Di solito, quando una squadra vince, le voci riguardanti spaccature nello spogliatoio sono rasenti lo zero. I Cleveland Cavaliers, e non da questa stagione, in cui stanno più perdendo che altro, sono una delle poche eccezioni. E’ praticamente da quando LeBron James ha annunciato il proprio coming back, ormai più di tre anni fa, che a ruota i membri del roster, meglio ancora se stelle, vengono coinvolti in rumors di questo tipo.
Si era partiti con i famosi problemi, o presunti tali, di inserimento di Kevin Love durante la prima stagione in Ohio (con il tweet di James che recitava, senza un destinatario esplicito, “Stop trying to find a way to FIT-OUT and just FIT-IN. Be apart of something special! Just my thoughts”). Poi si era passati da Kyrie Irving, ripreso più di una volta “vittima” di alcuni sfoghi di LeBron durante i timeout.
Ora il drama si era esteso prima di scomparire: Irving aveva chiesto e ottenuto la cessione, portando con sé quelli che sembravano poter essere screzi interni allo spogliatoio tra un maschio Alpha, LeBron, e uno che si riteneva, a ragione o a torto sarà il tempo a decretarlo, tale. Invece lo scenario che si è aperto è stato esattamente l’opposto: paradossalmente l’addio di Irving non ha lavato via i problemi, ha solo fatto spazio per altri, se vogliamo anche maggiori, a giudicare dall’andamento dei Cavs e dalle dichiarazioni che molti membri del roster hanno rilasciato.
Nei tre anni scorsi, in cui comunque Cleveland ha raggiunto tre Finals vincendone una, mai nessuno si era azzardato ad uscire dallo spogliatoio ed andare a parlare con i giornalisti di ciò che accadeva tra le proprie mura. Questa filosofia, abbastanza diffusa nel mondo sportivo, si è praticamente dissolta con i cambiamenti estivi che invece sembravano poter portare inizialmente maggiore chimica tra i giocatori. In particolare la firma di Dwyane Wade, tra i migliori amici di James, pareva destinata a ricreare, sebbene con qualità tecniche ridimensionate, quel clima di spensieratezza che portò a Miami due titoli con i Big Three.
Così non è stato: i Cavs hanno attualmente un record di 4-6, dodicesimi nella Eastern Conference, davanti solo a Nets, Bulls e Hawks, contro cui hanno oltretutto perso con gli interessi , concedendo 117 punti in casa. Proprio nel post-partita del match contro Atlanta è arrivata l’ultima bordata all’interno dello spogliatoio: quel Wade che sembrava poter portare serenità se l’è sostanzialmente presa con i titolari davanti alle telecamere, accusandoli di compromettere le partite con inizi pessimi. L’ennesimo episodio che mette in dubbio le capacità di Tyronn Lue nel creare un’amalgama sufficiente a costruire un clima positivo. Ad oggi i giocatori dei Cavs remano ognuno in una direzione diversa, e questo potrebbe rivelarsi a lungo andare un problema peggiore che qualche disattenzione difensiva di troppo.
Con le numerose mosse estive, coach Lue ha operato diversi cambiamenti all’interno del quintetto. Ha prima scelto Derrick Rose come point guard titolare aspettando il recupero di Isaiah Thomas. Successivamente gli ha affiancato Dwyane Wade nel backcourt, in quella che è sembrata a molti una cortesia al Re, data l’amicizia che lega i due e l’evidente incompatibilità tra Flash e l’ex MVP. Una coppia di guardie pigre in difesa e con un tiro inconsistente non ha ragione di esistere in questa NBA, e i numeri stanno lì a dimostrarlo: 4 gare insieme, 40’ giocati, 96.8 di OffRtg e 114.4 di DefRtg. Nel frattempo JR Smith è finito in panchina, manifestando anch’egli pubblicamente la propria frustrazione (“Sono assolutamente frustrato, ne abbiamo parlato. Non è stata la più positiva delle conversazioni ma ne usciremo insieme”), e Kevin Love è stato spostato nella posizione di centro al posto di Tristan Thompson (l’unico in questa vicenda a prendere i cambiamenti con positività). Oltre al fatto che difensivamente, con quest’ultima mossa, i Cavs hanno perso tutto quello che speravano di guadagnare in attacco – e infatti il NetRtg di Love è -11.8 nonostante la doppia-doppia di media – anche l’ex-Timberwolves non avrebbe gradito il nuovo ruolo, stavolta fortunatamente senza andarlo a dire direttamente ai giornalisti.
Nel marasma generale, Isaiah Thomas, che al momento è parcheggiato ai box almeno fino a Gennaio, si sta preoccupando più di fare il vendicatore di sé stesso su Twitter. L’ultimo tweet, “People forget and act like I didn’t bust they favorite PGs ass all last season LOL.”, è arrivato solo poche ore dopo la sconfitta dei Cavs contro Atlanta, momento meno appropriato non c’era (e infatti IT si è poi scusato).
Ty Lue says Dwyane Wade came to him and said he wants to come off the bench. JR Smith back to the starting 5.
— Dave McMenamin (@mcten) October 23, 2017
Lue alla fine è tornato sui propri passi, forse anche per volontà dello stesso Wade: JR Smith ha fatto ritorno in quintetto, così come Tristan Thompson (poi la mala sorte ha voluto che si infortunasse), mentre Love ad occupare la classica posizione di PF. I primi risultati si sono visti nella buona prestazione contro Washington, salvo poi regredire immediatamente nella gara contro gli Hawks, al termine della quale sono arrivate le già menzionate parole di Wade, il colpo di grazia alla già delicatissima situazione: “Tutti nello spogliatoio lo sappiamo, non ci sono segreti: iniziamo le partite in maniera terribile. La first unit deve iniziare meglio”. Non una novità per il giocatore in questione, che l’anno scorso era già stato parecchio duro a Chicago con i più giovani membri del roster, meritandosi la reazione rabbiosa di Rajon Rondo che ne aveva messa in discussione la leadership.
Mentre la barca lentamente affonda, il solo LeBron James ha provato a liberarsi dell’acqua, mostrandosi sicuro di sé settimana scorsa perché, tutto sommato, “è solo Ottobre”. Probabilmente i Cavs, alla fine, troveranno la quadratura del cerchio e torneranno nella posizione che più gli compete ad Est, di nuovo a lottare con Boston (che invece sta andando molto bene) per le Finals. Se ai problemi tecnici si può trovare soluzione, anche nel lungo periodo, è più difficile uscire da un clima di scarsa fiducia reciproca e frustrazione come sembra ora quello creatosi intorno a Cleveland. Vincere aiuterà, ma per vincere servirà coesione. Quella che fin qui è mancata a questa squadra.