La teoria del Multiverso si basa sull’idea che esistono dimensioni parallele con più universi, dove ognuno rappresenta un insieme diverso di eventi fisici, che coesistono nello stesso spazio senza essere in contatto tra loro. Una sorta di Sliding Doors, dove ogni scelta finisce per creare un universo a parte, con regole e destini ben differenti.
E il destino delle squadre in NBA passa molto spesso per una, e una sola, strada. Il draft. Si passano mesi a osservare partite di college, a studiare report e raccogliere dati per arrivare in una notte di Giugno preparati a scegliere quel giovane capace di rilanciare o assicurare un futuro glorioso alla propria franchigia. Un Draymond Green o un Manu Ginobili al secondo giro possono garantire fortune inaspettate; un Anthony Bennett o un Mario Hezonja alle primissime chiamate possono rallentare o rimandare il processo di riavvicinamento alle posizioni nobili di classifica.
Uno dei draft più interessanti (e pieni di talento) è stato quello del 2015, con i vari Karl-Anthony Towns, Kristaps Porzingis e D’Angelo Russell contesi da mezza lega. Dopo due stagioni e un terzo, chi ha fatto la scelta giusta? Chi invece si sta mangiando le mani? Cosa sarebbe successo se quel giocatore fosse stato scelto prima o dopo quell’altro? Proviamo a rifare il draft, o meglio a fare un power ranking delle prime undici posizioni, cercando di capire chi è andato ben oltre le aspettative e chi invece ha deluso.
11. Stanley Johnson (Original Pick: 08 – Detroit Pistons)

La vita di Stanley Johnson al terzo anno NBA non si sta certamente rivelando tra le più semplici. Infatti, se i Detroit Pistons sono stati finora una delle sorprese più piacevoli di questi primi due mesi di NBA, non si può dire lo stesso per la scelta numero otto del draft 2015.
Le prime due stagioni di “Stanimal” sono state caratterizzate da eccellenti abilità difensive, ma il suo ruolo è stato piuttosto incerto, con minuti equamente divisi tra Shooting Guard e Small Forward. A partire da quest’anno tuttavia molte cose sembrano cambiate per Johnson. Infatti i suoi numeri difensivi sono in calo (il suo Defensive Win-Share è passato da 1.8 a 0.8), mentre sull’altro lato del campo si è notato uno sforzo per migliorare il tiro dall’arco che lo sta portando ad avere sempre più compiti da ala pura.
Come detto, in difesa ha subito un brusco peggioramento e i 107.6 punti di rating difensivo son ad oggi il peggior dato dopo solo Tobias Harris e Reggie Jackson. Un dato molto negativo per Stanley, specie se si considera che la scorsa stagione viaggiava ad un rating difensivo di 103.6. Il calo della performance sul lato difensivo è in parte dovuto all’incremento di punti subiti da palle perse, praticamente raddoppiato da 4.5 a 8.5 punti a partita.
Ma il calo difensivo sta trovando un maggior sforzo offensivo. Certo, non si tratta di niente di eccezionale (non a caso è passato dall’essere la scelta numero otto nel draft reale 2015 a scelta numero undici in questa rivisitazione), ma ne va riconosciuto lo sforzo e merita fiducia sui margini di miglioramento che può mostrare. Infatti Johnson in questa stagione sta provando a modificare il suo range di tiro, arrivando praticamente a raddoppiare il numero di tentativi da tre da 2 a 3.5 a partita.
Certo, si potrebbe controbattere che ad oggi le percentuali da tre sono rimaste praticamente invariate (29.2% l’anno scorso, 28.6% quest’anno), ma lo staff tecnico di Detroit sta lavorando per migliorare questa percentuale. Infatti il problema principale di Johnson sta nella meccanica e in particolare all’uso dei piedi, che oggi finiscono sempre per tentare un kick legging nel momento della ricaduta a terra.
Van Gundy, dopo averlo utilizzato l’anno scorso in modo equo nei ruoli di guardia e ala piccola, ha deciso per questa stagione di spostarlo definitivamente nel ruolo di SF. La concorrenza in quella posizione è spietata, specie con l’esplosione di Tobias Harris. Se vorrà assicurarsi un ruolo all’interno di questa squadra e di questa lega sempre più propensa al tiro da fuori, Johnson ha bisogno di migliorare in fretta lavorando sui suoi limiti al tiro senza trascurare al tempo stesso l’effort in difesa.
10. Richaun Holmes (Original Pick: 37 – Philadelphia 76ers)

Il draft 2015 vedeva i Philadelphia 76ers scegliere Jahill Okafor con la pick numero 3 assoluta. Una scelta quasi scontata in quella posizione del draft secondo il parere degli scout, che già immaginavano una coppia con Nerlens Noel di assoluto valore che avrebbe garantito un grande futuro per i Sixers. E invece, a distanza neanche di due anni e mezzo, la cronaca racconta che entrambi sono ben lontani da Philadelphia e ben lontani dall’essere ciò che i tifosi si auguravano. Noel infatti è stato ceduto a Dallas, mentre Okafor è stato recentemente scambiato a Brooklyn dopo essere rimasto fuori dalle rotazioni trasformandosi in una delle più cocenti delusioni degli ultimi anni di draft.
Ma, nonostante questi buchi nell’acqua, i Sixers sono stati comunque in grado di costruirsi un futuro di prospettiva. Dal draft 2014 infatti la scelta è ricaduta sul centro di Kansas Joel Embiid, che dopo un calvario di quasi tre anni sta trovando un po’ di pace dagli infortuni e sta finalmente mostrando tutta la sua classe. Il camerunese oggi è già uno dei migliori centri della lega, e con Simmons (draftato nel 2016) i Sixers sembrano aver trovato la coppia di stelle da cui ripartire.
E il draft 2015? Deve essere archiviato con il grande flop Okafor? Non proprio. Infatti, grazie alle numerose scelte accumulate negli anni, il GM Sam Hinkie si è garantito dal secondo giro un altro centro, Richaun Holmes.
Quella di Holmes può essere considerata già adesso una vera e propria steal. Il centro infatti ha saputo ritagliarsi uno spazio nelle rotazioni di Phila, garantendo il giusto riposo ad Embiid di ritorno dagli infortuni e assicurando al tempo stesso profondità al reparto.
Il prodotto uscito da Bowling Green poi sta mostrando progressi clamorosi su entrambi i lati, soprattutto nel pitturato. La sua produzione offensiva nell’ultimo metro è aumentata dal 73.4% al 78.0%. Il suo attacco è migliorato anche nel pick ‘n roll, dove al momento sta facendo registrare 1.27 punti per possesso, posizionandosi diciannovesimo tra i giocatori che segnano con questo tipo di giocata almeno il 15% dei loro punti complessivi.
Ma la crescita di Holmes nel pitturato non va cercata solamente in attacco. La sua percentuale a rimbalzo difensivo infatti è in costante ascesa. Andando a vedere le sue stats, si è passati dall’11.7% nel suo anno di rookie al 20.1% della scorsa stagione fino al 21.8% di quest’anno. E a risentirne positivamente è di conseguenza il suo Net Rating ogni 100 possessi, passato da +11 durante la stagione 2016/17 a +16 di quest’anno.
09. Justise Winslow (Original Pick: 10 – Miami Heat)

La lacuna principale di Winslow è, senza mezzi termini, il tiro. Le sue percentuali e i suoi punti dal campo sono a volte qualcosa di onestamente imbarazzante per un giocatore del suo ruolo e con le sue aspettative. Non a caso il coaching staff di Miami ha deciso, a partire dalla scorsa stagione, di affidarlo alle cure di Rob Fodor, shooting coach e vero e proprio guru di South Beach.
Anche quest’estate, durante la tournee a Singapore, Winslow ha passato tutti i giorno ad allenarsi provando almeno 500 tiri per sessione. Durante l’infortunio, con il braccio destro ingessato, lo staff tecnico lo ha continuato a sottoporre ad allenamenti usando l’altra mano e facendogli studiare la meccanica di Kent Bazemore, uno dei migliori tiratori mancini attualmente della lega.
Le difficoltà che sta trovando Winslow al tiro vanno cercate soprattutto nel movimento delle gambe. La presa sulla palla, il rilascio e la distanza tra palla e viso e anche la posizione delle spalle infatti sono anche buone, o quantomeno corrette secondo manuale. Dove Winslow sbaglia totalmente invece è la parte inferiore del suo corpo. I suoi piedi si muovono troppo prima di ricevere il pallone, quasi come fosse un tic nervoso, e questo non gli permette di avere il giusto equilibrio al tiro. Come se non bastasse, il suo ginocchio destro tende verso l’interno, mentre quello sinistro resta dritto.
Certo, le sue percentuali da tre sono sensibilmente migliorate, e il giovane prodotto di Duke è passato col tirare da tre il 39% dopo il penoso 20.0% della passata stagione, ma questo non è sufficiente.
Infatti, tanto per fare un esempio, Winslow al momento sta tirando col 27.7% in catch & shoot, peggior tiratore di tutta la squadra. E allora non è un caso se Spoelstra, probabilmente uno degli allenatori più capaci ad esaltare i pregi dei propri giocatori, ha creato dei giochi ad hoc che permettono a Winslow di fare quello che gli riesce meglio, ovvero lavorare in post mentre tutti i suoi compagni stanno fuori sul perimetro, ricevendo lo spazio necessario per attaccare il canestro battendo il diretto avversario.
Il suo gioco si sta sviluppando soprattutto nelle situazioni in transizione, dove con la sua velocità riesce a battere il difensore e andare a canestro.
E gestire il post potrebbe essere il futuro di Winslow anche sul lato difensivo del campo. Contro Minnesota, ad esempio, Winslow è stato messo in marcatura su Towns e, grazie ad un eccezionale lavoro con i piedi, è riuscito a contenere il lungo di Minnesota limitandolo in attacco.
Il tentativo è stato riproposto anche contro Washington su Markieff Morris, ma il lungo dei Wizards si è mostrato nettamente più capace e Spoelstra è dovuto correre ai ripari mettendo James Johnson in marcatura. Per quello che si è visto fino ad oggi, Winslow sembra adatto a limitare le ali più agili, mentre per quelle più fisiche è meglio inserire Johnson con Whiteside a protezione del ferro. In ogni caso, si tratta di uno sviluppo interessante per un giocatore che potrebbe trovare presto la sua dimensione nel sistema di coach Spo.