Comincio con una brutta – o almeno spero la prenderete come tale – notizia: Couch Ballers’ Week si prende una pausa. Torneremo nel 2018 e, grazie all’esperienza maturata in questi primi due mesi, si spera che torneremo con le novità giuste per coinvolgere sempre di più i lettori. Quindi, grazie a chi ci ha letti per il supporto e anche a chi non ci ha letti per averci spinto a cercare di migliorare questa rubrica. Bando ai sentimentalismi, che torneranno nel corso del numero, ora cominciamo con le cose serie.
More Assist Stats
La scorsa settimana il venerabile Caddeo ci aveva introdotto al concetto di Ast%, ispirando anche Alessandro Ravasio a raccontarci qualcosa di più su alcune statistiche avanzate che riguardano sempre gli assist.
Per misurare l’effettiva efficienza di un passatore è stata creata l’assist to turnover ratio (abbreviata in ast/to) che consiste nel dividere il numero di assist di un giocatore per le palle perse. Per esempio Chris Paul ha un ast/to di 5.57, vuol dire che ogni 5.57 assist produce una palla persa. Da questo punto di vista un ottimo giocatore è Satoransky, che in assenza di Wall ha saputo gestire bene i suoi minuti in campo distribuendo nelle ultime quattro partite 22 assist a fronte di 0 turnover.
Invece, quando si tratta di valutare quanto una squadra sia efficiente nel passarsi il pallone è stata creata la assist ratio, che calcola in percentuale quanti possessi diventano assist. Si può anche applicare ai giocatori, calcolando la percentuale di possessi che un giocatore trasforma in assist. In questo momento la squadra che più spesso si passa il pallone sono i Golden State Warriors (21.7%) seguiti dai Pelicans (19.1%) e 76ers (18%). Come ogni statistica va soppesata nel contesto: Shelvin Mack guida questa statistica con il 45% di assist ratio, ma questo non vuol dire che sia il miglior passatore della Lega.
Se avessi saputo tutte queste cose quando andavo al liceo, invece di marinare la scuola per andare al campetto sarei rimasto al calduccio a seguire le lezioni di matematica.
Claudio Pellecchia, cane da slitta
Finalmente un altro coraggioso membro della redazione ci racconta qualcosa di sé per dimostrare a voi lettori che in fondo siamo gente normale. O quasi. Insomma, ci proviamo, abbiate pazienza.
Alla maniera di Balto, al momento io so soltanto quello che non sono: non il giornalista di successo che avrei voluto (da qualche parte avrei anche il tesserino da professionista, ma ho dovuto comunque trovarmi un lavoro vero per sopravvivere), non l’avvocato che avrebbero voluto mia nonna e mia madre (ovvero i motivi che mi spinsero ad entrare – uscendone comunque vivo e parzialmente vegeto – in quel girone dantesco che è la facoltà di Giurisprudenza), non l’uomo affabile, cordiale e amante delle persone che vorrebbe la mia ragazza. Aspettate, forse ci siamo. Ecco cosa sono: un allegro cazzaro arrogante, affetto da misantropia e odio verso il prossimo, che ha fallito in tante cose, avuto discreto successo in qualche altra e che, ogni tanto, per combattere il logorio della vita moderna (e il bomberismo e l’ignoranza e la nostalmagia) preferisce scrivere di sport e basket NBA piuttosto che scolarsi un Cynar. The Shot era il posto perfetto per me, solo che non lo sapevo: ci ha dovuto pensare Edo Conti, che ha a cuore quel che resta della mia salute mentale, a raccomandarmi a Bruce e a restituirmi un briciolo di speranza nel futuro del racconto di questo giochino che tanto ci piace. Al punto che sto già predisponendo il futuro ordine mondiale del giornalismo sportivo, una volta che avremo inglobato ESPN (questione di tempo, fidatevi): sarà una dittatura ferrea. La nostra.
Fidatevi che noi di The Shot siamo uniti dalla passione per il basket, non solo da deliri e manie di grandezza.
My MVP
Come ultimo paragrafo di questi primi due mesi di Couch Ballers’ Week ho scelto un argomento di attualità che è allo stesso tempo molto personale. Lo so che qui dentro si scherza e si prende per il culo il prossimo, ma spero che quello che ho scritto vi faccia riflettere sulle vite degli atleti, sull’influenza positiva che possono avere nei confronti di chi si avvicina a questo gioco e, soprattutto, sul rispetto che meritano a prescindere dai risultati.
Ho letto questa settimana la quote forse più azzeccata che abbia mai letto su D-Rose. Terrence Tomlin, blogger di Chicago che si occupa di basket a livello cittadino, ha riassunto così la parabola di Derrick:
“Era solo nostro, con le sue luci ed ombre. Poi è diventato di tutti, del mondo intero. Ma non tutti ne hanno accettato le ombre.”
Era facile stare lì con la mandibola calata durante i voli interminabili, lo è stato meno dover capire e accettare una personalità non disposta ad adattarsi al grande pubblico. Quando è venuto a mancare lo schermo del campo, chi conosceva solo le luci ha dovuto fare i conti con le ombre. E allora è stato più semplice deridere, sminuire ed etichettare invece di conoscere l’uomo dietro al campione. Buffa diceva di McGrady “Avete mai sbagliato fidanzata? Io si: lui!” e pensare la stessa cosa di Derrick era quasi inevitabile.
Io, quasi dieci anni dopo averlo visto esordire nei miei Bulls, credo di essere stato un quattordicenne molto fortunato; penso che sì, sportivamente poteva andare meglio, ma penso anche che aver visto il mio eroe piangere, soffrire, sbagliare e non arrendersi mai lo abbia reso più vicino a me. Da figura semidivina, irraggiungibile e infallibile, è diventato uomo in carne ed ossa, e per questo non ho avuto più scuse: quello che poteva sopportare lui lo potevo sopportare anche io, l’impegno che ci metteva lui ce lo potevo mettere anche io. Non troverete mai più accanito difensore di chi sta dalla parte di Derrick perché è un sentimento che non dipende dai risultati, che non si può scalfire; è l’ammirazione che si ha per un fratello maggiore o l’orgoglio per un figlio, anche se non sono perfetti.
Dopo essere stato di tutti è tornato ad essere solo nostro, come era in principio. Gli sono grato per aver scelto di continuare a giocare, ma in ogni caso sarebbe rimasto per sempre il mio MVP.
Most Valuable Person.
Arrivederci al prossimo anno, Couch Ballers! E non perdetevi le partite di Natale!