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Contro ogni variabile

Roberto Fois by Roberto Fois
6 Settembre, 2019
Reading Time: 7 mins read
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Per molte delle franchige NBA, le 82 gare di Regular Season assomigliano al viaggio mitologico affrontato da Ulisse per tornare ad Itaca. L’unico asterisco è da mettere su squadre come Phoenix o Atlanta che hanno deciso di non provare neanche a salpare da Ilio, sventolando la bandiera bianca del tanking.

La variabile che può distruggere i piani di una squadra durante l’anno sarebbe da moltiplicare  per x volte quando: infortuni, sospensioni, cambi di allenatori, faide all’interno dello spogliatoio deviano dalle prospettive iniziali.

Considerando gli Washington Wizards ad esempio: Otto Porter era atteso alla stagione che avrebbe motivato un contratto da più di 106 Milioni di dollari in 4 anni. Kelly Oubre Jr sesto uomo con licenza di uccidere, Gortat-Morris  sotto canestro a mostrare i muscoli e sopratutto la coppia Wall-Beal pronta ad ergersi ancora una volta come uno dei tandem più esplosivi ed incisivi di tutta la lega. Insomma tutti puntavano in silenzio un nichelino su Washington come terza forza ad Est, leggermente al di sotto di Cavs e Celtics. I maghi si portano appresso, già dalla scorsa stagione, alcune lacune che non permettono loro di elevarsi a vera e propria contender: panchina corta, Gortat in leggero calo fisico, un coach come Scott Brooks spesso accusato di non dare una vera identità alle sue squadre, ma di affidarsi quasi esclusivamente al talento individuale. Senza contare che contro questi Wizards va a proiettarsi una situazione salariale alquanto problematica, frutto anche del contratto da ergastolo regalato a Ian Mahinmi: 16 milioni  quest’anno e 15 annui fino al 2020.

Washington sarebbe dovuta essere la mina vagante tra le top 4 ad Est, trainata da un All-Star come John Wall.

Ma ecco le variabili X: Washington parte bene ma poi sembra smarrita, la squadra non sembra progredire e nonostante le statistiche di Wall (19,4 punti e 9,3 assist), lo stesso giocatore non sembra più essere quel leader di cui Washington necessita: il suo win shares, ovvero la stima del numero di vittorie che un giocatore “porta” alla sua squadra quest’anno è di solo  2,5 contro le 6 di media fatte registrare in carriera.

Poi il 25 Gennaio, dopo una gara esterna contro i Thunder, Wall si infortuna ed è costretto ad una pulizia del ginocchio sinistro che lo sta tenendo fuori da allora.

Tutti si aspettavano un calo da parte dei maghi, ma è successo quello che Bill Simmons e Dave Cirilli definiscono come The Ewing Theory: questa è addossata alle squadre che si migliorano nonostante la dipartita momentanea del franchise player. Due condizioni necessarie:
– La squadra in questione deve avere una Stella riconosciuta e rispettata ma che non ha mai vinto.
– Il giocatore  in questione è costretto a fermarsi, portando esperti e tifosi a pensare che la sua squadra, in sua assenza, sia spacciata.

La teoria prende vita  nel 1999, quando i Knicks persero Pat Ewing per infortunio durante i Playoffs contro i Pacers. Tutti hanno pensato che per New York fosse la fine. Ma vincendo 3 delle restanti 4 gare New York andò in finale anche senza l’11 volte All Star.

Ovviamente Washington non è una miglior squadra senza Wall, e difficilmente potrà accedere anche solo alle finali di conference senza di lui, ma per ora Beal e Co. non sembrano patire troppo l’assenza ma anzi  con un record di 13-8 (con 5 vittorie consecutive dopo l’infortunio di Wall) sembrano aver trovato linfa vitale e motivazioni che si erano un po’ perse.

Thomas Satoransky sembra finalmente un giocatore NBA, Gortat è ringiovanito, la panchina non sembra poi così corta e sopratutto i giocatori sembrano tornati a divertirsi, combattendo per uno scopo comune. Ed infine il secondo violino che diventa leader, prendendosi gli oneri e onori che prima erano di Wall: Bradley Beal.

La nascita di Beal

Bradley Emmanuel Beal nasce a St.Louis 25 anni fa da Bobby e Besta Beal. I fratelli Brandon, Bruce, Byron e Bryon  sono stati o attualmente sono giocatori di football collegiale con fortune alterne, ma per Bradley la palla che segnerà le sue fortune è quella a spicchi e non quella ovale. La vita e la carriera di Beal prendono una svolta quando riesce ad entrare alla Chaminade Prep. School, situata in una zona benestante di St.Louis. Lì Bradley capisce l’importanza di puntare sempre in alto, di lavorare sodo, sia dentro che fuori dal campo, con mamma Besta sempra pronta a spronarlo:

“Quindi una sera mi sono seduto con mia madre e mio padre e abbiamo scelto degli obiettivi. Abbiamo deciso che avrei colto l’occasione. Non stavo pensando di provare scegliere solamente una bella scuola. Avrei preso un GPA di 4.0 (la migliore media di voto scolastica negli Stati Uniti ndr.) Sarei entrato nella squadra di basket come freshman. Avrei ottenuto un biglietto gratuito per il college. E sarei stato affamato“

Questo è solo un piccolo estratto dell‘articolo uscito su “ThePlayersTribune” scritto dallo stesso Beal, che in poche righe riesce a condensare tutta la sua fame di arrivare.

Il periodo a Chaminade verrà incoronata inoltre con l’oro al mondiale U-17 nel 2010, il  primo quintetto della manifestazione e il titolo di MVP. Nell’anno da Senior arriverà a 32.5 punti di media a partita, il titolo di Mr-Show Me Basketball ovvero il miglior giocatore di High School per lo stato del Missouri ed infine il premio come Gatorade National Player of the Year nel 2011. La Florida, i Gators e coach Billy Donovan attendono Beal ora, anche se nel più classico degli One-and-Done. Un  anno ricco di premi individuali conclusosi con l’introduzione nel SEC All Freshman Team , nel First Team All SEC Selection e con una Final Eight raggiunta al torneo NCAA, prima della sconfitta contro Louisville.

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2018/03/m0pmu.mp4

Ma qual era la percezione in ottica NBA del prodotto di Florida?

Beal è una guardia di 195 cm per 94 kg, con un wingspan e reach non straordinario. Misure che lo rendono piccolo per essere una 2-way guard nella lega. Questo porterebbe molti scout ad avere dubbi sulla sua capacità di concludere nei pressi del ferro contro avversari molto più grossi: i paragoni?  Eric Gordon e Marcus Thornton.

Nonostante la taglia ridotta, Beal è comunque un giocatore esplosivo sia offensivamente che difensivamente (quasi una stoppata di media al College), Q.I. eccellente per un ragazzo di soli 19 anni, ottimo rimbalzista e con un tiro mortifero dall’ottima meccanica nonostate il  33.9% da oltre l’arco nel suo anno al College. Washington non ha dubbi: Beal è il complemento ideale per un playmaker come Wall.

Ed è così da ormai sei anni. Bradley sembra amare la capiale avendo rinnovato nel 2016, per  127 milioni in 5 anni , con un minimo annuo di 22 milioni ad un massimo di 28 nella stagione 2020-2021.

Senza John Wall

Fino al 25 Gennaio la coppia Wall-Beal era la base dei successi di Washington ma il recente infortunio del talento di Kentucky e l’effetto della teoria Erwing, stanno paradossalmente minando la stabilità della coppia. E Beal non ne sembra dispiaciuto, viste alcune sue esternazioni su come Washington stia giocando meglio senza il suo faro: “Tutti ne hanno un boccone. Questo è il nostro motto quando muoviamo la palla. E’ tipo di basket divertente. Mantiene lo spogliatoio unito e permette alla compagnia di funzionare”. 

Prendendo le gare in cui Wall è stato assente, possiamo notare come Washington sia: 1° nella Lega per assist di media (28,5), 7° per percentuale dal campo (48%), 10° per percentuale da oltre l’arco (37,4%) e 9° come record totale in tutta la NBA, 16-8 (61,9% di vittorie).

Cifre che potrebbero non lasciar dubbi se confrontate con quelle in presenza di Wall: 11°negli assist (23,2),10° per percentuale dal campo (46,3%), 6° per percentuale da 3 punt (37,2%) e sopratutto 11° come record nella Lega con 26-22 (54,2%).

Ovviamente sono due campioni diversi, essendo le partite con Wall più numerose; ma spesso 3 indizi vanno a costituire una prova. In definitiva, possono i numeri dar ragione al possibile feud tra Beal e Wall?
Jalen Rose ha provato a spiegare la cosa attribuendo alle frasi dell’ex Florida un valore motivazionale, di scossa verso Wall, come a dire: “Quando tornerai trova il modo di inserirti perchè qui stiamo muovendo meglio la palla e siamo tutti più contenti”.
Chauncey Billups ha invece sottolineato come la cosa possa essere un problema, perchè Beal – magari – sta iniziando a credere che a Wall sia dato più credito del dovuto nonostante la sua presenza, nonostante i suoi oltre 20 punti a partita. E se Beal volesse più credito per quello che sta facendo?. L’ex Pistons però sottolinea anche come l’assenza di Wall stia influenzando non solo il gioco di Washington, come era prevedibile, ma soprattutto Beal.

Senza l’ex-Kentucky, Brooks ha deciso di lanciare in quintetto Satoransky che non sta deludendo: Proiettando il suo impegno sui 36 minuti abbiamo le seguenti cifre: 12 punti, 53% dal campo, 45,2% da 3, 6,3 assist, offensive rating di 108,2, un defensive rating di 105,7, rapporto assist/palle perse di 3.65 a cui si aggiunge un win/shares di 4.2 (Wall è fermo a 2.5).

Senza Wall, i compiti di Beal si sono ampliati, come era prevedibile, portando l’ex-Gators a dover essere non solo il terminale offensivo primario ma anche un facilitatore per i compagni. Basterebbe prendere in esamine alcune statistiche per notare come l’assenza a volte si faccia notare più della presenza:

Nelle ultime 15 gare, Beal è passato dai 4,7 assist stagionali ai 6,9, aumentando anche le palle perse da 2.7 a 3.5 frutto di una non perfetta capacità di leggere i raddoppi. Più responsabilità vuol dire anche dover ampliare  le proprie soluzioni offensive, esplorando situazioni una volta poco frequenti. Possiamo vedere come dal 27 Gennaio i tiri provenienti da più di 7 palleggi siano aumentati: 23,1% di frequenza con circa 4 tentativi a partita, contro gli appena 3 con 18,2% di frequenza passati. Se si scende tra i 3 ed i 6 palleggi passiamo dal 22,5% al 30% e dai 4 tentativi agli oltre 5,2 con un 47,7% di realizzazione.

Da quando Wall è assente, sono ovviamente diminuite anche le percentuali nel catch’n shoot di Beal con soli 3,6 tentativi  (20% di frequenza) a fronte di 4,7 tentativi (26,1% di frequenza). Ovviamente anche il touch time è cambiato, ora Beal, quando ha palla in mano la gestisce per più di 6 secondi circa il 28,7% di volte contro il solo 20% vicino a Wall. Gli 8 punti percentuali presi vanno a sottrarsi proprio al catch’n shoot, ovvero tra quelle conclusioni ritagliate sotto ai 2 secondi di possesso, passate dal 44% al 32,8%.

Onori e oneri son cambiati e ora è Beal il deus ex machina di Washington, come abbiamo potuto assistere nella gara vinta dopo due supplementari a Boston.

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2018/03/5qqrx.mp4

Ma Wall dovrebbe rientrare a breve, reclamando il ruolo di primissima stella e aprendo due possibili scenari per Washington che ora è 5° con un record di 39-30: Se l’ex-Kentucky riuscirà ad inserirsi di nuovo,  accettando il contesto più democratico di Washington, allora gli Wizards potranno davvero essere quella mina vagante che si prospettava ad inizio anno. Se invece questa possibile faida interna con Beal dovesse continuare, la stagione potrebbe prendere una piega negativa, visto che ad oggi l’8°posto di Miami è a sole 3 gare di distanza; senza contare che il contratto di Wall scade nell’estate 2019.

Variabili infinite, ed un solo infortunio che potrebbe decidere i prossimi anni di una franchigia come Washington.

 

 

Tags: Bradley BealJohn WallnbaWashington Wizards
Roberto Fois

Roberto Fois

Romano, classe'91, trapiantato in Inghilterra, quando gioca ad ogni tiro si sente una voce misteriosa urlare "Ti infilo!". Quando invece non gioca o allena, lo potete trovare al pub mentre legge Michael Connelly sorseggiando un buon gin 'n tonic. Scrive su The Shot per potersi permettere una roulotte rosa per 'ma.

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