizione.
Young
Non si può negare come a qualsiasi tifoso NBA piacciano le squadre piene di giovani futuribili e lo young core di Sacramento è sicuramente tra i più interessanti della lega. Gli occhi saranno sicuramente tutti puntati sui tre ragazzi di casa Kings: i già citati Fox, Hield e Bagley. Dopo un paio di stagioni insieme, i primi due stanno diventando un backcourt non solo promettente per il futuro, ma già tra i più solidi della lega nel presente. La scorsa stagione i due hanno avuto un sostanziale aumento nelle statistiche di base. Buddy è passato da 13.5 a 20.7 punti, raccogliendo anche 5 rimbalzi, tirando con il 46% dal campo e 42% dalla distanza. De’Aaron lo scorso anno invece ha registrato una media di 17.3 punti e 7.3 assist. Oltre al miglioramento delle statistiche, è confortante anche il fattore salute: hanno giocato insieme 80 partite da titolari.
Non è un segreto che De’Aaron Fox sia la guardia più veloce dell’NBA, oltre che uno dei migliori giovani playmaker della lega. La sua rapidità e la sua accelerazione, abbinate a una straordinaria visione di gioco, lo rendeno un giocatore estremamente imprevedibile e difficile da marcare, nonostante abbia mostrato ancora qualche lacuna nel costruirsi il tiro contro le difese ben schierate. Ha guidato Sacramento per numero di assist a partita (7.3) e per palle rubate (1.6), risultando tra i migliori “piccoli” della lega. Per questa stagione è chiamato a fare un enorme salto di qualità, magari superando la barriera dei 20 punti a stagione, in un sistema che probabilmente lo costringerà a far girare maggiormente la palla, obbligandolo a migliorare nel decision making, eliminando quei momenti di hero ball che si sono visti la scorsa stagione.
Buddy Hield è un cecchino da 3 punti. L’ex Pelicans è diventato il primo giocatore in assoluto a segnare 600 triple nelle prime tre stagioni NBA, superando il record di 599 di Lillard. Nell’ultima Regular Season si è classificato al quarto posto per tiri da 3 punti realizzati, dopo James Harden, Stephen Curry e Paul George. È diventato uno dei migliori tiratori della lega e uno scorer da 20 punti di media. Il nuovo sistema di Walton, basato sull’aumento dello spazio sul perimetro e del volume di tiri da 3, non potrà che fargli fare un ulteriore salto di qualità.
Marvin Bagley lo scorso anno si è ritagliato un posto nel quintetto All–Rookie, con 14.9 punti di media e 7.6 rimbalzi in 25 minuti. Una delle più grandi doti mostrate è la capacità di raccogliere i tiri sbagliati dai compagni e convertirli in una schiacciata. La scorsa stagione ha strappato 162 rimbalzi offensivi, ossia 2,6 a partita, con picchi stagionali di 4/5 a partita, in un sistema che vedeva pochi tiri da lontano e tante penetrazioni come quello di Joerger. Se davvero Walton riuscirà a trasformare i 29 tiri da 3 a partita della precedente stagione in almeno 35, allora saliranno sicuramente anche i palloni che Bagley dovrà gestire sotto canestro. Ha tutte le carte in regola per diventare uno dei pochi sophomore a segnare una doppia doppia di media, gli va data ulteriore fiducia.
Wild
L’altra faccia della medaglia, però, risiede proprio nella mancanza di esperienza di molti giocatori e nella loro scarsa applicazione tattica. Il sistema che vuole costruire Walton richiede grande disciplina tattica, a cui dovranno obbedire anche gli esuberanti (tatticamente parlando) Fox e Bagley, oltre che i vari ragazzi che scalpitano in panchina. A roster solo Dedmon e Ariza superano i 30 anni, e oltre a loro solo Barnes si può considerare un veterano. Lo stesso Bogdanovic, nonostante i 28 anni, si affaccia alla sua terza stagione in NBA.
Ciò che manca davvero a tutti i componenti della franchigia, allenatore e dirigenti compresi, sono la personalità e l’esperienza di gestire i momenti più complicati e decisivi della stagione. Lo scorso anno il record prima di San Valentino era di 30-26, in lotta per un posto ai playoff. Dopo la festa degli innamorati, però, i Kings hanno subito una forte involuzione caratteriale e tecnica, chiudendo con un parziale di 9-17 e pregiudicandosi l’accesso alla postseason. Nonostante l’arrivo di qualche veterano a roster, la squadra troverà ancora difficoltà nei momenti difficili.
Free
Lo scorso anno le pressioni sulla squadra erano pari a zero. Non solo gli addetti ai lavori, ma gli stessi tifosi non si aspettavano nulla di più che la solita stagione all’insegna del tanking. Eppure così non è stato. Tutto ciò ha giovato sulla crescita mentale dei giovani, liberi di esprimersi in un ambiente “sicuro”, e di conseguenza anche sulle prestazioni della squadra. Quest’anno, sicuramente, l’hype per la stagione dei Kings è maggiore. Tra le squadre che verosimilmente si contenderanno l’accesso ai playoff, Sacramento è però forse quella meno obbligata a vincere, e quindi più libera mentalmente, compensando in parte alla sopracitata mancanza di esperienza. Senza scomodare le due di Los Angeles o i Rockets, basta pensare alle grandi mosse sul mercato di Utah, o alle enormi aspettative su Denver. Con la mente sgombra i Kings hanno buone possibilità di giocarsela con tutti durante la prossima Regular Season.
BEST/WORST-CASE SCENARIO
La situazione è chiara: la squadra ha buone basi e la dirigenza dopo anni di scelte folli sembra aver imbroccato la strada giusta. Nella migliore delle ipotesi la stagione dei Kings vedrà la definitiva esplosione di Fox e Bagley, con il costante progresso al tiro di Buddy Hield e l’insperato sviluppo di giovani misteriosi come Giles o Guy. Una crescita che potrebbe portare al raggiungimento dell’ottavo posto e conseguente eliminazione al primo turno di playoff. Difficile pensare che i Kings attuali possano andare oltre un primo turno vista la mancanza di esperienza nel roster, oltre all’attuale assenza di vere e proprie star, però l’obiettivo ottavo posto è alla portata della squadra. Raggiungere le 45 vittorie sarebbe un vero – quasi utopico – successo.
Nella peggiore delle ipotesi, invece, ciò che ora fa sognare i tifosi di Sacramento potrebbe trasformarsi nel loro peggior incubo. In fondo parliamo di un roster estremamente giovane, allenato da un coach estremamente giovane. Nel caso in cui non avvenga il tanto atteso salto di qualità dello young core, il rischio è quello di finire in una spirale stile Suns, da cui i Kings sembrano essersi appena tirati fuori, e tornare sotto le 35 vittorie a cui ormai i tifosi si sono abituati. La mancata partecipazione alla postseason però non dovrebbe essere comunque considerata un fallimento. Va preso atto di quanto si siano rinforzate le rivali e di quanto sia difficile ritagliarsi un posticino per i playoff nella Western Conference.
D’altro canto, non riuscire a superare il record dello scorso anno potrebbe risultare uno smacco, o comunque un grosso passo indietro, che Divac ora come ora non può assolutamente permettersi.