04. D’Angelo Russell (Original Pick: 02 – Los Angeles Lakers)
Il nome di D’Angelo Russell sarà legato per sempre, nel bene o nel male, alla prima operazione di Magic Johnson da Presidente dei Lakers.
Per problemi di salary cap (e grazie alla seconda posizione nel draft 2017 che garantiva la firma di Lonzo Ball nell’ultimo draft), i Los Angeles Lakers hanno scelto di cederlo, ai Brooklyn Nets insieme al pesantissimo contratto del centro Timofej Mozgov.
Ad oggi è inutile passare il tempo a discutere se sia meglio lui o Ball come Point Guard, o se avessero mai potuto giocare insieme, o se la mossa di Magic Johnson sia stata managerialmente corretta. È ancora tutto troppo presto. Quello che si può iniziare a valutare invece è lo sviluppo di Russell, che si è trovato sin dal primo giorno di NBA a confrontarsi contro i migliori giocatori del mondo. Il suo non un fisico particolarmente atletico, e per riuscire a farsi strada in questa giungla dei playmaker ha dovuto lavorare sul suo jumper e sul suo palleggio, che è in grado di mettere in ginocchio qualunque difensore.
E a Brooklyn ecco che forse Russell ha finalmente trovato il suo ambiente ideale. I numeri realizzati finora non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli fatti a Los Angeles: ad oggi l’ex Oho State viaggia a 20.9 punti, 4.7 rimbalzi e 5.7 assist di media, tutti numeri nettamente superiori al suo passato con addirittura un minuto giocato in meno a partita.
Il suo rating d’efficienza (PER) è schizzato da 15.3 a 19.4 e il suo Usage Rate è passato da 26.6 a 35.2. In dodici partite giocate, prima di fermarsi per infortunio, Russell ha chiuso già due volte sopra i 30 punti segnati. Tanto per dare un’idea, nelle 143 partite precedenti delle due passate stagioni c’era riuscito in tutto solo quattro volte.
Parte del merito di questo progresso va riconosciuta al coach Kenny Atkinson, che sta improntando il gioco di Brooklyn su un efficace e divertentissimo pick ‘n roll che vede al momento Russell il terzo scorer con 11.4 punti a partita in questo specifico attacco, alle spalle solo di Damian Lillard e Kemba Walker.
I suoi problemi più grandi, ad oggi, sono gli infortuni (negli ultimi due anni mai sopra le 70 partite) e i turnovers, che nascono dall’alto numero di palle perse. Infatti la media è di 4 palle perse a partita, terzo tra le guardie della lega dietro solo a Russell Westbrook (4.7) e James Harden (4.3). Tuttavia, a differenza loro, Russell ha un rapporto Assist/Turnovers molto più basso (Westbrook 2.07 e Harden 2.17; mentre Russell si ferma a 1.42), il che significa che il numero di assist non è sufficientemente alto da compensare il numero di errori commessi.
Questi numeri mostrano alcuni limiti di Russell, soprattutto riguardo la sua capacità di decision-making. E pensando alle sue potenzialità da scorer, spetterà a coach Atkinson capire se continuare a provare Russell come point guard o spostarlo a shooting guard, permettendogli di concentrarsi solo sul tiro e limitando le possibilità di turnovers.
03. Devin Booker (Original Pick: 13 – Phoenix Suns)
Grazie alla quantità di tiri presi e al talento cristallino, Devin Booker è stato uno dei più rapidi scorer negli ultimi quindici anni a raggiungere i 3000 punti segnati. A raggiungere questo risultato in meno di tre stagioni giocate, prima di lui, c’erano riusciti solo LeBron James, Carmelo Anthony, Kevin Durant e Andrew Wiggins.
Ma questo non è l’unico club esclusivo a cui Booker è riuscito ad entrare a far parte. Infatti lo scorso anno la guardia di Phoenix ha chiuso con 5.4 punti a partita in transizione, settimo di tutta la lega alle spalle di LeBron James, Russell Westbrook, Kevin Durant, John Wall, Giannis Antetokounmpo e Stephen Curry.
Il rischio tuttavia è quello che Booker diventi un tiratore eccezionale ma monodimensionale in una lega dove invece le guardie si stanno evolvendo sempre più a 3 & D. Infatti, sempre considerando la stagione 2016-17, Booker è (con Bradley Beal, C.J. McCollum, Klay Thompson e Andrew Wiggins) uno dei cinque giocatori ad avere chiuso con almeno 22 punti segnati ma con meno di 5 rimbalzi a partita.
La sua tendenza ad imitare il suo idolo Kobe Bryant in maniera quasi ossessiva sia nella creazione del tiro che nella meccanica di rilascio in pull-up lo ha fatto diventare già oggi uno dei più frequenti tiratori della lega con 18.3 tiri a partita durante la scorsa stagione (ottavo assoluto della lega).
Questo trend diventa ancora più evidente andando a vedere le percentuali in isolamento. Sempre facendo riferimento alla sua stagione da sophomore, la guardia di Phoenix ha concluso in questo modo 2.4 volte a partita, quindicesimo della lega. Questa sua tendenza nel cercare il tiro e nel giocare in isolamento si sta confermando anche in quest’anno, visto che Booker sta attualmente tirando con una media di 18.8 tiri a partita ed è ancora nella top 20 per tentativi in isolamento.
Tuttavia, questo talento nel procurarsi tiri e segnare a ripetizione non si è convertito ancora in effort decisivo per le vittorie di squadra. Infatti, nonostante l’alto numero di tiri e la miglior media punti segnati di tutto il roster, Booker ha un Real Plus/Minus (ovvero il Plus/Minus aggiustato tenendo conto dell’impatto non solo del giocatore, ma anche dei compagni di squadra e degli avversari) di +0.04, un dato che non gli permette di stare neanche vicino ai migliori 100 della lega.
Parte di questo numero va cercato nella scarsa difesa, che vanifica lo sforzo fatto in attacco. Proprio la critica di Phoenix si è spesso concentrata sui limiti e difetti difensivi di Booker, anche se a dirla tutta la responsabilità non è completamente sua. Infatti i Suns sono stati, negli anni con Booker in squadra, rispettivamente la quinta, terza e quinta peggior difesa della lega e la responsabilità di questo pessimo risultato non può essere solo di un giocatore.
Ma oltre l’aspetto difensivo, la guardia di Kentucky ha bisogno di lavorare sulle sue doti di passatore per diventare un giocatore d’elite. Infatti, in linea teorica, Booker dovrebbe essere un eccellente assist-man, con un elevato IQ cestistico e capacità di trovare i compagni in transizione.
Tuttavia nei suoi primi due anni in NBA Booker ha raggiunto la doppia cifra nel tabellino degli assist solo due volte, entrambe nel suo anno da rookie ed entrambe contro i Golden State Warriors.
Nonostante questo dato apparentemente sconfortante, bisogna riconoscere che quest’anno Devin ha aumentato il numero di assist, dove è passato da 4.7 a 5.7 ogni 100 possessi. Dovesse trovare continuità in questo e migliorare la sua efficienza difensiva, con le giuste mosse della dirigenza Phoenix potrebbe rinascere dalle ceneri in cui si trova in questo momento.
02. Karl-Anthony Towns (Original Pick: 01 – Minnesota Timberwolves)
Towns rischia, ad oggi, di essere un unicorno mancato. Il suo talento e lo strapotere fisico di cui è dotato infatti potrebbero non riuscire mai ad esprimersi al massimo del potenziale.
Chiariamoci, Towns è clamorosamente il talento più forte non solo di questo draft, ma anche quello di molti altri. Il fatto è che, quando si ha a che fare con un giocatore del genere, non c’è tempo per aspettare. La critica maggiore che oggi gli viene attribuita è la difesa, vero e proprio grattacapo per Minnesota. Jimmy Butler ha apertamente attaccato l’atteggiamento della squadra, evidenziando i problemi nell’effort e nei falli. In particolare Towns sembra un giocatore in forte difficoltà nei pick ‘n roll, dove è spesso in ritardo o fuori posizione nel contrastare il suo uomo.
Tuttavia va ricordato che ai tempi del college Towns non era così male in difesa. Nel suo unico anno a Kentucky, il lungo ha viaggiato con una media di 2.3 stoppate a partita, switchando senza troppi problemi tra lunghi grossi come lui a guardie tiratrici fuori dal pitturato. Il suo problema più grosso è la foga messa nel voler stoppare i tiri avversari, che con un basilare pump-fake lo portano fuori giri costringendolo ad avere rapidamente problemi di falli.
Quello che è cambiato oggi dunque non è l’intensità messa in campo. Towns deve capire che non può pensare che in difesa si debba per forza essere in grado di stoppare un tiro oppure non valga la pena contrastare il tiratore. Serve prendere decisioni intelligenti, capaci anche solo di ostacolare il movimento dell’avversario. E serve farsi sentire a rimbalzo. Ad oggi la sua presenza nel tagliafuori è troppo deficitaria. Minnesota attualmente ha il 31.7% come Defensive Rebound Percentage, sesta peggiore della lega. Towns a rimbalzo segue troppo spesso il bloccante nei pick ‘n roll invece di proteggere il ferro, allontanandosi dal canestro e lasciando l’area ai rimbalzisti offensivi avversari.
Nella storia, da quando tutte le statistiche avanzate sono rilevabili, ci sono stati solamente sei big man capaci di chiudere con una media di oltre 20 punti prima dei 22 anni e tutti hanno un Defensive Box-Score Plus/Minus maggiore di 2. Questo gruppo comprende Tim Duncan, Kevin Garnett, Anthony Davis, Shaquille O’Neal, Chris Webber e Dwight Howard. Towns, sebbene abbia una media superiore ai 20 punti, probabilmente non riuscirà ad entrare in questo club proprio per via delle sue carenze difensive, che limitano il suo Defensive Box Plus/Minus a -0.6.
Ma se difensivamente Towns dimostra ancora ampi margini di miglioramento, offensivamente invece stiamo parlando già oggi di uno dei migliori scorer della lega. Nella sua stagione da rookie, il lungo di Minnesota ha chiuso con 18.3 punti e 10.5 rimbalzi per poi passare ai 25.1 punti e 12.3 rimbalzi dell’anno scorso fino agli attuali 20.1 punti e 11.6 rimbalzi. Ad ulteriore prova della sua crescita in attacco in questa stagione, il suo True Shooting Percentage è di oltre il 62% e il numero percentuale di tentativi da tre è passato dal 18.6% al 24.4%.
Per conciliare le qualità offensive e le difficoltà difensive, coach Tom Thibodeau potrebbe addirittura arrivare a considerare in futuro l’ipotesi di spostare Towns da centro ad ala grande. In questo modo l’ex Kentucky troverebbe una maggiore libertà al tiro e meno responsabilità nella difesa del ferro. Certo, sarebbe qualcosa di innaturale se paragonato alla tendenza della pallacanestro moderna che sta diventando sempre più “small”, ma pur di proteggere questo patrimonio Minnesota deve essere pronta a considerare ogni mossa possibile.
01. Kristaps Porzingis (Original Pick: 04 – New York Knicks)
Con la partenza di Melo a Oklahoma City, Kristaps Porzingis è passato dall’essere il futuro all’essere il presente dei New York Knicks. Il lettone, da parte sua, sembra aver preso la cosa tremendamente sul serio e si è dato subito da fare. Tanto per iniziare, il suo Usage Rate è schizzato dal 24.3% al 33.8%, mentre il suo True Shooting Percentage è passato dal 54.6% al 57.1%.
La sua attuale media punti di 25.5 punti a partita lo posiziona ad oggi come settimo marcatore di tutta la lega e con 300 punti nelle prime 10 partite è diventato il primo giocatore ad avere una media di 30.0 punti a partita dopo i primi dieci incontri, superando il precedente primato di Bernard King di 29.8.
Ciò che ha permesso al lettone di svilupparsi così tanto in attacco è il lavoro in Post Up, dove sta viaggiando ad una media di 1.04 punti per possesso che gli vale, anche in questo caso, il settimo posto assoluto della lega.
A guardare meglio le statistiche poi bisogna aggiungere che Porzingis è l’unico giocatore -insieme a Karl-Anthony Towns- ad avere una media superiore a 1 punto per possesso in pull-up con almeno 4 possessi a partita. Tuttavia, a differenza del centro di Minnesota, i suoi numeri sono migliori per “And One Fequency” (7.4% contro il 2.4% di Towns) e per “Turnover Frequency” (7.4% contro il 10.6 del giocatore dei Twolves).
L’evoluzione che gli ha permesso di diventare questa incredibile arma da punti va ricercata prima di tutto ad una evoluzione del suo corpo. Nelle prime due stagioni infatti, sebbene fosse già un giocatore clamorosamente sviluppato in altezza, non aveva un corpo tale da permettergli di superare la fisicità dei difensori e di mantenere l’equilibrio al momento del tiro.
Oggi invece, con questo sviluppo, è capace di imporsi contro chiunque. Invece di allontanarsi dopo il contatto per crearsi lo spazio necessario per il tiro, adesso cerca il contatto riuscendo comunque a costruirsi un buon tiro e guadagnandosi spesso anche un eventuale giro dalla lunetta.
Grazie alla sua nuova struttura fisica, Porzingis sta costringendo le difese avversarie a cambiare il modo di difendere su di lui. Nei primi due anni infatti i coach avversari mettevano su di lui un’ala grande, in single coverage, fisicamente brava e comunque capace di contenere la sua agilità. Ma oltre a questo, capitava anche che il lettone avesse problemi anche contro guardie più piccole che lo marcavano in una serie di possessi non proprio a lui congeniali.
Tutto questo però oggi sembra essere superato. Porzingis ha sviluppato quella forza sufficiente per crearsi lo spazio e mantenerlo, sfruttando al massimo la sua fisicità. Non importa se il difensore è appiccicato o se gli lascia un metro di spazio. E quando questo prova a contestargli il tiro, quasi sempre finisce col guadagnarsi un fallo che lo porta in lunetta.
Ma il talento di Porzingis lo sta portando a costruirsi anche tiri non contestati da dietro l’arco, dove continua a colpire con una certa sicurezza. Quando le difese provano a contenerlo con un uomo addosso lasciano un compagno libero di tagliare verso il canestro, mentre come si può vedere in questo video, provare a raddoppiare il palleggiatore significa lasciare Porzingis che da bloccante in pick ‘n roll si ritrova libero di tirare da fuori.
Proprio come succedeva con Nowitzki, Porzingis sta diventando un grosso problema per i sistemi difensivi avversari. Se marcato con un giocatore basso, il lettone riesce ad imporre il suo fisico e tirare come vuole. Se marcato da un’ala più fisica, Porzingis sfrutta la sua velocità per uscire dai blocchi e attaccare il ferro in palleggio.
Ma oltre ai muscoli, il numero 6 dei Knicks ha sviluppato anche (tanto) cervello. In difesa ha cresciuto le sue letture sugli attacchi avversari, e i problemi di falli sono praticamente scomparsi. Come se non bastasse, Porzingis è diventato anche uno dei migliori stoppatori della lega, con una media di 2.1 a partita (terzo in tutta la lega).
Sia per questo, sia per il supporto di Kanter o O’Quinn, i Knicks sono diventati oggi la seconda miglior squadra per difesa nel pitturato, con una media di 39.9 punti subiti a partita.
L’Unicorno ha imparato a volare. Adesso lo aspetta la missione più difficile di tutte, quella che negli ultimi quarant’anni è stata impossibile anche per i migliori giocatori dell’intera lega: riportare la franchigia ad un successo che manca da troppo tempo.