Uno dei momenti più importanti che determinano la carriera di un giocatore NBA è deciso dal caso. Quando si tratta di Draft infatti non si può non tenere conto del caso. Non solo per quanto riguarda l’ordine con cui le squadre vengono scelte, ma soprattutto perché pescare il giocatore giusto al momento giusto richiede una serie di congiunzioni astrali molto difficili da ottenere. Per Jusuf Nurkic, forse trovare il posto giusto, è stato un percorso di tre anni.
Innanzitutto perché cercare di capire l’evoluzione di un giocatore, specie se il ragazzo in questione ha 19 anni, non è mai semplice, ma anche perché non è facile capire come si evolveranno nel frattempo gli altri giocatori della tua squadra. A volte nemmeno prendere il giocatore di cui la tua squadra necessita sembra essere la strategia vincente. Lo dimostrano i 76ers degli ultimi draft, che hanno pescato 3 lunghi perché ritenuti i più talentuosi disponibili al momento. Sono scelte strategiche che nessun GM (Divac a parte) prenderebbe alla leggera.
Quando Jusuf Nurkic è stato scelto dai Chicago Bulls ma immediatamente girato a Denver nel 2014 con la sedicesima chiamata, sembrava che fosse il giocatore giusto nella squadra giusta. Denver in quel momento stava affrontando il periodo di ricostruzione nel peggiore dei modi: troppo forte per scivolare in fondo e ottenere scelte alte al draft, ma allo stesso tempo troppo debole per ottenere i playoff e andare oltre il primo turno con continuità. L’assenza più grossa a roster, oltre a quella di un allenatore competente, era quella di un centro che potesse garantire solidità sotto le plance e al contempo attirare i raddoppi in post per lasciare spazio agli esterni come Gallinari di fare il loro lavoro. Considerando che i due centri di allora erano JaVale McGee e Mozgov, il poco meno che ventenne Nurkic sarebbe potuto essere la soluzione giusta. Nei suoi primi due anni nella lega, al netto di un infortunio alla rotula sinistra, aveva ben figurato con circa 7 punti e 6 rimbalzi in poco più di 17 minuti a partita, facendo ipotizzare alla dirigenza di poter mantenerlo stabilmente nel quintetto iniziale. Poi è arrivato Nikola Jokic.
L’avvento del Serbo
Pur essendo stato scelto nello stesso draft del suo ormai ex-compagno di squadra, Jokic era rimasto un ulteriore anno in Europa a sgrezzare alcune parti del suo gioco ma nel momento in cui si considerò pronto per la lega, in tanti tanti si chiesero come potesse convivere con Nurkic. I due allora avevano infatti mostrato un gioco molto simile e il rischio che si sarebbero pestati i piedi sia in attacco che in difesa era molto concreto. Così è stato.
Nella prima parte di questa stagione Mike Malone ha provato in un primo momento a farli giocare assieme: il risultato è stato disastroso sia in attacco, dove andavano a intasare l’area togliendo lo spazio per le penetrazioni degli esterni bloccando tutto l’attacco, sia in difesa dove né il serbo né il bosniaco sono sufficientemente veloci per tenere i “quattro” che ora circolano nella lega. Allora Malone ha provato a far partire titolare Nurkic per ottenere in cambio un giocatore in grado di fare la differenza nella second unit, quando i titolari sono a riposo.
Quando ormai tutta la NBA si è accorta di cosa fosse in grado di fare il serbo, Malone ha invertito i ruoli relegando Nurkic alla panchina.
“I’m 23 years old. I’m not here to sit on the bench. I’m here to play basketball. And it’s a tough decision for me, from a starting spot and 20 minutes to four straight (games of not playing) […] You control what you control, and I let my agent do the rest of the stuff.”
Per il bosniaco uscire dalla panchina e fare il rimpiazzo di Jokic era semplicemente inaccettabile, tanto da far sorgere grossi malumori all’interno dello spogliatoio a causa delle dichiarazioni non proprio cortesi di Nurkic verso allenatore e compagni. Dopo aver passato alcune settimane da separato in casa, con un dicembre con ben quattro DNP-CDs e soli 16 minuti di media da lì in poi, Denver non ci ha pensato due volte a mandarlo via alla prima occasione buona durante la deadline. Il 13 febbraio Nurkic e la prima scelta 2017 di Memphis sono volati in Oregon, con Mason Plumlee e una seconda scelta del 2018 a fare la tratta inversa. Una trade dove vincono entrambe le squadre: Portland si libera di un giocatore che in ogni caso non avrebbe voluto pagare ottenendo in cambio un centro giovane e futuribile, mentre Denver nel caso Plumlee non convinca potrà lasciarlo libero già alla fine di questa stagione visto che il suo contratto scade proprio a Luglio.
Alcuni dei tanti motivi per scegliere Jokic
La nuova vita a Portland
Denver ha invece fatto un insospettabile regalo ai Trail Blazers, che da quando è arrivato Nurkic è rientrata in piena corsa Playoff con il concreto rischio di scalzare proprio Denver dall’ultimo posto disponibile. Non è un caso che marzo sia stato di gran lunga il mese migliore di Portland, con un record di 12 vittorie in 15 partite e con tutte le voci statistiche che hanno subito un rialzo notevole rispetto al resto della deludente stagione degli uomini di Terry Stotts. Più nel dettaglio, con Nurkic in quintetto Portland ha un record di 13-6.
Da quando è sbarcato a Rip City, il bosniaco ha alzato il livello del proprio gioco, mettendo assieme una solida doppia-doppia da 15 punti e 10 rimbalzi in poco meno di 30 minuti di gioco; diventando fin da subito il centro titolare della squadra e la terza opzione offensiva dopo Lillard e McCollum ma soprattutto il giocatore che lo stesso Totts aveva visto in Evan Turner: qualcuno che potesse gestire il pallone permettendo ai due tiratori di farsi trovare liberi fuori dalla linea dei tre punti.
In primo luogo, nella metà campo difensiva dove difende egregiamente il pitturato e in cui ha mostrato una buona capacità di andare ad aiutare il proprio compagno battuto sulle penetrazioni, Nurkic tiene gli avversari al solo 51% nei pressi del ferro, testimoniando una presenza sotto le plance da élite. Continua a fare ancora fatica sulla difesa del pick ‘n roll, dove non è ancora in grado di avere abbastanza mobilità da marcare le guardie sulla linea dei tre punti. In un futuro che spinge sempre di più verso giocatori che possano cambiare su tutti i blocchi, avere un giocatore limitato come Nurkic, da questo punto di vista potrà rendere Portland una difesa troppo esposta in questo tipo di situazioni. Un chiaro esempio si è palesato anche nella stessa partita contro Denver, nella quale Jokic ha spesso tirato dall’arco praticamente indisturbato quando era marcato dal suo ex compagno di squadra.
Probabilmente Nurkic non sarà mai un candidato stabile al premio di Difensore dell’Anno, ha ancora troppi difetti che gli impediscono di essere un difensore completo ma se percepirà gli stimoli giusti per mantenere costante la sua applicazione difensiva (ed è un grosso “se” visto il carattere piuttosto volubile) Portland potrà affidarsi ad un lungo più stabile di quelli passati negli ultimi anni.
Dove Nurkic ha portato i maggiori benefici è stato nella fase offensiva, nella quale può aiutare non solo tramite i punti dal post ma anche come rollante nel pick ’n roll con Lillard, una gran bella minaccia offensiva nelle mani di Stotts. Per quanto non riguarda lo scoring, il nuovo giocatore dei Blazers è capace di fornire un’ottima quantità di assist relativamente alla media dei lunghi e andando forte a rimbalzo offensivo con 3.5 rimbalzi offensivi da quando è in Oregon.
Numbers
I numeri dicono che la sua assit ratio, ovvero la percentuale di tiri di un compagno derivati da un suo assist, ha toccato il 17,3 percento, la quarta più alta tra i centri. Quando Nurkic è in campo, circa il 20% delle conclusioni dei Blazer derivano da un suo assist. Questo aiuta molto la squadra a rendere più imprevedibile il proprio gioco, togliendo molta pressione dalle mani degli unici due creatori di gioco del roster: Lillard e McCollum. Un aiuto importante certificato anche dal net rating: con Nurkic in campo Portland supera gli avversari di 4.5 punti ogni 100 possessi, quando è in panchina va sotto a -3.6. Più in generale, da quando è arrivato in Oregon i Blazers hanno il quarto net rating della Lega, dietro solo a Golden State, San Antonio e alla Miami on fire degli ultimi due mesi. Per quanto riguarda i rimbalzi offensivi, Nurkic è riuscito a mettere insieme questi numeri principalmente perché a Portland è sempre l’unico lungo di peso in campo, mentre ai Nuggets aveva la competizione di Jokic, Faried e Chandler. Vuoi per un maggiore atletismo, Faried e Chandler, o per una stazza e gioco molto simili a lui, Jokic, finivano per prendere anche quei rimbalzi che ora in Oregon sono tutti del bosniaco.
Il QI cestistico di Nurkic è stato molto lodato da Stotts, che lo ha definito “la chiave grazie alla quale ha saputo integrarsi velocemente nel nostro sistema”. A testimoniarlo sono alcune prestazioni che il talento bosniaco ha messo in campo: il 9 Marzo contro Philadelphia, Nurkic è diventato il primo giocatore dopo Barkley nel 1986 a mettere insieme in una partita 28 punti, 20 rimabalzi, 8 assist e 6 stoppate, mostrando tutto il potenziale che con l’ascesa di Jokic era stato messo in stand-by.
Per non farsi mancare nulla, nella sfida cruciale per la corsa ai Playoff tra Portland e Denver, Nurkic si è vendicato a dovere dei suoi ex compagni. 33 punti, massimo in carriera, e 16 rimbalzi che non raccontano a pieno la cattiveria con la quale il bosniaco ha giocato la partita.
Per la serie “la vendetta è un piatto che va servito freddo”
In conferenza stampa Nurkic ha dichiarato che augura ai suoi ex compagni “una buona estate”, un augurio a vedere i playoff comodamente seduti sul divano. Ironia della sorte, nella vittoria per 117 a 107 contro i Rockets Nurkic si è rotto la tibia durante uno scontro a rimbalzo quando mancavano 3 minuti alla sirena finale e dovrà star fuori per almeno due settimane, concludendo di fatto la sua stagione regolare. Una tegola non da poco per Portland, che con 1 partita e mezzo di vantaggio su Denver potrebbe rischiare di non qualificarsi per la post season proprio a vantaggio della ex squadra di Nurkic.
Volendo tirare un po’ le somme, Nurkic fa a Portland quello che Jokic fa a Denver. Tuttavia i due essendo giocatori molto simili non potevano coesistere efficacemente nella stessa squadra, costringendo la dirigenza dei Nuggets a fare una scelta tra i due. Si può quindi biasimare Denver per averlo ceduto? Certamente no. Jokic è decisamente un giocatore migliore, a partire non solo dalla superiore qualità dei suoi passaggi, ma anche dalla migliore capacità di palleggio e un range di tiro già esteso alla liea dei tre punti, cose che Nurkic attualmente non possiede. A Portland Nurkic ha trovato il proprio posto, sperando che queste prime venti partite siano una piccola anticipazione di quello che potrà essere un felice matrimonio.