OKLAHOMA CITY THUNDER: UN NUOVO INIZIO
IN: Shai Gilgeous-Alexander(LA Clippers); Danilo Gallinari(LA Clippers); Chris Paul(Houston Rockets); Darius Bazley (Draft); Luguentz Dort(Draft); Mike Muscala (Free Agent); Justin Patton (Free Agent).
OUT: Paul George (LA Clippers); Russell Westbrook (Houston Rockets); Jerami Grant (Denver Nuggets); Patrick Patterson (LA Clippers); Raymond Felton (Free Agent).
Roster:
PG: Chris Paul (S), Dennis Schroder.
SG: Shai Gilgeous-Alexander (S), Hamidou Diallo, Deonte Burton.
SF: Andre Roberson (S), Terrance Ferguson, Abdel Nader.
PF: Danilo Gallinari (S), Mike Muscala, Darius Bazley.
C: Steven Adams (S), Nerlens Noel, Justin Patton.
RECAP STAGIONE 2018/19
Lo scorso anno ha lasciato l’amaro in bocca ai tifosi dei Thunder, sia per come è arrivata l’eliminazione dai playoff, sia per il rendimento sotto le previsioni della stagione regolare. Dopo la sorprendente decisione di Paul George di rimanere ai Thunder dall’amico Russell Westbrook, Oklahoma iniziava la stagione determinata a tornare ai vertici della Western Conference, motivata dal fallimento dei Big 3 e, almeno sulla carta, facilitata dall’addio di un infruttuoso Carmelo Anthony. Sam Presti aveva lavorato con intelligenza durante l’estate 2018, aggiungendo al roster giocatori come Dennis Schroeder e Nerlens Noel per migliorare una panchina che, da ormai troppo tempo, rappresentava l’anello debole della squadra.
La stagione era iniziata nei migliori dei modi: i Thunder sono arrivati all’All Star Game con il terzo posto della Western Conference ed un record da 37 vittorie e 20 sconfitte, guidati da un Paul George fino ad allora strepitoso e probabile primo candidato MVP (come suggeriscono i 35 punti di media nel mese di febbraio). La squadra sembrava aver finalmente trovato la quadra: Russell Westbrook, che stava attraversando un periodo nero per quanto riguarda le percentuali al tiro, aveva incarnato al meglio il ruolo di playmaker e floor general; George, diventato un riferimento offensivo primario nella lega prima ancora che nei Thunder, aveva costruito un’intesa invidiabile con RW (sia dentro che fuori il campo) che permetteva ai due di spartirsi gli ambiti della gestione della squadra e della realizzazione con un’efficienza forse neanche pronosticabile.
Tuttavia, dalla pausa di febbraio, tutto cominciò ad andare per il verso sbagliato, a partire dall’infortunio alla spalla di Paul George nella partita del 23 febbraio contro Denver: PG13, e con lui tutta la squadra, cominciò a subire una inesorabile discesa culminata nella tripla di Lillard per eliminare i Thunder dai Playoffs.

In un clima di tensione, dettato (nuovamente) da rendimenti scadenti e dalla chiara impressione che i giocatori di OKC non siano fatti per giocare l’uno con l’altro proprio per questioni tecniche (prima fra tutte lo spacing), Sam Presti si è dovuto rimboccare le maniche in vista di un’estate per niente facile.
Estate che dopo non molto si è rivelata rivoluzionaria per gli Oklahoma City Thunder, che hanno visto i loro due migliori giocatori, Russell Westbrook e Paul George, andarsene via trade verso altri lidi della Western Conference. L’addio di Grant, di fatto terzo giocatore per impatto nei playoff, è stata la ciliegina su una torta che fa tanti auguri di buon rebuilding.
COSA È CAMBIATO?
I giocatori arrivati dal Draft
Nella notte del Draft, i Thunder hanno selezionato Brandon Clarke con la 21esima scelta del primo giro; prospetto che sembrava ideale per essere il cambio di Grant e che era da molti dato in lottery, in quanto considerato uno dei migliori difensori del draft, Clarke è stato immediatamente scambiato con i Memphis Grizzlies in cambio di una seconda scelta futura e di Darius Bazley.
Bazley è un prospetto molto particolare: non ha frequentato il college, preferendo farsi allenare individualmente per prepararsi alla NBA, ha firmato un contratto con New Balance da un milione di dollari e ha anche lavorato come stagista nella multinazionale. Si è quindi presentato alle franchigie NBA con poco materiale da visionare ed ha, apparentemente, convinto nei workout individuali. 206cm per 92kg, è un prospetto in grado di marcare molte posizioni grazie alla sua wingspan di 213cm e alla sua rapidità laterale.
Offensivamente è una pass-first forward, dotato di una discreta visione di gioco e non interessato a prendersi tiri per sé quando può creare per i compagni. Ha segnato qualche tripla in Summer League, tentate solo se completamente libero, mostrando una meccanica ancora lenta per la NBA. Può tirare in testa al suo marcatore senza troppi problemi. Fisicamente ancora da costruire, non predilige le entrate aggressive in area con annessi contatti. La fisionomia del suo volto, molto simile a quella di Russell Westbrook, ha già fatto impazzire il web.
Luguentz Dort è stato firmato con un contratto two-way dopo essere finito undrafted. Mastino difensivo da 193 cm per 98 kg, è fisicamente già pronto per la NBA, come già dimostrato in estate. Buon tagliante e bravo nell’attaccare il ferro, non ha paura dei contatti. Predilige la media distanza rispetto ai tiri dall’arco (probabilmente conscio di non essere eccezionale oltre i 7,25 m), il che lo rende un giocatore dalla shot selection rivedibile; il non troppo buono 70% ai liberi, registrato durante il college, completa il quadro suggerendo che di lui si possa parlare, almeno per il momento, di un panchinaro da difesa e contropiedi.
I giocatori arrivati via trade
Veniamo ora a scoprire i due giocatori arrivati insieme a innumerevoli scelte nella trade che ha coinvolto Paul George, ossia Gallinari e Shai Gilgeous-Alexander.
Il primo è uno strecht 4 con ottimo tiro da tre punti (43.3%) ed eccellente capacità di guadagnarsi tiri liberi, che converte col 90.4%. Non è fenomenale difensivamente ed è in scadenza di contratto, quindi è possibile che verrà scambiato entro la deadline per ottenere qualche asset. Ci si aspetta un buon anno da lui, considerato che è nel contract year e che ha quindi l’interesse di mettere in mostra le sue capacità, che si dovrebbe concretizzare in qualcosa intorno ai 18-20 punti di media.
Shai Gilgeous-Alexander è uno dei giovani su cui i Thunder intendono rifondare la franchigia. Il sophomore, incluso nel secondo quintetto dei rookie della passata stagione, ha già dimostrato di poter essere il titolare di una squadra da playoff disputando un’ottima serie contro Golden State. Le sue medie stagionali da 10.8 punti, 3.3 assist e 1.2 rubate sono statistiche ben più che decenti per una point-guard al primo anno e con potenziale (probabilmente da borderline All-Star) ancora da esprimere. L’altezza di 198cm lo rende un mismatch vivente per le altre guardie e capace di giocare da “2” in lineup che già hanno un playmaker, come già successo con Beverley ai Clippers e così come dovrà succedere con Paul e Schroeder ai Thunder.
Non dovrebbe avere problemi a stare senza palla in mano, visto che ai Clippers ha gestito solamente il 18.3% dei possessi giocati quando era in campo. La sua wingspan generosa lo aiuta a poter marcare anche tre ruoli ed essere una costante minaccia sulle linee di passaggio. Tiratore discreto dall’arco(36.7% su 1.7 tentativi) e di livello alla linea del tiro libero (80.0%).
Chris Paul è arrivato in Oklahoma nella trade che ha portato Westbrook a Houston e resterà a roster, con il suo contratto da ben 44.2 milioni nel 2021-22, almeno fino al 15 dicembre. Inutile dire che parliamo di una delle migliori point-guard della storia, ma anche di un giocatore in fase calante che, complici i suoi 34 anni, nelle ultime tre stagioni non ha mai giocato più di 61 partite per Regular Season, registrando un dato che parla abbastanza chiaramente della sua integrità fisica.
Ma allora perché accollarsi CP3, giocatore ancora molto utile per praticamente qualsiasi squadra, ma non abbastanza da concretizzare un salto di qualità per cui la squadra in cui milita diventi automaticamente una contender? Perché, insomma, prendersi un giocatore che fortifichi un team non tanto da renderlo fortemente competitivo, ma abbastanza per abbassare le probabilità di successo di rebuilding (si pensi al tanking)?
Diversi sono i motivi:
1) Innanzitutto, con Paul sono arrivate scelte preziose da Houston (in particolare la swap del 2025 e la protetta top 4 del 2026) che potrebbero essere utilissime sia in sede di draft sia come contropartita per eventuali scambi nel momento in cui la ricostruzione dovesse procedere bene e necessitasse di un giocatore del calibro da All-Star;
2) Una volta deciso di ricostruire, era praticamente l’unico modo per scambiare Westbrook, anche lui portatore di un contratto ricchissimo (player option da 46.6 milioni nel 2022-23);
3) Paul potrà fare da mentore ai giovani Thunder (pare aver preso sotto la sua ala protettiva Bazley e Shai fra tutti);
4) Un giocatore come Paul è sempre appetibile per i playoff, e se dovesse mostrarsi integro e di buon impatto, qualche squadra potrebbe pensare di prenderlo per puntare al titolo, anche se risulta difficile pensare a quale franchigia si muoverà su Paul (Miami?).
5) OKC, non puntando su altri lidi (Miami, ad esempio) ha lasciato intendere che lo scambio di Russell non sia stato casuale o mirato esclusivamente al bene della franchigia: in una forma di riconoscenza verso ciò che RW ha rappresentato per Oklahoma in questi 11 anni, è stato permesso al giocatore di capitare nel contesto più competitivo possibile.
I giocatori arrivati in Free Agency
Dalla free agency, invece, è arrivato Mike Muscala, stretch 4/5 con discreto range di tiro, abilità decisamente rivedibili in difesa e un contratto biennale con player option sul secondo anno. Partirà dalla panchina ed è praticamente imprevedibile la quantità di spazio che gli verrà riservata, ammesso che verrà tenuto a roster e non scambiato. Di certo non è su di lui che si baserà il futuro dei Thunder.
Justin Patton, 16esima scelta del draft 2017, è un centro di 213cm che è stato tagliato in aprile da Philadelphia ed è stato firmato per un triennale al minimo salariale con il solo 2019-20 parzialmente garantito. Principalmente per problemi di infortuni, ha finora giocato solo 4 partite in NBA prima di esibirsi, durante la scorsa stagione e sempre per poche apparizioni per problemi fisici, in G-league.
OKC ha firmato anche Devon Hall, scelto al secondo turno del draft 2018: ha giocato in Australia 28 partite prima di giocare per i Blue in G-League, squadra per cui è stato un tiratore da 3 dal 42.2% su 4.5 tentativi; 24 anni, 196cm, 4 stagioni di esperienza al college, con il suo two-way contract sarà più probabile vederlo in G-League che in NBA.
CHI SARÀ IL 3 TITOLARE?
Dopo 20 mesi di stop, Andre Roberson sembrava essere pronto a rientrare per il training camp. Le notizie intorno alle sue condizioni sono, però, cambiate di giorno in giorno fino ad arrivare alla seguente dichiarazione che ci lascia alquanto perplessi:
Se dovesse mostrarsi in forma e difensivamente affidabile anche solo l’80% rispetto a quanto visto pre-infortunio, sapendo quanto coach Donovan conti sulla difesa per costruire le sue squadre, non c’è dubbio che il posto di ala piccola titolare sarà suo, nonostante le pessime percentuali finora registrate da qualsiasi posizione del campo (anche e soprattutto alla linea del tiro libero). Il contratto in scadenza potrebbe spingere verso una trade che lo porti da una contender entro la deadline di febbraio, qualora si dimostrasse il mastino difensivo che è sempre stato (e, magari, offensivamente migliorato): quando al 100%, è difficile trovare un giocatore che non sia in grado di limitare (vedere la partita di Natale 2016 per credere, giocata contro Harden).
Se Dre non fosse in forma e avesse bisogno di carburare, il posto in quintetto potrebbe andare a Deonte Burton: sebbene undersized per il ruolo, è il mastino difensivo che piace a Donovan e ha l’atletismo per rendersi utile anche nell’altra metà-campo con tagli, alley-oop, contropiedi e penetrazioni di pura potenza. Giocatore con un istinto realizzativo non trascurabile, è un tiratore non eccellente, ma dalla buona meccanica; il suo 75% ai liberi in G-League potrebbe suggerire miglioramenti. Qualche sporadica, ma degna di nota, apparizione durante la scorsa stagione (si pensi alla partita vs Portland in RS, giocata con 18 punti e un eccellente 7-9 dal campo) e la dipartita di Paul George potrebbero e dovrebbero dargli diverse possibilità in più rispetto a quanto concesso finora.
Altra alterativa nel ruolo è Abdel Nader, giocatore che piace a Donovan ma che presenta una consistenza debole in attacco, non essendo specializzato in nulla, e gravi carenze in difesa, nonostante sia migliorato molto durante la scorsa stagione. Avendo poi 25 anni, la sua futuribilità lo colloca in una posizione incerta nei piani a lungo termine dei Thunder. Il contratto è di un anno con team option, quindi è possibile che gli sarà concessa una possibilità ad inizio stagione per vedere se i miglioramenti effettuati in estate riusciranno a farlo restare in NBA. Essere pariruolo di diversi giovani talenti stringerà i tempi.
Terza alternativa, che è forse la più probabile, è Terrance Ferguson, già titolare lo scorso anno, ma nello spot di guardia. Potenziale da 3&D spaventoso, ha più che raddoppiato le sue statistiche principali dall’anno da rookie, migliorando il tiro dall’arco ad un accettabile 36%.
Ha occupato il ruolo di “3” per un quarto dei suoi minuti giocati lo scorso anno, ed è quindi ipotizzabile che possa fare lo stesso anche durante la stagione che verrà. Il problema è che, nonostante i 202cm e i 205cm di wingspan lo renderebbero leggermente sotto taglia, ma ancora difensivamente molto competitivo anche per un 3, i suoi 86kg lo rendono davvero troppo leggero per ancora troppi avversari, mettendo in mostra un limite, riscontrato diverse volte durante la scorsa stagione, che si traduce in falli su avversari più grossi, dal momento che la rapidità elitaria che possiede non aiuta quasi per nulla in situazioni del genere.
Obiettivi personali della sua stagione saranno quelli di risolvere i suoi problemi di falli e far capire se ha la capacità di costruirsi un tiro: il 97% dei suoi tiri sono stati al ferro o dall’arco, con l’87% dei primi derivanti da assist e la totalità dei secondi merito di un passaggio vincente. Da solo ha finora costruito davvero poco: solo l’8% dei suoi tiri è in pull-up e la sua non grande visione di gioco non aiuta a generare una soluzione alternativa a un tentativo di realizzazione. Nel frattempo, però, T-Ferg ha già acquisito tantissima esperienza per la giovane età che ha, dimostrando buone cose e lasciando intendere che il meglio debba ancora arrivare.
LA PANCHINA
Il sesto uomo dei Thunder sarà indubbiamente Dennis Schroeder, così come successo durante la scorsa stagione, che si alternerà a Paul e Gilgeous-Alexander. Giocatore rapidissimo e con discreto playmaking, bravo in isolamento, in grado di generare punti veloci, di crearsi un tiro e capace anche dall’arco (sensibili miglioramenti già nella scorsa stagione). La sua non affidabilità in difesa è sempre stato il suo punto debole.
Contrariamente a quanto era legittimo pronosticare per la stagione 2018-19, date le somiglianze del suo gioco con quello di Westbrook, Schroeder è riuscito a risultare efficiente durante l’arco dell’intera regular season, sia generando molto dagli isolamenti (caratteristica molto apprezzata da Donovan) sia, soprattutto e come già detto, riuscendo ad ampliare il proprio bagaglio realizzativo, rendendosi pericoloso anche dall’arco. Le chiavi del secondo quintetto sono certamente sue, ma la compresenza di tre ottimi elementi come Paul, Schroeder e Shai non permette di far ben capire chi resterà e a che titolo.
OKC ha anche rifirmato Nerlens Noel, che ha giocato per una stagione come cambio di Adams. Anche se offensivamente limitato a pochi metri entro il ferro, il buon impatto ai playoff e la solidità difensiva mostrata dal lungo dovrebbero garantirgli un minutaggio maggiore dei 13.7 minuti del 2018-19. Non è il bloccante che è Adams, ma sa finire abbastanza bene al ferro. Ha fatto sapere di aver lavorato molto sul tiro e che è pronto per la prossima stagione, che potrebbe essere il palcoscenico della rivelazione che si aspetta ormai da tempo. Le caratteristiche tipiche del 5 però, dalla stazza al tipo di gioco adottato in campo, lo metteranno in una tacita concorrenza con Adams, a meno di una imprevedibile (almeno per il momento) efficiente coesistenza dei due in campo. Il sospetto allargamento delle soluzioni di Adams (si pensi alla tripla in pre-season) aiuterebbe sicuramente a permetterlo.
La gerarchia di squadra dovrebbe poi riservare pochi minuti da 4/5 a Muscala, mentre Burton e Nader potrebbero trovare spazio dalla panca da 2/3, nel caso in cui Roberson o Ferguson siano titolari. Altra importante incognita è Diallo, chiamato a dimostrarsi un giocatore diverso da quello dell’anno da rookie, e cioè in grado di tirare decentemente da 3 e migliorato a livello di scelte in campo, veramente mediocri nella sua prima stagione. Il suo fisico ed atletismo spaventosi potrebbero aiutare nell’impresa di dimostrarsi valido per essere considerato parte del nucleo di ricostruzione targato OKC.
Bazley potrebbe trovare minuti nel ruolo da 4, ma molto dipenderà dalla sua capacità di trovare ritmo partita. Le prime partite da lui disputate in Summer League sono state abbastanza anonime, anche se col passare dei match disputati la situazione è sensibilmente migliorata.
Difficile invece che Dort abbia molto spazio, avendo almeno due pariruolo in panchina con credenziali migliori. Ma essendo un two-way player, potrà svilupparsi con calma nei Blue. Discorso simile per Devon Hall, ultimo nella rotazione tra le guardie.
Sarà interessante capire se Justin Patton troverà minuti da terzo centro del team e se si rivelerà una buona scommessa: non avrà molto spazio, ma Presti è convinto che da sano qualcosa possa portare in dote…Sarà un colpo vincente? Se così fosse, OKC ha trovato un buon centro di riserva; in caso contrario, il taglio non sarà molto oneroso sul salary cap.
COSA ASPETTARSI DELLA STAGIONE 2019/20?
Insomma, OKC ha tanti giocatori dalla panchina, di cui 3 di un determinato spessore; molti di loro sono giovani e l’abbondanza nello spot di guardia potrebbe limitare la crescita di alcune delle promettenti leve su cui i Thunder stanno puntando. La combinazione di elementi giovani e veterani, però, potrebbe rendere più difficile del previsto la gestione dei giocatori stessi: i Thunder, almeno per il momento e almeno sulla carta, hanno cominciato un processo di ricostruzione con un roster molto competitivo per essere stato privato dei due migliori giocatori (Paul, Schroeder, Noel, Gallinari, Adams, Shai, Roberson), mentre l’ottimo numero di scelte racimolate e il potenziale tutto da concretizzare di alcuni giovani (Shai, Burton, Ferguson, Bazley, Diallo) rimanda la competitività targata OKC a qualche anno più in là.
Ciò che a prima vista può sembrare un punto di forza (così come sostenuto anche da Sam Presti), rischia di rivelarsi una tegola per la società nel giro di poche partite: un roster del genere, nel selvaggio West che si è formato durante questa estate, verosimilmente non può in alcun modo puntare oltre il primo turno, mettendo la società in quella posizione di limbo tra chi non concretizza niente di che ai Playoffs, non rendendosi appetibile per i free agent, e chi non concretizza nulla al draft, non avendo guadagnato una scelta che magari si sarebbe ottenuta col tanking. L’obiettivo della stagione, quindi, è uscire in maniera definitiva da questa situazione a metà tra ambizioni di vittoria (ossia, competitività nell’immediato) e ambizioni al draft (competitività nel futuro), dando un’identità ad una squadra che rischia di non essere “né carne né pesce”.
Fondamentali in tal senso saranno gli apporti di tutti i giocatori, giovani o veterani che siano, per capire se e come il roster messo a punto può stare in campo. In base alla risposta derivante dal campo, il front office potrà o smantellare ulteriormente la squadra, cedendo i giocatori utili nell’immediato a squadre con ambizioni di competitività immediata, o rinforzare la rosa scambiando le scelte e i giovani a disposizione.
Presti e tutta la dirigenza, finora aperti solo a dichiarazioni volte ad elogiare il nuovo team ed esprimere l’entusiasmo per questo nuovo capitolo dei Thunder, non hanno reso pubblico niente che riguardi il futuro prossimo di OKC; i rumors, però, hanno fatto sapere che le richieste per lo scambio di Adams sono state considerate troppo alte, lasciando quindi intendere che il centro, nonostante il front office non si esprima, è chiaramente sul mercato.
Del resto, date le corazzate che si porranno davanti ai Thunder in una ipotetica apparizione ai Playoffs, risulta difficile immaginare quale possa essere la combinazione tra elementi del roster attuale e eventuali aggiunte (Bradley Beal? Kevin Love?) in grado di potersi imporre su squadre del calibro di Rockets, Lakers, Clippers o Jazz; una considerazione del genere renderebbe tacita la volontà di smantellare del tutto la squadra (cedendo Paul, Gallinari, Adams e Schroeder fra tutti) e qualificherebbe il silenzio di Presti come lo strumento per far sì che le sue pedine non scendano di valore nel mercato delle trade.
E se questa sembra la direzione silenziosamente presa dal front office, è doveroso dire che, però, per mantenere il basket vivo in uno “small market” come OKC, la dirigenza potrebbe credere che la scelta migliore da intraprendere sia quella di piazzarsi volutamente in quella condizione di limbo di cui sopra, per cercare di mantenere la squadra sotto i riflettori mentre si ottiene qualcosa dal draft (ovviamente non attingendo dalla lottery): ciò permetterebbe di non far scendere l’interesse nella squadra da parte dei tifosi, con annessi ricavi economici derivanti dalle partite, il merchandising ecc.
Insomma, una configurazione dei Thunder inaspettata e nuova costringe il front office a compiere una scelta partendo da una posizione delicata che deve considerare interessi di diverso tipo. E se dovremo aspettare un po’ di tempo per capire verso quale direzione la società deciderà di spostarsi, sicuramente potremo vedere fin da subito se e in che modo i giovani Thunder stanno sviluppando i propri talenti e come coach Donovan, uscente da stagioni abbastanza deludenti sotto diversi punti di vista (creazione offensiva e gestione dei minuti su tutti), intenderà allenare. L’energia dei più giovani, l’austerità cestistica dei veterani e l’imprevedibilità di Sam Presti lasciano intendere che tra qualche mese parleremo di questa stagione come di una stagione piena di sorprese.
Articolo a cura di Giuseppe Catone, Francesco Contran e Filippo Scalco.