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Five Breakout Players NBA 2019/2020

Simone Covino by Simone Covino
25 Gennaio, 2020
Reading Time: 18 mins read
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Five Breakout Players NBA 2019/20

Copertina a cura di Marco D'Amato

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Breakout: aggettivo, deriva dal verbo modale to break out; tra i vari significati vi sono esplodere, creare qualcosa di successo, ma anche, in senso figurato, elevarsi, ergersi a leader.

Ho da sempre ritenuto impressionante e affascinante la potenza dei verbi modali anglosassoni. La capacità di riassumere un concetto, un’azione o una caratteristica dell’oggetto in questione con l’accoppiata verbo – preposizione è di un’efficacia letteraria tanto forte da dover, irrimediabilmente, essere ripresa anche dalle altre lingue.

I giocatori di cui ci occupiamo sono accomunati da un verbo modale che incuriosisce parecchio. Stiamo per parlare di cinque “Breakout Players”, cinque giocatori le cui stagioni saranno determinanti per le loro rispettive franchigie, determinandone destini, ambizioni ed orizzonti. Cinque giovani pronti a prendersi grosse responsabilità e grosso peso sulle spalle per portare le proprie squadre il più in alto possibile.

E attenzione, in una Lega ancor più competitiva e con un power ranking difficile da ipotizzare, lo sviluppo e la crescita di questi giocatori potrebbe far saltare il banco e cambiare totalmente la stagione delle rispettive squadre. E oltre al contesto del collettivo, perché non togliersi anche la soddisfazione personale di competere al premio di MIP? Ecco a voi i nostri cinque “Breakout Player”!

Bam Adebayo, Miami Heat

Oltre che dal nuovo leader prodotto di Marquette, molto dei Miami Heat 2019/2020 dipenderà da Bam Adebayo. Il centro nato in New Jersey è chiamato ad una stagione importante nella quale, parole di Erik Spoelstra, “lo vedrete arrivare a qualcosa di più che ad un ruolo da leader“.

https://twitter.com/MiamiHEAT/status/1180569792752885762

Adebayo è uno dei tre pilastri, assieme ad Olynik e Butler, sul quale si reggerà il quintetto degli Heat e, indiscutibilmente, il suo sviluppo e la sua atipicità rappresentano dei fattori molto interessanti da analizzare. In primis, le perplessità legate ad Adebayo riguardano la differenza in termini di chili, centimetri e fisicità nei confronti dei pari ruolo e come saprà sopperire a tale mancanza. Non basteranno energia, convinzione e impegno (per i quali Adebayo è sicuramente encomiabile) ma serviranno un miglioramento nella shot selection e nella capacità di assorbire il contatto in attacco e una difesa più di squadra e di movimento nell’altra metà campo.

I miglioramenti offensivi

Per quanto riguarda l’attacco, come si può ben notare in questa azione, la velocità e la precisione d’esecuzione di Adebayo sono ottimali e il mismatch in velocità con Marjanovic viene sfruttato alla perfezione, o almeno così è fino al momento della conclusione. Buono il velo per Winslow, gran blocco su Dragic off the ball, che riceve sul taglio e serve al momento giusto il ben eseguito roll di Bam. Nel pitturato, però, contro i tentacoli di Marjanovic (che non salta neanche con ottimo tempismo), Adebayo perde stabilità e forza nelle gambe e conclude male.

Appare quindi indiscutibile l’abilità di muoversi in maniera corretta e funzionale, così come l’abilità di lettura del gioco e della situazione, ma bisogna migliorare la capacità di concludere. Nelle conclusioni al ferro, Adebayo deve sfruttare il suo baricentro più basso rispetto a quello del marcatore con arresti di potenza in protezione del tiro, in caso di appoggio, o, come spesso preferisce fare, concludere con una schiacciata.

Da non sottovalutare, oltre alle doti da bloccante, le doti di passatore di Adebayo, notevolmente migliorate nella seconda parte della scorsa stagione, con un picco di 3.3 assist nello scorso mese di marzo. Le sue skills da passatore ben si sposano con i nuovi arrivati Tyler Herro e Meyers Leonard, che potrebbero trovare dei tiri aperti proprio dai passaggi di Adebayo.

Oltre all’esecuzione e alla conclusione degli schemi a difesa schierata, Adebayo sarà fondamentale per garantire il gioco degli Heat in transizione. Una squadra fisicamente più leggera, ma molto intensa come Miami, tenterà di alzare il ritmo e per tutti i lunghi avversari sarà molto difficile contrastare la capacità di corsa di Adebayo. Infatti, il centro statunitense è molto abile anche nel ricevere in corsa e nel coordinarsi correttamente per chiudere il contropiede.

Conclusioni al ferro, passing-skills, conclusioni in contropiede e, perché no, il jump shot. Soprattutto dalla media distanza, il jump shot è un fondamentale che appartiene al bagaglio tecnico di Adebayo, anche se fino ad ora non lo ha utilizzato in maniera continua ed efficace. Affrontando avversari più alti o lenti, impegnati negli aiuti a centro area, tirare dalla media distanza potrebbe diventare un’arma molto importante.

L’energia in difesa

Capitolo difesa. Qui i punti di forza di Adebayo sono essenzialmente due: la sua verticalità e la sua intensità. Nonostante, come detto, non sia il più alto tra i centri, la sua capacità di “essere verticale”, di scegliere il tempo e il suo hang-time gli consentono di essere temibile, in particolare, per le penetrazioni degli esterni. Non c’è dubbio però che Whiteside rappresentasse per gli Heat un rim protector di un livello nettamente superiore. Sarà compito di Spoelstra creare una difesa che renda difficili le ricezioni vicino al ferro e che aiuti Adebayo nel non soffrire i lunghi avversari isolati spalle a canestro contro di lui.

Per quanto riguarda i mismatch con i piccoli avversari, Adebayo rappresenta invece un enorme plus nei confronti di Whiteside. Spesso bravo nel farsi trovare basso sulle gambe, Bam ha un’ottima velocità di piedi nello scivolamento ed è abile nel mettere sotto pressione l’esterno avversario.


Adebayo regge alla grande l’uno contro uno di Steph Curry

Oltre agli infiniti margini di miglioramento bisogna però notare come la base di Adebayo sia sicuramente ottima e solida. Nella scorsa stagione ha dimostrato quanto la sua energia sia esaltante per l’ambiente e la squadra e quanto dal punto di vista tecnico sia già parecchio incisivo. Le sue armi principali sono il pick’n roll con Dragic o Winslow, la capacità di ricevere anche in situazioni complesse ed il dinamismo a rimbalzo in attacco.


Sequenza esaltante di Adebayo nel derby della Florida: stoppata bimane su Fournier e poi tap-in schiacciato.

Ecco che dopo due stagioni alle spalle in cui i segnali positivi sono stati tanti, è arrivato il momento per Adebayo di dimostrare a tutti gli effetti di essere un breakout player per i Miami Heat, pronti a riprendersi quei playoff ad Est amaramente guardati dalla tv lo scorso anno.

DeJounte Murray, San Antonio Spurs

Dopo una stagione non giocata per l’infortunio patito nella preseason di un anno fa, DeJounte Murray prova a ripartire da dove aveva lasciato, a ricominciare il suo percorso di astro nascente della pallacanestro statunitense, ma con qualche responsabilità in più. La point guard classe 1996 sarà, assieme al compagno Derrick White, l’anima della franchigia texana, la gioventù al servizio delle stelle DeRozan e Aldridge per puntare a rimanere competitivi nell’inferno della Western Conference.

Non si può analizzare l’impatto che avrà DeJounte Murray senza richiamare alla memoria le 44 partite giocate dall’ex Washington nella prima parte del 2018. 9.4 punti, 6.6 rimbalzi e 3.2 assist di media, ed in particolare, nelle 10 partite con più di 30 minuti di utilizzo 13.4 punti, 8.1 rimbalzi e 5 assist. Numeri da capogiro, ma che non raccontano fino in fondo la tipologia, o meglio l’unicità, di una point guard leggera, ma con una straripante presenza fisica.

Il completo recupero fisico

Il recupero fisico rappresenta il primo step del ritorno di Murray. Un infortunio dell’entità della rottura del legamento crociato anteriore non può che destare qualche perplessità sulla ripresa di un atleta. Per questo motivo i minuti di Murray sul parquet aumenteranno gradualmente: presumibilmente partirà dalla panchina e sarà sempre oggetto di attenzione da parte dello staff Spurs per la prima parte di stagione.

La velocità d’esecuzione, l’atletismo e l’elasticità dei movimenti di Murray nella stagione 2017/2018 apparivano sensazionali per la possibilità di sfidare sia pari ruolo più bassi, ma anche giocatori più fisici con movimenti tecnici eseguiti a grande velocità.

Pro: contropiede e ritmi alti

Fisicità, tecnica e letture tipiche del sistema San Antonio Spurs: Murray rappresenta una point guard completa in grado di controllare i ritmi del gioco. Ritmi che predilige sicuramente alti, vista la sua capacità di essere aggressivo nella metà campo difensiva ed esplodere poi in contropiede.

Murray potrebbe essere quindi, almeno inizialmente, il perfetto leader della second unit di San Antonio. Dopo gli starters guidati da Aldridge e DeRozan, sarà la panchina chiamata a cambiare il ritmo e a spaccare la partita. L’ingresso di Murray, coadiuvato da un lungo veloce ed efficace come Rudy Gay, e da tiratori come Mills e Belinelli, potrebbe risultare molto intrigante.

Contro: il tiro da tre punti

Nella sezione “da migliorare” non possiamo non citare il tiro da tre, problematica legata a Murray, ma anche a molti altri compagni in nero argento (DeRozan su tutti). Nelle 81 partite giocate nella regular season 2017/2018 Murray ha tirato da tre con il 26,5%, a fronte di un misero 9/34.

Murray ha da sempre quindi tirato poco e male dall’arco, un punto debole che soprattutto in ottica playoff potrebbe essere molto rilevante. Viste le sue indiscutibili abilità nell’uno contro uno al ferro e nel mid-range, c’è il rischio che i difensori di Murray possano estremizzare le scelte e sfidare spesso il #5 al tiro. Sarà compito di Murray migliorare le proprie percentuali e degli Spurs di creare tiri in ritmo.

Murray, IL Breakout Player

In sintesi, tralasciando ogni disamina tecnica o tattica individuale, c’è un fattore fondamentale per cui DeJounte Murray rappresenta un breakout player. Infatti, se si pensa ad un best case/worst case scenario in casa San Antonio, la differenza sostanziale può essere determinata in gran parte da un exploit di Murray.

Come possono gli Spurs impensierire Lakers, Clippers, Houston o Golden State? Come riusciranno gli Spurs a competere con Utah, Portland e Denver? Di certo non basteranno i soliti Aldridge e DeRozan, anzi. La variabile impazzita, l’asso nella manica di Gregg Popovich, sembra essere proprio DeJounte Murray.

Jonathan Isaac, Orlando Magic

Una delle poche squadre non rivoluzionate da questa off-season NBA sono certamente gli Orlando Magic. Il gruppo di coach Clifford è stato sostanzialmente confermato e ha visto le aggiunte molto interessanti di Markelle Fultz e Al-Farouq Aminu. Dopo l’eliminazione al primo turno dello scorso anno per mano dei futuri campioni NBA, la domanda che si pongono i tifosi Magic è: come ambire ad un risultato migliore?

Coach Clifford pare avere la risposta in casa, in particolare nelle sue forwards titolari: Aaron Gordon e, soprattutto, Jonathan Isaac. Se lo #00 già lo scorso anno ha dimostrato un’evoluzione e una crescita importanti, la stagione da breakout player quest’anno sarà tutta per la sesta scelta del Draft 2017. Vediamo insieme perché.

I punti di forza: carta d’identità e difesa

Durante la sua iper positiva Summer League 2018, il giornalista statunitense Jonathan Tjarks, spiegava come Jonathan Isaac fosse “lontano dall’essere un prodotto finito la notte del Draft”. Il brutto infortunio alla caviglia, che lo costrinse a giocare solamente 27 partite nella stagione da rookie, sembrava averlo ridimensionato, ma dall’estate 2018 in poi, è innegabile la sua continua e incessante crescita.

Jonathan Isaac è un prospetto interessantissimo e ha in primis dalla sua la carta d’identità, che recita 3/10/1997, appena 22 anni. Nonostante sia giovanissimo, Isaac ha fatto parlare di sé per alcuni numeri difensivi davvero impressionanti.

Isaac è uno dei 13 giocatori che, nella scorsa stagione NBA, ha registrato almeno 0.8 rubate e 1.2 stoppate a partita; ed è, tra questi 13, uno dei tre (Jaren Jackson Jr e Jerami Grant gli altri) a riuscirci non giocando primariamente da centro. Le sue incredibili doti difensive sono state sorprendenti soprattutto nella serie di playoff contro i Raptors dove ha fronteggiato Pascal Siakam e Kawhi Leonard.

La verticalità, la velocità di piedi e la lunghezza delle braccia di Isaac hanno messo in seria difficoltà i due attaccanti dei Raptors, che si sono trovati più volte a dover ricorrere a tiri difficili e contestati. È davvero impressionante la purezza della tecnica difensiva di Isaac: senza un eccessivo utilizzo del fisico ma solo con posizione, velocità e tempismo, il nativo di NY appare essere davvero uno dei migliori difensori della Lega.

Margini di miglioramento: fisicità e attacco

Proprio l’upgrade muscolare sembra essere uno step necessario ad Isaac per consolidarsi nella Lega. L’unione della tecnica difensiva alla fisicità e alla presenza muscolare porterebbe Isaac a poter essere un difensore ancora migliore e a sviluppare una maggiore pericolosità offensiva.

Lo scorso anno, del resto, abbiamo visto in campo uno specialista difensivo che in attacco eseguiva il minimo necessario per garantirsi minuti. La solidità e la fiducia nei propri mezzi mostrate in difesa non venivano portate nell’altra metà campo, dove Isaac pagava in intensità.

Un aumento della propria forza porterebbe Isaac a poter concludere al ferro con più alte percentuali, penetrare più spesso e guadagnarsi qualche fallo in più. Aumentare la propria pericolosità al ferro, potrebbe anche garantirgli più spazio nel tiro dalla lunga distanza, dove lo scorso anno ha registrato discreti numeri (32.3% su circa 3.5 tentativi a partita).

Breakout player riconosciuto dallo spogliatoio

Sarà quindi compito di Isaac crescere fisicamente e in personalità per poter diventare un’efficace opzione offensiva. Tuttavia sarà anche rilevante l’apporto del gruppo e in particolare dei tre “veterani” starters per aiutare Isaac a prendersi le proprie responsabilità anche in attacco: DJ Augustin, Fournier e il rifirmato Vucevic, giocatori amanti dell’isolamento, saranno chiamati a diminuire i possessi a loro dedicati, per garantire un gioco più fluido e più centrato su giocatori atletici e veloci come Isaac, Gordon e lo stesso Fultz. Se Clifford riuscirà a bilanciare le doti da creatori di Fournier e Vucevic con la freschezza di Isaac e Fultz, il fattore campo ai playoff potrebbe diventare l’obiettivo degli Orlando Magic.

Zach Collins, Portland Trail-Blazers

I playoff NBA sono senza dubbio l’espressione del più alto livello cestistico del pianeta, come suggerisce la celebre la frase “Big time players make big time plays“. Chi è capace di essere decisivo nelle partite più importanti della propria carriera è infatti destinato a passare alla storia. Passato da essere l’11esimo uomo per utilizzo della propria squadra ad essere decisivo nella serie di semifinale di Conference nei playoff, Zach Collins è un super candidato a Top Breakout Player.

Quanto gara 6 e gara 7 di quella serie possano essere decisive per la carriera di Collins è facile leggerlo in questi dati. Nella scorsa regular season Collins ha chiuso con 6.6 punti, 4.2 rimbalzi e 0.9 stoppate a partita, buoni numeri, ma nulla di eccezionale. Beh, nelle già menzionate ultime due gare della serie Collins ha realizzato in totale 21 punti e 9 (sì, nove) stoppate.

Ma attenzione, le due partite sono una sensazionale iniezione di fiducia personale, non degli outliars che cambiano le prospettive del giocatore. Certo, dopo queste due prestazioni l’hype intorno a Collins è cresciuto, ma i motivi per cui sarà un Breakout Player nella prossima stagione sono altri.

Il nuovo roster

I numerosi cambiamenti nel roster di coach Stotts hanno portato variazioni nel frontcourt (sono arrivati due centri di esperienza come Pau Gasol e Hassan Whiteside). Si può notare la tendenza ad aver perso in imprevedibilità e duttilità (Aminu, Harkless, Leonard), quanto piuttosto aver guadagnato in giocatori fisici e specializzati nel loro ruolo.

Chi di imprevedibile e duttile è rimasto è sicuramente Zach Collins, che, in questo roster, sembra essere quindi una variabile determinante per coach Stotts. Collins può giocare sia da 4 che da 5, in appoggio a Whiteside, ma anche da centro in quintetti particolarmente mobili. Collins è in grado di correre come pochi altri lunghi e sicuramente in maniera unica nei Blazers. Inoltre, Collins garantisce sempre l’apertura del campo per gli uno contro uno di Lillard e McCollum.

Difesa e tiro da tre sono d’élite

Aprire il campo, dicevamo. Zach Collins è un eccellente tiratore da tre punti sugli scarichi, sia dall’angolo che dalla posizione di ala. Il 33.1% della scorsa stagione con 1.6 tentativi a partita non è granché indicativo, in quanto quest’anno i tiri saranno di più e più in ritmo. L’abilità nel pick’n’pop di Collins potrebbe garantire una soluzione molto efficace per il fenomenale duo esterno dei Blazers. Dalle soluzioni personali, al gioco interno con Whiteside, passando proprio per il gioco perimetrale di Collins, Lillard e McCollum potranno sfruttare tutto il loro infinito arsenale offensivo.

E poi c’è la difesa, quella sui lunghi avversari, che è forse il principale punto di forza di Collins. Nella sua stagione da rookie l’ex Gonzaga è stato il giocatore con almeno 40 partite giocate che ha concesso la più bassa percentuale di realizzazione al ferro: 47%. In coppia con un altro rim protector d’eccellenza come Hassan Whiteside sarà davvero difficile trovare punti nel pitturato Blazers.

L’investitura

Indubbiamente Collins è candidato ad una stagione da protagonista, ma secondo qualcuno, c’è di più. Nell’articolo “The Next Siakams” il giornalista di The Ringer D.J. Foster identifica Collins come uno dei principali candidati al titolo di Most Improved Player.

Appare innegabile che, per i fattori espressi in precedenza, Collins sia sicuramente un probabile candidato all’ambito premio vinto da Pascal Siakam lo scorso anno. Più minuti concessi, una pallacanestro più congeniale e un ambiente sicuramente stimolante come quello di Portland garantiranno a Collins di togliersi sicuramente grande soddisfazioni.

Ci sono tuttavia alcuni fondamentali in cui Collins appare un po’ acerbo e su cui dovrà lavorare assieme a coach Stotts. In primis, Collins è un giocatore che ha poca abilità nell’assorbire il contatto in penetrazione. In questa stagione, nella quale come detto sarà chiamato a giocare anche da 4, è di grande importanza che riesca a generare punti non solo da facili schiacciate e tiri da tre.

Inoltre, seppur sarà Whiteside il lungo più coinvolto nei giochi a due, Collins deve migliorare le sue abilità da bloccante. Spesso infatti, viene colto in fallo per blocchi sia in favore di giocatori con la palla sia per liberare un compagno off the ball.

Riuscirà Collins a migiorare anche questi aspetti del suo gioco? Sarà candidato al MIP? Lo scopriremo solo guardando questa stagione, ben consci che sicuramente siamo di fronte ad un super breakout player.

Brandon Ingram, New Orleans Pelicans

Uno dei giocatori più sottovalutati della Lega se paragoniamo narrativa a rendimento reale, uno di quei giocatori su cui alcuni dicono di averci ormai perso le speranze, uno dei candidati (faccio il D.J. Foster) al premio di MIP 2019/2020. Il tutto in un contesto nuovo, giovane, che incuriosisce tutti e sarà super osservato, ma con gli occhi della critica rivolti prettamente verso Zion Williamson; signore e signori, attenzione alla stagione di Brandon Ingram.

L’ex Lakers nell’ultima stagione ha dimostrato miglioramenti innegabili e ha solidi argomenti da presentare in questa stagione, nella quale è chiamato a convincere tutti gli appassionati. Cosa già possiede e cosa deve migliorare per zittire gli scettici nella stagione della rookie extension?

Playmaking e versatilità

Se si analizzano le tre stagioni finora giocate in NBA da Ingram, il tanto utilizzato paragone con Kevin Durant non regge. Ma se si guarda non ai risultati o alle statistiche, ma alle caratteristiche fisiche di Ingram, ecco che emerge il Kevin Durant. Così come il neo acquisto di Brooklyn, infatti, Ingram è un’ala longilinea con visione di gioco e abilità di passaggio fuori dal normale.

Il suo vantaggio in termini di altezza nei confronti dei diretti avversari gli permette di vedere linee di passaggio vincenti e soluzioni offensive ideali. Tuttavia, non solo Ingram è abile nella lettura del gioco offensivo, ma le sue doti di playmaking gli garantiscono anche un ottimo rateo assist (2.9) – turnover (2.1) e una grande abilità in transizione.

Le doti di playmaking di Ingram potrebbero quindi far gran comodo al gioco veloce e frizzante dei nuovi Pelicans di Alvin Gentry.

La sua altezza e la sua velocità sono inoltre un fattore in difesa, dove può essere determinante contro ogni tipo di avversario. In un ipotetico quintetto veloce potrebbe essere sfruttato anche da 4, favorendo lo straordinario bagaglio atletico di Zion da 5 e alzando al massimo i ritmi della partita.

Spacing e fit

Con Ingram la condivisione del pallone di certo non sarà un problema per i Pelicans ma lo potrebbero diventare le spaziature. Ingram, Lonzo, Zion, Favors eJaxson Hayes sono giocatori accomunati dalla scarsa affidabilità nel tiro da tre punti. Anche ipotizzando un Ingram da playmaker, la tendenza a stringere piuttosto che allargare il campo potrebbe portare a qualche difficoltà.

Servirà quindi un miglioramento di Ingram nel tiro dalla lunga distanza, il che potrebbe giovare non solo a tutto l’attacco Pelicans, ma anche alle personali doti di attaccante. Ingram nella scorsa stagione ha tirato con il 33% da tre a fronte di soli 1.8 tentativi a partita. Ma non è questo il dato più allarmante, quanto piuttosto la true shooting percentage di Lonzo che registrava un aumento nei momenti con Ingram in panca (+5.5%).

Giocare con due non tiratori è quindi complesso, lo diventa ancora di più se si aggiunge un giocatore prettamente interno come Zion Williamson.

D’altro canto c’è da considerare però quanto ben costruito sembra il roster dei Pelicans in funzione del gioco di Gentry. I Pelicans sono stati secondi nel pace nella scorsa stagione e il gioco veloce e dinamico di Gentry ben si sposa con le caratteristiche di Ingram e dei nuovi arrivi.

Se infatti Ingram sarà chiamato ad essere un’importante soluzione offensiva anche da isolamento, giocatori come JJ Redick, abilissimo nel catch and shoot, e Favors, ottimo rimbalzista offensivo, garantiscono tiri veloci e un alto numero di possessi.

La mente libera e l’occasione da sfruttare

Ingram è l’unico dei cinque breakout players da noi selezionati ad essere alla prima stagione con una nuova squadra. Per un giocatore da sempre sotto i riflettori, l’aspetto emotivo e psicologico di poter giocare con la mente più libera potrebbe fare la differenza. I Pelicans, infatti, iniziano una stagione con l’obiettivo di provare a infastidire le pretendenti ai playoff della Western Conference.

Vi sono sicuramente squadre con più esperienza e più quotate, ma una squadra così giovane e densa di talento sarà sicuramente una mina vagante che darà fastidio a molti. Questa tipologia di squadra e questo contesto appaiono essere l’ambiente perfetto per un giocatore come Ingram, che potrà essere leader e prendersi qualche rivincita nei confronti dei detrattori.

La possibilità di essere opzione offensiva di primissimo piano, far registrare ottimi numeri e consolidarsi assieme a Zion Williamson come leader del radioso futuro di New Orleans. L’occasione va sfruttata, è la stagione in cui essere breakout player per Brandon Ingram.

Tags: Bam AdebayoBrandon IngramDejounte MurrayJonathan IsaacMiami HeatNew Orleans PelicansOrlando MagicPortland Trail BlazersSan Antonio SpursZach Collins
Simone Covino

Simone Covino

Tanto appassionato di basket da essere giocatore, ma in CSI a soli 20 anni, essere stato arbitro, ma scarso e bistrattato, e ora avere la presunzione di parlare di NBA con il tono nobile e saccente di uno juventino gialloviola.

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