Una volta concluso il Mondiale, o una grande manifestazione per Nazionali, si tende spesso a voler trarre delle conclusioni sullo stato della pallacanestro nel mondo. Si cercano, quindi, di individuare le principali tendenze ed i maggiori cambiamenti nel gioco rispetto al periodo precedente.
Spulciando tra le varie pagine social che parlano di basket, ho notato due principali conclusioni a cui sono giunti gli appassionati:
- Gli USA hanno perso una grossa porzione di predominio e, quindi, non è più sensato pensare a priori che siano i favoriti per la vittoria finale. Il gioco NBA è ormai è troppo diverso da quello FIBA e questo rende più difficile l’adattamento dei giocatori americani.
- Per gli stessi motivi, anche giocatori NBA, ma di “area FIBA” (su tutti, Antetokounmpo e Jokic) hanno reso sotto le aspettative.
Uno degli aspetti principali che sottovalutiamo quando facciamo queste valutazioni, però, è quello legato all’orizzonte temporale. Noi stiamo analizzando un lasso di tempo di appena due settimane di gioco. In sostanza, si pretende di avere un quadro complessivo ed esaustivo dello stato della pallacanestro, basandoci sugli avvenimenti compresi in un periodo di tempo di appena quindici giorni.
Questa più larga prospettiva ci permetterà di soppesare il relativo basso livello della compagine americana e di valutare in maniera corretta l’apporto di giocatori provenienti dal basket FIBA, ma che per anni sono stati in NBA.
Partendo da questo presupposto, nasce la necessità di allargare il più possibile il campione di analisi.
LA METODOLOGIA
In questo lavoro, analizzerò tutti i Mondiali e le Olimpiadi dal 1992 al 2019. La scelta di iniziare con l’Olimpiade del 1992 ha una duplice motivazione:
- L’entrata in campo dei professionisti NBA può considerarsi la linea di separazione nella storia della competizione.
- La creazione di tante altre nazionali dopo la caduta del regime sovietico, accompagnata dal disfacimento della Jugoslavia di Tito, avvenne proprio in quegli anni. Analizzare anche i dati provenienti nel periodo antecedente al 1992, sarebbe stato controproducente e poco informativo. (NB: in questo articolo la Jugoslavia è ciò che ora chiamiamo Serbia).
Abbiamo analizzato 27 anni di Mondiali e Olimpiadi (per un totale di 691 partite), dando un punteggio in base allo scarto nel risultato finale. Il sistema di punteggio pensato permette di pesare lo scarto (suddiviso in cinque fasce: 1-5, 6-10, 10-15, 15-20 e oltre 20), il momento del torneo (1° turno, 2° turno, quarti, semifinali e finale) e la competizione (il Mondiale è stato considerato meno premiante rispetto all’Olimpiade, poiché di più facile accesso). Questi criteri ci hanno permesso di aumentare, col proseguire del torneo, il valore delle vittorie e abbassare il peso delle sconfitte.
Il sistema di calcolo dei punteggi si può prestare a dibattiti, ma permette di ottenere dati in linea con il valore effettivo delle singole nazionali. Tuttavia, un impatto notevole lo hanno avuto gli scarti nei primi turni. L’esempio più lampante è quello rappresentato dell’Argentina e della Grecia del 2006; i sudamericani, in quella competizione, hanno ottenuto un punteggio di 10,75, mentre gli ellenici di “appena” 6,47, benché proprio questi ultimi avessero raggiunto la finale, poi persa con la Spagna.
Sommando tutti i coefficienti dei singoli eventi (14) si ottiene un valore per ogni nazione che abbia avuto almeno una partecipazione. Questo valore è poi stato moltiplicato per il rapporto PARTECIPAZIONI/14, in modo da “punire” nazionali che abbiano avuto risultati ottimi o comunque buoni nelle poche partecipazioni avute (Italia tra queste). Oltre a ciò, questo accorgimento ci ha permesso premiare le nazionali con risultati mediamente non straordinari, ma più continue a livello di partecipazioni.
Non sono state considerate le partite di classificazione tra le eliminate, valutate poco significative dal punto di vista agonistico. Chi ha ancora nella mente i primi 20 e gli ultimi 5 minuti regolamentari dell’ultima Italia-Portorico può capire a cosa ci riferiamo.
LE CONCLUSIONI
Qui di seguito riportiamo il grafico della media mobile a 6 anni per le prime dieci nazionali (vengono quindi considerate in modo dinamico le ultime tre competizioni disputate). Dal grafico si può notare il crollo USA nei primi anni 2000, con la successiva ripresa e poi il calo dovuto principalmente alla vittoria non “dominante” di Rio 2016 e al pessimo Mondiale cinese. Interessante notare come l’evoluzione dei coefficienti americani sia ciclica. Probabilmente a testimoniare la bontà della teoria che vuole Team USA bisognosa di un clamoroso tonfo per poter riprendere a “fare sul serio”.

Riportiamo sotto il medesimo grafico di prima, ma senza gli USA, in modo da cogliere meglio il comportamento delle altre nove squadre. Qui emerge l’ovvio dominio della Spagna, anche se è l’Argentina ad avere avuto il picco più alto (02-08). Le nazioni le più costanti, invece, sono la Jugoslavia (ora Serbia) e la Lituania. Interessante il comportamento dell’Australia (qui un peso decisivo lo gioca il più semplice accesso alle Olimpiadi) e il buon miglioramento del Brasile. Sorprende in positivo la presenza della Germania (senza dubbio Nowitzki-dipendente) e, in negativo, la Francia, mai capace di fare il vero salto di qualità verso la massima eccellenza.

Qui di seguito potete trovare anche le 3 tabelle “RANKING”.
La tabella totale con le prime 15 squadre:

La tabella che prende in considerazione le TOP 10 nei soli Mondiali:

La tabella che prende in considerazione le TOP 10 nelle solo Olimpiadi:

TEAM USA
Emerge il grosso gap tra i risultati di Team USA ottenuti a livello olimpico e quelli ottenuti a livello iridato. Il ranking è più basso del 40% quando si analizzano i soli Mondiali: un dato che deve essere considerato quando si analizza l’ultima spedizione cinese.
Utilizzando una analisi storica possiamo ricordare almeno altri tre episodi a conferma di ciò:
- Mondiale 1998. Bronzo ottenuto con Tomjanovich in panchina, ma con una squadra composta da un miscuglio di giocatori emigrati in Europa (come David Wood) e provenienti dal college (Trajan Langdon e Kiwane Garris avranno una ottima carriera europea, Brad Miller una altrettanto buona in NBA). Sarà l’ultima competizione non giocata da professionisti NBA
- Mondiale 2002. Disastroso crollo nel mondiale casalingo, con giocatori del calibro di Baron Davis (visibilmente sovrappeso), Reggie Miller e Paul Pierce. Squadra con pochissimi giorni di allenamento insieme e condizioni atletiche nemmeno da training camp
- Mondiale 2006. Forse la più inspiegabile e/o ingiustificabile. Dopo il tracollo olimpico di Atene, Team USA cade in semifinale con la Grecia. Quella squadra aveva LeBron e un neo-MVP delle Finals come Wade, ma fu incapace (e non preparata) di difendere il p&r Papaloukas-Schortianidis.
Ma quali sono i motivi di questa disparità tra Mondiali ed Olimpiadi?
Il primo di tutti è intrinseco nella cultura americana. TEAM USA ha sempre mostrato molto poco interesse per i Mondiali. Questo si riverbera poi su struttura di preparazione, selezione dei giocatori e livello di agonismo.
In secondo luogo, anche a livello di calendario, il Campionato del Mondo è poco sincronizzato con i ritmi d’oltreoceano. Per le star NBA in passato è stato complicato adattarsi per essere già pronti fisicamente e mentalmente intorno a metà agosto; l’esempio del 2002 è lampante in questo senso. Ben diverso è il periodo Olimpico, che permette di avere uno stacco al termine dell’Olimpiade, prima di cominciare il training camp.
Infine, l’ultimo motivo di disparità è legato al grande numero di rinunce da parte dei giocatori americani più forti.
RESTO DEL MONDO
Allargando il ragionamento alle altre nazionali, il ranking “Olimpiadi” mette in mostra una serie di aspetti interessanti: la continuità della Lituania, capace di superare le selezioni più dure, quelle europee; la facilità dell’Australia nel qualificarsi (i Boomers sono terzi in questa classifica ma neanche presenti in quella dei Mondiali); il dominio europeo. Ben 7 squadre su 10 vengono dal Vecchio Continente, confermando il fatto che le poche presenze italiane nelle manifestazioni a cinque cerchi siano in parte dovute al percorso di qualificazione mediamente più complicato.
Infine, il Ranking “Solo Mondiali” mette ancora più in luce come l’Europa la faccia da padrone anche in questa competizione: ben 8 Nazionali su 10 sono europee.
Ora un piccolo focus sulla Nazionale Italiana. Tra i vari dati che abbiamo costruito, quello più interessante è quello riportato qui sotto, dove si vede la classifica TOP-15 prima e dopo l’applicazione del coefficiente PARTECIPAZIONE. Nella due colonne trovate le posizioni pre e post riconteggio:

Come si può notare, l’Italia -tra le TOP-15- è quella che subisce il peggioramento più evidente al pari della Jugoslavia, nazionale non presente nel 1992 e nel 1994 per ovvi motivi politici.
La Nazionale azzurra si conferma, quindi, poco continua e incapace di portare squadre di livello nelle varie competizioni internazionali. In passato non siamo neanche riusciti a qualificarci per i Campionati Europei.
Troppo poco lo straordinario argento olimpico del 2004 per permetterci di rimanere tra le migliori squadre al mondo nel periodo considerato. Traguardo che sarebbe stato accessibile ottenendo una presenza più continuativa almeno nel Campionato del Mondo, sicuramente meno proibitivo rispetto all’Olimpiade da questo punto di vista.
In un’ottica di lungo periodo come quella offerta, alcune impressioni forniteci dall’ultima kermesse iridata possono essere confermate totalmente: le squadre Nazionali dotate di una forte identità possono andare mediamente più avanti.
A livello di Nazionali, dato il poco tempo a disposizione per ogni appuntamento, poter contare su un gruppo solido può essere l’arma in più che permette di andare oltre le difficoltà che, inevitabilmente, l’alto livello e i ritmi serrati di certe competizioni impongono. In questo senso, squadre come Argentina, Spagna e Australia sono da questa parte della barricata.
Accanto a queste, ci sono idee che possono avere diritto di cittadinanza, per esempio quella del venir meno alla supremazia americana. Alcune analisi come quella mostrata ci portano a correggere leggermente tale assunto: solo mostrando la sua faccia migliore Team USA può tranquillamente proclamarsi come il dominatore del basket mondiale.