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Not enough

Davide Durante by Davide Durante
6 Settembre, 2019
Reading Time: 5 mins read
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Gara 2 delle finali NBA 2016-2017 è stata una partita diversa dal primo episodio della serie ma il risultato finale è stato, non solo nel punteggio, ancora più severo per i campioni in carica. A livello psicologico questa sconfitta potrebbe essere quasi insostenibile; i Cleveland Cavaliers ieri hanno messo tutto quello che potevano mettere nella partita, limando –nel limite del possibile visto il poco tempo a disposizione− tutte le lacune che avevano portato alla disfatta di gara 1, ma non è bastato. Per il momento Golden State da l’idea di aver troppe armi a disposizione per poter essere messa in difficoltà e gli evidenti segnali di stanchezza dati da LeBron James sul finale del terzo quarto restituiscono l’idea di quante energie il 23 abbia speso nel tentativo di tenere semplicemente a galla i suoi.

Nonostante il risultato, l’approccio dei Cavs è stato molto diverso rispetto a quello di gara 1: come dichiarato alla vigilia della partita da Tyron Lue, Cleveland ha cercato da subito di alzare il numero dei possessi, attaccando con rapidità nei primi secondi dell’azione. Già di per se l’idea di alzare il ritmo contro Golden State potrebbe sembrare contro intuitiva ma ancora più singolare è stato vedere come l’attacco di Cleveland, soprattutto durante i primi possessi, cercasse ripetutamente di attaccare in uno contro uno Draymond Green. Il 23 dei Dubs è un vero e proprio playmaker difensivo e, nonostante sia molto dotato anche nella difesa uno contro uno, attaccarlo sistematicamente significa negargli la possibilità di coordinare i compagni di squadra nella fase difensiva.

I due falli commessi nel primo quarto hanno esposto il candidato a miglior difensore dell’anno agli attacchi in post basso di Love, che è riuscito a segnare praticamente ogni volta che è stato isolato contro di lui, lo ha limitato nel tentativo di arginare le penetrazioni di LeBron e soprattutto ha costretto Coach Kerr a tenerlo in campo solo 24 minuti (contro i 34 di gara 1).

Il piano partita di Tyron Lue –raddoppiare sistematicamente Durant e Curry sui pick n roll, tentare di riempire le linee di passaggio per generare recuperi e sfidare al tiro Green e Iguodala– ha permesso ai Cavs di rimanere a contatto durante il primo tempo, dimostrando un atteggiamento resiliente alle classiche fiammate di Golden State, riuscendo anche a rubare 6 palloni nel solo primo quarto, a dimostrazione di come si inizi a intravedere un piano difensivo degno di questo nome. Tuttavia, nonostante Cleveland abbia migliorato l’attenzione difensiva rispetto quanto visto in gara 1, le lacune strutturali nella sua metà campo non sono state del tutto colmate: la comunicazione difensiva sui cambi –fondamentale se si vuole arginare un attacco come quello dei californiani che vive di blocchi lontani dalla palla− spesso è venuta a mancare, regalando tiri con spazio che dal secondo tempo in poi Golden State ha sempre convertito.

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Un altro ″problema strutturale″ su cui Cleveland dovrà lavorare è la pigrizia con cui alcuni giocatori affrontano la fase difensiva. In questa situazione l’arrivo indisturbato al ferro di Thompson probabilmente viene favorito anche dal mancato concretizzarsi di un timeout chiamato dai Cavs, ma rimane il fatto che Love non abbia accennato ad accelerare il passo per rientrare in difesa una volta realizzato che la chiamata non era stata recepita dagli arbitri.

Durant 2.0

Nei momenti in cui Green è stato limitato dai falli la squadra della Baia ha dimostrato ancora una volta la varietà di soluzioni a sua disposizione, trovando in quello che probabilmente è il miglior attaccante della lega un prezioso contributo difensivo. Le prime due gare di questa serie potrebbero essere le migliori partite mai giocate in carriera dal nativo di Washington: al di là dell’onnipotenza offensiva mostrata, il 35 in maglia bianco gialla ha dimostrato di poter essere uno dei migliori difensori della lega. I numeri (5 stoppate 3 rubate) non rendono l’idea di quanto la sua presenza nella metà campo difensiva sia stata determinate: dopo l’uscita di Green nel terzo quarto dovuta al quarto fallo, Durant è stato schierato da centro per la prima volta in stagione, dimostrando di poter essere anche un rim protector di altissimo livello.

 

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Tre situazioni in cui KD ha dato prova di poter essere un difensore mostruoso. Sulla prima azione rimane in copertura di James, aspetta che Irving inizi il movimento di tiro così da non poter più scaricare il pallone e interviene stoppandolo. Nella seconda, rimane vicino a LeBron passando benissimo sopra il blocco di Tristan Thompson e ruba il pallone al 23 dei Cavs aprendo al contropiede. Nella parte finale della clip protegge il ferro come il migliore dei rim protector: si stacca da Love con il giusto tempismo per vanificare un eventuale scarico per l’ex Twolves e prende il tempo a Frye stoppandolo.

 

Quando invece è stato chiamato a difendere su gli esterni ha dato l’impressione di non poter mai essere nettamente battuto dal palleggio, concludendo la partita con il miglior defensive rating (94) tra tutti i suoi compagni di squadra.

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Durant è in grado di difendere in single coverage sia su LeBron che su Irving, chiudendo –grazie ad un wingspan clamoroso– qualsiasi linea di passaggio e permettendo ai compagni di rimanere con i tiratori di Cleveland sul perimetro.

 

Durante il terzo quarto, dove di fatto Golden State ha vinto la partita, Durant ha segnato 9 punti, quasi tutti arrivati in risposta ai tentativi dei Cavs di rientrare. È quasi ingiusto che a questa squadra sia stato possibile aggiungere un giocatore di questo livello: la presenza di KD consente a l’attacco di Golden State di trovare sempre una soluzione ad eventuali ristagni offensivi, dando così la possibilità a Curry e Thompson di trovare il ritmo senza dover forzare. Le due partite giocate fin’ora fanno pensare che il nativo di Washington abbia raggiunto la completa maturità, l’evoluzione del suo gioco ricorda –per motivi diversi– quella che LeBron ha dovuto compiere per poter essere un giocatore vincente.

Sembra esserci un filo rosso che lega le carriere di questi due giocatori: il percorso che potrebbe portare KD a vincere il titolo NBA è simile a quello che ha dovuto fare James per raggiungere lo stesso obbiettivo, ovvero abbandonare una città di cui era l’icona e il punto di riferimento per poter approdare in una realtà più competitiva, attirando critiche sia dall’esterno che dall’interno della Lega.


A peggiorare la situazione dei Cavs si è aggiunto anche il ritorno ad alti livelli offensivi di Klay Thompson. La guardia ex Wahington State è riuscita a ritrovare ritmo offensivo concludendo la gara con 22 punti e un ottimo 4 su 7 da tre, compensando il primo tempo sottotono di Curry–solo per quanto riguarda i tiri dal campo, visto il 14 su 14 ai liberi, segnale ulteriore delle brillanti condizioni fisiche di Steph in queste finali. Come aveva dichiarato lo stesso Tyron Lue, il fatto che KT stia tirando con le peggiori percentuali della sua carriera (36% da tre nei playoffs con solo 78 tiri tentati contro i 231 della scorsa stagione) non può permettere ai Cavs di considerarlo battezzabile. Un tiratore del suo livello può accendersi in qualsiasi momento e così è stato in gara 2, dove, con pazienza, è riuscito a trovare il ritmo senza forzare.

Sembra che Cleveland, invece che abbassare i ritmi di gioco, abbia cercato di giocare ad armi pari con gli Warriors. Per due quarti i Cavs sono riusciti a contrastare la squadra di Oakland ma, al termine del secondo tempo, il fisiologico calo di energie ha fatto si che i Cavs non riuscissero più a reggere i frenetici ritmi che si erano quasi auto-imposti durante la prima frazione. La sensazione è che la squadra dell’Ohio stia tentando di riprodurre una pallacanestro simile a quella dei Dubs, ma che non abbia gli interpreti per poterla reggere su entrambi i lati del campo.

Arrivati a questo punto gara 3 diventa già uno snodo cruciale per la serie, se i Cavs vogliono riaprire i giochi dovranno sperare di poter contare in un contributo offensivo maggiore da parte di Irving (82 di offensive rating in gara 2, troppo poco per un attaccante del suo livello) –fondamentale per poter attaccare nei primi secondi del possesso una difesa che diventa letteralmente inespugnabile se gli viene data la possibilità di organizzarsi. La speranza che Golden State possa sentirsi già campione risulta poco credibile,  il ricordo della rimonta subita la scorsa finale è ancora vivido nello spogliatoio e questo non fa che aggravare la condizione dei campioni in carica, che saranno chiamati ad uno sforzo ancora maggior per tentare di minare le granitiche certezze di Curry e compagni.

 

Tags: CavaliersdurantfinalsLebronwarriors
Davide Durante

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