A cura di Pietro Caddeo e Cosimo Sarti
Lo scambio ha mandato LaVine, Dunn e la 7° scelta assoluta (commutata poi dai Bulls in Markkanen) ai Bulls in cambio di Jimmy Butler e la 16° scelta (che Minnesota ha trasformato in Patton).
Il valore del giocatore non è l’unico parametro di cui tener conto quando si valuta una trade. I Bulls, loro malgrado, erano costretti a scambiare Jimmy Butler se non volevano condannarsi ad un decennio di mediocrità pressochè garantito. Butler ha 28 anni e di conseguenza quando l’attuale e relativamente economico contratto scadrà, il giocatore sarà già trentenne e potrà negoziare un rinnovo intorno ai 200 milioni in 5 anni che, ovviamente, una squadra in declino e destinata ad un lento rebuilding non sarà disposta ad offrire. Di conseguenza, JB andava necessariamente scambiato in una finestra temporale che andava dall’estate scorsa – quando sono stati lasciati andare Rose e Noah – a questa estate, perché (vedasi il caso Paul George) con un solo anno di contratto è difficile piazzare un giocatore. Giudicando a posteriori, lusso concesso a leoni da tastiera e scribacchini vari ma non ai GM, probabilmente si poteva far calare il sipario su questa edizione dei Bulls già un anno fa; invece, con i Cavs che si avviano verso un futuro incerto e nessuna superpotenza all’orizzonte a Est, è stato deciso di lasciare un anno a Butler per mostrare di poter guidare una squadra e lavorare bene con coach Hoiberg. Gli sono stati affiancati su richiesta un playmaker pass-first come Rondo e un veterano dal passato importante come Wade, tra l’altro cercato personalmente da Butler durante l’estate. Dopo una stagione tumultuosa è apparso evidente che Jimmy, per quanto forte e tenace, non è l’uomo giusto su cui costruire la squadra, da cui la decisione di scambiarlo e ottenere qualche asset su cui basare l’inevitabile rebuilding. Va anche ricordato che lo scorso Draft era ritenuto, a ragione, ben meno profondo rispetto a quello attuale, quindi dare una chance a Jimmy Butler – Franchise Player ha anche significato poterlo scambiare per una scelta alta in un Draft migliore.
A questo punto rileggete bene la prima frase tenendo bene a mente una cosa: tutti i discorsi fatti nel paragrafo precedente erano ben noti ad ogni GM della lega. Quindi, perché svenarsi quando sai che qualcuno è costretto a vendere? È lo stesso motivo per cui i supermercati abbassano i prezzi dei prodotti con data di scadenza incombente. Dovrebbe essere un concetto abbastanza elementare, eppure c’è chi grida al regalo dei Bulls; evidentemente, raggiunto il limite della finestra temporale per scambiare Butler a condizioni ragionevoli, l’offerta dei T’Wolves era la migliore disponibile. Si tratta, in fondo, di tre lottery picks alte, ancora sotto i 23 anni e che dovrebbero finalmente rendere i Bulls “younger and more athletic”, cavallo di battaglia della dirigenza rimasto tale solo a parole la scorsa stagione. La grande scommessa e ago della bilancia della trade è LaVine, che dovrebbe rientare a stagione in corso per via della rottura del legamento crociato con tutte le incognite a breve/medio/lungo termine che l’infortunio comporta, ma che se fosse stato arruolabile con ogni probabilità non sarebbe stato inserito nella trade. Se tutto andrà per il verso giusto, Chicago avrà una buona base su cui costruire, altrimenti sarà costretta a ripartire da zero, cosa che sarebbe successa in ogni caso alla scadenza del contratto di Butler. Scambiarlo era la scelta giusta ed è stato fatto nel periodo ottimale, evidentemente nessuna squadra aveva messo sul piatto un’offerta migliore.
Cosimo Sarti: appassionato di legamenti crociati e quindi dei Bulls, o vice versa.
Come una tenda ad apertura automatica, l’arrivo di Jimmy Butler ai Minnesota Timberwolves nella trade di stanotte con i Chicago Bulls, dovrebbe avere l’effetto di spalancare dopo 12 stagioni di assenza, la porta dei playoff.
Se pensiamo ai difetti strutturali dei Timberwolves edizione 2016-17, vengono fuori tre punti deboli grossi colonne doriche: tiro da fuori (20° nella lega per percentuale da 3 punti), pace (22° in NBA per numero di possessi a partita) e effort difensivo. Jimmy risolve pienamente – abbattendo con un pugno che solo uno proveniente da Tomball (quartiere della periferia di Houston) può sferrare – uno dei tre problemi. La sua leadership e la sua difesa sono una vera manna. Con Butler, Minnesota ottiene un two-way player capace di segnare in vari modi, che può marcare 4 posizioni senza particolari variazioni, che sa mettere tiri allo scadere e, cosa di primaria importanza, un giocatore tosto.
Ai Timberwolves è spesso mancata una dosa-extra di concentrazione ed energie. Per quasi metà regular season, tornando dall’intervallo lungo, hanno subito clamorosi parziali. Butler può aiutare in questo senso: nel trovare un piccolo serbatoio di riserva in situazioni clutch o quando avvengono cali.
Lo stesso Thibs, che Butler l’ha allenato per 5 anni, gli riconosce altre qualità oltre a quelle realizzative: “non è solo uno scorer. In difesa, a chiunque sia accoppiato, gli entra sotto-pelle. E’ un giocatore che sa fare più cose nei momenti importanti.”
La convivenza con Wiggo non stona come sembra, per due motivi: Wiggins può scalare a 2 (ruolo che gli è più congeniale) e al fianco della sua versione più irrobustita e competente in difesa, dovrà imparare a giocare off the ball. Situazione in cui può creare danni incalcolabili alle difese, provate a mettere uno con la concezione degli spazi e il timing di Iguodala nel corpo di Wiggins.
Justin Patton, il lungo di Creighton che corre bene il campo e sui drag può dire la sua da subito in NBA, ha già dichiarato: “Giocare vicino a Towns mi farà sembrare più forte, siamo intercambiabili, può occupare due posizione e lo stesso posso fare io”.
Tuttavia il roster dei T-Wolves ha ancora un buco, che va riempito con tiratori veterani, in tutte le posizioni. Minnesota non ha aggiunto potenza di fuoco da dietro l’arco dei 3 punti.
E per quanto sia una trade da fare 10 volte su 10, Minnie ha perso uno sharp shooter e un playmaker dal potenziale ancora inesplorato.
Potrebbe anche rivelarsi una mossa senza visione, per portare i tifosi il giorno dopo la prima gara di playoff da più di un decennio a dire: “noi eravamo lì, siamo tornati”.
La tenda può anche incepparsi durante l’apertura, o usurarsi lentamente come potrebbe succedere a Butler proprio nel momento in cui l’era degli Warriors inizierà a tramontare.
Pietro Caddeo: il più vecchio della redazione, si ricorda i Timberwolves ai playoff.