Il Draft 2018 si avvicina sempre di più. Il 22 Giugno all’1.00 di notte (ora italiana) i Front Office delle franchigie NBA saranno riuniti al Barclays Center di Brooklyn per scegliere i giovani prospetti nell’ordine stabilito dalla Lottery del 14 Maggio.
La redazione di The Shot ha provato a realizzare un Mock Draft che tenesse conto sia dei potenziali dei giocatori e sia delle possibili scelte dei vari Front Office. Inoltre, dopo aver stilato il nostro ipotetico Draft, ci siamo spinti più avanti, cercando di raggruppare i principali giovani in 5 diverse categorie, provando ad analizzarli in un modo leggermente diverso da come si vede generalmente.
- La prima categoria è quella delle “Stars”, dove saranno raggruppati i prospetti che potrebbero avere un grosso impatto nella lega dei professionisti fin dal primo anno.
- La seconda è quella degli “If”, i grandi “se”, quei giocatori dotati di grandissimo talento ma che per caratteristiche fisiche o mentali potrebbero rivelarsi tanto future stelle quanto “bust”.
- La categoria 3, invece, raggruppa gli “NBA Fit”, nella quale verranno selezionati i giocatori non-star che però sono già pronti per la NBA moderna, conquistando il ruolo di possibili 3&D, role player o 6th man, ad esempio.
- La categoria 4 è la classica “Steals”, che raccoglie quei giocatori che, in rapporto alla loro possibile chiamata (quindi non solo late picks), potrebbero palesarsi, letteralmente, come dei “furti”, rivelandosi così ottimi giocatori.
- La quinta e ultima categoria è quella dei “Non dipende solo da me”, dove i giocatori selezionati saranno quelli che abbiamo ritenuto più influenzati (in termini di rendimento ovviamente) dalla squadra in cui andranno a giocare.
STARS
Il Draft 2018 si prospetta come quello in cui, almeno relativamente alle prime 10-15 scelte, l’ordine di chiamata dovrebbe essere relativamente fedele alle potenzialità del singolo giocatore. Identificare un gruppo ristretto di sicure “star” appare comunque difficile, proprio in virtù del livello assoluto dei protagonisti, mai così alto da anni a questa parte. Già immaginare la prima scelta assoluta (quella dei Phoenix Suns) non è automatico: perché se per DeAndre Ayton può valere l’attrattiva del lungo in chiave moderna (atletismo e mobilità da freak, uniti ad una rapidità di piedi inusuale per la stazza con cui potrebbe già reggere i più piccoli sui cambi difensivi), Luka Doncic ha dalla sua un Q.I. cestistico talmente elevato da poter fare immediatamente la differenza nel futuro sistema di Igor Kokoskov e anche in quello di Dave Joerger, tanto più se inserito in un backcourt già dal grande potenziale con Fox e Bogdanovic. Del resto, come hanno evidenziato su Rivista Undici dopo Eurobasket 2017, “il Doncic visto nel corso dell’Europeo è un giocatore che, a dispetto della giovane età, si è dimostrato già pronto al grande salto senza apparenti controindicazioni di tipo tecnico o fisico”.
La vera sorpresa, però, potrebbe arrivare da Mohamed Bamba, centro da Texas dalle spiccate attitudini difensive (si tratta del miglior rim-protector della nazione a livello collegiale) e dalle potenzialità offensive ancora inesplorate. Ha scritto Reid Forgrave su cbssports.com: “Il suo potenziale difensivo è persino ovvio: ha l’altezza, la lunghezza di braccia e l’istinto dello stoppatore tipico del prossimo Rudy Gobert. Offensivamente, però, Bamba potrebbe essere molto di più: per un giocatore della sua struttura fisica Bamba è soprendemente agile, è in grado di mettere palla per terra, possiede la capacità di spezzare il raddoppio e un tiro da fuori particolarmente morbido. E il suo Q.I. è particolarmente elevato sia on che off the court”. In chiave di modernità e aderenza alle nuove evoluzioni del gioco, però, occhio anche a Jaren Jackson, la cui grande versatilità su entrambi i lati del campo compensa un talento individuale inferiore rispetto agli altri papabili alle prime posizioni. Non a caso il workout con Phoenix, che Adrian Wojnarowski ha definito “mostruoso” sembra aver ribaltato parecchie prospettive, in una considerazione generale ben riassunta in questo tweet di Sam Vecenie: che sia trade down o semplice scelta, Suns, Kings, Hawks e Grizzlies cadranno comunque in piedi.
WHAT IF
Le voci che vogliono Marvin Bagley in procinto di diventare il rookie con il più remunerativo contratto di sponsorizzazione tecnica (con la Puma) sono la naturale conseguenza dell’essere quello che Mark Titus su The Ringer ha definito “il giocatore del Draft maggiormente pronto per la Nba” visto che “a Duke sembrava un uomo tra i bambini, dominando la pallacanestro collegiale come nessun altro lungo negli ultimi dieci anni. E’ una meraviglia atletica dotato di grande energia, in grado indifferentemente di correre sui due lati del campo e di vivere sopra il ferro catturando ogni rimbalzo disponibile, oltre che di allontanarsi dal post per tirare da tre”. E allora cosa manca per definirlo come star a tutti gli effetti? Probabilmente un miglioramento delle doti difensive e una certa discontinuità che può essere affinata nel giusto contesto. Un discorso valevole anche per Trae Young (di cui parlammo diffusamente qui), in un bilanciamento tra pregi e difetti che non può prescindere dalla futura destinazione: perché se è vero che i Magic (al momento più accreditati ad assicurarselo) hanno disperatamente bisogno di un realizzatore dalle caratteristiche del prodotto di Oklahoma è altrettanto vero, come ha scritto Kyle Boone, che “Young non è un atleta d’elite, quindi non sarà in grado di disporre liberamente dei difensori NBA allo stesso modo in cui ha fatto al college. Certo ha un tiro pulito e l’eccellente visione di gioco tipica del grande playmaker, ma la sua mancanza di mobilità potrebbe diventare ben presto il suo punto debole”.
In tal senso ancor più nel buio rischia di essere il salto che i Chicago Bulls dovrebbero compiere con Michael Porter: i problemi alla schiena, oltre ad avergli fatto saltare praticamente l’intera stagione, hanno reso molto più nebuloso qualsiasi giudizio sul grado di futuribilità e adattabilità ad un contesto ‘pro’. Teoricamente staremmo parlando di uno scorer eccellente dal grande impatto fisico (oltre 210 cm per 96 kg) e da sgrezzare per tutto ciò che riguarda il lavoro off the ball; in pratica, però, siamo al cospetto del “più grande mistero del Draft” (Paolo Uggetti, qui) diventando un caso ancora più curioso nel momento in cui ha deciso di cancellare uno degli ultimi workout con Chicago per non meglio precisati problemi muscolari.
Ci sono poi quei “se” legati a fattori esterni e indipendenti dal proprio valore tout court, come rischia ben presto di scoprire Wendell Carter, possibile prossimo centro di quella Cleveland in attesa della Decision 3.0 di LeBron James. Certo non si può dire che la sua scelta possa influenzare o meno la volontà del Re (tanto più con la free agency incombente), ma la possibilità che possa essere lui la pietra angolare sulla quale avviare la ricostruzione potrebbe essere un fardello non di poco conto per un ragazzo interessante (multidimensionalità offensiva al netto di un jumper dalla media rivedibile, buon grado di partecipazione e attenzione in difesa pur con un footwork insufficiente contro gli esterni avversari) ma privo dell’hype generato dagli altri in Top 10.
NBA FIT
Il primo prospetto inserito in questa categoria non può che essere Mikal Bridges (SG/SF), Junior classe ‘96, alto circa 2.05m per 95kg. Il talento di Villanova ha tenuto medie di 17.7 punti, 1.9 assists, 5.3 rimbalzi e 1.5 steals a partita con un PER (statistica utilizzata molto a livello collegiale per misurare l’impatto di un giocatore) di 26.8. Mikal è il prototipo del classico 3&D, grazie alle sue abilità nel tiro (43.5% da tre punti su 6 attemps per partita) e in difesa, dove grazie a ottime letture e alla sua versatilità, può rivelarsi in grado di marcare più spot, senza lasciare mismatch in caso di switch. Bravo a gestire/concludere le transizioni offensive, si dimostra pure un abile tiratore dal palleggio/catch&shoot, segnando 1.6 punti per possesso quando tira in transizione. Inoltre, grazie ad una wingspan di ben 2.20m, alla sua rapidità (primo passo bruciante) e ad un ottimo atletismo, l’ala dei Wildcats è un eccellente finisher con buone percentuali (nel 93esimo percentile attorno al canestro), un buon difensore perimetrale (forzando palle perse grazie alle sue braccia lunghe) e da area/post (85esimo percentile come punti concessi dal post). Infine, Mikal sa fare male anche da screener e roller in situazioni di pick’n roll, da cui genera frequentemente mismatch che cavalca fino in fondo.
Il secondo giovane che abbiamo scelto è Miles Bridges (SF/PF), Freshman classe ’98 di Michigan, alto 2.04m per 102kg. In questa stagione ha tenuto ottime medie, segnando 17.1 punti, 2.7 assists, 7 rimbalzi e 0.8 stoppate a partita, con un PER di 22.6. Dotato di grande atletismo e di grandi letture off the ball, l’ala degli Spartans si è rivelata un’ottima opzione sia come tagliante che come finalizzatore sotto al ferro. Ultimamente ha lavorato molto sul tiro, migliorando la meccanica, raggiungendo un ottimo 37.5% da tre punti su 5.5 tentativi a partita. Nonostante ciò, il suo scoring può anche essere spostato anche al post o al mid range, dove grazie ad un ottimo skill set e alla sua mole, riesce a battere avversari sia dal palleggio sia grazie alla sua pura forza. Una wingspan non strabiliante (2.13m) non lo priva però di ottime capacità di andare a rimbalzo, anche nel traffico. Come l’altro Bridges, anche Miles si è dimostrato un ottimo difensore perimetrale, in grado di contestare efficacemente le triple avversarie. Inoltre, ha fatto vedere di saper marcare individualmente senza molte differenze lunghi e piccoli, i primi dal post, i secondi con ottimi scivolamenti.
Il terzo e ultimo giovane che abbiamo deciso di inserire in questa categoria è Robert Williams (C), sophomore classe ’97, alto 2.10m per 108kg. Proveniente da A&M, università texana, si è distinto in questo Draft per un atletismo pazzesco (rapido, fluido e molto verticale) e per una wingspan eccelsa di 2.26m. Questa stagione ha registrato 13.2 punti, 12.5 rimbalzi, 1.7 assist a partita, un PER di 27.5, il tutto condito da 4 stoppate per 40 minuti. Tirando con il 58.2% da due punti e l’11.1% da tre, si capisce che la dimensione di Williams non sia quella di uno stretch five bensì di un finalizzatore sotto canestro (conclude con il 70% in queste situazioni), magari come lob target, e, dandogli un po’ di fiducia, pure dal mid range.
Se la sua fase offensiva è un po’ limitata da un tiro non eccelso e un po’ ondivago, il suo apporto arriva principalmente in difesa. Infatti il talento texano non solo è in grado di proteggere il ferro in modo eccelso (nonostante sia un centro leggermente undersized), ma ha una grandissima capacità nell’andare a stoppare pure i jumper avversari, rendendolo tremendamente efficacie anche lontano dal pitturato. Inoltre, grazie alla sua mostruosa presenza sotto canestro, consente alla squadra di sfruttarlo “both ends”, come si suol dire, ovvero nella metà campo difensiva per contestare i tiri avversari e poi in quella offensiva, in transizione, dove si è rivelato uno dei migliori finalizzatori della lega (1.49 punti per possesso che valgono il 96esimo percentile).
STEALS
Iniziamo ad addentrarci nelle zone grigie del Draft, con alcuni nomi che potrebbero anche esservi sconosciuti al momento, ma che nel giro di un anno saranno forse più famosi di alcuni colleghi scelti davanti a loro.
Puntiamo subito forte con Chandler Hutchinson, guardia da Boise State. I vari Mock lo danno tra la 20°e 30° scelta, per via di pro e contro molto ben definiti. Chandler è una guardia da 20 punti e 7.7 rimbalzi in poco più di 30 minuti di utilizzo, ma in NBA potremmo ritrovarlo facilmente come 3 and D aiutato non tanto da un’altezza limitata (solo 2 metri), quanto da un’apertura alare notevole e dalle buone doti atletiche.
Un’altro nome da tener d’occhio è quello dell’ala tiratrice da Maryland, Kevin Huerter. Nonostante un’operazione alla mano che lo terrà fuorì per almeno 2 mesi, i suoi work out hanno entusiasmato. Anche per lui si prospetta una scelta dopo la 20, con Lakers, Portland e Utah già innamorati del “rosso”. Il sophomore da Maryland ha mostrato, oltre ad una meccanica di tiro super fluida ed efficace ( 41% da 3, 61.6% EFG), un’inaspettata capacità di playmaking. Tutte qualità che difficilmente potrete trovare in una late pick.
Chi invece potrebbe vincere il premio “Donovan Mitchell” è Shai Gilgeous-Alexander da Kentucky. Il giovane play, paragonato a Shaun Livingstone per le qualità fisiche, potrebbe essere il vero diamante grezzo di questo Draft. Ottimo difensore, sia on che off the ball, ma dovrà metter su qualche muscolo per poter affrontare guardie più piccole ma più corazzate. Così come dovrà lavorare sul tiro, efficace ma con una meccanica alla “Fultz” post infortunio. Ma le capacità difensive e fisiche lo proiettano in alto, sicuramente dopo la 10° scelta e non dopo la 16°.
L’ultima “steals” proviene dalla Francia, dal Pau Orhez, ed è potenzialmente la miglior combo guard realizzatrice del Draft. Stiamo parlando di Elie Okobo, che si prensenta a questo Draft con i 44 punti messi a referto contro l’ AS Monaco, forse la squadra più forte di Francia. Se riuscisse a migliorare nella gestione della palla, riducendo le troppe palle perse “stupidamente” allora potremmo parlare di un vero e proprio furto per la squadra che lo selezionerà.
“NON DIPENDE SOLO DA ME”
Partiamo subito con un giocatore che potrebbe rimanere nella lega per i prossimi 10 anni oppure ritrovarsi a giocare nella seconda serie di qualasiasi campionato europeo. Stiamo parlando di Jalen Brunson, playmaker conquistatutto con Villanova, due volte campione Nazionale. Brunson è il classico play che sarebbe stato una top pick 20 anni fa: leadership, carisma, eccezionale passatore, realizzatore anche nei momenti cruciali MA limitato fisicamente. Limite che lo proiettano tra la fine del primo e l’inizio del secondo giro. Potrebbe sopravvivere nel circo NBA se finisse in squadre già pronte come Boston, Golden State che necessitano di scomesse a basso rischio.
Totalmente opposto a Brunson c’è il giovane Anfernee Simons, 19enne uscito direttamente dal liceo. Simons è un mistero: potrebbe essere un Lou Williams super size e difensore, ma deve lavorare sulla consistenza al tiro e sul fisico, ovviamente ancora acerbo. La sua scelta è altamente impronosticabile, si parte da una late pick (dopo la lottery per intenderci) e si arriva ad una scelta a metà del secondo giro.
Collin Sexton invece sarà sicuramente una Lottery Pick, si vocifera addirittura di un interessamento da parte dei Cavs, con la scelta numero 8. Sexton è finito in questa categoria per il semplice fatto che, se pescato da una squadra come Charlotte o Denver (11° e 14° pick), finirebbe dietro a Walker e Murray, vedendo il suo potenziale smorzato. Per un giocatore con le sue caratteristiche, con una voglia di vincere degna del miglior Westbrook (lati negativi compresi), sarebbe meglio finire magari ai Clippers, dove potrebbe avere più spazio e meno pressioni.
The Shot Mock Draft
1) Phoenix Suns: DeAndre Ayton
2) Sacramento Kings: Marvin Bagley
3) Atlanta Hawks: Mohamed Bamba
4)Memphis Grizzles: Luka Doncic
5) Dallas Mavericks: Jaren Jackosn Jr.
6) Orlando Magic: Trae Young
7) Chicago Bulls: Kevin Knox
8) Cleveland Cavaliers: Wendell Carter Jr.
9) New York Knicks: Michael Porter Jr.
10) Philadelphia 76ers: Mikal Bridgers
11) Charlotte Hornets: Miles Bridges
12) L.A. Clippers: Colin Sexton
13) L.A. Clippers: Robert Williams
14) Denver Nuggets: Lonnie Walker
15) Washington Wizards: Zhaire Smith
16) Phoenix Suns: Shai Gilgeous-Alexander
17) Milwaukee Bucks: Aaron Holiday
18)San Antonio Spurs: Elie Okobo
19) Atlanta Hawks: Jacob Evans
20) Minnesota Timberwolves: Keita Bates-Diop
21) Utah Jazz: Kevin Huerter
22) Chicago Bulls: Chandler Hutchinson
23) Indiana Pacers: Troy Brown
24) Portland Trailblazers: Khyri Thomas
25) L.A. Lakers: Mitchell Robinson
26) Philadelphia 76ers: Dzanan Musa
27) Boston Celtics: Jerome Robinson
28) Golden State Warriors: Anfernee Simons
29) Brooklyn Nets: Donte DiVincenzo
30) Atlanta Hawks: Melvin Frazier
A cura di Roberto Fois, Claudio Pellecchia e Matteo Cavina.