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NBA Preview: Indiana Pacers 2019/20

Michele Laffranchi by Michele Laffranchi
13 Agosto, 2020
Reading Time: 17 mins read
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Indiana Pacers copertina

Copertina a cura di Francesco Villa

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INDIANA PACERS: È L’ANNO DEL DEFINITIVO SALTO DI QUALITÀ’?

Record 2018-19: 48-34.

Arrivi: Malcolm Brogdon (FA); TJ Warren (Phoenix Suns); Jeremy Lamb (FA); TJ McConnell (FA); Goga Bitadze (draft); Justin Holiday (FA).

Partenze: Darren Collison (ritiro); Bojan Bogdanovic (Utah Jazz); Thaddeus Young (Chicago Bulls); Wesley Matthews (Milwakee Bucks); Tyreke Evans (FA); Cory Joseph (Sacramento Kings); Kyle O’Quinn (Philadelphia 76ers).

PG: Malcolm Brogdon, Aaron Holiday, TJ McConnell;

SG: Victor Oladipo, Jeremy Lamb, Edmon Sumner;

SF: TJ Warren, Justin Holiday, Doug McDermott;

PF: Domantas Sabonis, TJ Leaf, Alize Johnson;

C: Myles Turner, Goga Bitadze, Amida Brimah.

23 gennaio 2019. Nel generoso tentativo di recuperare Siakam, Victor Oladipo cade a terra. Con lui si infrangono anche le speranze di un buon percorso ai playoff da parte degli Indiana Pacers. Il pur ottimo record di 48-34, che vale la quinta posizione ad est, porterà i Pacers ad uscire contro i Boston Celtics al primo turno con un 4-0 che mette in evidenza tutti i limiti dell’attacco gialloblu privato della sua stella. Il dato più esemplificativo delle difficoltà dei ragazzi di coach Nate McMillan è il -74.4 di NET RTG nel clutch time della serie. Un dato nauseabondo, che testimonia come nei momenti decisivi il giro palla Pacers abbia smesso di funzionare.

Bojan Bogdanovic, pur avendo raccapezzato l’attacco in sostituzione di Oladipo, non poteva sicuramente essere il go-to-guy su cui fare costantemente affidamento. È stata una stagione, quella scorsa, nata con ambizioni e chiusa invece come annata di transizione a causa dell’infortunio di Oladipo.

COSA E’ CAMBIATO?

Il roster è stato decisamente rivoluzionato attraverso un gran numero di operazioni in entrata ed in uscita. Michael Pellissier ha classificato le trenta franchigie in base al minutaggio e ai punti portati in dote rispetto alla scorsa stagione. Ebbene, Indiana è terz’ultima in ambo le categorie. Questo a testimonianza di come la continuità sia piuttosto labile: del resto, si contano sette giocatori in uscita (Collison, Bogdanovic, Young, Evans, O’Quinn, Joseph e Matthews) e solo sei giocatori confermati rispetto all’annata scorsa (Oladipo, Turner, Sabonis, McDermott, Tj Leaf e Holiday). Insomma, la discontinuità rispetto alla scorsa stagione pare piuttosto evidente. L’idea societaria è stata quella di andare incontro a uno svecchiamento del roster (divenuto non a caso uno dei più giovani della lega), perdendo per strada quei giocatori che hanno preferito ambire ad un contratto più elevato.

Le partenze

Terminata la Free Agency, è arrivato il momento di tirare le somme dell’off season degli Indiana Pacers. Partiamo, intanto, dai saluti a tre giocatori di cruciale importanza nelle ultime stagioni. Darren Collison, veterano con 10 annate all’attivo, lascia nella maniera più inaspettata: si ritira infatti a nemmeno 32 anni per dedicarsi alla fede, che lo lega ai testimoni di Geova. Scelta inaspettata, che ha privato i gialloblu di un play intelligente e molto abile al tiro da 3 (39.4% in carriera). Assieme a Collison salutano i Pacers anche Bojan Bogdanovic, go-to-guy dell’annata scorsa (dopo l’infortunio ad Oladipo), che si accasa ai Jazz, e Thaddeus Young, nuovo membro dei Bulls. Indiana si priva così di due fra i giocatori più esperti del roster, andati a monetizzare altrove (73 milioni in 4 anni per “Boogie” e 41 in 3 anni per Young).

I tre addii, in ogni caso, si inseriscono nel processo di svecchiamento della squadra operato dalla dirigenza. I corposi movimenti in entrata durante la Free Agency vanno letti indubbiamente in questa direzione.

Malcolm Brogdon

La mossa più importante è sicuramente la firma di Malcolm Brogdon: l’ex play dei Bucks ha infatti firmato un quadriennale da 85 milioni di dollari. I soldi investiti sono parecchi, ma sulla carta ne vale la pena. Brogdon infatti è un giocatore dotato di uno spiccato acume tattico, un eccellente difensore e un solido tiratore. Lo scorso anno si è aggiunto al ristrettissimo, ed ambitissimo, club dei 50-40-90 (percentuali dal campo, da 3 e ai liberi).

un eccellente difensore innanzitutto per motivi fisici. 196 centimetri, 103 kg e 6’ 10’’ di wingspan sono dati che gli permettono di marcare efficacemente le ali piccole avversarie. Lo si può notare guardando la strepitosa serie difensiva giocata in marcatura su Kawhi Leonard; Brogdon è stato, statisticamente parlando, il miglior difensore sul recente MVP delle finali in questi playoff. Kawhi è stato limitato a 16/45 dal campo (35.6%) in 110 possessi con Brogdon come difensore primario. Vedere per credere:

 

D’altro canto è anche vero che Brogdon potrebbe soffrire maggiormente guardie agili e sguscianti, ma qui entra in gioco la fisicità scattante di Victor Oladipo (una volta rientrato). Ecco perché molti considerano il futuro backcourt dei Pacers come uno dei meglio assortiti nella lega, sui due lati del campo.

Jeremy Lamb

Altra pedina fondamentale che va ad aggiungersi al reparto guardie è Jeremy Lamb. La SG ha firmato un contratto triennale da 31.5 milioni di dollari complessivi, un affare per la dirigenza di Indianapolis. Le stagioni a Charlotte, dopo anni piuttosto bui nel disfunzionale contesto di Oklahoma City, hanno mostrato un miglioramento continuo per Lamb: l’ultima stagione è stata chiusa a 15.3 ppg con il 55.2% di TS. Anche il 34.8% da 3 è un dato positivo, poiché si inserisce in un contesto che ha visto l’addio di coloro che, forse, erano i migliori tiratori in squadra (Collison e Bogdanovic).

Miglioramenti si sono visti anche dal palleggio, nell’uso del floater e nelle letture palla in mano; sicuramente Lamb non è un creatore di attacco elitario, ma può comunque contribuire in maniera positiva alla fluidità dell’attacco di McMillan. Ecco un paio di clip che mettono in luce la sua crescita nell’uso del floater: 

 

TJ Warren

Il reparto ali necessitava di un sostituto considerato l’addio di Bojan Bogdanovic. Il sostituto è arrivato in realtà già nella notte del draft, con lo scambio che ha visto Phoenix cedere, insieme ad una scelta, TJ Warren ai gialloblu, al fine di liberare spazio salariale. Altra mossa intelligente dei Pacers, dunque, che pagheranno 35 milioni di dollari a Warren dilazionati in tre anni. L’ala piccola è reduce da un’eccellente stagione, chiusa a 18 ppg, con il 42.8% da 3. Quest’ultimo miglioramento è impressionante, specie considerando che nelle prime 4 stagioni in carriera non aveva mai segnato più di una tripla a partita e, soprattutto, era reduce da un 28% da 3. L’anno scorso ha invece segnato 2 triple di media (su 4.8 tentativi), con percentuali in netta crescita.

Il giocatore va a sostituire Bogdanovic e aggiunge una fisicità più marcata che gli permette di concludere con un incredibile 69.8% nei pressi del ferro (è una percentuale maggiore di quella che possano vantare i due lunghi titolari dei Pacers, Myles Turner e Sabonis). Oltre a tutto questo,  bisogna considerare la capacità di Warren di costruirsi tiri dal palleggio mantenendo comunque una eFG superiore al 50%.

 

Gli altri

Dobbiamo, infine, ricordare anche l’aggiunta come play di riserva del funzionale McConnell e l’arrivo di Goga Bitadze, lungo di scuola europea chiamato con la 18esima scelta al recente draft. Così facendo, si compone un roster al solito lungo e funzionale, chiamato spesso a fare la differenza in assenza di una superstar. Sembra un luogo comune, ma storicamente la forza dei Pacers è stata quasi sempre dovuta alla solidità e duttilità del gruppo.

L’ipotetico quintetto che schiererà coach McMillan dovrebbe essere questo: Brogdon-Oladipo-Warren-Turner-Sabonis. Si prediligerà, dunque, la convivenza fra i due lunghi, cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni . Logicamente, fino al ritorno di Oladipo, in quintetto dovrebbe partire Jeremy Lamb. Dalla panchina, conseguentemente, è ipotizzabile un maggiore minutaggio anche per TJ McConnell, almeno nella prima parte della stagione. Reduce da una stagione efficientissima (52.5% dal campo, dato notevole per un playmaker), McConnell potrà guidare la second unit (4.7 apg in carriera).

OBIETTIVI FUTURI

Quale obiettivo può proporsi un gruppo come i Pacers? La logica dice che, con il ritorno di Oladipo, il passaggio del primo turno deve essere l’obiettivo minimo. Le ultime due annate si sono concluse con due uscite (seppur opposte nella maniera in cui si sono consumate) al primo turno. Nel 2018 furono i Cavs (futuri vincitori ad Est) a fermare l’avanzata di Oladipo e soci (4-3 molto sofferto), mentre la scorsa stagione, come già accennato, i Pacers furono arginati dalla clutchness di Kyrie Irving e dalla coralità del gioco dei Celtics.

La maturazione del gruppo prosegue e la guida tecnica rimane salda: Nate McMillan sarà coach, infatti, per il quarto anno consecutivo. Nelle prime tre stagioni ha registrato un record di 138-108 (.561), chiudendo sempre con un bilancio di vittorie all’attivo e arrivando ai playoff in tutti e tre i casi. I tempi sembrano maturi per ambire ad un salto di qualità.

Ma un’analisi sugli sviluppi possibili della franchigia deve essere fatta giocoforza con una proiezione a lungo termine. Il papabile quintetto ha un’età media di 25 anni (Brogdon 26 – Oladipo 27 – Warren 26- Sabonis 23 – Turner 23) ed è fra i più giovani della lega. I lunghi, in prospettiva, possono divenire fra i più interessanti del lotto: è logico attendersi uno sviluppo costante e un miglioramento graduale.

Nell’ottica di un Est orfano da un biennio del talento di LeBron James e privato dopo una sola stagione del dominio di Kawhi Leonard, non è utopico prevedere Indiana come top team insieme a squadre come Bucks e Sixers. Il superamento del primo turno deve dunque essere un obiettivo minimo, senza però scordare che la maturazione più attesa e interessante è quella a lungo termine. Per fare ciò, sono necessari logicamente ulteriori upgrade rispetto all’ultimo triennio, sia nel gioco corale che negli aspetti tecnici dei singoli.

LA COPPIA SABONIS-TURNER

Il primo e fondamentale rebus dei nuovi Pacers è il tentativo di far coesistere Myles Turner e Domantas Sabonis. La decisione del coaching staff è apparsa chiara nelle indicazioni trasmesse in estate: i due partiranno in quintetto insieme. È un cambiamento piuttosto rivoluzionario, visto che la scorsa stagione hanno giocato insieme in 64 delle 82 partite di RS e, nell’arco temporale di queste gare, solo per 6.7 minuti di media. La scelta, andando ad analizzare il momento storico della lega che predilige affidarsi a quintetti small e ad un campo il più possibile allargato, pare un po’ anacronistica. Non è più l’NBA delle Twin Towers.

In realtà, come al solito, la verità sta nel mezzo: ad Est, infatti, gli avversari sono piuttosto “grandi”. A partire dai 76ers: la franchigia di Philadelphia ha appena affiancato Al Horford a Joel Embiid, dando vita alla coppia di lunghi verosimilmente meglio assortita della lega; Horford aggiunge playmaking e regia offensiva, nonché un tiro da 3 piuttosto solido (36.8% in carriera). Discorso simile si può fare anche per i campioni in carica dei Raptors, che approcceranno le gare con Siakam e Marc Gasol in quintetto. Nella stessa direzione vanno anche i Bucks (lunghi in generale, con il duo Lopez-Ilyasova molto incisivo per larghi tratti della serie contro Boston), i Magic (Gordon e Vucević) e i Pistons (Griffin e Drummond). Insomma, gli accoppiamenti ad Est esigeranno molto spesso la coesistenza di due giocatori lunghi e versatili, capaci di muoversi al di fuori del pitturato sia offensivamente che difensivamente.

Sabonis e Turner sono reduci da stagioni brillanti, per vari motivi. Il figlio del grande Arvydas è stato il miglior rimbalzista dei suoi e ha guidato la franchigia gialloblu in tutte le principali statistiche avanzate: WS (7.6), WS / 48 minuti (.197) e BPM (3.7). Numeri in esponenziale crescita rispetto agli anni passati, che testimoniano come Sabonis stia diventando un fattore concreto su entrambi i lati del campo. La sua crescita ulteriore dipenderà dal suo tiro da 3. La scorsa stagione ha chiuso con il 52.9 % dall’arco ma con soli 17 tentativi. Riuscisse a costruirsi un tiro affidabile, potrebbe allargare ulteriormente il campo e sfruttare ancora meglio le sue doti di passatore (2.9 apg la scorsa RS). Ecco un paio di clip che dimostrano le sue eccellenti letture sui tagli dei compagni (nel caso specifico di McDermott):

 

Turner si è imposto invece come uno dei migliori difensori della lega. Il centro classe ’96 ha concluso l’ultima RS primo nella classifica totale delle stoppate (199), veleggiando a 3.4 di media. Ma, oltre al dato delle stoppate, per certi versi più plateale che concretamente efficace, sono le statistiche avanzate che rendono l’idea dell’impatto difensivo di Turner.

In difesa sui pick&roll, Myles ha concesso solamente 0.87 punti per possesso: meglio di Nurkic, Embiid e del DPOY Rudy Gobert. In post up, la sua difesa rimane eccelsa. Pur avendo fronteggiato gli attaccanti in post con buona frequenza (12.8 % della sua difesa), è rimasto terribilmente efficace, concedendo solamente 0.84 punti per possesso, anche qui facendo meglio di Gobert ed Embiid. La sua frequenza in difese di questo tipo è stata doppia rispetto alla somma degli altri due centri, ma la sua efficienza rimane irraggiungibile anche per loro. Ecco un paio di stoppate alquanto efficaci:

 

Dove stanno le difficoltà più lapalissiane? Sabonis dovrebbe soffrire, logicamente, contro 4 più atletici e esplosivi, ma la presenza di Turner sotto i tabelloni potrebbe comunque garantire una sicurezza difensiva maggiore. Considerando anche il fatto che, ai recenti mondiali, ha dimostrato con la maglia lituana di poter difendere efficacemente anche sul perimetro, sicuramente saranno richiesti a Sabonis miglioramenti e una maggiore applicazione sulla difesa sugli esterni. L’altro lato della medaglia è il seguente: contro avversari fisicamente più piccoli, Sabonis potrebbe banchettare nel gioco in post, suo cavallo di battaglia offensivo, nonché servire palloni cinque stelle extralusso ai taglianti dal lato debole.

Turner dà maggiori garanzie per continuità al tiro da 3 (una tripla di media a bersaglio su 2.6 tentativi a partita l’anno scorso) e, ovviamente, a livello difensivo, ma deve necessariamente migliorare nel gioco in post. Insomma, i due possono migliorarsi a vicenda, ed è quello che chiede loro McMillan.

L’allenatore si è dimostrato piuttosto fiducioso sulla convivenza fra i due, facendo leva sulla possibilità di utilizzare la loro versatilità per adattarsi alle lineup avversarie, anche a partita in corso. E pure su quello che pare ad oggi il limite più evidente, ovvero la difficoltà in fase difensiva di Sabonis da 4, McMillan si è detto fiducioso che il mismatch sarà più un vantaggio per il gioco offensivo dei Pacers che uno svantaggio per la manovra difensiva. Difficile dargli torto: per Basketball Reference, Sabonis nella scorsa stagione è stato nel 91esimo percentile per efficienza dal campo fra i 0 e 3 piedi, ovvero ha dominato al tabellone come fanno in pochissimi.

IL BACKCOURT DEI PACERS

Un discorso pressoché simile può essere fatto per il nuovo backcourt dei Pacers che, con il ritorno di Victor Oladipo a stagione più o meno inoltrata, vedrà l’ex guardia di OKC e dei Magic andare ad affiancare Malcolm Brogdon. La scorsa stagione Oladipo ha condiviso il parquet per 150 minuti con 7 giocatori diversi dei Pacers: tutti e sette questi “duo” hanno funzionato, ma Oladipo “fittava” particolarmente bene con un giocatore specifico, stando ai numeri: Cory Joseph e Oladipo, infatti, producevano 11.4 punti su 100 possessi in più degli avversari. Joseph, che in estate ha firmato con Sacramento, è una guardia a basso USG%, che riesce a creare gioco come playmaker offensivo secondario.

Sul lato difensivo è un giocatore molto valido, che riusciva a togliere responsabilità difensiva dalle spalle di Oladipo. Per molti aspetti, Joseph è un tipo di giocatore del tutto comparabile con Brogdon, il nuovo compagno di backcourt di Oladipo. La differenza positiva è che, a livello complessivo, l’ex rookie of the year è un giocatore migliore di Joseph, per cui potranno esserci solo vantaggi.

Malcolm Brogdon

Brogdon non ha bisogno di tenere molto il pallone in mano per essere comunque uno scorer efficace: è infatti uno dei sei giocatori con più di 15 punti di media ad avere un usage inferiore al 21%. Brogdon dunque non richiede la palla in mano tanto quanto altri creatori secondari, lasciando libero Oladipo di creare dal palleggio. È inoltre in grado di spezzare le difese con i suoi tagli dal lato debole (la scorsa stagione ha chiuso nel 76esimo percentile come tagliante, producendo 1.41 punti per possesso). Come creatore secondario è efficace anche nell’attaccare il canestro e scaricare fuori per i compagni.

Le cose si prospettano perfino migliori sul piano difensivo. Brogdon è versatile, come già accennato, mentre Oladipo è adatto a marcare le guardie più esplosive. Nella loro miglior versione atletica sono entrambi due difensori d’élite. La difesa dei Bucks ha guidato la lega con 104.9 punti concessi su 100 possessi, numero che si abbassa a 102.7 con Brogdon sul parquet. Quello che rende differente, e verosimilmente migliore, il fit con Oladipo dell’ex Bucks rispetto a quello di Joseph è la maggiore affidabilità di Brogdon al tiro da 3. Il suo 47.5% nelle triple in catch&shoot si sposa particolarmente bene con l’attacco Pacers, il cui 76% delle triple viene preso proprio in catch&shoot.

Eccellente è anche il trattamento di palla di Brogdon, con un turnover rate del 10%, dato che testimonia l’intelligenza cestistica di The President. La possibilità di una maggiore libertà sulle linee di passaggio, con le tenaglie di Brogdon a marcare spesso e volentieri il miglior difensore avversario, potrà permettere a Oladipo di innalzare il numero di palle rubate. Insomma, l’arrivo di Brogdon al roster darà una grossa mano a Indiana, andando a creare uno dei backcourt più funzionali della lega.

Victor Oladipo

 Il motivo che più carica i tifosi gialloblu è, ovviamente, il ritorno a pieno regime – almeno così sperano tutti – di Victor Oladipo. Nella prima metà della scorsa stagione, fino all’infortunio, Oladipo stava viaggiando a 18.8 ppg, faticando un po’ al tiro rispetto all’anno precedente. Ma ciò che Oladipo trasmette a livello di leadership è difficilmente riassumibile; l’ex guardia dei Magic era 12 su 20 nei tiri per pareggiare o portarsi in vantaggio negli ultimi 5 minuti di gara / overtime, per un clamoroso 80.4% di TS%.

Si può parlare con ragione di varianza e dati che tendono a “sballare” in fretta, ma rimane il fatto che, per una squadra andata completamente in bambola nei momenti decisivi della serie contro Boston, – riprendiamo in mano il -74.4.di NET RTG del clutch time contro i verdi – Oladipo rappresenta davvero un faro offensivo da cavalcare nei momenti difficili (il go-to-guy che tende a risolvere le situazioni più complesse). Jeremy Lamb, come già accennato, è un ottimo giocatore offensivo, ma non può trasmettere all’ambiente quello che offre Oladipo. Non garantisce il giusto mix di leadership, carisma e talento difficilmente sostituibile. Chiedere per sicurezza ai Boston Celtics:

 

BEST/WORST-CASE SCENARIO

Insomma, questi Pacers sembrano davvero essere attrezzati come mai nel recente passato. Bisogna tornare indietro al biennio 2012-13 per ritrovare una squadra così ricca di potenziale. Il best-case scenario è, probabilmente, il superamento del secondo turno di playoff. Ipotizzando un ritorno a pieno regime di Oladipo e la salute fisica dei compagni di squadra (Brogdon su tutti), non è così impronosticabile il raggiungimento delle Finali di Conference. Sulla carta le squadre meglio attrezzate dei Pacers sono sicuramente Sixers e Bucks, mentre i gialloblu potrebbero giocarsela coi nuovi Celtics di Kemba (che paiono comunque un passo avanti) e con i Raptors campioni in carica (privi di Leonard e conseguentemente in fase di riassestamento).

Se invece la stagione dovesse andare peggio del previsto, rimane difficile ipotizzare ai playoff senza i Pacers. Mal che vada, insomma, potrebbe esserci la quarta eliminazione consecutiva al primo turno della post season. Ma è un’alternativa alla quale i tifosi Pacers non vogliono pensare più di tanto. La squadra è lunga, i giovani sono pronti a esplodere definitivamente e i nuovi hanno voglia di trasmettere entusiasmo ed energia. La stagione alle porte potrebbe riservare liete novità a tutto l’ambiente gialloblu.

Tags: BrogdonEastern ConferenceMcMillannbaNBA playoffOladipopacersplayoff
Michele Laffranchi

Michele Laffranchi

Fagocita sport fin dalla nascita. Da anni la notte si confonde con le gare NBA, per fortuna. L’altra sua passione è la scrittura: le fonde qui per raccontare sport, la cosa più meravigliosa che ci sia. Dopo il “quick release” di Stephen Curry, ovviamente.

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