Charlie Vincent sta aspettando l’aereo per tornare in Michigan dopo aver seguito l’All-Star Game 1985 ad Indianapolis per conto del Detroit Free Press. Un All-Star Game come un altro, con i giocatori, specialmente i due playmaker Johnson e Thomas, d’accordo nel non mettersi i bastoni fra le ruote fino agli ultimi minuti per dare spettacolo. Tutto secondo i piani. Jordan era solo un rookie al tempo, neanche il più atteso vista la presenza di Olajuwon. Il giornalista in aeroporto sente due voci familiari e così per ingannare l’attesa si avvicina; le voci sono quelle di Tucker e Merriweather, consulenti di Magic e Isaiah che Charlie conosceva bene, visto il legame con il Michigan dei loro assistiti. Fra una chiacchiera e l’altra salta fuori l’argomento Jordan, con Tucker e Merriweather che si fanno qualche risata sulla magra prestazione del rookie (2/9 dal campo) aggiungendo che si fosse meritato la lezione da Gervin, suo diretto avversario. Il giorno dopo sul Detroit Free Press si parla per la prima volta di un complotto ordito dai veterani ai danni di MJ per tenerlo fuori dai giochi, un freezeout. Secondo il Chicago Tribune, la vicenda era andata in questo modo: Jordan aveva alzato un po’ troppo la cresta durante il weekend e ai veterani la cosa non era andata giù. Le accuse erano: aver partecipato alla gara di schiacciate con le catene d’oro al collo e addirittura in tuta per tutto il primo round, aver indossato le Nike in riscaldamento non rispettando le direttive della lega e, ultimo, grosso affronto, non aver salutato Thomas in ascensore. I mandanti: Isaiah Thomas e Larry Bird a Est, colpevoli di averlo più volte ignorato nonostante fosse aperto (2 soli assist per il rookie dalle due stelle); George Gervin e Magic Johnson a Ovest, che hanno cercato in tutti i modi di attaccarlo nella sua metà campo (Gervin ha chiuso con 23 punti, spesso assistito da Magic). Così, da Detroit a Chicago la storia prende piede, diventando una sorta di leggenda metropolitana.
Jordan, intervistato dal Tribune alla prima partita dopo l’All-Star Game, proprio contro i Pistons di Thomas, sembra non dare peso alla vicenda: “Credo che Isaiah sia stato corretto, forse non ricevevo palla perché non ero libero”. Poi scende in campo e trascina i Bulls alla vittoria dopo un supplementare con 49 punti, 15 rimbalzi, 5 assist e 4 rubate. E’ l’inizio della sanguinosa rivalità fra Bulls e Pistons che si trascinerà per altri cinque anni ed uno dei motivi per cui Isaiah Thomas non ha fatto parte della spedizione olimpica del Dream Team a Barcellona.
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Ma è davvero andata così ad Indianapolis? Davvero c’è stato un complotto contro Jordan?
George Andrews, avvocato di Chicago che al tempo era agente sia di Magic che di Isaiah, dice di pensarla diversamente in un’intervista con Sam Smith. Sam è un po’ il Maestro Yoda del basket a Chicago, ormai anziano si limita a scrivere i riassunti delle partite e qualcuno dei suoi aneddoti storici per Bulls.com; ogni tanto viene evocato e sostanzialmente tutti stanno zitti e ascoltano anche se non sono d’accordo. Secondo George Andrews, era impossibile prima di tutto che Bird e Isaiah fossero d’accordo su qualcosa. Di solito se Thomas diceva una cosa Bird diceva o faceva l’esatto opposto. Si arrivò al punto in cui Thomas se ne uscì con la triste frase “Bird è MVP solo perchè è bianco”. Insomma, non esattamente due compagni di merende. Gli altri tre sospettati erano in effetti molto legati: Thomas giocava a Detroit e Johnson e Gervin erano due leggende cresciute in Michigan. Ma cosa poteva fare Magic come playmaker avversario contro Jordan? In quanto a Thomas, è vero che gli assist a MJ furono solo due, ma Michael segnò due canestri su ben nove tentativi, molti di più rispetto ad altri giocatori presenti. Oltre a tutto questo, Erving e K.C. Jones, rispettivamente capitano (per anzianità) e allenatore della selezione della Eastern Conference, non avrebbero mai accettato un complotto di questo tipo rischiando la loro reputazione. Tutte queste considerazioni di Andrews ci mostrano un quadro abbastanza chiaro: Jordan, da rookie, ha avuto una giornata-no contro George Gervin in una partita di esibizione.
E Jordan? Dopo tutti questi anni si è lasciato alle spalle la vicenda? Non proprio. Alla cerimonia di ingresso nella Hall Of Fame ha ringraziato anche Isaiah Thomas, Magic Johnson, George Gervin e Larry Bird per aver gettato benzina sul fuoco della sua competitività: “Volevo dimostrarvi di meritare un posto in campo con voi” ha iniziato, e poi, con il sorriso di chi può permettersi di sbeffeggiare l’intera sala senza che nessuno si azzardi a dire niente ha aggiunto “mi sembra di esserci riuscito”.