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NBA Preview: Boston Celtics 2019/20

Federico Peschiera by Federico Peschiera
11 Agosto, 2020
Reading Time: 16 mins read
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Copertina Preview Boston Celtics

Copertina a cura di Marco D'Amato

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BOSTON CELTICS: LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

Record 2018/19: 49-33

Giocatori aggiunti a roster: Kemba Walker (Sign&Trade); Enes Kanter (FA); Vincent Poirier; Romeo Langford (R); Carsen Edwards (R); Grant Williams (R); Javonte Green (R); Max Strus (two-way); Tremont Waters.

Giocatori rilasciati dal roster: Al Horford; Kyrie Irving; Guerschon Yabusele (tagliato); Terry Rozier (Sign&Trade); Aron Baynes (Trade).

Roster:

PG: Kemba Walker (S), Marcus Smart, Carsen Edwards, Brad Wanamaker.

SG: Jaylen Brown (S), Romeo Langford.

SF: Gordon Hayward (S), Semi Ojeleye, Javonte Green.

PF: Jayson Tatum (S), Grant Williams.

C: Enes Kanter (S), Robert Williams III, Daniel Theis, Vincent Poirier.

 

RECAP STAGIONE 2018/19

Tante aspettative e poche sicurezze

La stagione 2018/19 dei Boston Celtics è stata quella delle aspettative deluse. Dopo un rebuilding tanto inusuale quanto efficace, la franchigia del Massachusetts si è presentata ai nastri di partenza della NBA con l’onere (e l’onore) di essere la favorita numero uno al trono dell’Est, reso vacante dal Re da poco approdato in California. Solo l’arrivo di Kawhi Leonard a Toronto poteva destare qualche preoccupazione a una squadra con l’ambizione di tornare alle Finals dopo otto lunghi anni.

Proprio le Conference Finals, e la precedente cavalcata ai playoffs, dell’anno precedente erano uno dei motivi per considerare i Boston Celtics i naturali favoriti ad Est. La squadra di Stevens, nonostante le assenze di Irving e l’infortunio di Hayward, era riuscita a raggiungere Gara 7 delle ECF gettando il cuore oltre l’ostacolo e piegandosi solo a un sontuoso LeBron James. In quell’occasione il talento di Tatum e Brown, l’esperienza di Horford, Morris e Baynes, insieme alla grinta di Rozier, avevano prodotto un qualcosa di straordinario, che aveva alterato la percezione dei tifosi dei Boston Celtics.

Il ritorno di Irving e Hayward, i rinnovi di Smart e Baynes e le ormai certezze rappresentate da Tatum, Brown e Rozier (senza dimenticare leader silenziosi come Horford e Morris) proiettarono la squadra di Boston fuori dalla propria “comfort zone”. Diventare improvvisamente i favoriti ad Est non ha giovato alla squadra di Stevens.

 

I primi attriti

Tutti, da addetti ai lavori a tifosi, sono convinti che questo possa essere l’anno giusto per la Beantown. Le prime sconfitte, di conseguenza, vengono considerate normali tappe di un percorso di crescita inarrestabile. I problemi, però, non tardano ad arrivare; l’aspetto peggiore è che provengono dallo spogliatoio: il pessimo gioco espresso sul parquet ne è il naturale riflesso.

Tra novembre e dicembre vengono fuori i primi limiti di un gruppo mai unito. Il primo ad accusare la situazione è Irving che, con poca lucidità sul momento, punta il dito contro i “giovani” ritenuti poco pronti a competere ad un livello superiore. La risposta dello “young core” non si fa attendere, con Brown che rispedisce al mittente le accuse e attacca l’ex Cavs per la sua scarsa pazienza.

Il dado ormai è tratto. All’interno dello spogliatoio si formano due blocchi contrapposti: quello capeggiato da Irving, che vorrebbe maggiore applicazione da parte dei giovani, e quello che ha i suoi leader in Tatum e Brown che, rivendicando la stagione precedente, pretendono maggiore spazio. A poco servono gli sforzi di Smart e Morris che cercano di richiamare tutti all’ordine. I Boston Celtics, ormai, sembrano allo sbaraglio.

 

Uno spogliatoio spaccato

Il malessere è ormai palese e i giocatori sono irriconoscibili tanto sul campo quanto fuori. Quelli che sembravano meri problemi di rotazioni dati dalla sovrabbondanza di talento, si rivelano essere situazioni di altissima tensione. La squadra appare disunita, con poca voglia di cooperare e spesso è solo il talento dei singoli a permettere ai Celtics di rimanere aggrappati al quarto posto della Eastern Conference. Ad aggravare la situazione c’è anche lo spettro di perdere Irving dopo che quest’ultimo, dimenticando la promessa “I’ll stay”, decide di glissare su una sua futura permanenza nel Massachusetts.

Da marzo fino al termine della stagione regolare è un lungo calvario verso i playoffs. I tifosi e la stampa accusano tutti. Da Stevens, incapace di gestire un ego come quello di Irving e di trovare soluzioni efficaci tanto in campo quanto fuori, a Danny Ainge, reo di aver scommesso troppo sul duo Hayward-Irving invece di puntare sui vari George o Leonard sacrificando qualcosa in più.

 

L’inizio della fine

La sensazione generale è che i playoffs possano, in questa situazione delicata, essere un toccasana (emblematico il “nessuno può batterci in sette gare” di Irving). Questa illusione viene confermata dalla prima serie che i Celtics dominano 4-0 contro dei Pacers provati dall’assenza di Oladipo.

Le nuvole sembrano essersi diradate ed, infatti, dopo la prima vittoria in trasferta contro i Bucks, i Boston Celtics vengono dipinti come nuovamente favoriti alla vittoria della Conference. Il sogno, però, dura ben poco. I Bucks, con orgoglio, spirito di squadra e prestazioni superlative di panchinari e comprimari, strapazzano dei C’s travolti dal dominio di Antetokounmpo e soci.

Nell’incertezza più totale sul futuro si chiude una delle stagioni peggiori in casa Boston Celtics. Non tanto in quanto a record (49-33 e quarto posto), quanto piuttosto per ciò che poteva essere e, per mille ragioni, alla fine non è stato. Una pesante battuta d’arresto per un progetto avviato nel lontano 2012 e che sembra più che mai incerto e claudicante. 

 

I CAMBIAMENTI AL ROSTER

Senatori in uscita

La nota più eclatante di questi Boston Celtics versione 2019/20 è sicuramente la partenza dei due pilastri delle passate stagioni: Kyrie Irving e Al Horford. Il primo ha deciso di intraprendere un percorso nella Grande Mela al fianco di Durant; il secondo ha provato a strappare un contratto più lungo. Mentre, però, i problemi di spogliatoio e di attitudine che sembrano svanire con la partenza della guardia da Duke possono parzialmente consolare il tifoso medio, la partenza di Big Al, approdato in una squadra direttamente rivale per le Finals, è un duro colpo da digerire. Altro movimento di mercato degno di nota è stato l’addio inaspettato di Aron Baynes, scambiato a Phoenix per liberare spazio salariale.

 

Kemba Walker

Le novità, invece, sono sotto gli occhi di tutti. Boston è riuscita a rialzarsi dal fallimento della passata stagione e dello sgretolamento del suo roster, arruolando un ottimo giocatore di rotazione e uno dei migliori FA in circolazione. Kemba Walker firma un contratto in sign-and-trade (in cambio di Rozier) da 140 M per 4 anni. Rinuncia al super-max che avrebbe potuto ricevere a Charlotte – ma che non gli era stato offerto – per entrare in un contesto più competitivo che, a differenza della franchigia della North Carolina, gli permetta di giocarsi quantomeno le finali di conference.

Benché si possa obiettare che il rimpiazzo di Irving non abbia lo stesso talento, e che sia quindi un passo indietro rispetto agli standard dello scorso anno, in realtà Walker ha molte più possibilità di adattarsi al gioco corale di Stevens. L’ex playmaker degli Hornets garantirà comunque uno scoring e un apporto difensivo più o meno simile a quello di Kyrie. La differenza la potrebbero fare l’attitudine e soprattutto lo status di leader, che Irving ha sempre fatto fatica a conquistare. Proprio da questo punto di vista, però, i Mondiali, in cui era l’unico All-NBA a roster e leader tecnico ed emotivo conclamato, hanno mostrato qualche cricca che può far impensierire i tifosi Celtics meno ottimisti.

Ci saranno comunque una serie di aggiustamenti da fare: primo fra tutti il tiro da 3. Nonostante Walker sia migliorato come tiratore (nel corso degli anni le sue percentuali dall’arco sono passate da un misero 30% scarso ad un 38% nel corso delle ultime 3 stagioni), ci sarà bisogno di un ulteriore step in avanti per giocare in un sistema come quello di Boston: una delle squadre che ha utilizzato di più il tiro da 3 la stagione scorsa.

Anche la partenza di Horford non aiuta in tal senso. Al netto dei cambiamenti di mercato, Boston perde pericolosità dall’arco, e sarà costretta ad adattare il proprio gioco alle sue nuove possibilità. Un’ultima problematica che potrebbe derivare dalla mancanza di Irving è rappresentata dal concetto di “stasi offensiva”, che quest’ultimo riusciva bene o male a risolvere mettendosi in proprio e tirando fuori, non raramente, delle azioni personali di pregevole fattura, essendo uno dei migliori finisher al ferro della lega per volume e varietà. In ogni caso, pur con un parco di soluzioni un filo più limitato, anche Kemba non se l’è mai cavata male nel fare hero ball:

 

 

Kanter e Poirier, i nuovi lunghi di Stevens

L’altro pezzo quasi-pregiato aggiunto in extremis da Ainge al roster è Enes Kanter. Il giocatore è reduce da playoffs sopra le aspettative a Portland (doppia doppia da 13-10.5 nella serie contro Oklahoma City e Denver). Kanter è ovviamente un grattacapo a livello difensivo, soprattutto se paragonato ad Horford, tuttavia il suo contributo a rimbalzo e realizzativo potrebbe essere una ventata nuova per i Celtics, che negli anni recenti hanno sempre sofferto sotto questi punti di vista. Non è ancora chiaro quanto Kanter possa essere affidabile nei finali di partita per via delle sue lacune difensive; sicuramente però l’ottima serie giocata contro OKC, in cui si prese la rivincita personale contro Billy “He can’t D” Donovan, va a suo favore.

Se infatti rimane ancora insufficiente negli scivolamenti laterali, ha mostrato di saper alzare il proprio contributo nella sua metà campo quando correttamente coinvolto e motivato, e se la sua drop coverage è sempre attaccabile, è anche vero che un mismatch con lui non è più sinonimo di canestro per l’attacco. Notate come nel video sotto adotti con gli arti inferiori una stance più larga che gli permette di non perdere attimi preziosi nel riposizionamento, potendo quindi salire direttamente a stoppare il tentativo di RW:

 

Ad arricchire la squadra (ed il reparto lunghi) è arrivato anche Vincent Poirier, ex Baskonia. Centro estremamente adatto a giocare il pick and roll, buonissimo rollante, ma, anche lui, non un eccellente difensore con limitata mobilità laterale. Sarà interessante vedere lo spazio che saprà guadagnarsi, considerato che i Celtics hanno palleggiatori che possono giocare bene il pick and roll, sia nelle prime linee, con Walker, che nelle seconde e terze linee, con Edwards. Infine, come due anni fa, la squadra del Massachusetts ha fatto man bassa di rookie, tra i quali sarà interessante vedere la crescita di G. Williams, Edwards, Waters e Langford (non presente alla Summer League per colpa di un infortunio a una mano). Lo spazio loro riservato, comunque, sarà per lo meno all’inizio esiguo, come è tradizione sotto la guida di Stevens.

 

PROBABILE STARTING FIVE

Lo starting five dei Boston Celtics ad oggi più probabile è il seguente: Walker, Brown, Tatum, Hayward, Kanter. Questo quintetto, però, presenta delle variabili non trascurabili che occorre prendere in considerazione: difficilmente verrà utilizzato tutto l’anno, soprattutto nei finali di partita. In primis, c’è da considerare la possibile crescita repentina di Williams III, che potrebbe spodestare Kanter nei finali di partita. In secundis, bisogna chiedersi come Hayward approccerà la prossima stagione. L’ala ex-Utah è sicuramente un giocatore da quintetto ma il tempo per ritornare a prendere confidenza con le partite e con il campo è finito. Nel caso in cui si dovesse dimostrare una causa persa, è probabile che il suo posto in quintetto venga preso da Smart e/o da Ojeleye, a seconda delle caratteristiche del quintetto avversario.

 

ASPETTATIVE PER IL 2019/20

Anche se le aspettative della squadra sono sempre alte, nessuno pronostica i Boston Celtics 2019-20 come favoriti n°1 per l’approdo alle Finals. Inoltre, si sono ridimensionate di molto anche le speranze di creare una dinastia nel breve futuro.

Se i Celtics quest’anno vincessero lo stesso numero di partite dell’anno scorso, nessuno considererebbe la stagione un incubo, anzi. La squadra è molto più libera dalle pressioni che aveva lo scorso anno e questo può essere un aspetto insolitamente favorevole per i biancoverdi. Coach Stevens ha dimostrato, in questi anni, di rendere al meglio con gruppi di underdog disposti a seguire i suoi dettami senza pretese da star, piuttosto che giocatori dall’ego spropositato.

 

Ripartire dalla difesa

La prima cosa che Stevens dovrà fare, sarà quella di esaltare il lato difensivo della squadra. Nonostante le critiche piovute su alcuni aspetti del suo gioco offensivo (decimi per efficienza, pochi punti segnati rispetto al livello del roster, la ricerca ossessiva di triple nonostante l’assenza di “grandi” tiratori), i Celtics sotto la sua gestione hanno sempre dimostrato di essere una squadra molto solida, difensivamente parlando. Basti pensare, infatti, che nelle ultime due stagioni sono arrivati rispettivamente secondi e quarti ad est, ed anche nella stagione con Isaiah Thomas e Jared Sullinger in quintetto hanno ottenuto un incredibile quinto posto. Hanno quasi guidato la lega per efficienza difensiva con Irving (ai Cavs non certo noto per le sue doti difensive) circondato da un gruppo di giovani inesperti.

Quest’anno mancheranno Horford e Baynes, ma Stevens sarà chiamato ancora una volta a provare a colmare le lacune. I Celtics hanno mantenuto le loro ali, tutte versatili e in grado di poter cambiare su ogni ruolo. Kanter è comunque uno dei migliori rimbalzisti della lega. Robert Williams, se emergerà come una valida opzione e con un maggior minutaggio, può essere un elemento unico nel roster dei C’s. Anche il quintetto iniziale dello scorso anno, con Hayward, Tatum, Smart e Brown, aveva dato riscontri positivi prima dei problemi interni. Certo, una panchina giovane e inesperta come quella che Stevens avrà a disposizione quest’anno non è di solito una buona premessa, ma mantenere una certa solidità difensiva anche quest’anno potrebbe rappresentare il coronamento del lavoro svolto in questi anni.

 

Grande varietà offensiva

È ovviamente dai miglioramenti di Tatum, Brown e Hayward, oltre che dall’innesto di Kemba, che passano le sorti della stagione dei Celtics. Per l’ex Jazz, dopo una stagione di rodaggio passata tra lo smaltire i postumi del grave infortunio e la paura di una ricaduta che lo ha limitato mentalmente, è arrivato il momento della stagione del riscatto. Gordon dovrà ripagare la fiducia che Stevens ha riposto in lui.

Già nella parte finale della stagione aveva mostrato un sostanziale miglioramento in termini di efficienza offensiva; la sua TS% negli ultimi mesi è stata in costante crescita (55.7, 64.4, 62.3, 76.2). Dopo una offseason spesa a ritrovarsi anche sul piano dell’aggressività, Hayward sembra pronto a prendersi maggiori responsabilità in attacco. Far passare l’attacco maggiormente dalle sue mani potrebbe giovare ai C’s, anche dal punto di vista delle scelte di tiro, dato che Hayward è sicuramente dotato di una buona capacità di lettura offensiva.

Sarà soprattutto da Tatum, però, che passeranno le future sorti dei Celtics. È lui che può essere l’uomo franchigia. Nonostante il calo avuto la scorsa stagione rispetto a una rookie season incredibile, rimane un giocatore in grado di segnare a tutti e tre i livelli di gioco, un tiratore dal 40% da 3 in carriera ed in grado di poter battere chiunque in ISO (sebbene sia stato uno dei peggiori per percentuali in questo aspetto la scorsa stagione). Il problema di Tatum è legato più che altro alla pessima shot selection. Se JT dimostrerà maturità sotto questo aspetto, allora Boston avrà a disposizione la sua stella per il futuro.

Il presente, tuttavia, è nelle mani di Kemba Walker. La PG ha portato Charlotte ad avere un attacco sopra la media nelle ultime quattro stagioni, nonostante la scarsità di talento presente a roster. Con i compagni che avrà a Boston, Walker avrà più che mai spazio per operare. Dovrà giocare pick and roll coi compagni e dare vivacità all’attacco come faceva il suo predecessore, facendolo però in maniera meno anarchica e più adatta a un sistema che premia il collettivo piuttosto che il singolo.

Con Kanter, Theis, Poirier e Williams, i Celtics, inoltre, potrebbero diventare una delle migliori squadre nel catturare rimbalzi offensivi, una delle lacune più grandi avute dai biancoverdi negli anni passati. Tutti, in sostanza, potrebbero beneficiare dalla nuova situazione, dopo il fallimento dell’anno scorso.

 

Problemi tra i big men e al tiro

Uno dei principali problemi della rivoluzione dei Celtics, però, potrebbe arrivare dai suoi big men. Lo stesso Brad Stevens ha ammesso che i suoi migliori giocatori sono tutti guardie/ali, mentre il pacchetto centri non offre ancora certezze. Kanter l’anno scorso ha concluso al penultimo posto per Def-RPM e, per quanto questa statistica lasci il tempo che trova, i suoi limiti difensivi sono stati evidenti. Theis ha dimostrato sì di essere un solido backup, ma non ha mai avuto ancora la fiducia necessaria per esserlo con continuità. Williams ha avuto un minutaggio troppo limitato e Poirier dovrà adattarsi al nuovo palcoscenico.

Stevens dovrà modificare le basi del suo attacco, dato che nessun lungo ha doti da passatore, intelligenza tattica e tiro da 3 di Horford, ed in difesa dovrà fare ancora più aggiustamenti. I Celtics dovranno cercare di utilizzare Kanter in una maniera simile a quella mostrata dai Blazers in questi Playoffs, limitando il suo coinvolgimento difensivo, per quanto possibile, a situazioni di gioco pressoché statiche.

Allo stesso modo, Williams dovrà dimostrare di saper reggere un ruolo di maggior importanza e con un minutaggio più alto. Se lo farà con prestazioni costanti, le sue incredibili doti atletiche potrebbero risolvere molti problemi. È ancora un giocatore tutto da costruire, ma comunque un prospetto interessantissimo.

Un altro problema che si dovrà risolvere è già stato accennato per Tatum: la sua shot selection. Dal punto di vista statistico, i Boston Celtics sono la sesta squadra per tiri presi dal mid-range, sono (ancora una volta) all’ultimo posto per FTA rate e solo tre squadre hanno preso meno tiri nella restricted area. La difficoltà nel crearsi occasioni facili e tiri dalla lunetta è evidente. Se Hayward ritrovasse la sua capacità di guadagnare liberi andando al ferro, Tatum avrebbe più spazio di manovra per ritrovare l’efficienza perduta. Con le capacità offensive di Kanter e Walker e la fiducia nei due rookie Edwards e Langford, i Celtics potrebbero, addirittura, trovarsi con un attacco migliore rispetto al passato.

Se Hayward non tornasse ai livelli pre infortunio, se Tatum continuasse sulla falsariga dell’anno scorso, e soprattutto se non si riuscisse a sopperire al peso che aveva un fulcro offensivo come Horford, allora i Celtics si troverebbero in grane offensive non indifferenti. Anche perché in squadra c’è solo Theis che ha tirato da 3 meglio di Tatum l’anno scorso (37.3%).

 

L’incognita second unit

L’altro grande punto interrogativo è legato alla second unit. Rispetto alla scorsa stagione sono andati via Morris, Rozier e Baynes, che garantivano esperienza e solidità. Quest’anno si dovrà fare affidamento su un gruppo giovane, formato da numerosi rookie. Stevens deve sperare di trovarne almeno uno o due pronti da subito, in grado di garantirgli un buon minutaggio e continuità.

Una delle ali (Hayward, Smart o Brown) partirà dalla panchina, così come anche Ojeleye, che ha già fornito ottime prestazioni in difesa in passato. È presumibile che, a rotazione, Grant Williams, Carsen Edwards e Romeo Langford avranno l’occasione di mostrare il loro valore e di fornire il loro contributo. Il problema sarebbe se uno dei giocatori di punta si infortunasse in maniera seria. A quel punto il roster non sarebbe attrezzato per reggere una corsa ai playoff, ridimensionando così di molto le aspettative che si hanno in casa Celtics.

 

BEST/WORST-CASE SCENARIO

Nel best-case scenario Stevens si ritrova una squadra pronta a ripartire da giovani interessanti, da un Hayward in cerca di riscatto e da un Kemba pronto a dimostrare di saper guidare un attacco di livello. In un’annata in cui i Boston Celtics non partono di certo con il favore del pronostico, è davvero difficile prevedere come possa mettersi la stagione: negli ultimi anni, i bianco-verdi ci hanno fatto vedere le migliori cose proprio quando sembrava meno probabile, e sono incappati nella loro peggior stagione quando sembravano pronti a spiccare definitivamente il volo.

Confermarsi come una delle migliori squadre a Est, in grado di poter competere con due realtà più solide come Philadelphia e Milwaukee e avere un gruppo su cui lavorare e crescere ancora, sarebbe sicuramente un grande traguardo per questi Celtics 2019-20. Un fallimento questa volta sarebbe meno doloroso rispetto alla scorsa stagione, ma non deve essere una scusante su cui appoggiarsi anticipatamente.

Un ipotetico worst-case scenario, invece, potrebbe essere rappresentato un settimo/ottavo posto nella Conference con conseguente uscita al primo turno.

Di una cosa però si può essere certi: i Boston Celtics 2019/20 non saranno più i migliori ad Est sulla carta, ma si apprestano a essere un gruppo comunque estremamente interessante da seguire.

——————————-

Articolo a cura di Alex Di Marcantonio, Nicola Garzarella e Federico Peschiera.

Tags: Boston CelticsBrad StevensCarsen EdwardsDaniel TheisEnes KanterJaylen BrownJayson Tatumkemba walkerKyrie IrvingMarcus SmartRobert Williams III
Federico Peschiera

Federico Peschiera

Tra tutti gli sport che ho praticato, seguito e che tuttora seguo (tantissimi), il basket occupa il gradino più alto del podio, inattaccabile da qualsiasi angolo. E se ormai le capacità sul campo sono un ricordo lontano (diciamo pure sogno) tanto vale scriverci qualcosa sopra. Ah, Per evitare possibili conflitti di interesse: "Let's go Celtics" e "Dai Vu Nere Alè"

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