La serie tra San Antonio e Golden State verrà principalmente ricordata per l’infortunio capitato a Kawhi Leonard, che ne ha pregiudicato l’equilibrio in favore dei Golden State Warriors. Con la sua uscita anticipata dal campo, San Antonio ha provato a continuare a fare il suo gioco, ma ha trovato dei naturali limiti nella realizzazione.
Infatti in Gara 1 quello che è cambiato per gli Spurs non è stato tanto il movimento palla e il numero di turnovers (nove con Leonard in campo, otto senza), ma più che altro l’efficienza realizzativa. Gli Warriors, senza un difensore del calibro di Kawhi, hanno migliorato la percentuale dal campo passando dal 40 al 58 percento e segnando 17 punti dopo un turnover. I fastbreak points sono stati addirittura 20-2 in favore dei californiani, che a fine partita hanno chiuso con un parziale di 32-12.
Tutti questi numeri vanno oltre il discorso Kawhi. Nei primi tre minuti dopo l’infortunio infatti gli Warriors hanno segnato un parziale di 18-0, un vero terremoto. Stephen Curry e Kevin Durant hanno iniziato a segnare ad un ritmo infernale, mostrando tutto il loro potenziale.
Una delle chiavi di questa svolta è stata la scelta di Mike Brown (Steve Kerr?) di attaccare Pau Gasol con Stephen Curry e Zaza Pachulia, giocando sulla dimensione inferiore di Patty Mills e sfruttando le opzioni al tiro dall’arco.
Infatti Pachulia ha iniziato a portare blocchi a ripetizione per Curry, con Mills che si andava a schiantare continuamente contro il georgiano lasciando il due volte MVP libero di tirare, penetrare o scaricare per Durant o Thompson dall’arco. In tutto questo Pau Gasol era continuamente in ritardo o fuori posizione, vuoi per lentezza o per scarsa applicazione.
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Come se non bastasse, lo spagnolo ha complicato la sua situazione con problemi di falli che hanno limitato la sua prestazioni in minuti e gioco.
L’altro grattacapo per San Antonio dopo l’infortunio di Leonard sono stati i rimbalzi difensivi. Gli Warriors, senza Leonard, sono riusciti a catturare la bellezza di nove rimbalzi offensivi, convertendoli in 17 punti. Guardando la prima partita della serie, le statistiche confermano questo trend con San Antonio a collassare a rimbalzo da 24-19 con Leonard in campo a 13-24 senza.
La strategia di Golden State è stata quella di portare Pau Gasol fuori dal pitturato – la sua zona di comfort – e annichilire San Antonio con mismatch sia fuori dall’arco che al ferro.
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Ma se la difesa è stato l’argomento principale in Gara 1, l’attacco è stata la chiave in Gara 2. Pau Gasol ha chiuso la seconda sfida con un offensive rating di 85.3, il peggiore di tutti i giocatori neroargento scesi in campo per almeno 10 minuti. Una prestazione completamente scadente, specie se si pensa che in Regular Season Gasol aveva fatto registrare 116 di offensive rating ogni 100 possessi. Lo spagnolo si è mostrato incapace di compensare alle sue lacune difensive con le scelte offensive e Draymond Green lo ha annientato su entrambi i lati del campo.
Con Pau Gasol in difficoltà, Patty Mills si è scoperto inefficace e soffocato dalla marcatura di Klay Thompson. La guardia di Golden State, nonostante i problemi al tiro e in attacco, ha concesso solo 5 punti (2 su 6 al tiro) al play aborigeno grazie ad uno straordinario sforzo difensivo.
E se il presente dello spagnolo è pieno di problemi, il futuro non è dei più semplici. Attualmente infatti Pau Gasol è il terzo giocatore più pagato nel roster degli Spurs, con almeno $16 milioni annui fino al 2018. Il suo contratto sarà anche la ragione di qualche scelta quest’estate, quando i texani dovranno vedersela con i rinnovi di Patty Mills e (soprattutto) Jonathan Simmons. Infatti il contratto del lungo limita il margine di trattativa per i rinnovi e sopratutto impedisce a Popovich di andare a cercare in free agency un nuovo playmaker pronto a rimpiazzare Tony Parker, sul viale del tramonto tra infortuni e una Regular Season sottotono.
Probabilmente a San Antonio dovranno aspettare ancora una stagione prima di avere lo spazio salariale sufficiente per muoversi in free agency e aggiungere un nuovo top player da affiancare a Leonard e Aldridge. Nel frattempo però bisogna trovare una soluzione per tenere in vita questi Playoffs. In Gara 1, con Leonard dilagante, gli Spurs erano in grado di dominare la partita nel pitturato, surclassando Golden State per 14-4 con Gasol in grado di superare il suo diretto avversario.
Per sfortuna dei texani invece questa opzione è venuta meno senza Leonard in campo. Infatti, in sua assenza, Popovich non è riuscito (sempre ammesso che sia possibile) a trovare un quintetto equilibrato in grado di contrastare al tempo stesso Kevin Durant, Stephen Curry, Klay Thompson e Draymond Green.
Una soluzione ricercata da Gregg Popovich è stata quella di aumentare il minutaggio di Dewayne Dedmon, che già nel corso delle altre serie di Playoffs era stato modificato. Oltre a lui, in Gara 3 Popovich ha provato a mischiare le carte concedendo minuti a Kyle Anderson, Davis Bertans e Joel Anthony già dal primo quarto.
Gli Spurs nell’ultima partita sono stati superiori per punti nel pitturato (62-50), punti da palle perse (25-20), fast break points (23-10), e second chance points (18-11). Tutto questo non è bastato, complice anche una serata devastante al tiro non solo dei vari Curry e Durant, ma anche dei comprimari come Patrick McCaw e Ian Clark (13 punti e 6 su 10 al tiro per i due).
In tre partite diverse, i Golden State Warriors hanno vinto per tre motivi diversi. E in tutte queste gare Pau Gasol non è mai stata una soluzione su cui contare per fermare la squadra della Baia.