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Back to the Past: DeMar DeRozan

Roberto Fois by Roberto Fois
6 Settembre, 2019
Reading Time: 5 mins read
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Il trend chiaro e definito dal gioco delle squadre vincenti dell’ultimo periodo NBA sta contagiando tutta la lega, spingendo gran parte dei tecnici e tanti della nuova generazione di giocatori, ad adottare il nuovo stile di gioco di cui Golden State è stata apripista. Tante squadre stanno andando verso un’unica direzione, con risultati alterni ovviamente, ma sono poche quelle che tentano qualcosa che sia diverso dallo small ball con 4, ma anche 5 esterni tirando anche dal giardino di casa.

Forse ragionando in questo modo si semplificherebbe troppo il mondo NBA ma parallelamente alla serie distopica Black Mirror,  tutta questa uniformità d’intenti potrebbe tanto sembrare un altro grande bluff della nostra società cestistica. Personalmente, forse essendo un po’ troppo paranoico, credo si stia perdendo il senso del tutto. Cercando di non negare il futuro e lo sviluppo di nuove filosofie e tecnologie  si rischia di andare incontro all’ estinzione di alcuni fondamentali  che prima aiutavano a rendere questo gioco ancora più bello e soprattutto più imprevedibile.

Per questo motivo vorrei  lanciare la mia campagna umanitaria che potrete firmare a breve anche su Change.org: salviamo il soldato DeRozan.

 

DeMar DeRozan è l’essere più raro che in questo momento la NBA possa ospitare: con buona pace di pterodattili dalla Grecia, monocigli e cecchini da centrocampo, rimane un bug del sistema nel mondo Black Mirror NBA, dove o ti adegui o ti estingui. In una lega che produce e crea cloni di Steph, Klay, Lillard, Harden e Irving, l’unico che combatte l’uso e l’abuso del tiro più efficiente, rispolverando quello che una volta ha reso grandi giocatori come Rip Hamilton e Sam Cassell è DeMar DeRozan con il gioco dalla media distanza.

Formazione e crescita di un eroe.

DeRozan nasce il nell’agosto del 1989 a Compton, e da vero figlio della California , dopo un anno da Senior a 29.2 punti e 7.9 rimbalzi alla Compton High School decide di portare i suoi talenti alla USC, preferendola a programmi collegiali molto più importanti quali Arizona State e North Carolina

Un anno da freshman conclusosi al secondo round contro Michigan State e cifre che già indicavano, probabilmente quello che poi sarebbe stato lo sviluppo del giocatore :  13.9 punti (19.8 nella postseason) con il 52 % dal campo e un modesto 16% da tre punti.

“Needs to become more consistent overall. Does not always play up to his abilities Must gain experience and develop more of a killer instinct” 

“His ball handling needs a lot of work […]Rarely, if ever, takes more than one dribble to his left without pulling up or spinning back right […] Very predictable. Lacks creativity in the face up game which he will need to succeed at the next level […] Despite his size and strength, he did not utilize the post up game at all in college”

Queste sono solo un paio delle critiche rivolte al DeRozan pronto  ad entrare in NBA.

Lo si paragonava a Vince Carter per la capacità atletiche ma probabilmente nessuno, neanche i Raptors, speravano di trovare una pepita così rara, quando lo scelsero con la numero 9 del Draft 2009. DeMar finì dietro a giocatori di evidente minor talento come Thabeet, Evans, Rubio, Flynn e Jordan Hill. Se si riscegliesse quel draft oggi, sarebbe una terza scelta dietro solo ad Harden e Curry.

Il palmares di Derozan, dopo 7 anni nei Pro include 3 volte All Star (2014, 2016, 2017), 1 oro olimpico, 1 campionato del mondo ma la sensazione è che “the best is yet to come” visto quanto è stata graduale la sua crescita. DeMar si trova solamente all’ inizio del suo prime ed i Toronto Raptors sono una delle poche alternative valide ad Est all’egemonia dei Cavs.

 

La rarità di DeMar.

La stagione 2016-2017 potrebbe essere quella della definitiva consacrazione tra le stars della lega per l’uomo da Compton.  Toronto è al quarto posto nella Conference e DeRozan sta viaggiando a 27.2 punti a partita, 3.7 assist, 5.4 rimbalzi, 1.1  rubate col 46.2% da due, 84.8% ai liberi ed una percentuale effettiva dal campo del 47.2%.

Come detto, DeRozan è un giocatore particolare, in un mondo che si sta evolvendo basandosi quasi solamente sui tiri da 3 e sul rispetto dello spacing e del flow, Derozan ed i Raptors  si “ostinano” a giocare sfruttando quelle che forse erano le caratteristiche del basket di vent’anni fa: isolamenti e tirare più vicino a canestro possibile.

Andando più a fondo con le statistiche possiamo vedere quanto sia efficace e  produttivo lo stile anticonformista di DeRozan. Sui 100 possessi di squadra l’ex USC fa registrare:  2.4 3PA di cui solo 0.6 realizzati, 27.6  2PA di cui 13.2 realizzati, un  PER di 23.8  su una media  NBA di 15. Ancora più  interessanti sono le statistiche avanzate: la percentuale di tiri da 3 presi  è dello 0.79  (DeRozan non tira da tre neanche se gli sequestrate la nonna).

Se si analizza la Short Chart del tiro possiamo notare che : Il 92.6 % dei suoi tiri sono da 2, tirando col 48.1% quando tira ad una distanza compresa tra i 3 ed i 4.8 metri. Ancora più interessante è la percentuale con la quale i suoi canestri da due sono assistiti: uno “straordinario” 19%.  In sostanza DeRozan fa tutto da se, nel bene e nel male, scegliendo quasi scientificamente di non tirare da 3, visto che la distanza media dei suoi tiri è 3.8 metri.

Prendiamo da esempio qualche highlight della vittoria per 112 a 106 sui Portland Trail Blazers.

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2017/03/gqa9k.mp4

In quest’azione DeRozan sfrutta inizialmente due blocchi orizzontali che lo liberano per l’1 vs 1 sul fondo oppure per un possibile pick’n roll con Valanciunas verso il centro. Purtroppo la prima virata è eccessivamente veloce e DeMar ne perde momentaneamente il controllo, favorendo cosi la difesa che lo “chiude” in angolo. Harkless però è fin troppo preoccupato del pick’n roll eventuale con il lituano e si distrae quel minimo indispensabile per far si che questo “Mini Mamba” ne approfitti. Con una seconda virata verso la linea di fondo che permette al numero 10 di eseguire un comodo lay up in area. Un mix di doti atletiche e lettura del gioco in questo primo lampo di una partita da 33 punti.

 

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2017/03/n4tft-1.mp4

Azione successiva: porta palla verso il lato sinistro, riceve due blocchi ( Valanciunas e Carrol) e decide di sfruttare il mismatch sul cambio di McCollum giocando spalle a canestro. Isolato su un quarto di campo, DeRozan fa fuori l’avversario più piccolo con il classico movimento Worthy che lo porterà poi a guadagnarsi due tiri liberi dovuti al fallo di Nurkic.

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2017/03/o95zb-1.mp4

Il numero 10 esegue la rimessa per Ibaka, sfrutta il blocco orizzontale che però non porta a nessun mismatch con Nurkic ma ad un isolamento contro Harckless con 9 secondi rimasti sul cronometro dei 24, fronteggia il canestro, piccola finta, palleggio laterale e tiro con le braccia protese del difensore.

 

DeRozan è a tutt’oggi considerato come il giocatore più Bryantesco – passatene il termine- della lega. Premettendo che non amo definire qualcuno come la copia di qualcun’altro, è impossibile non notare una certa somiglianza anche solamente in qualche tiro, come questo ad esempio:

http://www.theshotmag.it/wp-content/uploads/2017/03/ple26_1.mp4

10 secondi sul cronometro, dopo che la squadra non aveva costruito niente. Isolamento al gomito,leggera finta per sbilanciare l’avversario, giro sul perno sinistro, tiro in leggero allontanamento: solo rete, di nuovo.

DeRozan chiuderà con:  33 punti, 6 rimbalzi, 2 assist, 2 palle rubate, 4 palle perse, 0/2 da 3, 9/16 dal campo e 15/16 ai tiri liberi ed un plus/minus di +9.

Le statistiche ed i video non fanno altro che aiutarci a capire che tipo di giocatore abbiamo davanti ed è lampante quanto l’ex USC sia speciale nel bene e nel male.

Segna tanti tiri difficili, spesso vicino allo scadere dei 24 secondi con un mix di abilità tecniche e atletiche non indifferenti, però non sono frutto di giocate di squadra, al limite c’è l’aiuto di un blocco ma nulla più. Riuscirà Toronto a vincere con questo “sistema” fondato su isolamenti e soluzioni nei secondi finale dell’azione? Non ci è dato saperlo, quello che sappiamo per certo è che abbiamo davanti a noi un Unicum: DeMar DeRozan.

Tags: DeMar DeRozanraptorstoronto
Roberto Fois

Roberto Fois

Romano, classe'91, trapiantato in Inghilterra, quando gioca ad ogni tiro si sente una voce misteriosa urlare "Ti infilo!". Quando invece non gioca o allena, lo potete trovare al pub mentre legge Michael Connelly sorseggiando un buon gin 'n tonic. Scrive su The Shot per potersi permettere una roulotte rosa per 'ma.

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