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Chop up the soul Kanye, set on his goals Kanye
Dopo Gara-2 della serie tra Atlanta Hawks e Washington Wizards al primo turno dei Playoffs, Mark Titus ha scritto su The Ringer un articolo dal titolo “There Is Nothing Fun About Watchig Dwight Howard Play Basketball”. L’autore ammette di guardare di rado la NBA e la prima stagione di Howard ad Atlanta non è stata negativa a tal punto, ma emerge un punto molto chiaro: il declino di questo giocatore è stato rapidissimo e inesorabile.
E’ maggio e Dwight Howard è da tempo sul divano di casa con la famiglia, a guardare i Playoffs in televisione. Il “ritorno a casa” estivo non ha dato i frutti sperati, alla luce di una post-season che definire disastrosa è quasi un eufemismo visti i 26’ di media sul parquet e la panchina nei momenti clou a favore di Mike Muscala. Il centro che un tempo dominava nel pitturato, che portò gli Orlando Magic alle Finals nel 2009, ridotto ad una sola partita su sei in doppia cifra per punti, appena a quattro per quanto riguarda i rimbalzi, suo punto di forza costante anche negli anni più complessi.
Di recente ESPN ha chiesto a otto dirigenti di franchigie NBA anonimi quale valore, in sede di scambio, assegnerebbero ad Howard oggi. Potete tentare di indovinare la risposta, ma difficilmente arrivereste al risultato del sondaggio: scelte del secondo turno o spazio salariale. Sembra un secolo fa, ma Howard è stato il miglior centro NBA del decennio 2005-2015 e probabilmente un Top 5 della Lega per un breve ma intenso arco di stagioni. Chi ha vissuto quegli anni e lo nega, semplicemente non è sincero. Nel 2010, dietro il Derrick Rose che visse una stagione stellare con tanto di primo posto ad Est dei Bulls, fu il centro dei Magic ad occupare il secondo posto nelle votazioni per il titolo di MVP. Non LeBron, non Kobe, non KD. Un dominio effimero ed un calo vertiginoso come quelli di Howard hanno pochi se non alcun precedente nella NBA moderna, forse solo Gilbert Arenas (per tutte altre ragioni e comunque più in là con gli anni) potrebbe avvicinarcisi. Tuttavia ci sono della cause che hanno portato un tre volte Defensive Player of the Year ad essere messo sotto da quella che ai Magic era la sua riserva, Marcin Gortat, per una serie intera.
Se c’è una cosa che si può imputare tecnicamente ad Howard è il non essere stato in grado di cambiare il proprio stile di gioco, di aggiungere armi al proprio arsenale e di adattarsi ad un basket che molto rapidamente si è voluto, oltre che ad un campo che altrettanto velocemente si è allargato. Sia difensivamente che offensivamente, l’importanza crescente del tiro da tre ha afflitto l’impatto che DH è in grado di avere su una partita. Una sorta di paradosso, se vogliamo, visto che l’arma principale dei Magic che trascinò a risultati superbi per diversi anni era proprio il numero di conclusioni da dietro l’arco e alle carambole che così facendo poteva catturare sotto canestro.
Per darvi dei numeri, i Knicks nel 2008-09 erano primi in NBA per triple tentate a partita con 28, un dato che oggi rappresenterebbe solo l’undicesimo della Lega; nello stesso anno solo sette squadre si prendevano più di 20 tiri da tre di media, oggi tutte e trenta lo fanno. E’ chiaro che un giocatore con le caratteristiche di Howard, per di più in una posizione come quella del centro in cui la rivoluzione è stata ancora più evidente, aveva due opzioni: cambiare o morire, sportivamente parlando. Non ha cambiato, e la conseguenza inevitabile è stata, estremizzando (perché è stato così solo ai Playoffs e in alcune partite di RS), vedersi superare nelle rotazioni da Muscala, un giocatore sicuramente meno dotato ma più mobile in campo e sicuramente maggiormente disposto a sgomitare e a sacrificarsi.
Se nel 2010 Howard poteva contare su uno strapotere fisico che non aveva eguali nella Lega, oggi ha un fisico “normale” se rapportato ai suoi colleghi, l’esplosività è calata notevolmente, le hustle plays sono praticamente rasenti lo zero e raramente lo si vede correre per il campo in transizione, una delle qualità più apprezzabili del giocatore che fu. Proprio la rapidità in contropiede, così da concludere con un lob o una schiacciata dall’altra parte, era una delle caratteristiche che rendevano Howard speciale qualche anno fa, e che ora non lo fanno più.
Due esempi di come Howard corresse in transizione, uno nei primi anni di carriera, l’altro nella penultima stagione a Orlando
La vittoria di Howard del suo terzo Defensive Player of the Year causò qualche polemica, si stava diffondendo la “moda” del preferire una difesa perimetrale sull’uomo, “alla Kawhi Leonard”, rispetto alla protezione del ferro da parte dei lunghi, quando sono entrambe fondamentali se fatte bene. E il centro dei Magic dava un contributo superbo quando era in campo: la difesa di Orlando, soprattutto per merito suo, non è mai uscita dalla Top 6 NBA in quelle tre annate, e per avere un’altra idea questi sono i migliori quattro DefRtg (punti concessi ogni 100 possessi da una squadra quando un giocatore è sul parquet) del triennio 2008-2011.

Chiave della supremazia difensiva di Howard era, ovviamente, l’atletismo ed il tempismo nell’arrivare a intercettare i tiri avversari in alta quota. Con il passare del tempo e i problemi alla schiena, manifestatisi a partire dall’ultima stagione a Orlando e via via peggiorati, questa verticalità è venuta meno. Non che in questa stagione ad Atlanta il centro non abbia protetto il ferro (gli avversari hanno tirato con -6.8% quando marcati da Howard a meno di 6 ft dal canestro), ma negli ultimi anno ha indubbiamente risentito del calo fisico che non gli permette più di essere una presenza così temibile nel pitturato.
Per parlare dell’altro fattore che ha indebolito visibilmente la figura di Howard in difesa dobbiamo tornare a parlare del tiro da tre punti. Nella stagione appena conclusa con gli Hawks, i tiri da tre sono stati l’unica situazione in cui il giocatore ha concesso una percentuale maggiore rispetto a quella media dell’avversario da dietro l’arco (+1.4%). In generale DH è poco reattivo quando la propria controparte si stacca sul pick&pop o in generale arretra dietro l’arco, spesso arriva in ritardo, quasi mai scatta per contestare il tiro in modo credibile.
Come detto, l’evoluzione del gioco ha creato fenomeni come Karl-Anthony Towns, Nikola Jokic, e ha portato altri come DeMarcus Cousins o Brook Lopez a modificare nettamente il proprio stile e le proprie caratteristiche. Quello che non è stato capace di fare Howard, nonostante i video estivi in cui si allena sul tiro da tre o dal gomito cerchino di mostrare il contrario. Per quanto possa essersi sforzato, nella RS 2016-17 si è preso solo 47 tiri all’esterno del pitturato ed un gioco così monodimensionale in questa Lega ha sempre meno senso di esistere.
In marcatura su Towns, Howard non riconosce o non vuole riconoscere la pericolosità dell’avversario anche lontano dal canestro. E’ pigro nell’uscire a contestare il tiro e il risultato sono tre punti
Howard a dicembre compirà 32 anni. Non è un giocatore finito, non è nemmeno un giocatore inutile nel basket di oggi. E’ un giocatore con limiti tecnici e di attitudine che ne hanno impedito una parziale metamorfosi per adattarsi al nuovo habitat, ossia una NBA sempre più perimetrale. E non riuscendo ad adattarsi, venendo esposti i suoi difetti quasi costantemente ogni sera a causa di avversari più giovani, rapidi e, appunto, perimetrali, è finito nell’anonimato. E anche qui non è riuscito a fare la differenza.
DH era damn good e probabilmente il miglior giocatore mai passato da Orlando, chiunque lo neghi o sostenga che sia sempre stato un bambinone sopravvalutato ha una visione distorta della realtà. Il tempo non è stato galantuomo con lui, e nemmeno lui lo è stato con se stesso. Oggi Howard è un giocatore con dei lampi, che può ancora giocare una partita dominante, ma che la alterna a prestazioni decisamente al di sotto dei suoi standard passati. Era Superman, oggi è un supereroe caduto che ha perso gran parte dei propri superpoteri. Possiamo solo ricordare nostalgicamente ciò che è stato e purtroppo non sarà più.
What if Kanye made a song about Kanye
Called “I Miss The Old Kanye”? Man, that’d be so Kanye
That’s all it was Kanye, we still love Kanye