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Difesa contro attacco

La Redazione by La Redazione
6 Settembre, 2019
Reading Time: 5 mins read
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A cura di Pietro Caddeo e Nicolò Tolusso

La prima voce che sentiamo è quella di una donna dal tono rassicurante, parla al telefono e dà la sensazione di archetipo materno, pronta a consolare e suggerire una frase-calmante. Il fatto è che le parole che questa donna pronuncia nello skit di “Moment of truth”, sono tutt’altro che rincuoranti. “No matter what we face we must face the moment of truth, baby” Se uno non capisse l’inglese, ascoltando i primi 5 secondi di uno dei pezzi-capolavoro del duo rapper composto da Guru e DJ Premier, potrebbe anche sentirsi sollevato come quando vede uno squarcio di azzurro dopo una giornata di pioggia incessante. Probabilmente lo scopo dei Gang Starr era proprio creare questo piccolo cortocircuito: usare una voce dolce per dire una cosa aspra. Come se l’affacciarsi al momento della verità alla fine sia inevitabile e da prendere come viene.

Queste Finali NBA si svuotano dei “what if” che hanno riempito la brocca di congetture e di “eventi che non sono andati come sarebbero dovuti andare” nelle due precedenti edizioni. Gli infortuni di Love e Irving nel 2015, l’infortunio di Bogut e la sospensione di Green per gara 5 nel 2016, hanno cambiato il corso delle serie e se è assurdo che si percepiscano questi fattori incontrollabili come errori, dall’altro lato è vero che nessuna delle due squadre, ha potuto esprimersi al massimo potenziale nei primi due episodi. Come se in un videogame picchiaduro, uno dei due avversarsi iniziasse il round con la barra vitale già ridotta.

Golden State e Cleveland sono nella loro forma migliore, liberarsi da ogni handicap – che possono comunque materializzarsi nel corso della serie – suona ancora di più come una resa dei conti al massimo delle forze. Il miglior attacco di questi playoff, quello dei Cavaliers, che ha oltrepassato per la prima volta nella storia la barriera dei 120 di Offensive Rating contro il miglior attacco distribuito, quello degli Warriors, con 27.8 assist di squadra a partita (un dato che escludendo il sistema puntato sulla coralità di Brad Stevens e che vede i Celtics al secondo posto con 26.9, ha un distacco di oltre 5 assist di media sui terzi).

E per quanto gli umani siano mortali e imperfetti nei loro schemi, come dichiara lo stesso Guru nella prima strofa della canzone: “nobody is invicible, no plan is foolproof”, l’appuntamento tra Warriors e Cavs si gioca su piano che sembra eterno e perfetto. Godiamocelo

TATTICA

I campioni in carica si presentano alla sfida con un piano partita offensivamente molto simile allo scorso anno; controllare il ritmo della gara e vincere la battaglia dei possessi sfruttando l’impatto di Tristan Thompson sotto i tabelloni avversari, costringendo la squadra della baia a tenere per lunghi tratti in campo uno tra Pachulia e McGee limitando l’utilizzo della Death Line-up, che in questi playoffs si è vista per soli 32 minuti complessivi facendo registrare un offensive rating di 125 punti.

I Cavs in regular season si sono piazzati al primo posto per isolamenti a partita (17.4) ed è lecito aspettarsi che in questa serie ne aumentino ancora di più il volume per i due miglior interpreti in questo particolare aspetto nell’intera lega: Golden State cambia sistematicamente su ogni blocco e i Cavs amano esplorare i mismatch che questo tipo di situazione crea, coinvolgendo più volte possibile l’uomo di Steph per farlo lavorare in difesa e sfruttare le sue carenze difensive. Vedremo sia LeBron che Kyrie giocare questa situazione sia da ball handler sia da bloccante, per poi scegliere quale accoppiamento sfruttare. Sarà infine fondamentale che Love continui sui livelli tenuti per questi playoffs (17.2 punti a partita col 47% da 3) perché difficilmente Cleveland potrà tenere il passo se il prodotto di UCLA replicherà una finale a 8.5 punti a partita con il 26% dalla distanza.

I veri interrogativi riguardo il piano partita della franchigia dell’Ohio sono tutti sulla propria metà campo: chi marca Durant? Riusciranno gli uomini di Lue a confermare i progressi difensivi dell’ultimo mese contro l’attacco atomico di Golden State?

Kevin Durant è un matchup da incubo per qualsiasi difensore, il sistema Warriors lo ha aiutato a rendere il suo gioco offensivo ancora più efficiente e il fatto che alla vigilia non sia ben chiaro a chi spetti l’arduo compito di limitarlo ci spiega l’importanza cruciale di questo aspetto; lo scorso anno la presenza sul parquet di Harrison Barnes (5 su 32 dal campo nelle ultime 3 sfide della serie) ha permesso a LeBron di giocare da free safety larghi tratti di gara, conservando energie per i mostruosi carichi offensivi e consentendogli di far valere le sue immense qualità di difensore in aiuto e di tuffarsi sulle linee di passaggio. Quest’ anno gli toccherà probabilmente dividere il carico con Shumpert e Jefferson (tenuto in naftalina finora da Lue) cercando di limitare l’Mvp della stagione 2013-2014; nessuno di loro sembra avere particolari chance di fermarlo, ma l’idea di rendere più statico l’attacco di Golden State potrebbe risultare in un male minore che Cleveland è disposta a tollerare.

Proprio il movimento di pallone e uomini è il campanello d’allarme più grande per gli uomini di coach Lue. I Cavs hanno approcciato tutti i loro avversari in modo analogo, ovvero raddoppiando la star sul pick ‘n’ roll e lasciando all’uomo sullo short roll le chiavi per gestire il 3 vs 4 e sfidando i role player a punirli dall’arco: questa strategia ha pagato grossi dividendi, i comprimari di Boston hanno sbagliato una quantità incredibile di triple aperte e quelli di Toronto hanno fatto anche peggio. Difficile pensare che questa strategia possa pagare anche con i Dubs, più probabile che Cleveland cambi su tutti i blocchi, sia on che off the ball; proprio la comunicazione difensiva e le disattenzioni lontano dalla palla sono stati il tallone d’Achille per tutta la stagione della difesa wine and gold e queste debolezze potrebbero ridurre i minuti sul parquet di Korver, Williams e Frye sovraccaricando i Big 3 in attacco.

Per quanto riguarda Golden State il piano partita è probabilmente più semplice, con l’aggiunta di KD e la freschezza atletica mancata nelle ultime partite delle scorse Finals i Dubs sono ancora imbattuti in questi Playoffs e arrivano a questo appuntamento con grande voglia di rivincita. Se nella metacampo offensiva gli Warriors seguiranno il solito spartito con grande movimento lontano dalla palla per sfruttare la gravità degli Splash Brothers e generare punti facili sui tagli, in difesa dovranno essere più bravi dello scorso anno a contenere Kyrie e Lebron, con Durant,Iggy e Draymond pronti a far sudare al Re ogni canestro e Klay con meno carico offensivo da sostenere pronto per contenere Irving.

Fondamentale sarà non soffrire troppo sotto i tabelloni, Thompson e Love sono due rimbalzisti incredibili e Cleveland ha assoluto bisogno di dominare in questo aspetto, quindi il frontcourt di Golden State dovrà cercare di limitare i danni per non concedere extra possessi e imporre ai Cavaliers il proprio ritmo.

Il nemico più pericoloso per gli Warriors sarà forse la pressione; la mossa estiva di Durant e il tracollo dello scorso anno li ha resi forse la franchigia più odiata dell’NBA, le aspettative sono altissime e l’aspettativa per portare a casa il Larry O’Brien trophy sembra gravare tutta sulle loro spalle, il sottile filo emotivo della squadra dipende da Draymond Green, che quest’anno deve evitare di perdere la testa e rimanere concentrato per tutta la serie; per fermare la miglior versione del Re mai vista serve ogni goccia del talento difensivo e della leadership del giocatore più controverso della Lega. It’s best to step back, and observe with couth, for we all must meet our moment of truth.

Tags: Cavaliersfinalsnbawarriors
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