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NBA Preview: Los Angeles Clippers 2019/20

Lorenzo Pasquali by Lorenzo Pasquali
13 Agosto, 2020
Reading Time: 16 mins read
0
Copertina Preview Los Angeles Clippers

Copertina a cura di Sebastiano Barban

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LA RESA DEI CONTI PER I LOS ANGELES CLIPPERS

Record 2018/19: 48-34.

IN: Kawhi Leonard (Free Agency); Paul George (da OKC); Maurice Harkless (da Portland); Rodney McGruder (Free Agency); Patrick Patterson (Free Agency); Mfiondu Kabengele (27th pick); Terance Mann (48th pick); Amir Coffey (Undrafted).

OUT: Danilo Gallinari (OKC); Shai Gilgeous-Alexander (OKC); Wilson Chandler (Brooklyn); Garrett Temple (Brooklyn); Tyrone Wallace (Minnesota); Sindarius Thornwell (Cleveland).

Roster:

PG: Patrick Beverley (S), Lou Williams.

SG: Landry Shamet (S), Rodney McGruder, Jerome Robinson.

SF: Kawhi Leonard (S), Terance Mann.

PF: Paul George (S), JaMychal Green, Maurice Harkless, Patrick Patterson, Mfiondu Kabengele.

C: Ivica Zubac (S), Montrezl Harrell.

RECAP STAGIONE 2018/19

Se i Clippers sono riusciti a convincere Leonard e George della bontà del loro progetto, non lo devono solo alle oculate decisioni manageriali e di gestione del salary cap – su tutte, le trade riguardanti Griffin e Harris – ma anche ai convincenti risultati che hanno raggiunto sul piano sportivo. Ecco perché, per capire come sono riusciti a portare a termine l’estate migliore della loro storia, è opportuno ripercorrere l’annata 2018/19.

Partiamo dalla fine. La scorsa stagione dei Los Angeles Clippers si è conclusa con la loro sconfitta in Gara 6 contro i Golden State Warriors. Non era finita come volevano, ma anche nella sconfitta i Clippers avevano mostrato la straordinaria compattezza che ne aveva caratterizzato l’annata e che gli aveva permesso di strappare due gare contro una squadra molto più talentuosa.

Erano stati una delle tante sorprese della regular season e, nonostante qualche cambiamento dei membri del team a metà stagione, erano riusciti a essere una delle squadre più costanti della NBA: partiti con un record di 15-6 – .714% di vittoria –, si erano successivamente raffreddati pur mantenendosi su standard impronosticabili (record di 33-28 il resto della stagione, per poi finire l’anno a 48-34).

Oltre a uno straordinario senso di appartenenza, avevano rivelato una vena particolarmente prolifica nel tiro da tre punti: secondi in percentuale (38,8%), davanti anche a Golden State Warriors e Houston Rockets. In generale, sotto il profilo offensivo, si erano classificati quinti in punti per partita.

Il momento più importante era stato sicuramente quando, a metà stagione, avevano scambiato Tobias Harris, in scadenza di contratto in estate nonché prima opzione offensiva, insieme a Boban Marjanovic e Mike Scott ai Philadelphia 76ers per Landry Shamet, Wilson Chandler, Mike Muscala e un numero significativo di scelte future (poi utilizzate per arrivare a Paul George).

Lo scambio, al contrario di quanto pronosticato al tempo, non aveva scalfito i Clippers nella loro rincorsa alla postseason, anzi. Muscala invece era stato scambiato ai Los Angeles Lakers per Ivica Zubac, giovane lungo dal potenziale intrigante.

Nonostante i cambiamenti e gli scossoni di mercato, i Clippers erano riusciti a raggiungere i Playoffs con l’ottavo seed.

I NUOVI ARRIVATI

Kawhi Leonard e Paul George

I Clippers sono usciti vincitori dall’estate forse più importante della loro storia, e ciò ha permesso loro di presentarsi ai nastri di partenza della nuova stagione da protagonisti assoluti. I frutti di due anni di lavoro del nuovo front office si sono infatti materializzati in Kawhi Leonard e Paul George, oltre a una serie di role player – su tutti Harkless – di cui parleremo dopo.

Kawhi e PG13 sono certamente un punto di svolta per i velieri losangelini, anche se adesso la franchigia si trova a fare i conti con una finestra temporale brevissima per far fruttare il gran lavoro svolto finora.

I sacrifici fatti in termini di giocatori e scelte per arrivare alle due star è stato talmente oneroso che impone ai Clippers di raggiungere almeno uno di questi due scenari: un titolo nei prossimi due anni oppure la rifirma di Leonard e George, che probabilmente declineranno la player option del terzo anno per firmare un massimo salariale da 10+ anni di esperienza. In caso contrario, deluse le enormi aspettative e perso il comando delle proprie scelte dal 2022 al 2026, l’unico asset in mano alla franchigia rimarrebbe solo la (probabile) nuova arena di Inglewood. Pochino.

Potremmo dilungarci sui motivi che hanno portato Leonard e George a vestire la casacca dei Clippers. Ci limiteremo a osservare come entrambi abbiano scelto, in modi diversi, di riunirsi in una squadra che hanno valutato più idonea ad inseguire un titolo da protagonisti, con un front office e un coaching staff competente e con la presenza in squadra di comprimari di livello.

Per quanto riguarda il campo, è quasi superfluo ricordare il valore dei due nuovi arrivati, accomunati da diversi elementi. Entrambi sono ad un punto della carriera in cui possono essere prime opzioni offensive, anche se probabilmente rendono al meglio quando sono appoggiati da una secondo giocatore di simile valore. Non hanno comunque problemi a prendersi l’attacco sulle spalle: nell’ultima stagione Leonard e George hanno avuto un usage rate rispettivamente del 30% e del 28,5% (per un confronto, Lillard 28,1% e Westbrook 30,1%), con una buonissima efficienza al tiro (eFG% rispettivamente di 54,6 e 52,9).

Leonard è fresco Finals MVP, mentre PG viene da una prima metà della scorsa stagione da top 3. Le doti offensive sono accompagnate ovviamente da quelle nella metà campo difensiva, dove possono fare la differenza soprattutto in isolamento e avranno addirittura il lusso di scambiarsi la marcatura sull’esterno avversario più pericoloso durante la partita. I Clippers con Beverley in campo potrebbero quindi coprire 4 ruoli su 5 con difensori di primissimo livello, mentre sulla carta non hanno un giocatore adatto a contenere da solo lunghi dominanti come Joel Embiid o Anthony Davis. 

Fortunatamente per Doc Rivers, Kawhi e George sono due giocatori che, considerato il loro valore, hanno meno bisogno di altri di avere sempre la palla in mano e per questo potrebbero risultare un po’ più facili da integrare, sia tra loro che con il resto del roster. Non sono dei grandi passatori: i loro numeri su 100 possessi sono piuttosto bassi, con 12,2 assist per Leonard e 13,5 per George, ma discreti se prendiamo in considerazione la percentuale di assist che distribuiscono sul totale di squadra: rispettivamente 15,9 e 17,3. Numeri che vanno idealmente a sostituire quelli di Gallinari (13,4) e Shai Gilgeous-Alexander (17,9), fermo restando Lou Williams (31,8) e Beverley (18,3) come principali organizzatori di gioco.

Inoltre, se Leonard prima con gli Spurs e poi a Toronto giocava in un contesto ideale, George si è trovato negli ultimi anni a giocare prima in una squadra mediocre a Indiana e poi di fianco a un giocatore estroso come Russell Westbrook, che sicuramente non gioca un basket ordinato e che senza palla contribuisce a chiudere ancora di più il campo a causa del suo immobilismo e delle sue difficoltà al tiro. Giocare in un campo aperto da tiratori affidabili come JaMychal Green e Beverley (carriere sempre intorno al 40% da tre) e Shamet, oltre alla presenza di Lou Williams e Leonard stesso, aiuterà PG13 a evitare di andare a sbattere contro un muro di difensori, come spesso accadeva ad Oklahoma City. 

Ciò che preoccupa maggiormente sono gli infortuni. Kawhi l’anno scorso è stato preservato e ha giocato solo 60 partite di regular season; tuttavia, è arrivato comunque in condizione fisiche non perfette nelle Finals. Senza contare l’infortunio che l’ha tenuto fuori per 73 partite nell’ultima stagione con gli Spurs, ragion per cui lo staff medico dei Clippers starà ben attento a centellinare il suo impiego nei 13 back-to-back.

Paul George invece si è operato ad entrambe le spalle (probabilmente il principale motivo per cui sembrava fuori ritmo durante gli scorsi playoff), quindi saranno da tenere monitorati il record della squadra e la sua condizione fisica al rientro, previsto per fine novembre.

Kawhi Leonard e Paul George, però, non sono le uniche novità nel roster dei Los Angeles Clippers. Vediamo quindi di seguito come si sono mossi i velieri durante l’offseason e analizziamo le caratteristiche dei nuovi arrivi.

Maurice Harkless

Entrando nella Free Agency, il Front Office diretto da Lawrence Frank sapeva di dover rinforzare il roster con ali lunghe e atletiche, capaci di garantire versatilità difensiva.

Harkless, 26 anni, è in grado di marcare più posizioni – principalmente dal 2 al 4 – e può rappresentare una minaccia offensiva grazie al suo atletismo.

In RS ha registrato per la sua squadra il 2° miglior dato per DBPM (+2.3), dietro al solo Nurkic. Viene dalla peggior annata dal 2016 per percentuale da 3 punti, convertendo soltanto il 27.5% dei suoi tentativi. Il dato è curioso, poiché nella stagione precedente l’ex Blazer ha tirato col 41.5% dalla lunga distanza, con un numero di tentativi pressoché identico: i Clippers si augurano che il sistema offensivo di Doc Rivers possa aiutarlo a riavvicinarsi a quelle cifre.

La serie di Playoff contro OKC è stata quella che lo ha visto più partecipe: la sua difesa su Paul George, principale arma offensiva avversaria, è risultata determinante per il passaggio del turno di Portland. George, 28.6 punti a partita nei Playoff, ha concluso la sua serie con un negativo -2.8 PTS DIFF (punti per possesso in un matchup specifico rispetto alla media del giocatore) quando marcato dal suo attuale compagno di squadra. Nel corso della post season Harkless è stato, insieme a Zach Collins, l’unico dei Trail Blazers a registrare un D-PIPM maggiore o uguale a 1, aiutando enormemente Portland nella metà campo difensiva.

La combinazione formata dall’apertura alare superiore ai 7 piedi e le sue capacità atletiche formerà, insieme a Kawhi Leonard e Paul George, il reparto ali più interessante della Lega. Tre giocatori intercambiabili in difesa in grado di intercettare e contestare i tiri con estrema versatilità.

 

Offensivamente Harkless dà il suo meglio in contropiede, quando può sfruttare il suo atletismo e le lunghe leve, o come tagliante utilizzando a proprio favore le attenzioni che le difese avversarie dedicano ai suoi compagni di squadra più pericolosi.

In aggiunta a un indiscutibile contribuito nella metà campo difensiva, Portland ha potuto contare anche sulla sua abilità di rimbalzista; nelle partite di playoff in cui ha giocato almeno 25 minuti, Harkless ha catturato 6.6 rimbalzi di media, sfruttando le disattenzioni avversarie per garantire extra possessi in attacco.

 

Una situazione simile potrà presumibilmente ripresentarsi con la squadra di LA, in quintetto a fianco di George e Kawhi o sfruttando le attenzioni attirate dal letale gioco a due di Sweet Lou e Harrell.

In conclusione, Harkless sarà necessario per coprire le serate di load-management delle due stelle losangeline acquisite in estate. Quando a pieno regime, Doc Rivers potrà scegliere tra Shamet, Green o Harkless per il quinto posto in quintetto. Al momento risulta essere il nono uomo nelle rotazioni, ma se l’ala 26enne riuscisse a garantire versatilità difensiva, atletismo e una discreta percentuale da 3 punti, la sua candidatura potrebbe essere irresistibile per dare equilibrio allo starting five dei Clippers.

Rodney McGruder

Due giorni dopo essere stato tagliato dai Miami Heat nel tentativo di scendere sotto la luxury tax, Rodney McGruder si è accasato ai Clippers. Nonostante fosse ormai troppo tardi per venire utilizzato ai Playoffs, Rodney ha iniziato a conoscere i suoi futuri compagni di spogliatoio viaggiando con la squadra durante allenamenti e trasferte.

Dando un’occhiata al suo ultimo anno agli Heat, le statistiche non sono esaltanti. In una squadra dalle caratteristiche difensive spiccate, McGruder ha concluso la stagione con un mediocre DBPM (-0.1) senza riuscire minimamente a impattare nella metà campo offensiva, con un OBPM negativo (-1.9).

Contestualizzando questi dati si può intuire il perché di tale rendimento: con 45 partite da titolare, spesso Spoelstra ha deciso di affidargli l’assegnamento difensivo più complicato della serata. Analizzando gli accoppiamenti difensivi durante la stagione, i primi 3 giocatori in quanto a possessi per partita sono DeMar DeRozan, Victor Oladipo e Damian Lillard, ovvero le prime opzioni offensive delle rispettive avversarie.

Quest’anno, partendo dalla panchina, l’ex Miami Heat si occuperà dell’esterno più pericoloso della second unit avversaria, insieme probabilmente a un ottimo difensore come Moe Harkless. Una differenza notevole rispetto alla stagione passata.

Un altro aspetto del suo gioco che potrebbe migliorare, grazie a un ruolo ridotto, è il tiro da 3 punti. Il coaching staff di Doc Rivers è uno dei migliori per lo sviluppo di questo fondamentale (il migliore in assoluto, per BBall Index) e McGruder potrà contare sugli spazi lasciati dalle difese nel tentativo di marcare il Pick&Roll tra Lou e Harrell. Il dato di partenza (35.1%, 36.4% dagli angoli) non è male ma può sicuramente migliorare.

McGruder però non porta soltanto intensità difensiva e tiro da 3; è in grado, occasionalmente, di giocare il Pick&Roll con il lungo e concludere la giocata con un lob. Nel suo ultimo anno a Miami, la maggior parte dei suoi assist sono arrivati in una situazione simile per Whiteside.

 

Ciò che McGruder dovrà garantire alla squadra sono 10-12 minuti di estrema intensità. In termini di fit, McGruder combacia perfettamente con l’identikit del giocatore dei Clippers. Da undrafted è riuscito a ritagliarsi un posto nella lega col ruolo di giocatore duro e intenso. Così come molti altri giocatori a roster, Rodney arriva ai Clippers dopo esser stato snobbato da una squadra NBA e dovrà lottare per dimostrare di appartenere alla realtà di una contender.

Qualora riuscisse a essere discretamente pericoloso anche in attacco, attraverso il tiro da 3 sugli scarichi o come secondo creatore di gioco, l’esterno di 28 anni potrebbe vedere i suoi minuti aumentare in delle rotazioni davvero molto profonde.

Terance Mann

Nel corso dell’evento “The Playbook Vol. 4”, Jerry West ha affermato che entro la fine della stagione la scelta numero 48 al draft di quest’anno avrà minuti significativi all’interno delle rotazioni.

Ad oggi non è facile sapere effettivamente che ruolo avrà Mann durante la stagione. Infortuni, posizione in classifica e rendimento dei compagni di squadra giocheranno un ruolo fondamentale nelle scelte dell’allenatore Doc Rivers. Il front office dei Clippers però ha le idee molto chiare riguardo l’esterno al primo anno in NBA.

Dopo aver giocato per quattro anni all’università di Florida State da ala piccola, Terance Mann è stato da subito impiegato nella Summer League come principale portatore di palla e creatore di gioco.

In 3 partite ha concluso la sua esperienza estiva con 8.6 punti, 5.7 assist (record di squadra), 11.3 rimbalzi di media (terzo in tutto il torneo!) con il 60% dal campo.

La principale arma del suo arsenale offensivo è la penetrazione: grazie a un QI cestistico superiore alla media della sua Draft class, Mann è in grado di riconoscere gli aiuti difensivi e scaricare a un compagno libero, per un tiro da 3 punti o una comoda schiacciata. Nell’ultimo anno a FSU ha prodotto 1.27 punti per opportunità al ferro, dimostrando di essere uno dei migliori tuttofare dell’ACC.

 

Oltre a ciò l’ex Seminole può garantire un impatto in ogni aspetto del gioco: così come il compagno di reparto Patrick Beverley, Mann è un rimbalzista eccezionale per il ruolo e un difensore capace di cambiare anche sulle ali avversarie.

Per la prima parte di stagione il rookie dei Clippers sarà probabilmente utilizzato nella squadra affiliata in G-League, per permettergli di abituarsi gradualmente all’impatto fisico della NBA. Anche nel caso si liberassero ulteriori minuti nel ruolo di guardia, Jerome Robinson dovrebbe essere il candidato numero uno a subentrare nelle rotazioni. A partire dall’inizio del Training Camp, Terance Mann dovrà dunque dimostrarsi una solida opzione per la panchina capeggiata da Lou Williams, per guadagnare posizioni nelle gerarchie della squadra.

Patrick Patterson

La firma dell’ala di 30 anni è stata la più discussa dell’offseason dei Clippers. La sensazione comune che al roster attuale possa servire un centro di stazza (Noah?) evidentemente non è attualmente condivisa dal front office della squadra di LA. Le motivazioni possono risiedere in un’iniziale fiducia nel reparto lunghi a disposizione (Zubac e Kabengele su tutti possono ricoprire il ruolo di lungo intimidatore), o sulla consapevolezza che a febbraio sarà ancora disponibile un giocatore dall’identikit simile a quelli disponibili oggi.

Tornando a Patterson, ad oggi si tratta di uno stretch-4 che nell’ultima stagione ha tirato con solo il 33.6% da 3 punti (minimo in carriera), uscendo dalle rotazioni dei Thunder in disperato bisogno di tiro. Detto ciò, rimane un giocatore con impatto positivo nella metà campo offensiva. Non forza il tiro quando in serata negativa, sa sfruttare i vantaggi battendo un close-out fatto malamente e sa come rubare qualche rimbalzo offensivo qua e là.

Il pick’n’pop laterale con George è una delle poche cose ad aver funzionato l’anno scorso, soprattutto grazie alla strepitosa stagione di PG e i suoi miglioramenti nel playmaking.

 

Difensivamente Patterson è un giocatore abbastanza versatile. Non eccelle in nessuna situazione difensiva ma non sfigura nella difesa in post basso né sui cambi sul perimetro. Ciò che Doc Rivers non potrà mai chiedergli è rimanere davanti al palleggio di guardie rapide o reggere l’impatto fisico dei centri NBA più imponenti (Embiid, Jokic, ecc.).

Sulla carta, i Clippers non avevano davvero bisogno di un lungo di questo genere. Come riportato da Jovan Buha di The Athletic, sia Zubac che Harrell hanno passato tutta l’estate a lavorare sul tiro da 3 punti. JaMychal Green è un eccellente tiratore e il rookie Kabengele, per cui i Clippers hanno voluto salire nel draft assicurandosi una scelta al primo giro, fa del tiro una delle sue armi principali. Per questo motivo, oltre a essere comunque una solida riserva come quattordicesima firma, il contributo maggior potrebbe darlo all’interno dello spogliatoio, dove ritroverà il grande amico Paul George e l’ex compagno di squadra Lou Williams.

Mfiondu Kabengele

Il nipote dell’Hall of Famer Dikembe Mutombo è stato selezionato dai Clippers con la scelta numero 27 (ottenuta dai Nets la notte del Draft).

Dopo aver trascorso un anno da redshirt a Florida State, Kabengele ha giocato due stagioni per i Seminoles nel ruolo di sesto uomo di lusso, con la media di 13 punti, 6 rimbalzi e 1.5 stoppate in quasi 22 minuti giocati a partita nel suo ultimo anno. I report iniziali non erano incoraggianti – alto 6’8” e sovrappeso – ma nel corso delle stagioni Mfiondu ha saputo lavorare tanto sul suo gioco quanto sul proprio fisico.

Ad oggi Kabengele si presenta come un giocatore versatile e il prototipo di lungo ideale per il basket moderno.

Alto 6’10”, con un’apertura alare di 7’33”, è un difensore capace sia in area (0.605 points per post-up possessions concessi, uno dei migliori rimbalzisti della ACC) sia sul perimetro contro guardie più rapide (FSU è uno dei college che più utilizza switch difensivi). Nella metà campo offensiva Kabengele ha sviluppato un tiro dalla distanza migliore di molti lunghi NBA, raggiungendo il 37% da 3 con quasi 2 tentativi a partita e il 76% dalla lunetta. In aggiunta a ciò, Mfiondu garantisce grande intensità attaccando il ferro, sia come rollante sia in situazioni di rimbalzo d’attacco.

Queste caratteristiche si sono viste anche durante la Summer League, dove in 4 partite giocate ha primeggiato per punti di squadra (17 ppg) con 1.7 stoppate in 26 minuti di media. L’approccio alla distanza NBA è stato positivo, mandando a segno 7 triple a fronte di 16 tentativi (43.75%).

La crescita avuta negli ultimi anni dovrà aver un seguito anche tra i professionisti. Mfiondu ha ancora enormi limiti nel ball-handling e nella visione di gioco. Non a caso, il suo “feel for the game” è stato per molti scout un campanello d’allarme nella valutazione precedente al Draft. Tutti gli addetti ai lavori – dai compagni di squadra ai giornalisti – non perdono occasione di elogiarne le qualità umane e l’attitudine al lavoro, per cui è concesso un ragionevole ottimismo al riguardo.

Salvo cambiamenti del roster attuale, Kabengele al momento ha davanti nelle rotazioni almeno quattro giocatori: Zubac, Harrell, Green e Harkless, con l’incognita del veterano Patterson. Nel miglior scenario i Clippers non avranno bisogno del suo contributo, se non nelle serate di load management. In emergenza, Kabengele potrà essere richiamato dalla G-League per fornire energia dalla panchina, sorprendendo le difese avversarie con la sua attività in area e un range di tiro in continuo miglioramento.

Le rotazioni secondarie dei Clippers sono tutte da costruire e decifrare, e per elementi come Patterson e Kabengele non vi è certezza di poter ricoprire un ruolo attivo in quello che si prospetta un convinto assalto al titolo. Una cosa però si può affermare senza alcun timore di smentita: il roster dei Clippers è profondissimo, probabilmente il più ricco della Lega.

Sarà sufficiente per arrivare a giugno?


Articolo a cura di Riccardo Baccega, Leonardo Cilia, Marco Giavazzi e Lorenzo Pasquali.

Tags: clippersKawhi LeonardLeonardLos Angeles ClippersMaurice HarklessMfiondu KabengelenbaNBA PreviewPatrick PattersonPaul GeorgeRodney McGrudersteve ballmerTerance Mann
Lorenzo Pasquali

Lorenzo Pasquali

Ha deciso di esplorare nuove vette del masochismo tifando Clippers e Fortitudo. Le notti sogna un universo parallelo in cui CP3 e Griffin vincono il primo Larry OB della franchigia.

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