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NBA Preview: Cleveland Cavaliers 2019/20

Dimitri Lazzari by Dimitri Lazzari
5 Agosto, 2020
Reading Time: 14 mins read
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Copertina Preview Cleveland Cavaliers

Copertina a cura di Francesco Villa

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I CLEVELAND CAVALIERS IN VERSIONE SCHOPENAUER: UN PENDOLO CHE OSCILLA TRA IL TANKING E I PLAYOFFS

Record 2018/19: 19-63

Giocatori aggiunti al roster: Darius Garland (draft 2019); Kevin Porter Jr (draft 2019); Dylan Windler (draft 2019); Dean Wade (two-way); Jarell Martin (FA); Sindarius Thornwell (FA).

Giocatori rilasciati dal roster: Channing Frye (ritirato); JR Smith (tagliato); David Nwaba (FA); Nik Stauskas (FA); Marqueese Chriss (FA); Deng Adel (FA); Jaron Blossomgame (FA).

 

RECAP STAGIONE 2018-19

Facciamo un rapido riassunto delle puntate precedenti. Quando LeBron James ha concluso la sua esperienza a Cleveland, in molti hanno pensato che per i Cleveland Cavaliers fosse finito un ciclo e che potesse iniziare un rebuilding.

Ecco, non è così semplice. LeBron era solo uno dei giocatori di un roster che ha raggiunto le Finals per quattro stagioni di fila. Per quanto possa sembrare assurdo vedendo il record della stagione scorsa (19-63), il core di questo roster (con relativi stipendi) è rimasto intatto.

Basti pensare che, nonostante il taglio del contratto parzialmente garantito di J.R. (vanamente inserito dal Front Office dei Cleveland Cavaliers in cerca di trade), Cleveland sarà in Luxury anche quest’anno.

Alla luce di quanto detto quindi, se la stagione scorsa poteva servire a qualcosa (oltre a perdere partite nella vana speranza di arrivare a Zion Williamson), serviva principalmente a sviluppare i giovani e a vedere su chi fosse possibile puntare per iniziare questa opera di ricostruzione, coach Larry Drew compreso.

 

COSE DA MIGLIORARE

Ecco. Anche se ufficialmente la separazione con Drew è dovuta a incomprensioni contrattuali, in realtà è abbastanza evidente come sia stato il suo lavoro a essere stato bocciato. Il playbook dei Cleveland Cavaliers era semplicemente inesistente.

Proprio perché parliamo del lavoro del coach (quindi della costruzione del tiro), non farò nessun accenno alle percentuali, che dipendono anche dalla qualità dei giocatori. Il playbook di Drew prevedeva una serie di isolamenti, costruiti pure male. Statistiche alla mano, solo Houston, OKC e Milwaukee (che a roster avevano rispettivamente Harden, Westbrook e Antetokounmpo) ricorrevano più spesso dei Cavs a questa soluzione.

Ma perché “costruiti pure male”? Proviamo a spiegarlo con un paio di numeri:

– Circa il 25% dei tiri dei Cleveland Cavaliers arrivavano negli ultimi 7 secondi del cronometro. In assoluto la peggiore squadra della Lega, se escludiamo i Memphis Grizzlies. Questa è ovviamente una statistica collegata anche al Pace ed infatti, anche qui, Grizzlies ultimi e Cavs penultimi. Il fatto è che il Pace del Grizzlies aveva però una sua logica che raramente sfociava in ISO, mentre i Cavs non facevano altro che palleggiare in maniera inconcludente prima di tentare un 1vs1 o un 1vs5.

– Il 36% dei tiri dei Cleveland Cavaliers arrivavano dopo 3+ palleggi. Anche qui, i secondi “peggiori” della Lega. Chi erano i primi? I Rockets, manco a dirlo. Solo che i Cleveland Cavaliers non hanno Harden e Paul, ma hanno Clarkson, Sexton e Osman. Per completezza di informazione, i Grizzlies sono nella media della Lega come palleggi prima di un tiro, a riprova di quanto suggerivamo prima sulla costruzione di gioco.

– In media un giocatore di Cleveland teneva il possesso del pallone per 2+ secondi nel 53% dei casi. Ovviamente anche qui tra i peggiori della lega, però, senza avere a roster, almeno in teoria, degli evidenti ball hog.

Queste stats servono a dimostrare quello che dicevamo prima. I Cavs, fondamentalmente, giocavano il peggior basket della Lega. Tornando quindi al discorso a cui abbiamo accennato all’inizio sui giovani, è ovvio che questo non-gioco non sia stato utile per il loro sviluppo. Non casuale la scelta di affidare la squadra a Beilein in questo senso.

Osman, per esempio, lo scorso anno ha giocato molto bene a tratti, tralasciando la percentuale dal campo non sempre eccellente. Ha dimostrato (anche in Nazionale) discreta personalità e tanta leadership, abbinata a una gestione del pallone sempre più convincente. Il problema è riassumibile in una semplice domanda: ma il turco è davvero questo?

Il ragazzo è molto “sul pezzo”, ma siamo certi che sia utile per il suo futuro insegnargli a giocare come l’infima copia di LBJ? A cosa serve sviluppare Osman come portatore di palla primario e come macchina da isolamenti, sapendo che si tratta di un gioco poco produttivo alla lunga? O meglio, produttivo a livello NBA se hai il talento di Irving, James o Harden, ma di certo improduttivo se sei Cedi Osman.

Qui di seguito un classico P&R centrale con Osman che va a concludere contro Aldridge:

 

Collin Sexton ha disputato, invece, una stagione tutto sommato positiva, se non altro a livello di scoring (16.7 punti a partita con il 43% dal campo, il 40% da 3 punti e l’83% ai liberi), che gli è valsa anche la nomina per l’All-Rookie 2nd Team. È però indubbio che anche lui abbia bisogno di un gioco più veloce e dinamico per rendere al meglio.

 

COSA E’ CAMBIATO?

È evidente che, oltre a quanto appena scritto su Sexton, Osman e Beilein, le grosse novità a Cleveland siano Garland, Windler e Porter Jr.

1) Darius Garland; PG; Indiana; Vanderbilt

Altezza 1.90m; peso 78.5kg; apertura alare 1.95m.

Nonostante l’infortunio che lo ha tenuto fuori per la maggior parte della stagione, a Garland sono bastate le cinque partite giocate per mostrare le sue qualità e farlo scegliere con la quinta chiamata assoluta al Draft. Garland è il prototipo della PG moderna. Ampio range di tiro, qualità di scoring, ottimo offensivamente sia on-ball che off-ball, eccellenti capacità di palleggio e di letture.

Le statistiche (seppur su un campione minimo di cinque partite) parlano di un tiratore dal 47.8% da 3, senza particolari differenze nei tiri dal palleggio e in catch&shoot. Il suo rilascio, compatto e fulmineo, lo aiuterà molto al piano superiore. Le sue qualità come passatore sono state “offuscate” spesso dai suoi compagni: se le statistiche parlano di un giocatore con più turnover che assist, è anche vero che non tutti i suoi passaggi venivano sfruttati da chi gli giocava a fianco. Ottimo giocatore di pick&roll, è capace di cambiare passo e di creare separazione dal marcatore senza troppi problemi.

Difensivamente lo si può considerare un prospetto decente in situazioni di difesa on-ball, viste le leve che si ritrova e visto il suo QI cestistico. Diversamente, a causa del suo fisico gracile, risulta quasi nullo off-ball. Sempre il fisico sarà probabilmente un problema quando attaccherà il ferro nei suoi primi anni di NBA, visto che tende a evitare il contatto fisico, come testimoniano i pochi tiri liberi a partita tentati al college. Darius darà una nuova dimensione all’attacco dei Cleveland Cavaliers, e le sue qualità gli permetteranno di essere un fit immediato. Più problematica sarà invece la sua collocazione difensiva, viste le difficoltà già palesate dal roster negli ultimi anni.

2) Dylan Windler; F; Indiana; Belmont

Altezza 2.03m; peso 90kg; apertura alare 2.10m.

Windler è un giocatore intelligente, più che sufficiente in diversi fondamentali del gioco e con un atletismo che lo rende un prospetto intrigante. “He’s a great athlete, but also, he just understands how to win” dice di lui coach Byrd (guida di Belmont dal 1986 al 2019). La sua carriera quadriennale al college è stata in crescendo: con il passare degli anni sono aumentate le sue responsabilità ma l’efficienza non ne ha risentito, non a caso nell’anno da senior ha fatto registrare il record personale in BPM, WS, TS% ed eFG%.

Windler è un pericolo dalla distanza (3PA e 3P% sempre in crescita nei quattro anni a Belmont), off-ball (viste le sue qualità nel tagliare a canestro e nel farsi trovare sempre in movimento), ha discrete qualità di playmaking rapportate al ruolo di ala e si è dimostrato un discreto rimbalzista. Difensivamente, molto probabilmente, soffrirà, visto il talento medio nella sua posizione.

I punti deboli del ragazzo son principalmente due: età e livello di competizione. Dylan è un “late bloomer“. Si è presentato al draft solo dopo aver terminato la sua carriera al college, il che fa pensare che non sia molto distante dal suo massimo potenziale (discorso diametralmente opposto rispetto ai due one and done Garland e Porter Jr.). Molto del suo rendimento dipenderà dal contesto nel quale verrà inserito. La seconda possibile criticità riguarda la limitata esperienza ad alti livelli, visto che Belmont non faceva parte del circuito dei top college.

3) Kevin Porter Jr; SG; Washington; USC

Altezza 1.98m; peso 96kg; apertura alare 2.05m.

Kevin è un ragazzo con luci (talento e fisico perfetto per giocare a basket) e ombre (problemi comportamentali e scarsa disciplina cestistica). Nonostante in uscita dalla HS fosse un 5-star recruit, la sua carriera collegiale è stata un simil-fallimento (è stato sospeso a dicembre dalla sua università).

Potenzialmente può diventare la steal of the draft ed un rimpianto per chi non ci ha creduto. Fisicamente ed atleticamente il ragazzo è già oggi in possesso di un corpo NBA-ready, al quale si aggiungono rapidità, esplosività ed un più che decente footwork, caratteristiche che gli permetterebbero di essere un discreto difensore se volesse. A questi mezzi fisici si aggiungono un innato senso per l’iso-scoring e una discreta pericolosità da dietro l’arco (nonostante una meccanica rivedibile). Alcuni scouting report parlano anche di potenziale come passatore.

I suoi deficit son riconducibili ai due macro-gruppi citati. Sembra un giocatore “non allenato” vista la sua shot selection pessima; tende a fidarsi troppo del suo talento e spesso si estrania dal gioco in situazioni off-ball e in generale sembra non sapersi muovere senza palla. Inoltre, non essendo difensivamente disciplinato ed attento, finisce per commettere errori marchiani o falli inutili. I problemi caratteriali (dovuti anche alla perdita traumatica del padre e a un’infanzia complicata) che gli son già costati la squalifica ad USC, sono la “spada di Damocle” sulla carriera in NBA di Porter Jr.

La speranza è che un coach abituato a lavorare con i giovani come Beilein e uno spogliatoio composto da campioni NBA, possano essere di aiuto nella sua crescita all’interno della lega. In ogni caso nessuno si sorprenderebbe se nei primi 2 anni facesse la spola tra NBA e G-League, soprattutto fino a quando uno come Clarkson sarà in squadra.

 

BEST/WORST CASE SCENARIO

Non nascondiamoci dietro un dito: il peggior scenario possibile per i Cleveland Cavaliers sarebbe ripetere la scorsa annata. Nessuno si aspettava il titolo o le finali di Conference nella stagione immediatamente successiva al secondo addio di LeBron, però, per la maggior parte della stagione, la situazione per la franchigia dell’Ohio è stata disastrosa.

Anche Sexton sembrava essere un’incredibile delusione, specialmente se consideriamo che la sua scelta era stata ottenuta in quell’infausta trade che aveva visto Kyrie partire per Boston (con risultati a posteriori non così rosei nemmeno per i verdi…). Vari report all’interno della squadra riportavano delle dichiarazioni piuttosto dure da parte dei veterani dello spogliatoio nei confronti del rookie, lasciando presupporre che potesse diventare l’ennesimo bust draftato dai Cavs negli anni recenti.

Molti aspetti del suo gioco sono ancora grezzi, dalle scelte di tiro alle troppe palle perse. Senza poi tralasciare la fase difensiva, dove (nonostante l’impegno sempre dimostrato) difficilmente potrà mai essere un fattore decisivo. Nel finale di stagione la giovane guardia ha comunque trovato il suo ritmo, adattandosi sempre più al gioco NBA, iniziando a prendere decisioni meno avventate e soprattutto iniziando a segnare con continuità da tre punti.

Per capire se la stagione dei Cavs sarà o meno un fallimento, non bisognerà in ogni caso prestare troppa attenzione al record sulle 82 partite, anche se la campagna 2019/20 rischia di diventare l’ennesimo anno di transizione nel caso in cui l’unico mantra diventasse ancora “perdere e perderemo”.

Con il tanking che con le nuove regole del draft diventa meno utile, occorrerà infatti compiere un’analisi più approfondita soprattutto del gioco che coach Beilein saprà o meno proporre con i suoi giocatori. La situazione di questa franchigia è però molto particolare, e potrebbe passare da catastrofica al “Best-Case scenario” con un mix tra fortuna e qualche piccolo accorgimento.

In primo luogo c’è la seria possibilità che Garland, di cui molti addetti ai lavori stanno già parlando bene, possa adattarsi meglio di Sexton al livello dei pro, sfruttando il nuovo coaching staff e in particolar modo lo stile offensivo di Beilein. L’ex coach dei Michigan Wolverines sa come trattare dei ragazzi come Darius, e il suo disciplinato gioco di squadra basato su movimento costante e rapidi passaggi finalizzati a tiri efficienti sembra essere molto adatto alle caratteristiche del rookie.

Non dobbiamo tuttavia dimenticarci degli altri membri del roster: Kevin Love, qualora restasse sano, non è un giocatore da sottovalutare. In estate ha lavorato duramente in palestra ed è molto probabilmente nella migliore condizione fisica della carriera. Toccherà a lui reggere il frontcourt assieme al fidato Tristan Thompson, coadiuvati da Henson, Zizic e soprattutto da Larry Nance Jr.; per il figlio d’arte sarà una stagione molto importante, dovendo dimostrare di poter dire la sua in un contesto vincente.

Qui di seguito un bellissimo Kevin Love che segna dopo un post-up:

 

Per quanto riguarda il backcourt, tornerà utile anche l’esperienza di Knight, Clarkson e Dellavedova, che si affiancheranno al talento grezzo dei sopracitati Sexton, Garland, Porter Jr. e Osman. Riassumendo, i Cavs hanno dei talenti e delle possibilità per iniziare a sviluppare un progetto tecnico che potrà portare a risultati sportivi interessanti nel medio periodo. Il vero dramma sarebbe ridursi ancora a perdere tanto per perdere.

 

OBIETTIVI FUTURI

Gli stipendi “residui” a cui ci riferivamo sono quelli di Thompson e Clarkson, entrambi in scadenza nel 2020. Cosa ha pensato di fare intelligentemente il GM Altman? Scambiare tutti i giocatori che avevano mercato (come Korver, Hill e Hood) per scelte e contratti in scadenza anch’essi nel 2020: Dellavedova, Henson, Knight…

Insomma, l’idea sembrava quella di presentarsi alla FA 2020 con uno young core di qualità e tanto spazio salariale. Bastava non fare nulla (ecco spiegata l’immobilità dei Cavs in questi mesi) e lasciar scadere questi contratti. L’unica eccezione potrebbe essere Kevin Love, che, molto probabilmente, verrà scambiato per ottenere altri asset durante la stagione.

In ogni caso il grosso problema è che in NBA bravura e fortuna contano quasi in egual misura, e che per cause indipendenti dal lavoro del GM la franchigia si è ritrovata con la scelta numero 5 e non con Zion.

Come dicevamo, il numero di vittorie che i Cleveland Cavaliers collezioneranno nella prossima stagione è davvero irrilevante. Lo scopo al momento è quello di collezionare più talenti possibile per ovviare alla sfortuna di aver pescato la 5 e non una Top3, e Garland sembra il profilo giusto. Si potrebbe quindi restare fedeli al piano originario. Costruire una squadra giovane ed in qualche modo competitiva (a livello di gioco, con Beilein) nella stagione 2019, per poi buttarsi a pesce nell’estate 2020. Può funzionare? Qui entriamo nel campo delle ipotesi.

Senza uno Zion da mettere in vetrina, rimane il fatto che Cleveland è uno small market. Nella free agency 2020, inoltre, non si prospettano molti giocatori interessanti; il rischio di aver fatto diligentemente i compiti a casa per poi scoprire che il professore è assente è abbastanza alto.

É possibile quindi che Altman scelga di usare alcuni dei contratti (o anche tutti) in scadenza per prendersi scelte e “contrattoni” scomodi a scadenza più lunga e posticipare la caccia al 2021 o anche al 2022? Anche questo avrebbe senso, sia per quanto detto sulla FA 2020, sia perché in ottica “young core” andresti ad aggiungere i giocatori presi nel Draft 2020, dove con ogni probabilità i Cavs avranno una scelta alta. Vedremo.

 

STARTING FIVE

Credo che ormai si sarà intuito: per il momento i Cleveland Cavaliers non hanno certezze. Gli unici che davvero sembrano essere certi di un posto nello starting five sono Cedi Osman e Kevin Love. Garland, Sexton e Knight lotteranno per due posti nel backcourt mentre Thompson e Nance lotteranno per l’unico posto rimasto nel frontcourt . Dovessimo sbilanciarci, diremmo Garland-Sexton-Osman-Love-Thompson: Garland a dare “perimetralità” e playmaking (togliendo finalmente la palla dalle mani di Osman), Thompson preferito a Nance per l’apporto difensivo e a rimbalzo.

Tributo a Fred McLeod

Tutti noi autori dell’articolo che avete appena letto, abbiamo ritenuto giusto riservare due righe per ricordare chi per tante nottate ci ha fatto compagnia con le sue telecronache. A dilungarsi troppo c’è sempre il rischio di risultare patetici, quindi bastino queste poche parole per dimostrare il nostro affetto e la nostra riconoscenza verso Fred.


Articolo a cura di Luca Franzoni, Dimitri Lazzari e Gioele Ortenzi

Tags: CavalierscavsCedi OsmanCleveland CavaliersCollin SextonDarius GarlandDylan WindlerJ.R. SmithJohn BeileinJordan ClarksonKevin LoveKevin Porter Jr.Larry DrewLarry Nance Jr.nbaNBA PreviewTristan Thompson
Dimitri Lazzari

Dimitri Lazzari

Una volta fan n1 di Allen Iverson. Tifa Cavaliers dal 2003, folgorato dalla maestosità di LeBron James. Oggi vive in una relazione aperta con Kevin Love.

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