“Dai, non prendetemi in giro, non ci credo!”.
Questa è stata la mia prima reazione, forse un po’ meno formale e più romana, alla notizia del passaggio di Chris Paul agli Houston Rockets.
Ero e sono sbalordito, non perché non mi aspettassi un cambio di maglia da parte dell’ex New Orleans ma perché mai e poi mai avrei scommesso qualcosa su Houston.
Tralasciando per il momento l’analisi vera e propria della trade, limitiamoci a ricordare che per uno dei migliori, se non il miglior, playmaker degli ultimi 10 anni i Clippers hanno ottenuto: Lou Williams, Patrick Beverley, Sam Dekker, DeAndre Liggins, Darrun Hilliard, Montrezl Harrell, Kyle Wiltjer, una first round pick e 661mila dollari.
Se da una parte non si voleva perdere un giocatore per niente (CP3 sarebbe infatti uscito dal contratto, non esercitando la Player Option), dall’altra i Rockets hanno deciso di scommettere su un progetto a breve, forse brevissimo, termine pur di arrivare al lottare per il titolo. Houston vuole tutto e lo vuole ora.
Già dalle prime ore si che è creato un Hype incredibile intorno alla coppia Harden-Paul, il solo pensarli assieme ci fa sembrare degli Homer Simpson davanti ad una ciambella. Ma mia nonna dice che non è tutto oro quello che luccica, ed io ci credo.
Provando a verificare se questa “massima” si applica anche ai nuovi Rockets, vediamo nel dettaglio le situazioni sia di Houston che dello stesso CP3, ricordando che ovviamente non si tratta del solito problema, molto provinciale, del “dobbiamo giocare con due palloni”.
Paul’s Corner
Analizzando la short chart, oltre a sobbalzare per l’enorme quantità di zone verdi e quindi di alte percentuali al tiro, notiamo che CP3 fa un ampio uso del tiro dalla media distanza. Andando nello specifico: il 61.5% delle sue conclusioni sono da 2 punti, la distanza media è di 5.48 metri, tra 1 e 3 metri dal canestro tira con il 56.4%, tra i 3 ed i 4.8 metri con il 49.7%.
Il suo predecessore, ovvero Beverley, che si adattava perfettamente al ruolo di mastino difensivo e tiratore sugli scarichi, aveva le seguenti cifre: 47% di tentativi da 2, distanza media di 4.8 metri, con il 36.7% tra i 3 ed i 4.8 metri.
Paul tira da 3 il 38.5% delle sue conclusioni con una percentuale realizzativa del 41.1%. Il 39.5% delle sue triple sono assistite, il 10% dei tentativi sono tiri dall’angolo, anche se la percentuale si alza ad un incredibile 48.8%
Beverley invece tira più della metà delle sue conclusioni da oltre l’arco, esattamente il 53.3%, con una percentuale di realizzazione del 38.2%, ma il dato rilevante è che di queste triple l’83.6% sono assistite.
Le statistiche sopra riportate evidenziano che Chris Paul è ovviamente un miglior tiratore in generale, ma quello che sottintendono, oltre all’alta frequenza di gioco interno nei pressi del canestro da parte dell’ex Clippers, è che il neo-arrivato a Houston ha bisogno di avere la palla in mano e che difficilmente tira su uno scarico. Beverley paradossalmente sembra ad ora un fit migliore, anche se a livello d’efficienza viene sovrastato da Paul, forse proprio perché più scarso ma più adatto a giocare con e per Harden.
Houston’s Corner
I Rockets hanno concluso la stagione con un record di 55-25, terzi ad Ovest, allenati dal Coach dell’Anno, Mike D’Antoni, e guidati dal vice-MVP, James Harden.
Sono stati primi per tiri da 3 tentati con 3306, ovvero 40.3 a partita, 30° per tentativi da 2, terzi per assist a partita con 25.2. Inoltre sono terzi per Pace Factor, ovvero una stima dei possessi su 48 minuti, con 100 ed hanno avuto un Offensive Rating di 114.7, il secondo dato in tutta la Lega. In sostanza gli Houston Rockets sono stati una macchina da Run’n Gun, o meglio Run’n Gun from 3.

Per capire a volte è meglio guardare che leggere, quindi vi lasciamo un bel video di BBALLBREAKDOWN per capire cosa sono stati i Rockets:
Ovviamente questo tipo di gioco ha anche delle contro-indicazioni, come ad esempio l’alto tasso di palle perse: 5.1 a partita e 25° posto in NBA con una percentuale del 13% ogni 100 azioni. Aggiungere Paul non può che aiutare vista la capacità dell’uomo da Winston-Salem di gestire l’attacco.
CP3 inoltre porta con sé anche una dote non quantificabile in numeri, ovvero la leadership e l’autorità per parlare con Harden, oltre che la voglia e la consapevolezza che la finestra per una chance titolata si sta lentamente ma inesorabilmente chiudendo.
Harden’s Corner
La grande mossa di D’Antoni è stato mettere palla in mano al Barba e vedere cosa sarebbe successo.
L’esperimento è riuscito piuttosto bene, e forse ora il mondo ha una visione diversa dello stesso Harden, accusato spesso, in passato, di essere egoista e indolente. L’ex OKC ha concluso l’anno con 29.1 punti, 11.2 assist e 8.1 rimbalzi di media, con il 44% da 2 ed il 36.4% da oltre l’arco.
Harden ha avuto il pieno controllo della squadra e della palla, i giocatori presi sia in estate che durante la stagione hanno avuto un solo ed unico minimo comun denominatore: essere sudditi di Re Harden. I vari Gordon, Anderson, Williams, Dekker, Beverley, Ariza, Nene, Capela e Harrell dovevano sublimare il quadro sognato dal Baffo e tappare le lacune del Barba. Come? Difendendo, correndo, facendosi trovare liberi sugli scarichi o in cielo per un alley-oop.
Continuando con le statistiche avanzate, notiamo che i canestri da 2 di Harden sono assistiti solo per lo 0.95% e quelli da oltre l’arco per il 31.7%. Vista l’aggiunta di Cp3, però, sarebbe meglio prendere come riferimento per una proiezione futura gli anni ad OKC, quando Harden era uno dei principali trattatori di palla ma non l’unico, e divideva oneri ed onori con Westbrook e Durant. Nell’ultima stagione ad OKC, conclusa a 16.8 punti di media, la percentuale di canestri assistita era di 28.2% e 11.3%, rispettivamente da 2 e da 3.
Il problema vero e proprio può sorgere dal fatto che sia CP3 che il Barba sono giocatori che necessitano della palla, o almeno le loro carriere hanno detto questo. Entrambi hanno un’alta capacità di mettere in ritmo i compagni: 50.7% di Ast% per il Barba e 46.8% per Paul.
Dubbi
Houston migliorerà veramente con CP3? Paul riuscirà a modificare il suo gioco a 31 anni? Harden tornerà ad essere il giocatore un po’ pigro visto nei primi anni ai Rockets mentre condivideva il campo con Howard? I texani risentiranno della quasi scomparsa della propria panchina? Cosa si inventerà e come gestirà la convivenza tra i due D’Antoni?
Le incognite ci sono, sono visibili e plausibili, ma Houston ha rischiato tutto, ha forse rinunciato al progetto D’Antoniano?
Probabilmente Morey tenterà di portare un’altra stella sotto il cielo di Houston tra i vari Millsap, Griffin, George o ‘Melo Anthony. E’ ancora presto per giudicare e sicuramente questa mossa non farà altro che rendere ancora più competitiva una Lega che ha bisogno di nuovi superteam per contrastare Golden State, ma qualche dubbio resta. L’unica cosa certa è che sarà divertente, molto divertente, guardare gli Houston Rockets nella prossima stagione.