Rispettare la aspettative che squadra e tifosi hanno in te, anche se sei già un professionista affermato, non è mai semplice. Soprattutto se arrivi da una Olimpiade giocata da trascinatore con la nazionale serba, arrivando all’argento olimpico dietro i soliti, manco a dirlo, alieni statunitensi. Atterrato a Milano, Miroslav Raduljica ha creato un grandissimo hype attorno alla squadra.
Dopo le sue prestazioni ai Giochi Olimpici era quasi sicura una chiamata da qualche franchigia NBA, si vociferava dei Wizards in particolare. Ma alla fine la scelta del centro serbo è ricaduta su Milano: ha scelto di restare in Europa.
Acquisti di questo calibro portano necessariamente entusiasmo e, appunto, grandi aspettative non solo verso il neo-acquisto, ma anche verso tutta la squadra. A livello di roster quello di Milano non avrebbe fatto certo prevedere una stagione europea così buia e piena di ombre, con pochissime luci.
Raduljica è arrivato a Milano come ciliegina sulla torta di una campagna acquisti che oltre a lui ha portato sotto la madonnina anche Zoran Dragic e Ricky Hickman, e che ha visto il rinnovo su base biennale di Krunoslav Simon.
Insomma, l’idea di Milano era quella di fare le cose in grande, sia in campionato dove la resistenza è minima, sia in Europa, dopo anni di anonimato, in cui l’unica luce è stata il raggiungimento delle Final 8, con Banchi in panchina.
Un conto però è avere i giocatori, un altro avere il gioco.
La squadra di Repesa ha fatto fatica sin dall’inizio dell’anno in questo aspetto, tolte le vittorie in Supercoppa e le due consecutive in Eurolega con cui ha iniziato la stagione europea. È stata spesso altalenante nelle sue prestazioni, e gli infortuni, oltre che i problemi interni avuti dalla società come il “caso Gentile”, non hanno di certo aiutato a trovare la quadratura del cerchio. Anche ora, quando mancano poche settimane ai playoff, la squadra non dà sicurezze nel gioco. E’ capace di esprimersi ad alti livelli come perdersi in un bicchiere d’acqua.
Non sono state rare le occasioni in cui Milano, sia in campionato che in Europa, ha subito parziali importanti durante i quarti che hanno compromesso la partita. Le ultime in ordine cronologico quelle con Pistoia e la Stella Rossa dell’ex Jenkins, senza contare le sconfitte con Trento e Kazan, in cui Milano non è mai scesa in campo. E chi più di tutti ha trovato problemi ad inserirsi nel sistema di gioco di coach Repesa è stato proprio Raduljica.
DIFESA: IL TALLONE D’ACHILLE
Nonostante la presenza importante nel pitturato, dato il peso ed i suoi centimetri, Raduljica non è mai stato un gran difensore, né tanto meno un gran rimbalzista. È un giocatore prettamente offensivo che nella metà campo difensiva ha sempre avuto parecchie lacune, sia a livello tattico che tecnico.
Nel sistema di gioco di Repesa, il lungo che difende sul Pick & Roll deve cambiare sistematicamente sul blocco del lungo avversario, accoppiandosi così in difesa con il piccolo che porta palla. Il problema però sorge dal momento che Raduljica non ha una particolare velocità negli scivolamenti laterali, anzi è piuttosto lento, e questo lo porta ad essere battuto facilmente dal palleggio quando deve marcare gli esterni, i lunghi atletici o quelli capaci di portar palla, cambiando sul blocco.
La differenza è infatti netta quando a difendere nella stessa situazione c’è McLean. Nemmeno lui è un difensore particolarmente dotato, ma la maggiore velocità ed esplosività gli permettono di essere più efficiente del centro serbo nell’effettuare lo stesso cambio sistematico.
Mobilità a parte, Raduljica non è mai stato nemmeno un efficacissimo rim protector (0.1 stoppate per partita in Serie A, soltanto una messa a segno in 27 partite di Eurolega questa stagione) nonostante la sua stazza.
Pecca che viene ancora più evidenziata dal modo di giocare la difesa da parte di Milano, che lo costringe a dover continuamente cambiare sui blocchi e a giocare lontano dal pitturato, rendendolo ancora più deleterio.
Non è un caso che l’Olimpia subisca più punti in area quando il centro serbo è in campo.

L’unica via per limitare le disattenzioni difensive e le carenze di Raduljica è quello di lasciarlo statico in area, ed è ciò che la Serbia di Djordjevic ha fatto per tutta la durata dei Giochi Olimpici, senza spingere il giocatore a cambiare sui blocchi e a dover recuperare sul suo difensore, allontanandolo dal pitturato. In questo modo, i serbi sono riusciti a coprire i limiti difensivi del loro centro, così come è stato fatto con Jokic.
Anche a livello tattico queste imprecisioni si rivelano sempre importanti.
Detto della lentezza negli scivolamenti laterali e dei piedi non propriamente veloci, Raduljica ha comunque molti problemi nel leggere le situazioni di Pick & Roll/Pop. Tralasciando il problema dei cambi sistematici, da cui sicuramente non trae beneficio, nonostante sia un giocatore cestisticamente intelligente, non legge bene le situazioni dei giochi a due avversari, dagli show troppo profondi che generalmente non riesce a recuperare nel pitturato, agli errori di valutazione sul taglio del lungo in area, a cui si accoppia troppo tardi, spesso e volentieri commettendo fallo su azione di tiro. Così come sbaglia a valutare anche il movimento del piccolo quando si trova a marcarlo, commettendo lo stesso errore, e cioè cercando in tutti i modi di recuperare contestando il tiro, ma commettendo fallo.
Va detto che Milano, nel proprio recente passato ha sempre mostrato forti lacune nella difesa a due giocatori, basti pensare alle finali scudetto del 2014 contro Siena, in cui Haynes e Janning, giocando il Pick & Roll con Hunter, hanno spesso e volentieri creato il panico nella difesa meneghina.
FIDUCIA E AMBIENTE
L’ impegno, appunto. È sotto gli occhi di tutti che nella maggior parte delle partite Raduljica appaia quasi svogliato e giochi senza mettere un particolare impegno, senza cattiveria e agonismo. Sicuramente performare in un sistema non idoneo al suo gioco, nemmeno offensivamente dove resta troppo lontano da canestro e non viene utilizzato come prima opzione offensiva, non aiuta.
A Milano le piogge di fischi dagli spalti al primo errore non tardano mai ad arrivare, e non è certo un ambiente facile con cui convivere. Repesa stesso si era lasciato andare in una intervista criticando il fatto che al Forum non ci sia supporto verso il centrone serbo.
Appunto sicuramente vero: giocare sapendo di attirare critiche e cattivi apprezzamenti dal pubblico che dovrebbe supportarti non aiuta a sentire fiducia e giocare senza pressioni e senza pensieri. Non è un caso che le poche partite in cui Raduljica abbia inciso, tolto l’exploit da 19 punti e 9 rimbalzi contro il Bamberg dell’ex Melli (prestazione comunque fine a sé stessa, sia per la sconfitta rimediata, sia perché ormai la stagione europea era già ampiamente compromessa), si siano giocate lontano da Assago.
Ma anche Repesa per essere sinceri non è esente da colpe. Se è vero che l’ambiente non stia aiutando per nulla il serbo a calarsi nella realtà meneghina, lo è anche il fatto che lo stesso Repesa non gli stia dando molta fiducia, e anzi spesso e volentieri lo punisca troppo e troppo facilmente per gli errori commessi in partita, togliendolo dal campo dopo solo pochi minuti giocati. Nella partita contro Venezia, ad esempio, vinta da Milano, Raduljica ha giocato soltanto 2 minuti.
E non è la prima volta che Repesa tratta in questo modo il suo centro. Il coach però non sembra voler cambiare questa sua “filosofia”, anche se fino ad ora il trattamento riservatogli non ha dato frutti, anzi, molto spesso non ha fatto altro che far rendere ancora meno il giocatore. Altra situazione che non dà tranquillità né al giocatore né all’ambiente.
Probabilmente l’errore più grave che sta commettendo il coach croato è quello di voler adattare i giocatori al suo sistema e non adattare il suo sistema ai giocatori che ha a disposizione, e che ha cercato durante la campagna acquisti. Anche per questo Raduljica non sta rendendo.
Raduljica è un giocatore d’area, quella è la sua dimensione, deve essere servito vicino a canestro o dal post basso, situazioni in cui grazie all’ottima visione di gioco e alle mani morbide può essere pericoloso in diversi modi, essendo anche molto abile ad assorbire i contatti e subire il fallo per andare in lunetta (83% in stagione ai liberi tra Europa e Serie A)
Ha ottimi movimenti dal post basso, e lo si è potuto vedere soprattutto questa estate, quando anche contro giocatori come Cousins e soprattutto Jordan non ha sfigurato, e anzi ha molto spesso creato grattacapi ai due centri statunitensi, proprio per il fatto che, oltre al suo semi-gancio, è un ottimo passatore nonostante sia un lungo. Una volta ricevuta palla in post, legge prima la situazione dell’attacco, se si possa ribaltare il campo per il tiratore aperto o se ci sia un taglio in area (che spesso facevano Teodosic e Bogdanovic alle Olimpiadi), dopo di che sceglie cosa sia meglio, se cercare il passaggio o attaccare il difensore del post basso.
A Milano però innanzitutto non è la prima opzione offensiva, il primo gioco chiamato in attacco solitamente non è per lui. Viene utilizzato per portare il blocco al portatore di palla ma senza chiudere il Pick & Roll, per un hand off dal post alto, o per bloccare sui difensori e liberare i tiratori. Situazioni in cui fa fatica ad esaltarsi e ad entrare in ritmo.
Mai come in questa stagione lo si è visto tirare così spesso dalla media distanza, o addirittura tentare un long-two, i tiri che per antonomasia sono quelli meno efficienti nel basket. E questo si ripercuote sulla sua pericolosità.
Gioca in un sistema che non si sposa per nulla con quelle che sono le sue caratteristiche, e il risultato diventa quella che è probabilmente la sua peggiore stagione in carriera (in Eurolega 8.4 punti, 3.3 rimbalzi e 1 assist a partita, in 15 minuti di utilizzo, in Serie A i numeri invece dicono 6.8 punti, 3.2 rimbalzi e 1 assist).
Cifre che non rispecchiano per nulla il valore del giocatore.
IL FUTURO
Anche date le attenuanti del caso, non si può dire che Raduljica non stia deludendo in questa stagione. Il contratto scade nel 2018, ma non è un’utopia che possa andare via da Milano, soprattutto nel caso in cui debba essere riconfermato coach Repesa al termine della stagione.
L’amore con i tifosi non è mai sbocciato, così come quello tra lui e il coach croato.
L’acquisto di Tarczewski nella sua posizione ha dato qualche piccolissimo frutto, ma non ha svegliato comunque Raduljica dal suo torpore. La stagione europea è ormai definitivamente tramontata, e Milano aspetta soltanto di Playoff per salvare la stagione.
Qui toccherà a Raduljica dimostrarsi decisivo, anche eventualmente per convincere la società a puntare ancora su di lui la prossima stagione, senza spingerla a cercare eventuali acquirenti, che comunque non tarderebbero ad arrivare. Resta però il fatto che le aspettative nei suoi confronti erano altissime, così come quelle verso la squadra, e non sono state rispettate.
A Milano si è abituati a puntare in alto per il blasone, e quando si cade il tonfo si sente molto più che in altre piazze. Questo vuol dire convivere con il peso della Corona.