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It’s not luck

Lorenzo Bonacina by Lorenzo Bonacina
6 Settembre, 2019
Reading Time: 5 mins read
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Boston è entrata nella partita contro Golden State con delle buone speranze e ne è uscita con un’ investitura ufficiale da contender.

E’ vero, ci sono da aprire mille parentesi (e apro la prima per anticipare il fatto che verranno aperte durante il corso dell’articolo) ma è innegabile che la partita di ieri abbia ulteriormente elevato la posizione dei Celtics nei power ranking degli addetti ai lavori e non solo. Perché già solamente battere Golden State rappresenta un segnale forte alla NBA, ma farlo tirando con il 32% dal campo, il 21% dall’arco e producendo lo stesso numero di palle perse e assist, era qualcosa che molto raramente si era visto in questi ultimi 3 anni di dominio Warriors.

It’s not luck era lo slogan lanciato dalla franchigia del Massachusetts durante i playoffs 2016 e riutilizzarlo dopo la partita di ieri è più che appropriato.

Ci sono molti aspetti, evidenziati dalla partita di ieri, che meritano un focus e non sono tutti obbligatoriamente positivi. Perché ciò che dovrebbe creare più spavento a tutte le altre 29 squadre (e un pochino si, anche a Golden State) è il fatto che questa squadra dia l’impressione, e tale deve essere data la giovane età e la conoscenza reciproca di sole 16 partite di gran parte del roster, di avere dei margini di crescita notevolissimi.

La difesa.
Se tieni a 88 punti Golden State vuol dire che difensivamente hai lavorato in maniera egregia.
Non c’è da meravigliarsi in quanto Boston in queste 16 partite è stata di gran lunga la miglior difesa della NBA – con un defensive rating di 95,4 – ma quando si incontra una squadra con così tanto talento come gli Warriors spesso una grande difesa può non bastare. L’ 8/32 dal campo e il 5/20 da 3 combinati da Steph Curry e Klay Thompson, sono cifre figlie di una partita non troppo felice ma condizionata pesantemente dall’arcigna difesa degli esterni dei Celtics.

Marcus Smart autore di una partita offensivamente inguardabile, con 7 tiri sbagliati su altrettanti tentativi, è stato lasciato in campo da Stevens per ben 30 minuti e ha concluso il match con un plus/minus di +15 punti. Rozier ha tirato con il 20% ma è stato fondamentale in diversi momenti della partita. Boston ha nel suo roster moltissimi giocatori con un’eccezionale predisposizione fisica alla difesa, sopratutto nel ruolo di esterni, il che ha permesso di affrontare coraggiosamente i giocatori di Golden State in single coverage. Nella lega, nessuna squadra ha i difensori perimetrali (non solo gli esterni ma anche i lunghi come Morris, Horford ed in parte Baynes) del livello dei Celtics ed anche per questa ragione sono da molti esperti identificati come la squadra che può mettere più in difficoltà Curry & Co.

Il parziale di 19-0 in chiusura di 3° quarto.

A 5 minuti dalla fine del terzo quarto tutti gli indizi portavano a pensare che la partita avesse preso una direzione definitiva e che fosse ormai in mano agli Warriors. La difesa di Golden State aveva concesso a Boston solo 7 punti nei primi 7 minuti del secondo tempo ed il vantaggio era arrivato a toccare il +17. A questo punto Stevens ha deciso di togliere Kyrie Irving, protagonista di due palle perse in altrettante azioni, ed inserire Rozier che completava un quintetto formato da Smart, Brown, Horford e Baynes.

Non è un caso se questi giocatori sono statisticamente i migliori difensivamente dei Celtics e tutti nelle primissime posizioni come defensive rating individuale nella eastern conference. Nei successivi 10 possessi, Boston ha tenuto Golden State a 0 punti, forzando ben 5 tournover e 5 errori dal campo. L’aggressività difensiva è stata la chiave offensiva che ha permesso a Boston di recuperare segnando 19 punti, infatti una parte importante di questi punti sono arrivati in transizione contro la difesa di Golden State non ancora del tutto schierata o spesso costretta a commettere fallo.

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2017/11/merge-j20jw.mp4

Nel video sono mostrate le cinque palle perse da Golden State, forzate difensivamente da Boston: Nella prima situazione Jaylen Brown costringe Durant ad una banalissima infrazione di campo; il secondo turnover invece è causato dalle mani veloci di Rozier che riesce a strappare la palla di Curry. Le ultime tre situazione sono tutte opera di Marcus Smart a dimostrazione di quanto i Celtics avessero studiato gli Warriors per arginarli difensivamente: Nella terza azione Smart si rende conto che il pallone arriverà nelle mani di Igoudala e lascia totalmente il suo uomo posizionato sul lato debole per anticiparlo ed evitare due punti facili, nella quarta ha una posizione perfetta nel momento in cui Looney riceve il pallone mentre nell’ultima azione scivola benissimo su Igoudala stoppandolo senza causare il fischio arbitrale.

Jaylen Brown.

E’ stato senza dubbio il migliore in campo. Nella partita di ieri Brown ha messo a referto 22 punti, tutti nei primi tre quarti di gioco, marcato da difensori d’élite come Klay Thompson e sopratutto Kevin Durant. La sua partita meriterebbe di essere analizzata azione per azione, perchè vedere un’ atleta di soli 21 anni giocare così attentamente in entrambe le fasi è qualcosa di molto raro e il miglioramento rispetto allo scorso anno è stato esponenziale.

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2017/11/wrlee.mp4

Brown è stato trascinatore offensivo dei Celtics nel momento più difficile: i primi 8 punti del parziale di 19 portano la sua firma e sono stati realizzati in 49 secondi.
Il primo canestro sembra sia stato segnato da un veterano e non da un ragazzo che è al secondo anno di NBA, non bisogna nemmeno dimenticarsi che Brown era entrato nella lega con una fase offensiva ancora tutta da costruire ed in meno di 100 partite si è trasformato nella seconda opzione offensiva della squadra.

Brown è il giocatore giusto nel contesto giusto e quello che sta facendo di lui Brad Stevens lo ha già reso un two way player di prima fascia, se si confrontano le sue statistiche al secondo anno con quelle di Kawhi Leonard o Giannis Antetokounmpo si può capire quanto sia straordinaria la sua stagione fin qui e quante sono le possibilità per lui di migliorare ulteriormente.

La partita di Kyrie Irving.

Se vi avessero detto che Irving avrebbe chiuso la serata con il 25% dal campo e 16 punti a referto quanti di voi avrebbero ipotizzato in una vittoria dei Celtics?

E’ questo uno dei motivi che amplifica le fantasie dei tifosi biancoverdi: il fatto che malgrado la propria stella abbia sostanzialmente steccato la partita, questo non sia diventato troppo influente ai fini del risultato finale.
E’ molto interessante analizzare la partita di Irving per diversi motivi: innanzitutto va evidenziato che da quando ha lasciato i Cavs il suo rendimento difensivo è totalmente cambiato, sia dal punto di vista statistico che da quello dell’atteggiamento.  Anche ieri, malgrado i problemi nel trovare il canestro, difensivamente non è mai stato un peso per la squadra, anzi spesso ha accettato i cambi difensivi ritrovandosi a fronteggiare anche Kevin Durant e riuscendo a contestare il tiro.

Per quanto riguarda la metà campo in cui tutti si aspettano che faccia la differenza, non si è mosso per niente male e, tranne in alcune occasioni, ha evitato forzature che eravamo abituati a vedere quando indossava la canotta dei Cavs. Nel 4Q è stato cercato più intensamente dai compagni e, sebbene abbia tirato solamente 2/6 dal campo, è riuscito a far valere il suo status di superstar per guadagnare 8 tiri liberi (alcuni dei quali discutibili, tra cui il fallo a 12 secondi alla fine fischiato a Green) e a segnare 11 degli ultimi 15 punti dei Celtics nella partita.

Dopo 16 partite i Celtics hanno dimostrato di avere una fortissima solidità mentale e delle chiare idee di gioco, qualche lacuna offensiva (quanto sarebbe stato utile Gordon Hayward) che però viene prontamente sopperita da una difesa straordinaria.

Tags: Al HorfordcelticsDraymond GreenJaylen BrownKevin DurantSteph Currywarriors
Lorenzo Bonacina

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